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Origine ed espansione di una grande potenza: gli Stati Uniti d'America

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Origine ed espansione di una grande potenza: gli Stati Uniti d'America


Tra le colonie inglesi in America del Nord e del Sud c'erano profonde differenze dal punto di vista economico.

Le colonie meridionali, favorite dal clima caldo, svilupparono una fiorente agricoltura (tabacco, riso, indaco)

utilizzando come manodopera schiavi negri ed esportando oltremare la maggior parte dei propri prodotti; in

questo modo divennero patriarcali e conservatrici. Nelle colonie settentrionali, invece, l'agricoltura non aveva

la stessa importanza, mentre si sviluppavano l'artigianato, la pesca e i traffici oceanici. La società del Nord

divenne quindi più omogenea, con meno disparità sia economiche che sociali rispetto al Sud.



Ma l'aumentato volume della popolazione e quindi dei traffici commerciali rendeva troppo vincolante il patto

coloniale che le colonie avevano con la madrepatria, per cui gli americani dopo una sanguinosa guerra

dichiararono l'indipendenza degli Stati Uniti d'America (1783, trattato di Versailles) e adottarono una propria

costituzione (1787, convenzione di Filadelfia).

Durante i primi anni dell'indipendenza l'economia americana fu ancora in uno stato di subordinazione

rispetto ai produttori e ai banchieri inglesi, perché la prima non poteva fare a meno dei prodotti inglesi. Ma

grazie allo spirito di inventiva degli americani furono introdotte molte innovazioni e l'industria iniziò a

svilupparsi, favorita anche dalla massiccia immigrazione di manodopera e di tecnici specializzati europei

scacciati dai fallimenti dei moti rivoluzionari nel continente. L'aumento della popolazione fu uno dei fattori

che spinsero l'espansione territoriale verso il sud e ovest, insieme al desiderio di colonizzare e civilizzare

nuove terre.

Nel decennio 1850-60 l'economia americana conobbe un vero boom, sostenuto dalle industrie tessili e

ferroviarie. In questo modo mutava il rapporto tra agricoltura e industria a favore di quest'ultima. Ma le

differenze sociali ed economiche tra gli Stati del Nord e quelli del Sud erano ormai eccessive, tanto che nel

1861 undici Stati del Sud decisero di abbandonare l'Unione e di costituire una confederazione indipendente.

Scoppiò così la guerra di secessione, che durò quattro anni e alla fine fu vinta dai nordisti che costrinsero gli

Stati del Sud a tornare nell'Unione.

Le ragioni della crisi furono essenzialmente economiche. Gli Stati del Sud basavano la propria economia su

estesissime colture di cotone, coltivate dagli schiavi; la società era dominata da un'aristocrazia terriera che si

basava sul conservatorismo e sull'immobilismo sociale. Dal punto di vista della politica economica estera

erano naturalmente favorevoli al liberismo perché i loro maggiori compratori di cotone erano stranieri.

Nel Nord invece l'agricoltura si basa sui cereali, ma al contempo c'erano anche industrie e commerci; i valori

preminenti erano quelli del progresso e del mutamento sociale. Il Nord era favorevole al protezionismo che

proteggeva le sue industrie dall'eccessiva concorrenza straniera.

Un altro motivo di discordia era quello della costruzione delle vie di comunicazione interne, che sarebbero

state a vantaggio solo del Nord mentre il costo avrebbe gravato anche sugli Stati del Sud.

Dal punto di vista sociale, invece, lo scontro verteva essenzialmente sulla schiavitù, ritenuta immorale dal

Nord e indispensabile dal Sud. L'elezione del repubblicano Abramo Lincoln (1860), convinto abolizionista, fu

l'episodio che segnò l'inizio della guerra di secessione.

Questa guerra fu particolarmente aspra e mise di fronte entrambe le fazioni al completo, non solo gli

eserciti, alla ricerca della vittoria totale senza compromesso. La maggiore meccanizzazione ed efficienza

dell'agricoltura nordista, il maggiore sviluppo delle vie di comunicazione (canali e ferrovie), e soprattutto la

schiacciante superiorità della sua industria, che riusciva a produrre autonomamente tutto ciò di cui

abbisognava, fecero arridere la vittoria al Nord.

L'industria e l'agricoltura americane, sotto la spinta delle necessità belliche e delle conseguenti innovazioni

tecnologiche, si svilupparono in modo straordinario. Anche gli interventi statali furono importanti per questo

sviluppo: furono assegnati a titolo quasi gratuito numerosi appezzamenti di terreno demaniale (Homestead

Act) e i redditi di altri specifici terreni di ogni Stato furono destinati all'istruzione agricola, tecnica e militare

(Morril Act).

Per finanziare la guerra si ricorse agli strumenti classici: imposte, prestiti ed emissione di carta moneta. il

Nord ricorse all'emissione di carta moneta (greenbacks) non legata ad una riserva reale, ma solo su garanzie

del governo, il cui valore oscillava a seconda dell'andamento della guerra tra 0,39 e 0,69 del dollaro oro.

Il Sud invece, essendo carente di liquidità, emise prestiti e cartamoneta per somme altissime, causando

sfiducia per i rimborsi e svalutazione e inflazione spaventose.


La sconfitta del Sud lasciò gli Stati meridionali prostrati dalle sue conseguenze. La crisi economica fu

gravissima e costrinse i grandi latifondisti a vendere le loro piantagioni per are tasse e debiti legati alla

ricostruzione. In questo modo molti piccoli agricoltori poterono ampliare a basso costo i loro fondi, e molti

schiavi liberati ritornarono nei campi come coloni o mezzadri. Nel decennio 1870-l880 ci fu una certa ripresa

industriale, ma il Sud rimase comunque un Paese rurale.

Intanto nel Nord il governo repubblicano mise in pratica il suo programma che consisteva in protezioni per il

mercato interno, miglioramenti alle comunicazioni e distribuzione gratuite di terre, garantendo uno sviluppo

costante e rilevante dell'industria. Con il National Banking Act del 1863-64 il Congresso pose fuori corso i

biglietti dei singoli Stati e una certa parte di greenbacks, sostituendoli con i propri biglietti. L'espansione

verso ovest e l'applicazione delle macchine e della scienza ai procedimenti agricoli favoriva l'ascesa

dell'agricoltura, mentre l'industria fece di meglio arrivando al primo posto mondiale delle potenze mondiali

già nella metà degli anni '90, pur senza basarsi sul commercio internazionale ma solo su quello interno.

Lo sviluppo dell'economia ebbe come risultato quello di creare una forte tendenza alla concentrazione delle

imprese (trusts), che fece sparire i piccoli artigiani. I trusts sembravano minare la concorrenza, tanto che

furono promulgate leggi a questo riguardo (anche da Roosevelt), ma la situazione non fu modificata.

Per molto tempo le condizioni dei lavoratori rimasero pessime nonostante il forte sviluppo. Infatti, se in un

primo periodo la manodopera era ben retribuita a causa della sua scarsezza, in seguito fino agli anni

1875-80 l'ondata migratoria fece abbassare i salari e aumentare la giornata di lavoro. Tutto questo portò ad

agitazioni operaie a partire dal 1880 che fecero migliorare le condizioni dei lavoratori. Nacquero anche dei

sindacati, che si divisero in due correnti: la prima (i Cavalieri del Lavoro) si poneva a difesa dei diritti di tutti i

lavoratori, mentre la seconda (Federazione Americana del Lavoro) intendeva difendere i privilegi della

minoranza di lavoratori qualificati americani minacciati dalla concorrenza estera.

Ma i sindacati non poterono nulla contro le crisi di sovrapproduzione di inizio secolo, che costrinsero i governi

americani a rivolgersi al mercato mondiale da sempre ritenuto di secondo piano.





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