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I FENOMENI SISMICI
1 = NATURA E ORIGINE DEL TERRITORIO
Si dicono sismiche le fasce di terra in cui si manifestano i sismi, asismiche quelle in cui mancano fenomeni sismici.Un'area è detta asismica perchè al suo interno non si generano terremoti, ma ciò non significa che in essa non se ne risentano gli effetti. Un terremoto è una vibrazione più o meno forte della terra prodotta da una rapida liberazione di energia meccanica in qualche punto al suo interno (ipocentro): da esso l'energia si proa per onde sferiche (simili a quelle sonore) che, pur indebolendosi con la distanza, attraversano tutta la terra.
Un terremoto consiste in una serie di onde elastiche che si proano per tutta la terra, causate dalla deformazione o frattura di masse rocciose nel sottosuolo. Infatti le rocce si comportano in maniera elastica e si deformano progressivamente fino a che non viene raggiunto il limite di rottura: in quel momento nella massa rocciosa si innesca una lacerazione a partire dal punto più debole e si crea una faglia, lungo il cui piano le rocce possono scorrere le une contro le altre in direzioni opposte. Le due parti dell'originaria massa rocciosa sono libere allora di reagire elasticamente,e riacquistano bruscamente il loro volume e la loro posizione di equilibrio, in genere nel giro di pochi secondi; quando però la tensione che si accumula nelle rocce supera la resistenza dovuta all'attrito, la faglia, che in tal caso è il punto più debole, si <<riattiva>> e il movimento avviene lungo di essa. Il comportamento delle masse rocciose ai due lati della faglia è grosso modo simile a quello di un elastico che si deforma quando viene teso, e che, se si rompe, ritorna bruscamente nelle condizioni iniziali. Secondo il modello del rimbalzo elastico con il brusco ritorno delle masse rocciose all'equilibrio, l'energia elastica accumulata durante la deformazione si libera, in parte sotto forma di calore prodotto dall'attrito lungo la superficie della faglia, in parte sotto forma di violente vibrazioni, che si proano come onde sismiche dall'ipocentro verso tutte le direzioni provocando con la liberazione di energia il terremoto.Ciclo sismico = Successione di stadi che portano al verificarsi di un terremoto. Esistono quattro stadi: stadio intersismico, stadio presismico, stadio cosismico, stadio postsismico. I terremoti possono verificarsi solo là dove esistono strutture geologiche in movimento.
2 = PROPAGAZIONE E REGISTRAZIONE DELLE ONDE SISMICHE
I movimenti all'ipocentro producono però differenti tipi di deformazioni, a cui corrispondono differenti tipi di onde; inoltre la struttura complessa della Terra, con l'alternarsi di materiali diversi, provoca nelle onde che si proano fenomeni di rifrazione e di riflessione. Nella zona posta in superficie verticale dall'ipocentro, detta epicentro del terremoto, arriva così un groviglio di onde di ogni frequenza e velocità e il terreno vibra a lungo e più violentemente che se fosse raggiunto da una singola sequenza di onde. Le onde si distinguono in onde di compressione o onde longitudinali e onde di taglio o onde trasversali. Le prime dette anche onde prime o onde P al cui passaggio le particelle di roccia oscillano avanti e indietro nella direzione di proazione dell'onda stessa la roccia subisce rapide variazioni di volume, comprimendosi e dilatandosi alternativamente; sono le onde più veloci e si muovono nella crosta con velocità tra 4 e 8 Km/s. Possono proarsi in ogni mezzo, nelle rocce più compatte come nel magma fuso, nell'acqua e anche nell'aria. Le seconde dette anche onde seconde o onde S e al loro passaggio le particelle di roccia compiono delle oscillazzioni perpendicolari alla direzione di proazione;la roccia subisce variazioni di forma ma non di volume. Sono più lente delle onde P (2,3 e 4,6 Km/s) e non possono proarsi attraverso i fluidi. Le onde P e S non sono le uniche onde che compaiono in un terremoto, infatti quando raggiungono la superficie si trasformano in parte in onde superficiali, che si proano dall'epicentro lungo la superficie terrestre (onde R e onde L con velocità rispettivamente di 2,7 e 3 Km/s).Perciò durante un terremoto nell'ipocentro si generano gruppi di onde P e di onde S per tutta la durata del movimento della faglia attivata; queste si proano in ogni direzione e, quando arrivano in superficie, generano a loro volta le onde L e R. La velocità e la direzione delle onde interne (P ed S) si modificano al passaggio attraverso materiali differenti per caratteristiche fisiche, per cui tali onde vengono riflesse e rifratte. In superficie perciò arrivano non solo onde che hanno seguito un percorso diretto ma anche onde che hanno seguito percorsi più lunghi e complessi <<rimbalzando>> più volte all'interno della
terra prima di raggiungere la superficie e giungendo perciò in ritardo rispetto alle prime. La terra dopo un forte terremoto è soggetta alle oscillazioni libere che sono vibraioni che si producono in qualunque oggetto, se questo, nella sua posizione di equilibrio, viene perturbato e poi lasciato libero (simile alla corda di un violino se viene pizzicata). Le oscillazioni libere hanno periodi molto lunghi (anche parecchie decine di minuti) e provocano movimenti quasi impercettibili. Le rocce non sono materiali elastici perfetti, per cui una parte dell'energia meccanica associata ad un'onda che le attraversa viene spesa per vincere gli attriti interni e si trasforma in calore: si produce un assorbimento progressivo dell'onda sismica, che si attenua fino ad esaurirsi. Il potere varia con il materiale e con il periodo delle onde.Il sismografo è uno strumento che trasforma il complesso movimento del suolo durante un terremoto in una registrazione permanente;Un sismografo si basa sull'inerzia di una massa sospesa che tende a rimanere immobile anche quando il supporto inizi a muoversi insieme al suolo per il manifestarsi di una vibrazione. Il pennino scrivente, solidale con la massa, lascia una traccia su una striscia di carta che ruota a mezzo di un rullo solidale con il suolo: si registrano così le vibrazioni del suolo rispetto alla massa, teoricamente ferma nello spazio. In ogni stazione sismica sono contemporaneamente in funzione tre sismografi: uno registra la componente del movimento secondo la verticale, gli altri registrano due componenti del movimento sul piano orizzontale, tra di loro perpendicolari (Nord-Sud, Est-Ovest).
La registrazione del movimento sismico si chiama sismogramma. Quanto più ci si allontana dall'ipocentro, tanto maggiore è l'intervallo di tempo che passa tra il momento in cui iniziano ad arrivare le onde più veloci e quello in cui giungono le onde più lente. Nell'area prossima all'epicentro il sismogramma appare molto complicato e confuso sia per l'ampiezza delle oscillazioni sia per l'arrivo quasi contemporaneo di molti tipi differenti di onde. A una certa distanza dall'epicentro, invece, i gruppi di onde cominciano a separarsi e nel sismogramma si riconosce una struttura fondamentale. L'inizio delle oscillazioni e la prima parte del sismogramma corrispondono all'arrivo delle onde P; nella parte centrale all'arrivo delle onde P si sovrappone quello delle onde S; nell'ultima parte del sismogramma compaiono prevalentemente le onde superficiali, più lente ma più ampie. Dalla lettura di un sismogramma si possono ricavare numerose informazioni, come la potenza e la durata del terremoto, la posizione dell'epicentro, la profondità dell'ipocentro, la direzione e l'ampiezza del movimento lungo la faglia che ha generato il terremoto, l'orientamento e l'estensione di quest'ultima. Dal sismogramma si può costruire un diagramma di curve, chiamate dromocrone, in cui vengono messi a confronto i tempi di arrivo dei singoli tipi di onde (ordinate) con le distanze dall'epicentro delle stazioni in cui sono stati registrati i singoli sismogrammi (ascisse); le curve indicano quindi i tempi di proazione di ogni tipo di onda in funzione della distanza dall'epicentro. In base a tali curve è possibile calcolare la distanza dell'epicentro di un terremoto da una stazione sismica: è sufficiente misurare la differenza tra il tempo di arrivo della prima onda P e quello della prima onda S. e cercare poi sull'ascissa la distanza epicentrale a cui corrisponde un intervallo tra le due curve pari all'intervallo di tempo misurato -matematicamente: [(deltaT)(V1)(V2)]/(deltaV)-. Si può ricavare anche la posizione dell'epicentro ma in tal caso è necessario poter disporre delle distanze dall'epicentro di almeno tre stazioni sismiche: in tal caso è sufficiente tracciare tre circonferenze con centro nelle tre stazioni e con raggio di lunghezza pari alla distanza epicentrale determinata per ciascuna stazione (punto d'intersezione = epicentro). L'esame accurato di un sismogramma può fornire anche indicazioni sulla profondità dell'epicentro; sono però necessarie le registrazioni di almeno dieci stazioni. Sono stati distinti così terremoti superficiali con profondità ipocentrale tra 0 e 70 Km; intermedi, con profondità tra 70 e 300 Km, e profondi, con ipocentro a oltre 300 Km.
3 = LA <<FORZA>> DI UN TERREMOTO
A parità di distanza dalla sorgente, un terremoto più forte di un altro fa registrare sul sismogramma oscillazioni più ampie.La <<forza>> di un terremoto si indica con il termine magnitudo. L'ampiezza massima delle onde registrate da un sismogramma (indicata con A) può essere usata perciò come misura della <<grandezza>> di un terremoto se viene messa a confronto con l'ampiezza massima (Ao) delle onde fatte registrare da un terremoto scelto come riferimento (terremoto standard). Come riferimento si scelse un terremoto che produce su un sismografo standard posto a 100 Km dall'epicentro un sismogramma con oscillazione massima uguale a 0,001 mm. Poniamo che un sismografo registri una oscillazione di 0,1 mm: A/Ao = 0,1/0,001 = 100. Il risultato significa che il terremoto è stato 100 volte più <<grande>> di quello standard. Tuttavia di solito la distanza della stazione dall'epicentro è
maggiore o minore di 100 Km perciò per poter confrontare il valore di A con quello di Ao è necessario prima determinare il valore di Ao a distanze dall'epicentro diverse da 100 Km. Inoltre si deve tenere conto nella determinazione di Ao anche il tipo di terreno e quindi la complessità geologica. A questo scopo esistono opportune tabelle con valori differenti di Ao in relazione a distanza e a tipo di terreno. In ogni stazione sismologica, perciò, si misura sul sismogramma del terremoto in esame il valore di A e, una volta calcolata la distanza epicentrale si ricava dalle tabelle il corrispondente valore di Ao ricavandone la magnitudo; al fine di ricavare numeri di magnitudo troppo elevati si ricorre ai logaritmi, per cui la magnitudo è espressa da logaritmo in base dieci del rapporto A/Ao. Ad esempio M = log10 100 = 2 oppure M = log10 A - log10 Ao. Se A=Ao la magnitudo è zero: un terremoto con M=0 è un terremoto di forza uguale a quella del terremoto di riferimento se invece A > Ao il valore di M è positivo e cresce con l'aumentare di A/Ao, se A < Ao il valore di M è negativo.La scala della magnitudo è logaritmica, per cui un aumento di una unità nella magnitudo corrisponde a un aumento di un fattore 10 nell'ampiezza del movimento del terreno, e a una liberazione di energia circa 30 volte maggiore. Un terreno di magnitudo 8 è cento volte più forte di uno di magnitudo 6. Terremoti con magnitudo fino a 3 non vengono percepiti dall'uomo. La magnitudo non è una misura diretta dell'energia totale liberata da un terremoto, ma è correlabile con essa tramite relazioni empiriche; per l'italia tale relazione è log E = 9,15 + 2,15 M (dove E = energia totale espressa in erg e M = magnitudo delle onde di superficie).
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