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ANALISI DEL LIBRO: "SE QUESTO è UN UOMO" di PRIMO LEVI



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ANALISI DEL LIBRO: "SE QUESTO è UN UOMO" di PRIMO LEVI



Primo Levi é nato a Torino nel 1919. I suoi antenati erano ebrei piemontesi provenienti dalla Sna e dalla Provenza. Nel 1934 si iscrive al Liceo "D'Azeglio" e in prima Liceo ha come professore d'italiano Cesare Pavese. Nel 1937 si appassiona alla letteratura di testi scientifici e si iscrive al corso di chimica all'università di Torino. Negli anni seguenti vengono proclamate le leggi razziali in Italia, egli però continua i suoi studi riuscendo a laurearsi con pieni voti e con lode nel 1941. Nel frattempo il padre si ammala e così Levi è costretto a lavorare per sostenere la famiglia. Nel 1942 entra a far parte del Partito d'azione clandestino, un gruppo segreto per la lotta contro il fascismo. Durante una riunione dei partigiani del 13 Dicembre 1943 viene arrestato con altri comni e viene mandato nel campo di concentramento di Carpi-Fossoli in quanto Ebreo. Viene poi trasferito ad Auschwitz e quindi a Monowitz per essere liberato nel gennaio del 1945. Arriva a Torino il 19 Ottobre 1945. Nel 1947 sposa Lucia Morpurgo; accetta poi un posto di chimico di laboratorio in una fabbrica della quale dopo pochi anni diverrà il direttore. Nel 1958 esce il suo libro più famoso ' Se questo è un uomo ', che sarà letto in tutto il mondo. A questo seguono altri libri e poesie che hanno tutti un grande successo e per i quali riceve diversi premi. Levi ha alternato alla sua attività di chimico quella di narratore: fra le sue opere più importanti vi sono "Se questo é un uomo" e, appunto, "La tregua". Muore suicida l'11 aprile 1987, nella sua casa a Torino.



Il titolo del libro serve a fare riflettere sulla condizione degli uomini nel lager. E' anche uno dei versi della poesia posta all'inizio del brano che può essere considerata una descrizione della condizione delle persone che vivevano nel lager:

La vicenda dell'autore iniziò la notte del 13 dicembre 1943, quando Levi venne sorpreso e sulle colline torinesi, insieme ai suoi comni, da un reparto della milizia fascista. Dopo averci narrato in termini lapidari come venne catturato dai fascisti e condotto nel campo di concentramento di Fossoli, e dopo averci descritto, attraverso ine altamente drammatiche, come gli ebrei internati nel campo accolsero l'annuncio della deportazione, Levi affronta la descrizione del viaggio che lo condurrà, in un convoglio composto da dodici carri, chiuso dall'esterno e in cui si affollavano uomini, donne e bambini, dalla piccola stazione di Carpi, in Italia, ad Auschwitz, nell'alta Alesia.

Giunti a destinazione, la morte di parecchie persone avvenne subito, dando luogo al primo episodio di una lunga serie di eventi simili il cui unico scopo è quello di giungere, per gradi, alla totale eliminazione dei deportati. Coloro che sono in grado di essere utilizzati come mano d'opera fino allo sfruttamento completo di ogni risorsa umana, vennero condotti ai campi di lavoro; tutti gli altri, vecchi, inabili, bambini, invece avviati alle camere a gas. Gli "abili", caricati su un carro, vennero trasportati nel campo di lavoro che era stato loro assegnato. Spogliati, rivestiti con casacche a righe, e zoccoli, tatuati sul braccio sinistro con il numero di matricola che d'ora in avanti sostituirà il loro nome, si trasformano da uomini in "Häftlinge", cioè in prigionieri. Da questo momento il nome di Primo Levi sarà:174517.

La narrazione prosegue descrivendo le abitudini di quel lager-inferno. Tutti gli internati venivano trasferiti ogni giorno presso una fabbrica di gomma, chiamata la Buna, e sotto la sorveglianza di un Kapò, svolgevano un lavoro massacrante e così ben presto i più deboli soccombettero alle malattie e alle privazioni.

Non trascorse molto tempo dal suo arrivo nel campo quando Levi, trasportando un carico pesante, cadde e si ferì un piede. Quella stessa sera si presentò all'infermeria, la Ka-Be, dove rimase per una ventina di giorni. È proprio qui che l'autore assistette alla sbrigativa procedura con cui le SS presceglievano coloro da inviare alle camere a gas.

Venne quindi destinato ad un altro Block, dove ebbe la fortuna di incontrare Alberto, il suo migliore amico all'interno del campo, con cui poi condividerà il privilegio di essere assegnato al Kommando chimico.

Poco tempo dopo dovette sostenere un prova per poter essere ammesso al laboratorio di chimica del campo. Miracolosamente, nonostante la soggezione provocata dall'esaminatore il dottor Pannwitz, Levi riuscì a superare l'esame. Rimase aggregato al Kommando chimico, ma passarono diversi mesi, contrassegnati da morti e nuove selezioni, prima che entrasse a far parte, insieme ad altri due prigionieri, uno belga e l'altro rumeno, del laboratorio e potesse cominciare a nutrire la speranza di superare il suo secondo inverno nel campo.

Nel frattempo ebbero inizio i bombardamenti alleati sull'Alta Alesia e anche la fabbrica di gomma venne colpita, ma nonostante ciò i prigionieri dovettero continuare a lavorare come non fosse accaduto nulla. Un episodio significativo, sebbene sia molto drammatico, fu l'impiccagione di un uomo accusato di aver organizzato un complotto per l'ammutinamento dei prigionieri del campo; gli Häftlinge venirono condotti sul luogo dell'esecuzione, dove il condannato prima di morire si rivolse ai comni così: "Comni, io sono l'ultimo!".

Dopo quest'episodio gli eventi precipitarono: il fronte russo si stava avvicinando e il Lager venne evacuato. Nel campo rimasero solo circa ottocento ammalati, tra i quali anche l'autore poiché fu colpito dalla scarlattina, abbandonati a se stessi, senza cure, né acqua, né cibo, ad una temperatura di venti gradi sotto zero. Levi è tra i pochissimi che riesce a sopravvivere e le ultime ine del libro, scritte sotto forma di diario, ci danno la cronaca di ciò che accade in questi terribili dieci giorni, dal 19 al 27 gennaio 1945 data della liberazione.



Per quanto riguarda i personaggi, nel lager esistevano tre categorie di prigionieri che si distinguevano tra loro per il diverso contrassegno che portano sulla giacca: gli ebrei una stella rossa e gialla, i politici un triangolo rosso, i criminali un triangolo verde.

Levi divide inoltre i personaggi in due categorie: i salvati e i sommersi, dedica a questa distinzione un intero modulo portando diversi esempi. Dei primi fanno parte: l'ebreo galiziano Schepschel che riesce a sopravvivere grazie ad espedienti di ogni genere e piccoli traffici; l'ingegnere Alfred L. che attraverso una laboriosa ostentazione di prosperità riesce a conquistarsi un posizione di rispetto; l'energumeno Elias Lindzin, che nonostante la sua statura, possiede una notevole forza fisica tanto da renderlo fisicamente indistruttibile; il giovane Henri, che avendo capito i tre metodi per sopravvivere ( sapersi organizzare, rubare, suscitare pietà), si guadagna la simpatia degli altri. Nel secondo gruppo si riconosce Null-Achtzehn, cioè "Zero Diciotto", talmente indifferente a tutto che non reagisce neppure più ai maltrattamenti e alle percosse, che mostra l'agghiacciante metamorfosi di un uomo sottoposto all'opera di annientamento messo in atto dal Lager. Levi, inoltre, ci propone la descrizione di numerosi comni, alcuni molto significativi, come

Alberto, il suo migliore amico. I due si incontrarono all'uscita dall'infermeria e non si separeranno più l'uno dall'altro fino alla partenza di Alberto, avvenuta il 18 gennaio 1945. Da quel momento non si rividero mai più, poiché egli morì durante un'interminabile marcia attraverso la Germania. Dalle righe scritte dall'autore si intuisce che la loro era una grandissima amicizia: "Non ha che ventidue anni, due meno di me, ma nessun italiano ha dimostrato capacità di adattamento simili alle sue . ha capito prima di tutti che questa vita è guerra; non si è concesso indulgenze, non ha perso tempo a recriminare e a commiserare sé e gli altri . " - "Era il mio indivisibile: noi eravamo "i due italiani", e per lo più i comni stranieri confondevano i nostri nomi. Da sei mesi dividevamo la cuccetta . "

Anche Lorenzo fu un suo importante amico: egli era un operaio civile italiano che lavorava alla fabbrica di gomma che, mosso dalla compassione per la sorte di Levi, senza pretendere alcun compenso, cercò di aiutarlo, sfamandolo per sei mesi. "Io credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi; e non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza, con il suo modo così piano e facile di essere buono, che ancora esisteva un mondo giusto ad di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancor puro e intero, di non corrotto e non selvaggio, estraneo all'odio e alla paura; qualcosa di assai mal definibile, una remota possibilità di bene, per cui tuttavia metteva conto di conservarsi."

Charles e Arthur furono invece due comni di stanza, che durante i dieci giorni precedenti la liberazione lo aiutarono a sopravvivere. "I due francesi con la scarlattina erano simpatici. Erano due provinciali dei Vosgi, entrati in campo da pochi giorni . il più anziano si chiamava Arthur, era contadino, piccolo e magro. L'altro, suo comno di cuccetta, si chiamava Charles, era maestro di scuola e aveva trentadue anni . "

La vicenda si svolge a Monowitz, vicino ad Auschwitz, in Alta Salesia: una regione abitata sia da tedeschi che da polacchi. Tutti i prigionieri lavoravano in una fabbrica di gomma chiamata Buna, per questo lo stesso campo si chiamava Buna.

Sicuramente l'autore non ha avuto la possibilità di vedere ciò che "stava fuori" dal momento che tutto il campo era recintato e potevano uscire solo quando si dirigevano al lavoro. "Si vedevano a mezzogiorno le montagne; a ponente, familiare e incongruente, il campanile di Auschwitz e tutto intorno i palloni frenati dello sbarramento. I fumi della Buna ristagnavano nell'aria fredda, e si vedeva anche una fila di colline basse, verdi di foreste . "   Naturalmente il luogo in cui si svolge l'intera narrazione, o quasi, è il Lager " . è un quadrato di circa seicento metri di lato, circondato da due reticolati di filo spinato, il più interno dei quali è percorso da corrente ad alta tensione. È costituito da sessanta baracche in legno, che qui si chiamano Block, di cui una decina in costruzione . " ogni Block è adibito a determinati scopi, cucina, infermeria, fattoria sperimentale, dormitorio, questi ultimi si distinguono per il tipo di prigioniero "non vi sono che centoquarantotto cuccette a tre piani, disposte fittamente, come delle di lavare, in modo da utilizzare senza residui tutta la cubatura del vano, fino al tetto, e divise in tre corridoi; qui vivono i comuni Häftlinge, in numero di duecento duecentocinquanta per baracca, due quindi in buona parte delle cuccette . ". L'altro luogo "principale" è la fabbrica della Buna: "la Buna è disperatamente ed essenzialmente opaca e grigia. Questo sterminato intrico di ferro, di cemento, di fango e di fumo è la negazione della bellezza. Le sua strade e i suoi edifici si chiamano come noi, con numeri o lettere, o con nomi disumani e sinistri. Dentro il suo recinto, non cresce un filo d'erba, e la terra è impregnata dei succhi velenosi del carbone e del petrolio, e nulla è vivo se non macchine e schiavi: e più quelle di questi."



Il tempo della storia e della narrazione, sono ben determinati, infatti la vicenda inizia con l'arresto dell'autore il 13 gennaio 1943 e termina la mattina del 27 gennaio 1945 con la liberazione del Lager da parte dell'Armata Russa..

Si può notare che a seconda degli episodi narrati l'autore ha scelto un andamento diverso: quello del resoconto, in cui gli avvenimenti ci vengono esposti nella loro successione cronologica; quello più aperto e disteso che procede per associazioni di memoria, in cui l'autore ci presenta la vita nel campo attraverso una serie di quadri che includono personaggi e situazioni; quello infine di impianto diaristico, adottato nelle ultime ine, che meglio riproduce il precipitare degli eventi e meglio si adegua alla concitazione che assume il racconto.

Levi in quest'opera, non si limita a dare una registrazione delle proprie esperienze, ad offrire un documento umano delle sofferenze, ma riesce anche ad esprimere un giudizio sull'atrocità di quelle stesse sofferenze.

Egli scrive: "Ci si potrà forse domandare se proprio metta conto, e se sia bene, che di questa eccezionale condizione umana rimanga qualche memoria. A questa domanda ci sentiamo di rispondere affermativamente. Noi siamo infatti persuasi che nessuna umana esperienza sia vuota di senso e indegna di analisi, e che anzi valori fondamentali, anche se non sempre positivi, si possano trarre da questo particolare mondo di cui parliamo." Levi fa inoltre notare che tutte le azioni compiute nel campo da parte dei tedeschi, hanno sempre un sottofondo di ilarità; come esempio si può portare l'insegna vivamente illuminata all'entrata del campo dove spiccano le parole: ARBEIT MACHT FREI (Il lavoro rende liberi). "la mia idea ormai è che tutto questo è una grande macchina per ridere di noi e vilipenderci, e poi è chiaro che ci uccidono, chi crede di vivere è pazzo, vuol dire che ci è cascato, io no, io ho capito che presto sarà finita . "

Personalmente ho trovato queste ine molto toccanti: ina dopo ina si scopre la cruda realtà di quella che era la vita all'interno del lager. Da lettrice, spettatrice esterna, posso solo immaginare quello che provavano le persone rinchiuse nel campo. Anche chi non ne ha fatto parte in modo diretto ha sofferto, dato che ovunque dilagava la paura, in particolare per gli ebrei, che sono stati quasi sterminati; per loro doveva essere una vita veramente difficile e sinceramente non so come abbiano fatto a vivere con la continua angoscia di essere portati via e uccisi.

Mi domando, inoltre, da dove sia uscita tutta questa crudeltà e mi stupisco che possa esserne esistita così tanta . Non oso pensare come fossero gli uomini capi di tutto questo, come Hitler e Mussolini, quale fosse il loro carattere, perché se sono stati capaci di togliere la vita a milioni persone così freddamente, allora significa che non erano uomini, ma semplicemente mostri avidi di potere.







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