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CONTESTO STORICO TRA LE DUE GUERRE

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CONTESTO STORICO TRA LE DUE GUERRE

Dopo la prima guerra mondiale e la pace di Versailles, che aveva lasciato in sospeso alcune situazioni di confine, in particolare la città di Fiume, che verrà occupata nel 1919 dai legionari guidati da Gabriele D'Annunzio, i contrasti sociali erano peggiorati. Emersero nelle fabbriche spinte rivoluzionarie su ispirazione comunista e sorse il problema dei reduci di guerra, che spesso incontravano difficoltà per il reinserimento nella vita civile e nel mondo del lavoro.

I deboli governi del dopoguerra non seppero contrastare questi contrasti sociali, fino all'avvento di Benito Mussolini, esponente del partito socialista e direttore dell'"Avanti", che divenuto fautore di una politica interventista e nazionalista, seppe esprimere le richiese della classe medio-borghese e della ricca borghesia agraria e industriale. Si affermò così il fascismo come partito unico detentore di un potere dittatoriale nelle mani del duce, che per circa un ventennio impose la pace interna, impedendo alle classi ogni forma di rivendicazione e dissenso, e appianando i contrasti religiosi con la stipulazione nel 1929 dei Patti Lateranensi, che regolavano i rapporti fra Stato e Chiesa.

In politica interna Mussolini promosse una serie di riforme agricole e industriali che portarono ad una rivalutazione della lira; in politica estera ci fu una ripresa del colonialismo con l'occupazione dell'Etiopia. Contemporaneamente l'Italia si avvicinò alla Germania nazista, entrando in guerra al suo fianco nel 1940 e uscendovi sconfitta, con la conseguente caduta del fascismo.




Il fascismo sottopose ad un pesante controllo la cultura italiana, eliminando le voci di dissenso e impedendo l'autonomia di pensiero e d'espressione con una legge che sopprimeva la libertà di stampa. Il processo di fascistizzazione, operato tramite l'utilizzo proandistico dei mezzi di comunicazione di massa, coinvolgeva in particolare la scuola, dove gli insegnanti dovevano giurare fedeltà al fascismo e dove i piani di studio furono con la Riforma Gentile del 1923 finalizzati a magnificare le sorti del fascismo.

Nel 1929 fu inoltre fondata l'Accademia d'Italia, in cui Mussolini, per dare alla sua politica lustro e prestigio, si circondò degli uomini più celebri della cultura del tempo.

Tutte le attività editoriali e letterarie furono inoltre sottoposte a controllo e censura da parte del Ministero della Cultura popolare. Tale Ministero si cimentò in modo particolare nella difesa dell'italianità, contro le esperienze artistiche ed intellettuali provenienti da altri paesi: furono abolite le parole straniere e fu osteggiato il genere giallo proveniente dai paesi anglosassoni.


Particolarmente problematico apparve il rapporto tra intellettuale e potere in quegli anni. Gli intellettuali dissenzienti, quali Gramsci e Gobetti, furono ridotti al silenzio, incarcerati o uccisi, mentre molti altri intellettuali aderirono al fascismo per motivazioni diverse, soprattutto per ragioni opportunistiche e di convenienza. È il caso di Martinetti, Pirandello, Ungaretti e Vittorini.

Giovanni Gentile fu inoltre promotore nel 1925 del Manifesto degli intellettuali fascisti, con cui i numerosi firmatari garantivano la loro adesione al regime, cui le forze liberali guidate da Benedetto Croce, che Mussolini non ebbe mai il coraggio di perseguitare a causa della sua statura intellettuale, risposero con un Contromanifesto, o Manifesto degli intellettuali antifascisti.


La storia culturale appare fortemente caratterizzata dalla vicenda delle riviste, che discutono le scelte della letteratura e ne lanciano i programmi.

La Ronda, sorta a Roma, sostenne l'autonomia della letteratura e l'assoluta preminenza dello stile sui contenuti. Il suo programma respinge il coinvolgimento dello scrittore sul piano politico-sociale e sostiene un ritorno all'ordine ottocentesco contro il disordine delle avanguardie. Per il totale disinteresse nei confronti dei problemi sociali e politici, la rivista non preoccupò mai il regime.

Un diretto rapporto con la politica viene rivendicato invece da Il Selvaggio, fondata da Mino Maccari, il quale diede alla rivista un taglio polemico e satirico. La rivista difendeva i presunti valori dell'italianità, identificati con quelli del fascismo, ed aderì per questo al regime. Al Selvaggio fece capo il movimento di Strapaese.

Ad esso si oppose il movimento di Stracittà che fece capo invece alla rivista 900, fondata da Massimo Bontempelli e da Curzio Malaparte. La rivista si batté inutilmente per un'apertura della cultura italiana all'Europa moderna.

Leo Longanesi, dopo aver partecipato all'esperienza del Selvaggio, fondò L'Italiano, una rivista sostenitrice del fascismo.

L'ultima rivista fondata da Gobetti è Il Baretti, in cui egli cerca di trasferire la polemica politica, propria delle precedenti riviste, sul piano letterario, affidando ad esso le residue possibilità di condurre un'azione di resistenza nei confronti del regime, rieducando ai valori delle libertà democratiche.

L'iniziativa fu ripresa da un gruppo di giovani intorno alla rivista Cultura, con cui Giulio Einaudi iniziò la sua attività editoriale.

Un ruolo centrale nella letteratura del ventennio fascista, viene svolto dalla rivista Solaria, fondata da Alberto Carocci, del tutto indipendente rispetto ai condizionamenti del potere politico. Solaria riuscì a riunire le forze più vive della letteratura del tempo, interessandosi dello stile e rivalutando l'attenzione del letterato ai problemi storici e la letteratura straniera. Fu per questo che alcuni fascicoli della rivista furono sequestrati dal regime.

Erede di Solaria può essere considerata la rivista Letteratura, fondata a Firenze da Alessandro Bonsanti.

A Firenze sorse anche Il Frontespizio, una rivista legata al tradizionalismo cattolico e alle nuove istanze dell'Ermetismo.

La rivista Corrente accolse i contribuiti dell'ermetismo all'interno di un più ampio dibattito filosofico-culturale, attento ai rapporti fra le varie arti e alle trasformazioni del gusto estetico, oltre che polemicamente critico nei confronti del fascismo.

La rivista che interpretò la crisi della cultura fascista durante la guerra fu la rivista Primato, fondata da un gerarca fascista, rivolta ai giovani e fortemente critica nei confronti del regime.


Sorsero in questi anni anche importanti case editrici: Laterza, che pubblicò le opere di Benedetto Croce, Sansoni, il cui consulente più autorevole fu Giovanni Gentile, Einaudi, dai caratteri anticonformistici e polemici nei confronti del regime, Garzanti, che assorbila casa editrice Treves, Mondadori, che pubblicò i maggiori scrittori contemporanei.




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