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In discussione di una realtà Più che un blocco, una messa



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DESTINAZIONE: Giornalino scolastico


Oltre duecento storici hanno firmato un documento in cui chiedono al Ministro della Giustizia italiano Mastella di ritirare il decreto legge che considera reato la negazione dell'Olocausto.

Personalmente ritengo che questo provvedimento non può portare a niente di buono in quanto, anche se è inteso come unico sistema per "tenere alto il livello di guardia ed evitare pericolosi coni d'ombra sulla verità", non si può pretendere di eliminare il problema con un semplice pezzo di carta in una società che è irrimediabilmente affascinata da tutto ciò che le viene vietato: la legge finirebbe per avere l'effetto contrario.

Mi trovo d'accordo con Timothy Garton Ash  non quando sostiene la libertà di espressione, ma piuttosto nel momento in cui afferma che la negazione dell'Olocausto va combattuta alle radici fin da piccoli perchè come lui credo che "i cittadini vanno trattati come bambini, guidati e vigilati ad ogni mossa" e non puniti a fatto già avvenuto: è inutile. Con il percorso che si sta erroneamente intraprendendo, si rischia non solo che i negazionisti diventino difensori della libertà di espressione, ma anche di delegittimare la Shoah; "l'Olocausto degli ebrei europei ad opera dei nazisti non ha eguali" e l'Unione Europea dovrebbe preoccuparsi che nulla di simile venga mai a ripetersi in Europa piuttosto che appoggiare una simile iniziativa. Come afferma in un articolo de "La Repubblica" Garton Ash, "la negazione dell'Olocausto va combattuta nelle scuole, nelle università e sui nostri media, non nelle stazioni di polizia e in tribunale". Agendo con la cultura, infatti, si può far meglio comprendere il problema, inserirlo nel contesto storico e spiegarlo, evitare che divenga di libero dominio e di libera interpretazione, creando una coscienza comune e consapevolezza etica di ciò che è stata la Shoah.



Quindi per combattere la negazione non solo di questo evento ma anche di tanti altri come i gulag, la strage degli armeni, le foibe, non serve una legge ma la profonda consapevolezza di quello che è stato e che non deve più accadere: la memoria è l'arma migliore e l'unico nostro compito è quello di mantenerla viva di generazione in generazione.






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