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La nascita del romanzo psicologico con riferimento ad Italo Svevo, uno dei maggiori esponenti, e alla sua principale opera: la coscienza di Zeno

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TEMA: La nascita del romanzo psicologico con riferimento ad Italo Svevo, uno dei maggiori esponenti, e alla sua principale opera: la coscienza di Zeno.


Il romanzo psicologico nasce tra la fine del 1800 e gli inizi del '900, è caratterizzato da una continua e minuziosa analisi interiore dei personaggi. Il tema dominante è l'esplorazione dell'inconscio, ossia della parte più profonda della psiche umana che spesso condiziona e determina le nostre azioni, i nostri comportamenti, le nostre scelte di vita. Di qui il romanzo psicologico, più che alla descrizione di fatti e ambienti, che erano state proprie di Oscar Wilde o Gabriele D'Annunzio dà un grande valore allo studio dei personaggi, all'analisi delle loro emozioni, dei loro stati d'animo, dei loro travagli interiori. Questo tipo di romanzo presenta una struttura completamente diversa rispetto a quella del romanzo tradizionale: la narrazione, infatti, anziché seguire un ordine cronologico dei fatti, segue il corso dei pensieri, delle emozioni, dei ricordi dei personaggi che di frequente ripercorrono il passato per prenderne coscienza e analizzarlo. Cosicché i fatti narrati si intersecano liberamente tra loro attraverso una continua alternanza di presente e passato. Questo era soprattutto la conseguenza dell'esperienza della Grande Guerra che aveva lasciato negli animi degli intellettuali un senso di disperazione e di disorientamento: le opere di questo periodo, infatti, erano il segno evidente del disagio storico ed esistenziale, vissuto negli ambienti di cultura, ed, inoltre, di una concezione della vita segnata dalla precarietà delle cose e dalla costante presenza della morte. L'intellettuale, infatti, non si abbandonava più 'alla malattia, alla follia, al delirio, al sogno e all'incubo, all'allucinazione, come strumenti privilegiati del conoscere', ma, con una maggiore consapevolezza critica, come già detto, voleva indagare nella psiche umana, guardando attentamente alla propria realtà interiore e alle sue intime lacerazioni.



Nel '900, così, la mutata situazione culturale, determinata dalla consapevolezza dei limiti della conoscenza scientifica e dalla 'relatività' dei concetti tradizionali di tempo e di spazio, generò questo nuovo tipo di romanzo.

In termini strutturali, a tale innovazione corrispondeva la distruzione della trama romanzesca tradizionale: nasceva, infatti, una nuova tecnica espressiva, il monologo interiore, appunto, che univa le idee, non secondo un ordine logico, ma secondo la soggettività del personaggio. Si trattava di un romanzo non di fatti, cose, eventi, ma di riflessione, di analisi degli stati d'animo e dei conflitti interiori.

Tra i maggiori rappresentanti del romanzo psicologico, insieme a Luigi Pirandello e James Joyce, ricordiamo Italo Svevo che con la sua più celebre opera "La coscienza di Zeno" ha dato espressione alle nuove tendenze artistiche e letterarie del romanzo. Il romanzo di Italo Svevo, è concentrato sulle vicende di Zeno Cosini, un ricco commerciante triestino, che si sente infelice, inquieto, tormentato. La sua "malattia" consiste nell'incapacità di agire nella realtà, di affermare la propria volontà in ogni circostanza della vita, di non riuscire mai a prendere le decisioni che contano.

Su consiglio dello psicanalista, al quale si è rivolto, Zeno comincia a scrivere un diario per ricercare le cause della propria nevrosi. In esso annota vari episodi della sua vita, senza ordine cronologico, così come affiorano alla sua memoria. Il romanzo inizia con una prefazione del dottor S., che dichiara di pubblicare le memorie del paziente per vendicarsi della sua improvvisa sospensione della cura. Zeno è immerso in un mondo borghese, del quale il suo racconto ci presenta personaggi con in valori sicuri, con certezze, abitudini e regole di vita consolidate: ma, allo stesso tempo, in quel mondo egli si sente a disagio, in uno stato di eterna inferiorità, che gli impedisce sempre di comportarsi come si dovrebbe, di fare le mosse giuste. Come individuo, Zeno è smemorato, distratto, dimentica l'ora in cui deve sposarsi, sbaglia funerale, si sente indebolito, ma, nello stesso tempo, si ritiene superiore agli altri. Si può quindi definire "l'uomo delle contraddizioni". Nella ina finale del romanzo, Zeno, dopo aver ripercorso le tappe fondamentali della propria vita, prende coscienza dell'inutilità della psicoanalisi, che non avrebbe mai potuto curare né lui né il mondo.

Notevole influenza sull'opera sveviana ebbero le teorie filosofiche di Schopenhauer, Nietzche e Freud, che si andavano diffondendo nei primi anni del '900, quando Svevo scriveva i suoi romanzi. Nella sua natura, infatti, confluiscono filoni di pensiero contraddittori e, addirittura, inconciliabili: da un lato, il positivismo; dall'altro, il 'pensiero negativo' degli esistenzialisti e l'evidente influenza degli studi psicoanalitici.

Sul piano della tecnica narrativa, il romanzo ha dato luogo a contrastanti definizioni. Il racconto è fatto in prima persona: Svevo funge da testimone esterno alla vicenda, mentre Zeno assolve alla doppia funzione di narratore e di protagonista.

Il posto che oggi Svevo occupa nella narrativa italiana di inizio secolo è di primo piano, nonostante i suoi primi romanzi, furono completamente ignorati dal pubblico e dalla critica.. I suoi 'inetti' si allineano perfettamente con la narrativa di Gozzano e Tozzi, così come Zeno Cosini è stato il personaggio su cui si è innestata la ura di Mattia Pascal, protagonista del più famoso romanzo di Luigi Pirandello.





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