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'Il nome di Ermetismo è usato, talora
impropriamente, per designare un certo tipo di lirica - e poi anche di critica
- italiana novecentesca, di non immediata accessibilità per il lettore.'
(S. Ramat)
La definizione divenne di uso corrente dal 1936 quando uscì un celebre saggio
di Francesco Flora, La poesia ermetica, che, sottolineando la
'dipendenza' da modelli francesi (soprattutto Mallarmè
e Valéry) approdava ad un complessivo giudizio
negativo o comunque restrittivo. L'aggettivo ermetico sottolinea appunto
l'impossibilità di comprensione da parte del lettore, ove questi non possegga
la 'chiave' per penetrare entro i significati nascosti. Gran parte
del giudizio del Flora era tuttavia limitata dalla ancora incompleta conoscenza
di tutto il materiale poetico venuto in luce negli anni successivi.
Secondo G. Alfonso Pellegrinetti la poetica dei cosiddetti ermetici si può così articolare:
ripetizione del vocabolo che diviene talvolta ossessiva come in molte liriche dei vociani e dei futuristi:tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c'è - nel cuore della sera c'è - sempre una piaga rossa languente (Campana)
uso della parola con significato particolare al poeta che l'adopera e che l'arricchisce con memoria - I processi di memorizzazione dall'acquisizione al richiamo - Studi comparati" class="text">la memoria della pienezza dei suoi significati infondendole peso, estendendone e rendendone profonde le prospettive (Ungaretti). La parola isola ad esempio, per Ungaretti è legata al suono di uno sciacquio d'approdo e all'immagine di un albero, di un gregge, di un pastore. Amore nel Bertocchi ha il significato di intimità domestica, di scoperta interiore, di religiosità tutta personale;
uso frequente di trasposizioni analogiche, per effetto delle quali il poeta abolisce nella similitudine il termine intermedio per dare all'immagine una efficacia più immediata;
contrazione della sintassi che produce varie interpretazioni di una stessa frase tutte accettabili (ambivalenze o polisenso);
abolizione totale o parziale della punteggiatura;
nuovo valore dato alle pause che si fanno grevi di significati;
ogni poeta cerca e trova un suo ritmo personale, che è sillabico in Ungaretti, vibrante in Quasimodo, cadenzato in Montale, ecc.
L'Ermetismo si esplica principalmente nella poesia che si venne diffondendo in Italia a partire dagli anni della prima guerra mondiale e che traeva le sue origini da alcuni poeti decadenti francesi, Mallarmè in particolare, ma anche Valéry e Rimbaud. Si usa ripetere che la caratteristica di questa poesia è la sua oscurità, ma ciò non è esatto: l'oscurità c'è, ma è la conseguenza delle sue premesse, non è la premessa stessa. La caratteristica assoluta è invece l'essenzialità: per ottenere questo risultato il poeta rifiuta tutte le forme tradizionali del linguaggio, soprattutto quelle forme poetiche consacrate alla tradizione; a questo rifiuto il poeta accomna anche quello dei sentimenti ormai convenzionali della poesia e accetta di esprimere solo quei sentimenti intimi e gelosi che appartengono esclusivamente al suo mondo interiore.
Con questo il poeta vuole partecipare agli altri i propri sentimenti e vuole che gli altri li afferrino con la stessa immediatezza con cui egli li prova, e perciò rifiuta tutti gli espedienti retorici, le definizioni abusate, la mancanza di sincerità prodotta da una forma elaborata: il sentimento deve scaturire 'nudo' e deve imporsi grazie alla sua stessa forza, e non mediante la 'bellezza' dell'espressione. Pertanto questa poesia pur cosi scarna, è sofferta, spesso dolorosa, ma evocatrice e comunicativa. Dote necessaria è dunque la sincerità dell'ispirazione, che impegna il poeta nel compito difficile di riuscire a trasmettere le vibrazioni più riposte dell'animo, i turbamenti passeggeri ma profondi, il mistero dell'inconscio, e tutto ciò va detto trovando quelle poche parole, talora quell'unica parola che riesca a trasmettere da sola tutta la gamma di sensazioni provate. Ecco che la poesia ermetica mette a punto u nuovo linguaggio, che rifiuta il sonoro costrutto carducciano, la sensibilità morbida del Pascoli, la trionfante retorica dannunziana e la dimessa semplicità artificiosa dei crepuscolari: solo Leopardi è riuscito a lasciare versi che possano richiamare la medesima essenzialità, la medesima poesia pura. Va detto tuttavia che la parola, per quanto inserita in tutta la sua scarna essenzialità, non dà luogo ad un discorso povero; anzi essa si carica di tutta una serie di significati allusivi e di valori simbolici che vanno molto al di là del suo significato lessicale. Inoltre le parole valgono anche per il loro valore fonetico, non nel senso della musicalità convenzionale, già dimostrata nella Pioggia nel pineto di D'Annunzio o nella onomatopea pascoliana, ma nel senso di una armonia che nell'animo umano legge sensazioni diverse e pensieri inaspettati. Viene esaltata in questa poetica l'analogia, il passaggio non 'logico' fra parola e parola, ma 'sovralogico': la ragione non lega le parole, ma è con la sensibilità, l'istinto che si trova una chiave interpretativa. La poetica ermetica è stata accusata di egocentrismo, di esaltare i problemi individuali, e di trascurare i problemi reali dell'esistenza, di essere estranea alla vita del proprio tempo, ma non è una accusa ben fondata se si guarda bene. Certo, essa può sorvolare sugli avvenimenti della cronaca quotidiana, ma non ignora i problemi più vasti e universali. La poesia di Ungaretti nasce dal contatto con la tragedia immensa della guerra, e dalla guerra trae la sua dolorosa riscoperta della vita. Né si può dimenticare che tutta la poesia di Quasimodo trae ispirazione dal Sud, dalla propria terra siciliana, aspra e ingrata, evocata col cuore dell'emigrato, gonfio di malinconia e lacerato dalla nostalgia. Da questi due esempi si può dire che cade l'accusa di individualismo di fronte alla sensibilità da essi dimostrata nei confronti di problemi che purtroppo hanno riguardato intere comunità.
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