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Sviluppo e Sottosviluppo

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Sviluppo e Sottosviluppo


Lo sviluppo è la capacità di una società di soddisfare i bisogni primari della popolazione e di permettere a quest'ultima di accrescere il proprio benessere.

Lo sviluppo deriva dalla crescita economica, ma anche da altri aspetti che concorrono a determinare la qualità della vita. Lo sviluppo deriva dai miglioramenti nell'istruzione, nella salute nelle disponibilità alimentari, nella disoccupazione, nelle disuguaglianze sociali ecc

Il sottosviluppo non dipende solo dai bassi redditi o dalla scarsa produzione, ma anche dal livello di disoccupazione o da una situazione di guerra.

Nel mondo i divari di sottosviluppo sono molto marcati con le espressioni "Nord del mondo"per i paesi ricchi e "Sud del mondo" per i paesi medio poveri, infatti, all'interno del "Sud del mondo" troviamo accanto a paesi con un tenore medio di vita altri in cui la popolazione muore di fame.

L'indicatore statistico più utilizzato è il PIL. Esso fornisce un'immagine molto sintetica del livello di sviluppo, dice poco sull'effettiva ricchezza o povertà della popolazione.

È molto utile confrontare la crescita del PIL e la crescita demografica.

Un altro valore statistico utilizzato è la ripartizione della popolazione attiva per settore d'attività. Se la percentuale di addetti all'agricoltura è elevata si è spesso alla presenza di un pese arretrato, nel quale l'attività agricola è svolta con mezzi tradizionali e necessita di molto lavoro manuale.



Un indicatore che mostra le prospettive di crescita economica di un paese è il peso che i Governi e le imprese accordano al settore di Ricerca e Sviluppo. Questo perché la ricerca applicata costituisce una delle basi principali dello sviluppo.

Un indicatore che è calcolato ogni anno è l'Indice di Sviluppo Umano (ISU). Esso tiene conto di tre elementi: il livello della salute, il livello di istruzione, il PIL per ambiente.

Una prima interpretazione del sottosviluppo è quella che giustifica le imprese coloniali, infatti si affermava che i popoli dei pesi colonizzati senza la guida dei popoli europei non sarebbero potuti arrivare alla civilizzazione.

Una seconda teoria è quella che spiega l'esistenza del sottosviluppo attraverso cause naturali, scarse risorse minerarie ed energetiche. Condizioni naturali sfavorevoli non esistono però solo nei paesi poveri ma anche nei paesi ricchi ed in più i paesi poveri sono quelli che hanno più risorse minerarie.

Intorno al 1960 è divenuta dominante la teoria degli stadi di sviluppo. Questa teoria sostiene che i paesi sottosviluppati sono solo in ritardo rispetto a quelli sviluppati.

Vi sarebbero, infatti, alcune tappe fondamentali nella strada dello sviluppo economico, di conseguenza questo problema si risolverà automaticamente.

Un'altra teoria spiega come lo sviluppo squilibrato avvenga secondo il libero gioco delle forze di mercato.

Negli anni settanta si è diffusa un' interpretazione marxista, in altre parole l'accumulazione del capitale da parte dei paesi più sviluppati si è potuta verificarsi solo grazie allo sfruttamento dei paesi sottosviluppati.

Dalla metà degli anni ottanta si è fatta strada una teoria che vede in un insieme di cause interne come le difficoltà ambientali, la gestione delle risorse umane, il processo di decolonizzazione che ha portato alla sperequazione sociale, cioè da un lato la stretta minoranza ricca e potente,  dall'altro i poveri; e di cause esterne come il debito estero, le multinazionali che si trasferiscono altrove perché mancano le condizioni di mercato e le tecnologie.

Le scelte estrovertite mirano a soddisfare le esigenze dell'esterno, andando a produrre ciò che i Paesi esteri desiderano o hanno bisogno.

Le scelte autocentrante invece mirano alla risoluzione delle esigenze interne attraverso operazioni di adattamento agricole o industriali. Tra le operazioni d'adattamento agricolo troviamo la rivoluzione verde che mira alla modifica delle piantagioni, cioè coltivare piante più resistenti e più produttive.  




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