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TEMA SULLA PESTE - Teorie e ipotesi sulla peste del 1629 descritta ne "I Promessi Sposi" da A. Manzoni

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TEMA SULLA PESTE


(Teorie e ipotesi sulla peste del 1629 descritta ne "I Promessi Sposi" da A. Manzoni)


SVOLGIMENTO


La peste è una malattia infettiva assai contagiosa che nel 1629 ridusse la popolazione del Ducato di Milano a un decimo di quella che vi era precedentemente all'epidemia causata probabilmente dalle numerose carestie, guerre, ma, soprattutto, dal passaggio dei Lanzichenecchi, soldati con pessima fama per la distruzione e le malattie che portavano ovunque essi passassero. Questa tremenda malattia all'inizio non venne considerata da nessuno, ma quando cominciò a fare dei morti, alcuni già gridavano alla peste; il governatore, però, la classificò come una normale 'febbre pestilenziale', quasi una cosa da niente. Ma ormai la peste si era ben sviluppata tra i milanesi, aiutata dalle scarse condizioni igieniche e dalla carestia. Morivano così moltissime persone, e finalmente ci si decise a prendere delle precauzioni e le città ancora non infettate vennero isolate.



Benché le conoscenze medico-sanitarie di allora fossero assai limitate, le persone cominciarono a chiedersi che cosa fosse questa malattia e iniziarono a dare delle spiegazioni. Si iniziò, quindi, a pensare le cause più varie: dal castigo divino alla presenza di persone malvagie, chiamate "untori", intenti a diffondere la peste tramite veleni o particolari oli infetti con i quali, si diceva, ungessero i portoni delle case infettando coloro che vi abitavano.

La Chiesa, inoltre, per attenuare il diffondersi dell'epidemia, fece delle lunghe processioni in cui i credenti si riunivano per pregare. Ovviamente il raduno di persone infette e non, non poteva che avere effetto contrario a quello previsto e Milano fu in preda alla peste. Vennero così istituiti degli ospedali, i lazzaretti, dove si tentava di curare i malati terminali.

Nel libro "I Promessi Sposi" di A. Manzoni, vengono narrate le vicende dei personaggi in relazione alla malattia; i protagonisti superano la peste, altri, invece, non ce la fanno. Vengono, inoltre, analizzate alcune credulità popolari; per esempio è narrata la storia in cui un uomo, intento a pulire con uno straccio una panca della chiesa, fu accusato di essere un untore. Manzoni si scaglia quindi contro l'ignoranza della popolazione di quel tempo e anche contro il governo che accusa di non aver bloccato le processioni di credenti e di aver ordinato lo svolgimento di feste in tempo di peste. Accuse rivolte, quindi, alla società di allora che, con piccole precauzioni, credo avrebbe potuto salvare migliaia di persone.

L'unica persona che Manzoni ammira perché si distinse dalle altre assumendo un comportamento assai diverso è il Cardinale Federigo Borromeo, che tentava in ogni modo di fermare l'espansione del contagio. Infatti, egli, appena si seppero i primi casi di peste, incitò i parroci a curare i malati, anche se questo li poteva portare alla morte. Lui stesso dava l'esempio agli altri visitando quotidianamente i lazzaretti e consolando le persone infette. Per quanto riguarda le processioni riuscì a impedirle per un certo tempo, ma fu poi costretto ad acconsentirle nuovamente in quanto sempre più persone erano convinte che la peste fosse stata mandata da Dio per punirli. Una ura veramente fuori dal comune, quindi, e difficilmente collocabile in quel periodo storico.

Tornando alla descrizione di ciò che accadeva nei periodi di peste, è importante dire che ivano tre ure essenziali; i monatti, gli apparitori e i commissari.

I primi erano persone immuni alla peste - per questo più esposti a essa - che avevano il compito di portare gli ammalati al lazzaretto, sotterrare i cadaveri, bruciare le cose infette . Gli apparitori, invece, avvertivano, per mezzo di un campanello, l'arrivo del carro per il trasporto dei malati infetti; i commissari erano quelli che impartivano gli ordini agli altri.

Per fortuna, dopo qualche mese, la peste se ne andò così come era venuta, ma ci volle un po' per ristabilire quell'equilibrio e quella quotidianità che vi era in precedenza alla venuta dell'epidemia.

Posso quindi concludere dicendo che la peste è una malattia infettiva di facile contagio, ciò che distingue il presente con il passato sono le spiegazione date per motivare l'avvento dell'epidemia. Oggi sappiamo che si trasmette quando vi sono scarse condizioni igieniche e con la presenza di particolari batteri; ieri, si credeva che fosse un castigo divino o un'opera malvagia da parte del demonio. Essendo credente, non posso affermare che l'ipotesi di una punizione di Dio sia sbagliata, ma credo comunque pienamente anche nella tesi scientifica.


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