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Appunti, Tesina di, appunto latino

Carme 15



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Carme 15


Commendo tibi me ac meos amores,           Raccomando a te me e l'amor mio,

Aureli. Veniam peto pudentem,                  Aurelio. Chiedo un favore riservato, che,

Ut, si quicquam animo tuo cupisti,              se creatura mai nel tuo cuore hai bramato

Quod castum expeteres et integellum,         che tu t'augurassi pura e d'intatta grazia,

Conserves puerum mihi pudice,                  tu preservami il ragazzo, con discrezione,

Non dico a populo: nihil veremur                non dico dalla gente: non ci preoccupiamo

Istos, qui in platea modo huc modo illuc     di costoro, che su e giù per la piazza

In re praetereunt sua occupati;                    passano via occupati nelle loro faccende:

Verum a te metuo tuoque pene                   ma di te temo e del tuo pene

Infesto pueris bonis malisque.                     nefasto per ragazzi buoni e cattivi.

Quem tu qua lubet, ut lubet, moveto          Tu, il tuo pene, muovilo dove ti piace, come

[ ti piace,

Quantum vis, ubi erit foris, paratum;          quanto vuoi, fuori, quando sarà pronto;

Hunc unum excipio, ut puto, pudenter,       per questo solo faccio eccezione e, credo,

[ riservatamente.

Quod si te mala mens furorque vecors        Che se follia e furor dissennato ti

In tantam impulerit, sceleste, culpam,         spingerà, furfante, all'enorme misfatto di

[ mirare

Ut nostrum insidiis caput lacessas, con le tue trappole alla mia persona,



A! Tum te miserum malique fati,                Ah, allora povero te, per il misero destino:

Quem attractis pedibus patente porta         legati i piedi e aperta la porta,

Percurrent  raphanique muglisque. ti s'infileranno in corpo rafani e muggini.        




ANALISI METRICA E RETORICA: Catullo scrive questa poesia in endecasillabi faleci.

In questo carme sono presenti numerose allitterazioni della p seguita da vocale, che ricoprono tutto il carme e lo concludono nella battuta finale. Significativa anche l'allitterazione al primo verso:

comMEndo tibi ME ac Meos aMOres; mentre al nono Catullo scrive Verum a TE meTUO TUOque pene. All' 11° verso si trova un'anafora con variazione: qua lubet, ut lubet; da segnalare anche che lubet è un arcaismo di libet. Sempre leggendo il carme incontriamo due versi, il 14° e il 17° dove si alza lo stile, perché espressioni come mala mens furorque e te miserum malique fati erano tipiche delle tragedie, utilizzate però da Catullo in funzione ironica.


COMMENTO: In questa come in molte altri suoi carmi Catullo fa ricorso alla volgarità, in segno di opposizione alla società che imponeva un mos maiorum ormai inadeguato alla vita di allora. Catullo attua una rivoluzione nel modo di far poesia, passando da una poesia celebrativa ad una strettamente personale e autobiografica, anch'essa simbolo di un rifiuto politico e sociale.

Anche se questo carme ha di per sé un basso livello contenutistico, bisogna tenere presente che è uno scherzo fatto tra amici colti, che gioca sul contrasto tra linguaggio volgare e scurrile e uno stile molto elevato.






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