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Plinio il Vecchio

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Plinio il Vecchio


Plinio il Vecchio era solito leggere in continuazione, anche nei momenti più strani della giornata, come i pasti, il bagno, le passeggiate: considerava sprecato il tempo non dedicato allo studio, così si faceva leggere libri dai suoi liberti in ogni momento della giornata.


Parlando della sua opera, la Naturalis Historia, egli afferma da subito che l'argomento da lui scelto non permette l'elaborazione letteraria, poiché presenta un vocabolario ricco ed ampio, ma la sua non è una prosa ricercata. Il carattere dell'opera è tecnico, quindi lo scopo è pedagogico. A suo parere, sono di particolare riconoscimento coloro i quali antepongono l'utilitas iubandi alla gratia placendi

Peculiarità dell'opera è l'indice degli argomenti, redatto per facilitarne la consultazione; c'è un elenco delle opere e delle fonti a cui ha fatto riferimento e il fatto che l'autore inserisca la bibliografia, costituisce una novità nel mondo antico.

Il lavoro di Plinio il Vecchio ha carattere compilativi, ma è importante perché ha trasmesso una massa enorme di dati che ci permettono di conoscere il contenuto di testi che per noi sono perduti. Plinio però accumula dati che non sono sempre attendibili. L'atteggiamento che adotta non è acritico, discute le affermazioni e le interpretazioni, esprime i suoi dubbi, confuta ciò che non gli sembra accettabile: segue il buonsenso, non dei criteri attendibili. Alle volte dichiara di usare delle notizie dubbie o infondate, ma il suo scopo non è quello di escludere una nozione che in ogni caso non è utile, ma ha degli intenti scientifici; dà importanza anche ai mirabilia. ½ sono anche delle prefazioni e digressioni in ogni libro, che sono dedicate ad argomenti di carattere generale e morale. La corruzione dei costumi, a suo parere si accomna ai progressi della scienza e della tecnica, che danneggiano l'uomo se alimentati dal desiderio di conoscenza della natura: se sono finalizzati all'ottenimento della ricchezza non vanno più bene, in quanto corrompono l'uomo.




Plinio come Seneca, concepisce la natura come un essere vivente animato da un soffio vitale e tutto ciò che fa parte della natura è finalizzato al bene dell'uomo: se non si altera la natura, essa è benevola e positiva per l'uomo. Plinio afferma che la vita va migliorata, si deve studiare la natura senza superarne i limiti purchè non si alteri la natura stessa: l'uomo non deve scalare le montagne, non deve scavare nelle viscere della terra per trovare metalli preziosi, perché i segreti della natura devono restare tali; non si devono usare prodotti medici provenienti dall'India, dall'Arabia o dai confini del mondo, poiché si sconvolgerebbe l'equilibrio dell'ecosistema. Queste prese di posizione sono legate alla superstizione, per lui è empio cogliere i segreti della natura e questi giudizi sono dettati anche in parte dal moralismo. Pur affermando il valore della ricerca scientifica, egli però asserisce che non bisogna applicare le scoperte perché si violenterebbe la natura delle cose.








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