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CESARE PAVESE

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CESARE PAVESE


  • 1908: nato a santo Stefano Belbo, dove il padre, cancelliere di tribunale a Torino, ha un piccolo podere, qui ci passa le vacanze estive, normalmente vive a Torino. Compie gli studi a Torino e si laurea con una tesi in poesia.
  • 1931 muore la madre, continua a vivere con la sorella ma è molto introverso. Inizia a insegnare in vari istituti statali, ma dato che non è iscritto al partito fascista, ripiega in istituti privati.
  • 1935: dopo aver iniziato a lavorare alla casa editrice Einaudi, viene arrestato perché coinvolto in attività antifasciste. Inizia una relazione amorosa con una militante del partito comunista clandestino. Viene messo al confino a Brancaleone fino al giugno del 36. Scrivere " il mestiere del vivere'. Tornata a casa scopre che la sua amata si è sposata e sfiora il suicidio.
  • In seguito scrivere " lavorare stanca" e " paesi tuoi".
  • 43-45 si rifugia con la sorella in un paesino del Monferrato. Inizia un periodo di solitudine esame di coscienza e desiderio e incapacità di legarsi con gli altri.  (" La casa in collina").
  • Continua a  lavorare sul " mestiere del vivere": è un diario.
  • 1947: vince il premio strega con " il comno".
  • In seguito "prima che il Golfo canti" e " La bella estate".
  • 1950 "la luna e i falò": è un intimo amico di Piero Calamandrei, famoso intellettuale comunista. Pochi giorni prima di suicidarsi gli scrive una lettera:

  • 27 agosto 1950: si suicida in una camera d'albergo a Torino con una pistola. Prima ha provato a chiamare tutti gli amici ma nessuno gli ha risposto.

TEMATICHE:

è ricorrente la ura dell'espatriato, di colui che si è allontanato, che è andato in giro, che magari ha fatto fortuna, ma prima o poi, nel ritorno ai propri luoghi, sente un aggancio al passato infantile (Anguilla nella " l'una e i falò").



Questo deriva dalla situazione biografica di Pavese, infatti anche lui è stato sradicato dalle Langhe. E testa che contro alla solitudine e alla impossibilità di comunicare con gli altri, si possono utilizzare solamente il ricordo dei propri luoghi e i legami col tempo dell'infanzia. Questo perché  nei luoghi dell'infanzia accaddero cose che li hanno fatti unici.

Crescendo però c'allontaniamo dal infanzia e troviamo quindi la solitudine e il peso del vivere (non possiamo non crescere). La solitudine di Pavese non esiste come aristocratica diversità dagli altri, come per i simbolisti che vedevano la loro incapacità di comunicare come una qualità superiore, ma esiste come una tragica incapacità di vivere.

Pavese per tutta la vita ricerca la comunicazione, che però non trova mai una realizzazione concreta, e che lo porta ad ammettere sempre il proprio fallimento (inetto per Svevo).

In chiave simbolica il recupero dei miti dell'infanzia viene letto come la scoperta delle radici del proprio essere, del proprio destino che era tutto determinato con l'infanzia. Da qui nasce la contrapposizione tipica dei racconti di Pavese: città-camna, Torino- Langhe. (Il rilievo sulle colline; La bella estate; Tre donne sole).


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