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Canto X dell'Inferno. Farinata degli Uberti e Cavalcante

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Canto X dell'Inferno. Farinata degli Uberti e Cavalcante


Farinata, che Dante incontra sullo sfondo della rosseggiante città di Dite, è, a mio giudizio, il personaggio più interessante fra quanti incontrati sinora nello studio della Divina Commedia.

Fiero e superbo ('el s'ergea col petto e con la fronte/ come avesse l'inferno in gran dispitto') e, nel medesimo tempo, leale e coraggioso, suscita direttamente nell'animo di Dante e nel lettore stesso, sentimenti di ammirazione e di profondo rispetto.

Tratteggiando questa ura con la consueta abilità, Dante ne ha voluto mettere in rilievo soprattutto la grandezza statuaria, valendosi, come del resto nella descrizione morale del suo personaggio, quasi esclusivamente di termini fisici.
'Vedi là Farinata che s'è dritto: dalla cintola in su tutto il vedrai', dice infatti Virgilio a Dante e già da questi versi appaiono evidenti ad un lettore attento la grandezza fisica e statuaria di Farinata.

A questo proposito va ricordato il commento che al canto fece il De Sanctis, il quale vide nel personaggio di Farinata non tanto il peccatore, l'eretico, quanto l'uomo sorgere 'per la prima volta nel moderno orizzonte poetico'.



Farinata è dunque un uomo e come tale animato da forti passioni, che nel suo caso sono di natura politica. Potente capo ghibellino di Firenze, egli fu ripetutamente avversario della parte politica di Dante durante le sanguinose lotte, delle quali fu teatro la città toscana nel tredicesimo secolo.

Facilmente comprensibile è perciò il tono del colloquio, fra il poeta e il ghibellino, ispirato alla durezza e alla drammaticità, caratteri questi che si manifestano principalmente nella prima parte del canto.

Al di là tuttavia dell'odio fra fazioni avverse, al di sopra dello spirito di parte, un medesimo ideale li accomuna: il profondo, sincero amore per la Patria; ed è in ragione di ciò che Dante sosta riverente dinnanzi al suo avversario politico, è per questo che egli fa splendere al di sopra di tutto la dignitosa grandezza di Farinata.

Del resto non si tratta della sola analogia che unisce la ura del ghibellino a quella di Dante: la tristezza, l'angoscia, l'umiliazione dell'esilio vengono conosciute da entrambi e per entrambi questa infausta tappa della personale esistenza causa un dramma che è familiare ancor prima che politico.

Tutto ciò va a convalidare la tesi di numerosi critici, tesi che io stesso condivido, secondo la quale Dante tende quasi ad identificarsi con Farinata, a 'riconoscersi nel destino di lui', come dice il Petrocchi.
Tutto l'episodio, a mio modesto giudizio, continua e completa il discorso di carattere politico già aperto nel sesto canto e delinea in modo netto la ura di Dante cittadino, impegnato responsabilmente nella vita politica della propria città.

Un'altra ura che Dante incontra fra gli epicurei e che interrompe momentaneamente il suo dialogo con Farinata, sorgendo dallo stesso sarcofago, è Cavalcante, parente e coetaneo di Farinata nonché padre del poeta Guido Cavalcanti, amico in gioventù di Dante, al quale lo accomunano le delicate liriche stilnoviste. 
Cavalcante si rammarica di non vedere il lio in comnia del pellegrino e gli chiede, con apprensione, se egli ancora viva. Vedendo Dante perplesso, l'uomo si lascia cadere disperato.

Cavalcante e Farinata hanno temperamenti diversi, ben mostrati da Dante; tuttavia entrambi sembrano partecipare con passione ai casi della vita terrena e sembrano non preoccuparsi della pena a cui sono condannati come peccatori.  

Il canto X è uno dei più mirabili dell'intero poema. In esso, come hanno dimostrato autorevoli commentatori, per esempio l'Auerbach, Dante introduce magistralmente novità linguistiche e stilistiche, che influenzeranno profondamente le opere letterarie successive alla sua.





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