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"Il fu Mattia Pascal" - Luigi Pirandello

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"Il fu Mattia Pascal"


Titolo: Il fu Mattia Pascal

Casa Editrice: Arnoldo Mondadori Editore

Data e luogo di pubblicazione: Cles (TN), 1994

Data della prima pubblicazione: Aprile 1993

Autore: Luigi Pirandello



Vita ed opere dell'autore:

Nato ad Agrigento nel 1867 e morto a Roma nel 1936, Luigi Pirandello fu un gran narratore e drammaturgo italiano. Il padre, ex garibaldino, gestiva alcune zolfare; la madre apparteneva ad una famiglia d'agiati commercianti. Nel 1880 Pirandello è a Palermo per concludervi gli studi classici e iniziarvi quelli universitari, poi continuati a Roma e terminati a Bonn. Nel 1892 è di ritorno a Roma, dove stringe amicizia con Capuana, suo protettore letterario, e coi più giovani Fleres, Ferri, D'Ambra. A Roma si stabilisce definitivamente dopo aver sposato Maria Antonietta Portulano, nel 1894. Tra il 1893 e il 1899 nascono tre li: Stefano, anch'egli scrittore, Lietta e Fausto. Malgrado numerose novelle pubblicate, le poesie e i primi romanzi, la vera affermazione di Pirandello avviene nel 1904 con " Il fu Mattia Pascal ". Alcune sue opere sono: " Sei personaggi in cerca d'autore", " Enrico IV ", " Diana e la Tuda", " Questa sera si recita a soggetto", " I giganti della montagna " . .

Informazioni generali: Dopo aver esaminato la vita dell'autore, si nota che non vi sono elementi autobiografici. Nella copertina del libro vi è una fotografia di Pirandello seduto su una panchina. Nella retrocopertina vi sono alcune informazioni di carattere generale sia sull'autore, sia sul romanzo. Sfogliando il libro troveremo un'introduzione di una cinquantina di ine, comprese di cronologia e bibliografia. Il romanzo è di circa 300 ine ed è suddiviso in 18 moduli, privi di titolo.

Sintesi:

Il romanzo narra le vicende di una persona, anzi di tre persone: Mattia Pascal, Adriano Meis e il fu Mattia Pascal.

Mattia Pascal è il lio di genitori benestanti. Il padre viene a mancare piuttosto presto. Mattia e il fratello Berto vengono educati da un precettore, Pinzone. Subiscono, però, anche l'influenza di una zia, Scolastica, zitella e con la caratteristica di voler avere sempre ragione. Dopo la morte del padre, i beni di famiglia vengono amministrati da Batta Malagna, un uomo che, come dice il nome, ha un animo "nobile", "leale" e onesto, tanto che vorrebbe appropriarsi di ciò che amministra.

Nella vita di Mattia Pascal ci sono due donne: Oliva e Romilda. Oliva è colei che sposa Batta Malagna, nonostante sia incinta di Mattia; Romilda, invece, sposa Mattia.

Fisicamente, l'unico particolare importante di Mattia Pascal é che ha un occhio strabico.

Il fratello Berto, intanto, ha lasciato Miragno, il paese natale, e vive a Pisa.

Romilda partorisce due gemelle. Poco dopo la nascita delle lie, però, la vita di Mattia Pascal subisce tre gravi perdite: muoiono, infatti, le due bambine e, nel giro di pochissimo, anche la madre del protagonista. Dopo il funerale, Mattia riceve dal fratello Berto 500 lire per provvedere all'estremo saluto. Con quei soldi inaspettati, il protagonista decide di andare a Montecarlo, al Casinò, senza dire niente a nessuno. E nel Principato viene baciato dalla fortuna: vince una somma considerevole, tanto che potrebbe vivere di rendita. Sulla via del ritorno, però, scopre di essere morto. Mentre lui era via, un uomo si è suicidato in uno dei suoi poderi. Avendo la stessa corporatura (ma non l'occhio strabico) la moglie Romilda e la suocera, la vedova Pescatore che non l'aveva mai sopportato, lo "riconoscono". In un primo momento, d'istinto, vorrebbe andare a casa a smentire tutto. Ma poi si rende conto che gli viene offerta una seconda opportunità, la possibilità di rifarsi una vita. Oltretutto è anche in possesso di una discreta somma di denaro. Decide di viaggiare. Casualmente capita a Milano dove incontra il cavalier Tito Lenzi. Questo è il primo filosofo incontrato da Mattia Pascal. Con il cavaliere egli scopre che ognuno di noi è una piazza.

Nel suo vagabondare, Mattia Pascal va a Roma, dove diventa Adriano Meis. Qui si stabilisce a casa del signor Anselmo Paleari, che vive con la lia Adriana, la signorina Caporale e il genero Papiano, vedovo dell'altra lia d'Anselmo. Il padrone di casa è il secondo filosofo del romanzo. Egli crede che dopo la morte ci sia una serie di reincarnazioni con un processo di purificazione, alla cui fine c'è un aldilà felice. La chiama "teosofia". Il ponte tra questa vita e l'aldilà è costituito dalle sedute spiritiche. La signorina Caporale e Papiano si prestano volentieri a queste farse, così non devono are la pensione.

A Roma Adriano Meis si fa operare all'occhio strabico. In questo modo ha ulteriormente tagliato i ponti con la sua vita precedente. S'innamora, ricambiato, di Adriana e la vorrebbe sposare. Però un uomo che non esiste, che non ha un'identità non può sposarsi. Per risolvere il problema, decide di "scappare" da Roma, fingendo un suicidio. Egli muore per la seconda volta. Ora, però, è lui che vuole farsi credere morto.

Il protagonista, che non ha più un nome vero e proprio, decide di vendicarsi e di tornare a casa. Prima, però, vuole fare una prova con suo fratello Berto. Avendo ottenuto ciò che voleva, lascia Pisa e torna a Miragno. Lì viene a sapere che Romilda si è risposata con un suo amico d'infanzia. Quando si trova davanti alla sua vedova tutta la voglia di vendetta svanisce. Si rifugia in una biblioteca e diventa "il fu Mattia Pascal". Alcune battute, però, ci fanno capire che tornerà ancora sia nel letto di Romilda sia in quello di Oliva.

Dopo molto tempo, consigliato da don Eligio Pellegrinotto, decide di iniziare a scrivere questo romanzo.


Stranezze:

Il romanzo è stato pubblicato nel 1904. È, quindi, del periodo in cui gli scrittori attraversavano una grave crisi e il romanzo, in generale, veniva reinventato. È proprio per questa crisi che il romanzo, in tipico stile pirandelliano, è cosparso di stranezze, paradossi, incongruenze. Analizziamolo attentamente.

Il titolo: "Il fu Mattia Pascal" allude al fatto che il narratore-protagonista scrive da morto: egli è vivo fisicamente, ma è morto per la società.

Il nome: perché proprio "Mattia Pascal"? Ci sono tre spiegazioni:

Mattia = malattia dei matti. Nel modulo diciassettesimo il fratello Berto afferma che il protagonista era un po' matto;

Mattia è il tredicesimo apostolo, quello che ha sostituito Giuda, è colui che è chiamato a testimoniare la resurrezione di Gesù. Il cognome Pascal ricorda la Pasqua, la resurrezione di Cristo. Adriano Meis, dopo l'operazione all'occhio, è dovuto stare quaranta giorni al buoi, come se fosse in Quaresima. La vita di Mattia Pascal è come quella di Cristo, che incontra i mali del mondo per poi rinascere. Però Cristo ci dà una via da percorrere alla fine, Mattia Pascal no, si convince che la vita non ha alcun senso;

il cognome in onore di Pascal, il filosofo del '600, noto a Pirandello.

L'identità: all'inizio c'è l'affermazione di un'identità, alla fine, invece, c'è la negazione della stessa. Eccone alcuni passi a sostegno di quanto detto:

(inizio) "Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal"

(fine) "Mia moglie è sposata con Pomino, e io non saprei proprio dire ch'io mi sia"

(i) "mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo:- Io mi chiamo Mattia Pascal"

(f) "-Ma voi, insomma, si può sapere chi siete?

Mi stringo nelle spalle, socchiudo gli occhi e gli rispondo:

-Eh, caro mio Io sono il fu Mattia Pascal."

L'idea: inizialmente il narratore ci dice che l'idea di scrivere era stata sua. Alla fine, invece, si contraddice affermando di essere stato consigliato da don Eligio Pellegrinotto. Inoltre asserisce di non aver per niente voglia di scrivere, se non per raccontare una strana storia. Però, al tempo stesso, invoglia il lettore a proseguire nella lettura.

La filosofia: nel modulo quinto Mattia Pascal ci dice che ha letto di tutto un po'. Ha letto anche dei libri di filosofia ed è giunto alla conclusione che facciano diventare matti. In realtà, se prendiamo come presupposto che il protagonista è un bugiardo, ci sta dicendo che i libri di filosofia sono i più importanti. Questo lo possiamo anche capire dal fatto che, nel corso del romanzo, la filosofia ha un ruolo determinante e vengono analizzate approfonditamente le idee dei "filosofi" incontrati dal protagonista.

Copernico: Mattia Pascal dice che la colpa dei mali del mondo, e dell'uomo, è di Copernico, che ha fatto girare la Terra. Don Eligio Pellegrinotto difende lo studioso, anche se, all'epoca della sua teoria, la Chiesa l'aveva condannato. È, invece, Mattia Pascal a ricordare al prete che nella Bibbia c'è scritto che durante l'attacco a Gerico Giosuè fa fermare il sole.

Ci sono due affermazioni, una scientificamente corretta, la prima, e una scorretta, la seconda:

"Non è vero. L'uomo non lo sapeva, e dunque era come se non girasse"

"Per tanti, anche adesso non gira"

Perché molti non vogliono accettare il fatto che la Terra giri? Perché dopo la tesi di Copernico l'uomo ha scoperto di non essere più al centro dell'Universo, di non essere più l'essere più importante dell'Universo. Si è dovuto rendere conto che non tutto è fatto apposta per lui, per servirlo. Si è ridotto a "men che niente nell'Universo". Copernico ha ridimensionato la presunzione dell'uomo.

La fine: il ritorno a casa di Mattia dovrebbe essere tragico: lui è tornato per vendicarsi, vuole vendetta. Ma alla fine si rende conto che non ne vale la pena, ora vuole solo un po' di pace. Ma quando stringe la mano a Romilda, questa le trema; e quando poi rivede Oliva, questa le fa un sorriso molto provocante. Da qui possiamo capire che Mattia voleva tranquillità, ma che, invece, tornerà ancora più volte nel letto delle due donne sposate. Pirandello prende in giro il suo protagonista perché è triste alla prospettiva di fare una vita da emarginato, ma in realtà torna dalle sue donne.



Filosofi e loro filosofie:

All'interno del romanzo sono presenti alcuni filosofi che espongono al protagonista le loro idee.

Il cavalier Tito Lenzi: l'uomo, sostanzialmente, considera se stesso come un castello, con le proprie idee e le proprie opinioni. Per il cavalier Tito Lenzi, invece, noi tutti siamo come una piazza: non abbiamo una coscienza autonoma, non siamo in grado di esaminare la realtà in modo autonomo. Siamo costantemente sottoposti, dipendenti dai pareri e dalle valutazioni di coloro che ci stanno accanto. C'è un motivo perché ci lasciamo condizionare: non vogliamo essere emarginati. Mattia Pascal è d'accordo con lui perché lui sa di essere Mattia Pascal, ma gli altri non lo devono sapere, si deve, perciò, comportare di conseguenza: anche la sua coscienza è diventata una piazza.

Il signor Anselmo Paleari: la mentalità di quest'uomo è un po' più complessa. Ossia vengono analizzati più aspetti. Per l'esattezza tre:

la teosofia: il signor Anselmo è convinto che ci sia un aldilà, un regno dell'essere. Quando si muore si va in questo regno per essere purificati e poi ci si reincarna. L'esistenza è tutta una serie di reincarnazioni e di purificazioni fino a quando non ci si è purificati totalmente e si resta nell'aldilà. Il ragionamento sarebbe anche corretto se egli non volesse dimostrare la sua teoria materialmente. Per Anselmo Paleari, infatti, tutto è materia, che si è poi modificata e perfezionata per dare vita alle diverse specie. E la materia non può aver lavorato tanto per niente, dopo la morte ci deve essere per forza qualcosa. Il punto debole di tutto il ragionamento, però, è l'affermazione secondo cui anche l'anima sarebbe materia: se così fosse non potrebbe esserci un mondo spirituale. Non si possono usare argomenti materialistici per spiegare teorie spirituali.

lo strappo nel cielo di carta: è, forse, il passo più celebre di tutto il romanzo. Un giorno il signor Anselmo si domanda circa il significato della tragedia di Oreste, che, vissuto in una Grecia con il culto della vergogna, era stato costretto ad uccidere la madre per vendicare l'assassinio del padre. Questo era un suo diritto sacro, se non l'avesse fatto sarebbe stato additato da tutti e si sarebbe vergognato. La stessa cosa succede ad Amleto: anche lui deve vendicare il padre, fatto uccidere dalla madre. Però Amleto non ha la stessa sicurezza di Oreste, perché i tempi sono cambiati. Egli diventa, grazie al celebre monologo, il simbolo del dubbio: non si hanno più le stesse certezze che vengono dall'esterno, c'è stato "uno strappo nel cielo di carta". Sempre in questo brano, Mattia Pascal esprime il desiderio di essere una marionetta, sempre uguale a se stessa, coerente, non come una persona che è come la fanno apparire gli altri (problema affrontato anche in "Uno, nessuno e centomila" e in "Sei personaggi in cerca d'autore").

la lanterninosofia: questa è l'ultima teoria di Anselmo Paleari. Secondo lui il lanternino è una piccola luce che ognuno porta dentro di sé, spandendola tutt'attorno. Riusciamo a vedere ciò che i circonda fino a che la luce ce lo permette, vediamo solo le cose illuminate. Il lanternino è la misura delle nostre conoscenze. Più lanternini formano il lanternone, una grande ideologia, una convinzione diffusa. Secondo Anselmo Paleari siamo in un momento in cui tutti i lanternoni si sono spenti, non siamo più sicuri di niente, siamo in un deserto senza punti di riferimento. Anche qui la colpa viene data a Copernico, il quale ha detto che non siamo al centro dell'Universo.




Analisi:

Pirandello narra la vicenda in modo, a volte, troppo contorto. Tenta di prendere in giro il lettore, e ci riesce benissimo, conducendolo in un labirinto di pensieri e di parole. Talvolta l'autore da delle indicazioni che dovrebbero guidare il lettore verso " l'uscita " del labirinto, ma bisogna prestare attenzione, perché ogni tanto le " frecce " guidano in cunicoli sempre più complicati. L'autore racconta la storia da un suo punto di vista esterno alla vicenda, non si impersonifica mai con il protagonista. Non è un romanzo a scopo didattico, non intende insegnare nulla a chi lo legge. Il tipo di società che ci viene presentata è completamente differente dalla nostra, dato che il romanzo è ambientato nei primi dell'800.


Commento:

Il romanzo è molto intrigante ma l'unica cosa che alla fine riusciamo a vedere, è che non ci sono certezze nella vita, che la vita è un'assurdità, una grande pazzia. Io, comunque, credo che, per quanto folle sia la vita, vale pur sempre la pena di viverla. Inoltre, c'è un po' di pazzia in tutti noi, altrimenti che gusto ci sarebbe a vivere? Consiglio questo libro a persone di qualsiasi età, non solo a chi frequenta ancora la scuola, come me, ma anche a chi ha un po' di tempo libero e vuole sfruttarlo al meglio.





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