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Il giullare

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Il giullare



Un giullare è un essere molteplice: è un musico, un poeta, un attore, un saltimbanco; una specie d'intendente ai piaceri nelle corti di principi e re; è un vagabondo errante che dà spettacolo nei villaggi; è il suonatore di viella che canta "le gesta" durante le tappe dei pellegrini; è il ciarlatano che diverte la folla ai crocevia; è l'autore e l'attore dei lazzi che si recitano nei giorni di festa all'uscita delle chiese; è il maestro di danze che fa saltare e ballare i giovani; lo strillone, annunciatore dei paesi; è il suonatore di bombarda e ghironda che dirige la marcia nelle processioni; è il prologo e il cantante che rallegra i festini, le nozze e le veglie; è il cavallerizzo che volteggia sui cavalli, l'acrobata che danza sulle mani; che gioca coi coltelli, che attraversa i cerchi in corsa, che sputa fuoco, che si disarticola e fa contorsioni; è l'annunciatore delle parate cantate e mimate; il buffone che smorfieggia e dice balordaggini. Ecco il giullare è tutto questo e altre cose ancora . "

Da "Les jongleurs en France au Moyen Age" di Edmond Faral

Giullare deriva dal latino Joculator, che a sua volta proviene da Jocus, cioè scherzo oppure gioco. La prima apparizione del termine e nel documento del Concilio di Cartagine del 436, ma il suo uso si diffonde poi in epoca medioevale intorno al V e VI secolo. A partire del XI secolo, Joculator entra nella terminologia delle lingue o dialetti volgari. In Francese Joleor e Jougleur diventa poi Jongleur; in Snolo Juglar; in Portoghese Jogral; in Tedesco da Gengler diventa Gaukler e ora Spielman dove Spiel è appunto gioco; in Fiammingo Gokelaer ed in Inglese Jugelere o Jogler che verrà cambiato con Minstrel. Le lingue celtiche e slave invece, sceglieranno un nome di origine diversa: Smorok in Russo o Bardo in Gallese.Vai a: Navigazione, cerca Il termine giullare, designa tutti quegli artisti che, tra la fine della tarda antichità e l'avvento dell'età moderna, si guadagnavano da vivere esibendosi davanti ad un pubblico: attori, mimi, musicisti, ciarlatani, ammaestratori di animali, ballerini, acrobati. Nel Duecento e nel Trecento i giullari, uomini di media cultura (molto spesso chierici vaganti per le corti o per le piazze) che vivevano alla giornata facendo i cantastorie, i buffoni e i giocolieri, divennero il maggior elemento di unione tra la letteratura colta e quella popolare. Costoro erano guardati con sospetto dalla Chiesa che ne condannava il modello di vita e i canti che consideravano obscaena et turpia; i giullari, infatti, erano considerati i primi veri professionisti delle lettere perché vivevano della loro arte, ebbero una funzione molto importante nella diffusione di notizie, idee, forme di spettacolo e di intrattenimento vario. Essi, svolgevano la loro attività in diversi modi e utilizzavano le tecniche più disparate, dalla parola alla musica, alla mimica, utilizzavano diverse forme metriche come l'ottava e le ballate e si applicavano in generi letterari e temi diversi. Tra i più ricorrenti vi era il contrasto, l'alba (cioè l'addio degli amanti al sorgere del sole), la serenata alla donna amata, il lamento della malmaritata.

È quella dei giullari una letteratura quasi sempre anonima sia sul piano anagrafico (non si conoscono infatti gli autori di molti componimenti), sia sul piano culturale. Manca infatti un rilievo stilistico distintivo, le forme utilizzate sono convenzionali e ripetitive perché l'autore si basa soprattutto sull'invenzione, sulla battuta ad effetto, sulla brillante e improvvisa trovata. I documenti più antichi dell'arte dei giullari sono abbastanza rari, il più antico è la cantilena toscana Salv'a lo vescovo senato, che fu composta poco dopo la metà del XII secolo in lasse monorime composte da ottonari in cui un giullare con enfatiche parole esalta Villano, arcivescovo di Pisa, per ottenere in cambio il dono di un cavallo. Il Lamento della sposa padovana è un frammento del secolo XII appartenente ad un poemetto di genere cortigiano, probabilmente imitato dal francese, che canta l'amore di una donna per il marito che combatte lontano, in Terrasanta.

Spicca la personalità di Ruggieri Apulliese (o 'Apugliese'), giullare di Siena vissuto nella prima metà del Duecento, che scrive una tenzone di argomento politico costruita sullo schema di quelle dei trovatori, una canzone che imita i virtuosismi stilistici dei provenzali, un Vanto che è una specie di frottola (particolare forma metrica) nella quale viene esaltata la sua poliedrica bravura in tutti i mestieri e una strana parodia della Passione.

Ma il più interessante documento di questa letteratura è il contrasto, metro di origine popolare, intitolato Rosa fresca aulentissima scritto in dialetto meridionale nella prima metà del XIII secolo da un certo Cielo d'Alcamo che è un vero esempio di mimo giullaresco.

Nell'età moderna la ura del giullare - nell'accezione particolare di attore affabulatore - è stata resa celebre da Dario Fo che proprio nella 'maschera' del giullare si è identificato quando nel 1968 ha rotto con il circuito istituzionale dell'ETI ed ha iniziato ad esibirsi nelle Case del Popolo gestite dall'ARCI. È altresì evidente che quella di Fo è un'operazione di recupero storico non condotta secondo canoni filologici: come osserva Tito Saffioti (I giullari in Italia, Xenia ed., Milano 1990), Fo, attribuisce ai giullari una coscienza politica consapevolmente oppositiva al potere che forse i giullari medievali non ebbero mai. Oltre ai giullari di strada che si esibivano davanti ad un pubblico popolare (si ricordino Ruggeri Apugliese e Matazzone da Caligano), esistevano infatti anche 'buffoni di corte' e 'canterini comunali' i cui spettacoli erano destinati ad un pubblico ricco e colto (si ricordi Andrea da Barberino).








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