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La peste secondo Boccaccio, Lucrezio, Manzoni e Camus

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La peste secondo Boccaccio, Lucrezio, Manzoni e Camus


La peste è una malattia infettiva causata dal virus "Yersinia Pestis" e si può manifestare in tre forme differenti: peste polmonare, peste setticemica e peste bubbonica.

Nella peste bubbonica (la stessa che nel Medioevo verrà chiamata "Morte Nera"), si ha lo sviluppo dei cosiddetti bubboni (linfonodi infiammati ed ingrossati), specialmente sotto le ascelle e nella zona inguinale.Per l'elevata capacità di diffusione e l'alto numero d'epidemie assai violente nel corso dei secoli, questa malattia ha attirato l'attenzione di molti scrittori.

Le caratteristiche più toccanti nell'analisi delle epidemie sono la sofferenza della popolazione e la decadenza delle norme morali.

Lucrezio parla della peste diffusasi ad Atene nel 430 a.C. (nota a lui grazie agli scritti di Tucilide).Il poeta latino afferma che i malati morivano nelle strade, sputando sangue e soffrendo la sete a causa dell'altissima febbre. Egli evidenzia anche il decadimento dei valori morali e dei costumi: i parenti abbandonavano i malati per paura del contagio ed i defunti venivano sepolti in fosse comuni, negando loro funerali dignitosi. Non solo il rito funebre era decaduto, ma anche ogni altra pratica religiosa: un chiaro segno della disgregazione del tessuto sociale. Il declino morale è un aspetto che anche Boccaccio affronta nel "Decameron": egli è colpito dalla perdita di dignità della popolazione, uomini e donne dimenticano il pudore.



La maggior parte di coloro che hanno scritto riguardo alla peste, fedeli alla tradizione occidentale di analisi basata sui rapporti di causa-effetto, ha indagato le origini della peste: secondo Lucrezio e Boccaccio, la peste si diffonde tramite l'aria e il contatto con gli appestati; Camus indica come canale del contagio l'invasione di grandi quantità di ratti ammalati ad Orano. Manzoni analizza con notevole profondità le cause della peste a Milano, individuandone non solo i veicoli fisici, ma anche le circostanze che li hanno favoriti: il tentativo da parte della popolazione di negare l'esistenza del morbo, l'iniziale inazione delle autorità mediche e politiche, la loro incapacità di applicare metodi efficaci e l'isteria delle masse, con la richiesta pressante di una processione per placare Dio, che avrà l'unica funzione di promuovere ulteriormente l'epidemia.

In alcuni scrittori la descrizione della peste non è fine a se stessa, ma contiene una morale. Manzoni, nel narrare l'episodio della peste nei "Promessi Sposi" (e in modo più mirato nella "Storia della colonna infame") condanna l'idiozia delle autorità e l'irrazionalità delle folle che sentono il bisogno di trovare un capro espiatorio nella ura immaginaria degli "untori". Altri autori raggiungono l'intento morale tramite allegoria. Ne "La Peste" di Albert Camus il morbo è l'allegoria del male e della guerra: persone come il medico Rieux e il signor Tarrou conducono una vera e propria lotta contro l'epidemia. Rieux in particolare sa che il microbo rimarrà nascosto da qualche parte, pronto a riemergere: allo stesso modo, il male non può essere sconfitto totalmente, non deve essere sottovalutato né dimenticato (il medico lo dice esplicitamente nella parte finale del racconto).Questa visione è coerente con il passato dello scrittore, il quale fu un attivista nella Seconda Guerra Mondiale, diventando anche il direttore della rivista della Resistenza "Combat".

Una portatrice di morte come la peste non può non far riflettere sul significato profondo della vita e, in quest'ambito, si possono osservare le opinioni contrastanti di Boccaccio e di Manzoni. Boccaccio, mancando di una fede profonda, ha una visione epicurea della vita e i personaggi del Decameron la condividono, poiché essi sfuggono alla peste rifugiandosi in camna, in una villa dove si divertono con balli, scherzi e racconti: non c'è posto per la morte e, quando essa sopravviene, è vissuta come qualcosa di orribile, di inaccettabile e la reazione è spasmodica.La morte, per uno scrittore dalla profonda coscienza religiosa come Manzoni, è composta, non provoca ripugnanza poiché ha il potere di elevare l'anima verso Dio, è un traguardo che pone fine alle sofferenze terrene.



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