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La poetica del sensismo



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La poetica del sensismo


Mentre la poetica razionalistica della prima metà del '700, per influenza di sectiunesio, considerò la poesia un prodotto della fantasia profondamente regolata dalla ragione, nella seconda metà del '700 prevalse invece la poetica del sensismo. Ispirandosi appunto alla filosofia di Condillac, che faceva derivare tutte le conoscenze umane dai sensi, essa considerava la poesia un prodotto puramente "sensuale" e, come tale, le assegnava lo scopo di suscitare in chi legge o ascolta una sensazione piacevole, uguale a quelle provocate dalle altre sensazioni piacevoli come quelle del mangiare o del bere, che si provano nella vita pratica. Era una concezione materialistica che, portata alle estreme conseguenze, non solo avviliva la poesia ma anche negava ad essa ogni valore assoluto ed universale, perché la faceva dipendere da un gusto individuale, non uniforme e variabile da persona a persona.

I teorici italiani mitigarono tuttavia gli eccessi della poetica sensistica. Pur riconoscendole il merito di aver liberato la poesia dall'estremo razionalismo sectiunesiano, contro di essa non solo sostennero che la poesia nasce da un modo geniale ed emotivo di vedere le cose, capace di suscitare negli altri analogo entusiasmo ed analoga passione, ma la riscattarono dal mero edonismo, assegnandole sulla scia della tradizione classica il fine più nobile di essere "utile", di contribuire, cioè, al rinnovamento civile e morale della società. Era un ritorno alla poetica oraziana del "miscere utile dulci" che univa l'utile al dilettevole e, sotto questo aspetto, la nuova poetica sensistica si avvicinava alla dottrina illuministica, che assegnava alla letteratura il compito di proandare le nuove idee, per contribuire a rinnovare dalle fondamenta la società.








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