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PARAFRASI DIVINA COMMEDIA - INFERNO, CANTO I (fino verso 90)

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PARAFRASI DIVINA COMMEDIA - INFERNO


CANTO I  (fino verso 90)


A metà del cammino della nostra vita/ mi  ritrovai per una selva oscura/ perché la via giusta era smarrita.

Ahimè quanto difficile da dire cosa fosse/ questa selva selvaggia e fitta e forte/ che nel pensiero rinnova la paura!

Tanto è terribile che la morte è poco più/ ma per raccontare del bene che io vi trovai/ dirò delle altre cose che vi ho visto.

Io non so dire bene come vi fossi entrato/ tanto ero offuscato dal sonno in quel momento/ che la giusta via abbandonai.

Dopo che arrivai ai piedi di un colle/ la dove terminava quella valle/ cha mi aveva trafitto il cuore di paura/ guardai in alto e vidi le sue pendici/ illuminate già dei raggi del sole/ che guida dritto ogni uomo per tutte le strade.

Allora si calmò un po' la paura/ che mi era durata nella cavità cardiaca/ la notte che io passai con tanto affanno.

E come colui che con respiro affannato/ uscito fuori dal mare sulla riva/ si volge verso l'acqua pericolosa e guarda fisso/ così l'animo mio che fuggiva ancora/ si voltò a riguardare il luogo/ che non lasciò mai persona viva.



Dopo che ebbi posato un poco il corpo stanco/ ripresi la via per il pendio deserto/ in modo che il piede fermo era sempre il più basso.

Ed ecco quasi al cominciar della salita/ una lonza leggera e molto agile/ che era coperta di pelo maculato/ e non si allontanava da davanti a me/ anzi impediva a tal punto il mio cammino/ che io pensai più volte di tornare indietro.

Era l'ora del principio del mattino / e il sole saliva alto insieme a quelle stelle/ che erano con lui quando l'amore di Dio/ le fece muovere per la prima volta/ si che mi era motivo di sperare bene/ di quella fiera dalla pelle maculata/ l'ora del tempo e della dolce stagione/ ma non a tal punto che non mi desse paura/ la vista che mi apparve di un leone.

Questo sembrava che venisse contro di me/ con la testa alta e fame rabbiosa/ a tal punto che pareva che l'area stessa tremasse.

E una lupa che di tutte brame/ sembrava carica nella sua magrezza/ e molte persone aveva gia fatto vivere infelici/ questa mi trasmise tanta angoscia/ per la paura che usciva dalla sua vista/ che io persi la speranza di raggiungere la cima.

E come è colui che guadagna con soddisfazione/ ma viene il momento che lo fa perdere/ in cui in ogni suo pensiero piange e si rattrista/ così mi rese la bestia implacabile/ che venendomi incontro a poco a poco/ mi respingeva la dove il sole non risplende.

Mentre io cadevo in basso/ mi si presentò davanti agli occhi/ uno che pareva indebolito per il lungo silenzio.

Quando vidi costui nel vasto luogo solitario/ gli gridai:"Abbi pietà di me/ chiunque tu sia o ombra o uomo reale!"

Mi rispose:  "Non sono uomo, uomo fui un tempo/ e i paranti miei furono padani/ entrambi mantovani di nascita.

Nacqui sotto Giulio sebbene fosse tardi/ e vissi sotto il nobile Augusto/ all'epoca degli dei falsi e ingannevoli.

Fui poeta e scrissi di quel giusto/ lio di Anchise (Enea) che venne da Troia/ dopo che la superba Ilio fu incendiata.

Ma tu perché ritorni verso tanta pena?/ perché non sali il bel monte/ che è inizio e causa di ogni gioia?" "Dunque sei tu quel Virgilio e quella fonte/ che spande un così abbondante fiume di parole?"/ risposi io con espressione rispettosa.

O la gloria e la guida degli altri poeti/ mi servano il lungo studio e il grande amore / che mi hanno fatto leggere con tanta attenzione le tue opere.

Tu sei il mio maestro e il mio autore/ tu solo sei colui dal quale ho tratto/ lo stile illustre che mi ha procurato fama.

Vedi la belva a causa della quale io mi voltai/ salvami da lei saggio famoso/ poiché essa mi fa tremare le vene e le arterie.

"A te è necessario seguire un'altra strada"/ rispose dopo che mi vide piangere/ "se vuoi salvarti da questo luogo selvaggio/ perché questa bestia per la quale tu chiedi aiuto/ non lascia passare gli altri dalla sua via/ ma li ostacola tanto che gli uccide/ e ha natura così malvagia e crudele/ che non sazia mai il suo desiderio smanioso/ e dopo aver mangiato a più fame di prima.

Sono molte le creature a cui si unisce/ e saranno ancora più fino a quando verrà il veltro/ che la farà morire con dolore.

Esso non si ciberà ne di terre ne di denaro/ ma di sapienza amore e virtù/ e la sua nascita avverrà tra feltro e feltro.

Di quella umile Italia sarà la salvezza/ per la quale morirono la vergine Camilla/ Eurialo, Turno e Niso per le ferite.

Questi la caccerà da ogni città/ finché l'avrà ricacciata nell'inferno/ la dove la fece uscire in origine l'odio.

Perciò io chiedo e giudico che tu per salvarti/ mi segua e io sarò la tua guida / e ti porterò via di qui attraverso un luogo eterno/ dove sentirai le grida disperate/ vedrai gli antichi spiriti che soffrono/ che invocano tutti la morte dell'anima/ e vedrai coloro che sono contenti/ nel fuoco perché sperano di giungere/ quando sarà tra le anime beate.

E se poi tu vorrai ascendere ad esse/ ci sarà per questo un'anima più degna di me/ ti lascerò con lei andandomene/ poiché quel sovrano che regna lassù/ poiché io fui estraneo alla sua legge/ non vuole che si giunga nella sua città grazie a me.

Governa indipendentemente su tutto il creato e regna direttamente/ la sono la sua capitale e il suo alto trono/  oh felice colui che sceglie là!"

E io a lui: " Poeta io ti prego/ in nome di quel Dio che tu non conoscesti/ affinché io mi salvi da questo male e peggiore/ che tu mi porta dove hai detto prima/ così che io veda la porta di San Pietro/ e coloro che tu descrivi tanto infelici".

Allora si mosse e io gli andai dietro.






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