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Profilo di Luigi Pirandello

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Profilo di Luigi Pirandello


Pirandello non fu solo quel narratore e drammaturgo che tutti conoscono, ma fu anche dotato di una scaltrita coscienza critica ed autocritica, come dimostrano i suoi numerosi interventi sulla letteratura contemporanea e vari saggi critici, il più importante dei quali è certamente quello dedicato a "L'Umorismo" (1908). Proprio in questo saggio, scritto quando egli aveva già dato parecchie prove della sua qualità di narratore, Pirandello ci dà una chiave di lettura della sua opera quando dichiara che essa nasce in lui dal "sentimento del contrario" e chiarisce che con questa definizione si deve intendere la capacità o meglio la vocazione a cogliere i molteplici e contrastanti aspetti della realtà, a scinderne e ad isolarne le varie e contraddittorie componenti, a percepire quale vita palpita e soffre dentro le strettoie delle forme, ad andare al di là di ciò che in prima istanza cade sotto i nostri sensi. Questa disposizione, questa prospettiva, da cui nasce quella forma d'arte che egli definisce umoristica, non può dare una visione univoca del reale, anzi dissolve la stessa concezione di una realtà che esiste nella sua autonoma identità: la realtà è tante cose, tante e contraddittorie realtà nel contempo. Conseguenze: 1) superamento di un canone fondamentale del verismo-naturalismo, come quello dell'esistenza di una realtà da descrivere con puntigliosa precisione; 2) relativismo gnoseologico, cioè affermazione della relatività del processo della conoscenza e dei giudizi ai quali esso porta; la realtà è una e tante insieme, proprio come ognuno di noi è per l'altro "Uno nessuno e centomila": ogni individuo quindi può avere della realtà un'idea che non coincide con quella degli altri. Un narratore che muova da queste premesse non può accettare i canoni del verismo, ma deve trovare modalità narrative nuove, che mettano in evidenza questa indefinibilità o precarietà del reale, che dissolvano le certezze di estrazione positivistica. Pirandello avvia questa novità nel suo primo romanzo "L'esclusa" e poi la realizza con risultati particolarmente felici ne "Il fu Mattia Pascal", e con esiti diversi negli altri romanzi e nelle novelle. L'adozione del protagonista-narratore, il frequente ricorso al discorso indiretto libero, lo scominamento dell'ordine cronologico-causale nella narrazione, sono alcuni dati di questa destrutturazione delle forme narrative tradizionali che Pirandello attua. Il relativismo gnoseologici comporta la conseguenza di mettere a nudo la convenzionalità dei valori accettati, dei ruoli imposti dalla vita associata. Ma l'animo con cui egli procede a questa demistificazione è complesso, coerentemente col sentimento del contrario da cui è sotteso, è fatto di grottesco e di pietà. Ora, infatti, Pirandello si accanisce a mettere a nudo grottescamente le incongruenze delle meccaniche convenzioni imposte dalla vita associata, ora invece ci sono nella sua ina toni di dolente comprensione per le grige e dolenti esistenze stritolate da quei meccanismi, "per la pena di vivere così". Il teatro era il genere letterario specifico, ottimale a cui doveva approdare il suo relativismo gnoseologico che comportava disparità di giudizi sulla realtà, quindi scontro e opposizione tra contrastanti tesi. Proprio per questo i personaggi del teatro pirandelliano a volte discutono troppo, sono dei loici agguerriti. Nei drammi in cui egli attua l'avanguardistica soluzione del "teatro nel teatro" (eccezionali, tra questi, i "Sei personaggi in cerca di autore") crolla una convenzione (quella della quarta parete) su cui da sempre il teatro si era retto. 





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