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RECENSIONE: Il quartiere di Vasco Pratolini

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RECENSIONE:

Il quartiere

di Vasco Pratolini


Il romanzo "Il quartiere", del noto scrittore italiano V. Pratolini, risale alla prima metà degli anni Quaranta. L'intera vicenda è ambientata circa dieci anni prima (dal 1932 al 1935) nel poverissimo quartiere di Santa Croce del centro di Firenze. Racconta della vita di un gruppo di amici adolescenti che si trovano ad affrontare le difficoltà che la vita di un ragazzo, che sta crescendo e maturando, porta. Narra dei loro amori, dei loro conflitti, delle loro disavventure e delle loro delusioni. A complicare ulteriormente l'esistenza di questi giovani contribuiscono la loro bassissima estrazione sociale e quindi le enormi difficoltà economiche. Siamo nell'epoca delle camne di conquista italiane in Africa, durante la dittatura fascista, che non consente alcun tipo di opposizione e che nel corso del romanzo sarà fortemente criticata. La voce narrante appartiene ad uno dei ragazzi del quartiere, Valerio, che a distanza di una decina di anni rivive e fa rivivere, il difficile raggiungimento della maturità da parte sua e di tutti i suoi comni. La focalizzazione è, di conseguenza, interna fissa, poiché il narratore riporta il suo punto di vista.

Il luogo di ambientazione è molto ben descritto: si tratta di una zona della città povera e malfamata dove tutti si conoscono. È ricco di piccole botteghe, ma anche di molti lavoratori, che vendono la loro merce per le strade. Altra sua caratteristica sono le cose "immonde": la prostituzione (come tentativo di sopravvivere alla miseria), l'alcool (a cui la maggior parte delle persone si affida a fine giornata come unico sfogo e unica gioia in un'esistenza di difficoltà), le risse.



L'intera narrazione alterna, con una certa regolarità, le descrizioni della vita del quartiere, delle persone che lo animano, alle vicende accadute ai ragazzi. Valerio e tutti i suoi più grandi amici amano il loro quartiere, sono poveri e non hanno altro che quello. Non possono studiare e devono iniziare a lavorare giovanissimi. Sono cresciuti insieme e la loro aspirazione è quella di rimanere insieme anche col passare del tempo. Sono molto attaccati al loro gruppo, perché li fa sentire compresi e accettati. Sono quasi tutti coetanei, solo Olga, sorella di Carlo è di parecchi anni più giovane. Sono ragazzi dagli umili sogni per un avvenire che si presenta loro ricco di avversità. Comunque sperano, infatti la speranza è uno dei temi dominanti del romanzo.

Il racconto ha inizio poco prima del sedicesimo compleanno di Valerio, momento simbolicamente molto importante per la sua crescita: comincia a portare i pantaloni lunghi, è diventato un uomo.

Da quel momento, tra i ragazzi, cominciano a nascere una serie di storie d'amore (che non sempre si rivelano tali). I primi due giovani che si fidanzano sono Maria, sorella di Arrigo, e Giorgio. Quest'ultimo è l' "oratore" del gruppo, con idee politiche piuttosto precise sin da molto giovane e convinto oppositore del regime e della guerra da esso voluta. Da sempre innamorato di Maria, trova l'occasione per dichiararsi, nel momento in cui la ragazza, dopo aver passato la notte con uno sconosciuto, si ammala. A quel punto, il futuro marito va a chiedere la mano di Maria ai genitori.

Valerio ha invece vicende sentimentali più complesse. Inizialmente ritiene di essere innamorato di Luciana (che successivamente si sposerà con Arrigo), che ricambia il suo sentimento, ma dopo aver accettato un appuntamento con Marisa, si fidanza con quest'ultima. La giovane fa però una scioccante rivelazione al suo ragazzo: quello che Valerio riteneva un grande amico, Carlo, aveva quasi tentato di violentarla e in seguito l'aveva a lungo minacciata. L'anormale comportamento di Carlo è però spiegabile e comprensibile: é cresciuto al fianco di una madre che si prostituiva in casa e quindi erano sorte in lui profonde angosce e turbamenti morbosi. Carlo (solo più tardi si viene a sapere), è sempre stato innamorato di Marisa. Dopo che lei e Valerio si lasciano, poiché scoprono di non amarsi veramente, la giovane e Carlo si fidanzano e si sposano via telegramma quando quest'ultimo è in procinto di morire a causa di una ferita di guerra. Carlo, infatti, si rivela essere, durante le frequenti discussioni con Giorgio, un grande sostenitore della guerra (che porterebbe miglioramenti di vita ai più poveri). Nonostante non venga arruolato, va a combattere come volontario. La realtà viene scoperta solo più tardi: egli è sì a favore delle camne d'Africa, ma vuole parteciparvi solo per tentare di dimenticare la sua amata. Perciò, dopo il loro fidanzamento, si pente della scelta fatta.

In precedenza Valerio, ormai quasi ventenne, si era accorto di amare la giovane Olga, che dopo diversi mesi acconsente al fidanzamento. La storia però si conclude tristemente: Olga parte con sua madre, che si è sistemata e che le farà frequentare un buon collegio a Milano.

Il ragazzo la cui storia si conclude in modo assolutamente tragico è Gino: era l'unico convinto che uscire dal quartiere potesse garantire maggiori soddisfazioni e per questo poco apprezzato dagli altri ("tradisce il sentimento di Quartiere") e il membro del gruppo che aveva sempre teso ad allontanarsi. Frequenta i luoghi più malfamati e biechi della città. La sua esistenza è caratterizzata da molta sofferenza e invidia verso tutti (come rivela in una lettera indirizzata a Giorgio). L'avvenimento che lo porta alla totale rovina è l'omicidio di un uomo, con il quale si prostituiva. In seguito al delitto fugge a Roma dopo aver regalato, per le nozze con Maria, un oggetto della refurtiva a Giorgio. Costui è, poi, ingiustamente accusato di furto, fino a quando non viene scoperto il "nascondiglio" del vero colpevole, che dopo un breve periodo di carcere muore.

Per Giorgio, quelli con la legge non sono gli unici problemi: agguerrito oppositore del regime, viene mandato in esilio cinque lunghi anni, insieme a sua moglie e ai suoi due li.

Il romanzo si conclude con l'immagine del quartiere praticamente distrutto per il risanamento. Il quartiere è annientato, ma i suoi abitanti sono più che mai uniti e decisi nel non allontanarsi. Ciò significa che il quartiere non è costituito semplicemente dalle abitazioni, ma è soprattutto formato dalle persone che ne fanno parte e che sono legate tra loro da profondi vincoli.

Procedendo con la lettura del romanzo, ci si accorge del fatto che nessuno dei personaggi è protagonista, perché nessuna personalità prevale sulle altre, anche se magari può attirare di più l'attenzione. Ciò sta a significare che nessuno dei ragazzi è il personaggio principale del libro, nemmeno Valerio, nonostante narri l'andamento dei fatti. Il vero protagonista è il gruppo e tutto l'insieme degli avvenimenti che accadono ai suoi componenti.

Credo che uno degli aspetti maggiormente messi in luce all'interno di questo insieme di ragazzi sia l'importanza di avere un gruppo di appartenenza, nel quale ci si senta compresi e con il quale si possa crescere e si possano fare nuove esperienze. Soprattutto l'importanza dell'amicizia e della fedeltà agli amici. Tutti gli adolescenti ne hanno sempre avuto bisogno, negli anni Trenta come nel terzo millennio. Forse quello che più è cambiato è il rapporto con i genitori, che all'epoca di Giorgio e comni era molto diverso, probabilmente più freddo o comunque meno cordiale, eccenzion fatta per il caso di Valerio.

Si potrebbe, inoltre, individuare una sorta di parallelismo tra il piccolo gruppo di amici e il quartiere. In fondo sono entrambi insiemi di persone molto legate tra di loro e che, almeno la maggior parte, non hanno nessuna intenzione di separarsi dagli altri e se qualcuno va via, è considerato dagli altri come un traditore.

Oltre a ciò, nel gruppo di ragazzi è individuabile il tema della complessa crescita di un adolescente che si trova a dover affrontare numerose nuove cose, che anche prima esistevano, ma di cui da bambino non si rendeva conto: il rapporto con l'altro sesso, la politica, la morte talvolta e, nel caso del gruppo analizzato, anche la povertà.

Altro elemento messo chiaramente in evidenza da Pratolini è la debolezza umana che, soprattutto in un ambiente così povero, è molto evidente. L'alcol, il sesso, il gioco, sono tutti modi per tentare di dimenticare la propria vita che non offre molto di positivo e su cui sperare per un eventuale miglioramento.

L'autore penso abbia voluto contestare fortemente il fascismo e le camne africane da esso volute. Nel corso del romanzo non sono emerse solo opinioni contro il regime e la guerra (per esempio Carlo si è sempre detto d'accordo), ma alla fine chi ha avuto ragione è stato Giorgio, ovvero il più attivo politicamente, come del resto suo padre, e colui che ha sempre sostenuto che il conflitto in corso non avrebbe portato alcun vantaggio agli strati più bassi della popolazione, ma solo arricchito chi di denaro ne aveva già a sufficienza. Non si era sbagliato dicendo questo, come affermando che Gino, uscendo dal quartiere, avrebbe fatto una fine terribile. Spesso cercava di fargli capire che la loro borgata in qualche modo li proteggeva e che fuori non avrebbe trovato niente di meglio, ma l'amico non gli aveva dato ascolto.

La caratteristica più avvincente del romanzo credo siano, più che la storia in sé, le dettagliate descrizioni del quartiere che cambia insieme alle stagioni e alla persone, della gente comune che cammina, che lavora, che vive insomma.




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