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Recensione de "Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde



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Recensione de "Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde


Come amava ripetere spesso lo stesso Wilde, il vero capolavoro non è l'opera, bensì la vita stessa. Se ci basiamo su questa nozione basilare per comprendere l'esiguità della sua produzione letteraria riusciamo a penetrare a fondo anche nella sua opera più celebre, un classico minore che non manca mai di attrarre vecchie ma soprattutto nuove generazioni: "Il ritratto di Dorian Gray".

Ma quale malefico incantesimo ha operato su di noi questa fantastica vicenda? Quale diabolico incanto riesce ad affascinarci così tanto ogni volta che prendiamo in mano quest'inconsistente volumetto e ne sfogliamo le ine? E come mai molti ragazzi dalla fervida immaginazione vivono per intere stagioni sotto l'influsso ammaliatore dell'opera "Wildiana"?

Merito senza dubbio della penna arguta e veloce, delle sublimi e armoniche descrizioni, della realistica consistenza caratteriale dei personaggi e, perché no, anche della complessa struttura ideologica. Come resistere al profumo di un estetismo esplicito e raffinato che pervade come un aroma fiorito queste belle ine, fruscianti di eterna primavera?

E come sottrarsi alla metamorfosi negativa di Dorian, che per votarsi interamente alla bellezza è disposto persino a perdere la propria anima?



Si, bellezza e giovinezza sono le uniche ragioni del suo essere: proprio questo andava ripetendogli Henry Wotton, suo iniziatore a quella causa perfetta, un mentore incantevole, colto, intelligente e cinico. Ma ben presto Dorian perfeziona l'opera che già aveva iniziato la Natura, sfoggiando delle doti e una certa falsità spontanea inaspettate in un animo apparentemente candido come il suo. Il protagonista dai capelli aurei e dagli occhi di zaffiro è un emblema, un simbolo, il ponte di passaggio tra l'arte (l'amico pittore Basil, autore del ritratto) e l'esperienza, la corrosione interiore (il seducente opinionista Harry).

Impossibile quindi puntare il dito su un unico personaggio, frutto della perversione di Wilde, come fecero invece i suoi contemporanei, malati d'un bigottismo ipocrita che gridava allo scandalo di fronte alle provocazioni di un'anima libera e iconoclasta come quella del geniale irlandese . per gridare allo scandalo bisognerebbe guardare a fondo nell'animo umano e riuscire a correggere tutti i difetti, conseguenti delle utopie troppo a lungo alimentate: ma ciò sarebbe solo negare l'esistenza imperfetta che arte e natura, in un intricato intreccio, hanno dato origine alla nostra artefatta civiltà.





















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