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"SOGNO D'ESTATE" di Giosuè Carducci - PARAFRASI

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"SOGNO D'ESTATE"

di Giosuè Carducci


PARAFRASI

Il Carducci, mente stava leggendo il canto XVI dell'Iliade di Omero, si abbandonò al sonno e ritrovò immagini care di anni lontani. L'afa del primo pomeriggio fece addormentare il poeta, mentre leggeva l'Iliade in cui si sente il fragore delle battaglie sotto le mura di Troia; il capo gli si chinò sulla riva dello Scafandro in lotta con Achille, ma il suo sogno corse sul tirreno, nella Maremma, tra Bolgheri e Castagneto dove visse la fanciullezza. Vide in sogno le cose serene dell'infanzia. Sparirono i libri e la stanza rumorosa per il traffico dei carri ruzzolanti sul selciato si allargò (per accogliere le immagini del tempo lontano); apparvero intorno al poeta le colline della sua terra, gli amati aspri colli che aprile riempiva nuovamente di fiori. Una polla d'acqua scendeva attraverso la spiaggia con un borbottio piacevolmente freddo a poco a poco trasformandosi in ruscello, su di esso passeggiava la madre del poeta ancora nel fiore degli anni, tenendo per mano un fanciullo sulle cui bianche spalle brillavano riccioli d'oro. Il bambino andava superbo di essere per mano alla sua mamma, orgoglioso dell'affetto materno e commosso dal canto trionfante che la natura madre spiegava a gran voce. Infatti le campane annunziavano dal castello di Bolgheri la risurrezione di Cristo per l'indomani, giorno di Pasqua e dovunque si sentiva l'alito vitale della primavera ed i peschi ed i meli erano tutti fioriti di bianco e di rosso e l'erba sorrideva con i suoi fiori gialli e turchini ed il trifoglio rosso rivestiva i poggi dei prati e le colline si adornavano di tenere ginestre gialle come l'oro e dal mare veniva una brezza leggera che faceva muovere i fiori ed i profumi; nel mare ondeggiavano lentamente quattro vele bianche ed il sole avvolgeva in un unico sfolgorio il mare, la terra ed il cielo. La giovane madre del poeta guardava serena nel sole, il poeta guardava la madre ed il fratello pensieroso, sospeso tra sogno e realtà. Guadava assorto il fratello, morto nel 1857 e sepolto in Val d'Arno, la madre che riposava nel solitario e maestoso cimitero della città di Bologna, pensando se ancora essi vivessero o ritornassero, pietosi della sua pena, dall'Oltretomba, ove tra gli spiriti dei famigliari che li avevano preceduti, rivivevano gli anni della loro passata esistenza. Svanirono ad un tratto, con il sonno, anche le immagini care della madre e del fratello. Lauretta riempiva con il canto le stanze, Bice era intenta al ricamo. Era stato dolce il sogno, ma era dolce anche la realtà del presente.






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