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Telemachia, Odisseo presso i Feaci (analessi), Odisseo ritorna in patria



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Libri  I - IV ---> Telemachia

Libri  V - XII ---> Odisseo presso i Feaci (analessi)

Libri  XIII - XIV ---> Odisseo ritorna in patria



Sono passati dieci anni dalla fine della guerra di Troia, tutti gli eroi sono tornati a casa, eccetto Odisseo, che è trattenuto dalla ninfa Calipso nell'isola di Ogigia. Nonostante il dio Poseidone sia irato con Odisseo per l'accecamento del lio Polifemo, gli dei in consiglio stabiliscono che è arrivato il momento in cui sia preparato il ritorno dell'eroe; inviano così Atena ad Itaca per esortare Telemaco, lio di Odisseo, a recarsi da Nestore e Menelao, reduci da Troia, per cercare notizie del padre. Telemaco, che non riconosce Atena nelle mentite spoglie di Mente (capo dei Capi), si lamenta con lei per la triste situazione creatasi nella reggia, dove i pretendenti gozzovigliavano, dissipando i beni del padre. Atena predice il prossimo ritorno di Odisseo. Nella sala del banchetto, il cantore Femio racconta le vicende della guerra di Troia; dalla sua stanza Penelope ascolta e, turbata dal canto, si presenta in sala. Chiede a Femio di smettere il canto che le ricordava la morte del marito, ma Telemaco risponde prontamente ricordando che la non era certo il cantore la causa del lutto, ma Zeus, poiché è lui che decide la sorte di tutti gli uomini. La madre torna nella sua stanza e dopo aver pianto a lungo lo sposo si addormenta; il lio cerca di ristabilire l'ordine nella sua reggia, dicendo ai Proci che se avessero continuato così, prima o poi avrebbero subìto la divina vendetta. Dopo di che annuncia la sua imminente partenza per arrivare alla reggia di Nestore; i Proci organizzano un complotto per ammazzarlo e Penelope scopre tutto e corre in camera a piangere il lio. In sogno Atena, sotto le spoglie della sorella della donna, Iftime, la informa che Telemaco sopravviverà.





Telemaco si reca a Pilo da Nestore e lo trova sul lido a fare il sacrificio di un toro al dio Nettuno; dopo i due si recano alla reggia e da lì decidono di recarsi a Sparta da Menelao ed Elena; qui Telemaco, viene a sapere che il padre è vivo, ma ha perduto tutti i comni e si trova nell'isola della ninfa Calipso. Nel frattempo, gli dei riuniti a concilio decidono che è arrivato il momento che Odisseo torni in patria; pertanto Zeus invia Hermes da Calipso per convincerla a far partire l'eroe. La ninfa accoglie il messo divino, pur sapendo che l'ordine che porta le causerà dolore. Sapendo di dover ubbidire a Zeus, Calipso si reca quindi da Odisseo, che si trova sulla spiaggia intento a scrutare il mare e in preda a grande nostalgia della sua patria.



Odisseo parte dall'isola di Calipso su una zattera costruita da lui stesso. Dopo diciassette giorni di felice navigazione, Poseidone, il dio del mare che nutre un profondo odio per Odisseo perché gli ha accecato il lio, scorge la zattera dell'eroe e capisce che gli dei hanno approfittato della sua distrazione per consentire ad Odisseo il ritorno. Sdegnato, scatena una furiosa tempesta che tormenta a lungo l'eroe, finché questi riesce ad approdare alla foce di un fiume; entrato tra gli alberi di un bosco, si getta a terra sfinito. La tempesta lo ha fatto giungere nella terra dei Feaci; Nausicaa, la giovane lia del re Alcinoo, è stata avvertita in sogno da Atena di recarsi al fiume a lavare i panni per le sue nozze che non possono tardare. Alla foce del fiume la giovane e le ancelle, dopo il lavoro, giocano a palla e le loro grida svegliano Odisseo, il quale essendo ridotto in condizioni pietose, le fa scappare impaurite, eccetto Nausicaa. L'eroe chiede la strada per la città, non senza ricoprire di complimenti la giovane fanciulla che riconosce in Odisseo la ura dell'eroe forte e intelligente, l'uomo da sposare (in sogno infatti Atena le aveva promesso che avrebbe trovato presto marito).





Odisseo è accolto benevolmente presso i Feaci del re Alcinoo, il quale gli promette una nave per tornare a Itaca. L'indomani, durante il banchetto, l'aedo Demodoco narra episodi della guerra di Troia e all'udire questi canti Odisseo è preso da grande commozione e indotto al pianto; Alcinoo se ne accorge e prega lo straniero di raccontargli la sua storia. Odisseo rivela così la sua identità ai Feaci stupefatti, e comincia a raccontare le sue tristi avventure; Alcinoo promette che alla fine del racconto fornirà ad Odisseo una nave per il ritorno in patria.

Partenza dopo la distruzione di Troia;

Cavallo di Troia: (stilema: la descrizione degli schieramenti) vengono narrate le reazioni dei Troiani di fronte al cavallo lasciato dagli Achei e alla loro "fuga". In realtà l'esercito greco si era in parte nascosto nel cavallo, in parte imbarcato; quest'ultima aveva raggiunto l'isola di Tenedo. Glaucoonte, sacerdote di Apollo, propone di distruggere il cavallo poiché frutto del pensiero dei nemici, mentre Priamo dice di portarlo all'interno della città in quanto era un sacrificio agli dei. Il sacerdote scaglia una lancia contro il cavallo (e nei miti è narrato che dal mare escono due serpenti che stritolano e mangiano lui e i suoi li); è subito bloccato e i Troiani portano il cavallo dentro le mura. Appena richiuso il cancello dalla pancia della statua, escono i soldati achei (tra cui Odisseo, ideatore del trucco) che aprono il cancello per far entrare la parte di esercito che si era allontanata e iniziano una carneficina. Astianatte, lio di Ettore, viene gettato dalla mura da due achei (i miti narrano che egli sia preso come schiavo dal lio di Achille, Neotolemo).

Arriva nelle terre dei Cìconi;

Odisseo saccheggia la città di Ismaro (coste tracie), ma risparmia il sacerdote di Apollo, Màrone, che gli regala dodici otri di vino inebriante. Altri Ciconi, giunti dopo, uccidono settantadue comni di Odisseo

Arriva nelle terre dei Lotofagi;

Dopo 9 giorni di viaggio, Odisseo raggiunge questa terra, i cui abitanti si nutrono di foglie che cancellano la memoria. Tre dei suoi comni che aveva mandato in perlustrazione, rimangono vittime di questa "ospitalità" pertanto Odisseo riprende velocemente il largo.



Approda nella terra dei Ciclopi (Polifemo);

Odisseo e dodici dei suoi comni decidono di esplorare quel territorio. Giunti ad una grotta vi entrano e trovano un gigantesco letto (lungo 6 passi), un grande boccale pieno di latte, e dinanzi all'ingresso una roccia che nemmeno quattro carri con quattro ruote sarebbero riusciti a spostare. Inoltre, le gigantesche orme che avevano trovato lungo il tragitto, fanno pensare ai comni di Odisseo di trovarsi al cospetto di un mostro, ma non all'eroe che ritiene che tutto ciò poteva essere opera di un dio. Perciò i tredici naviganti decidono di aspettare. Sul calar della sera il mostro arriva con un mucchio di tronchi abbastanza secchi che da utilizzare la sera per alimentare il fuoco. Appena vede gli stranieri, Polifemo si informa sulla loro identità, la loro provenienza e le loro navi. Odisseo, poiché immagina le cattive intenzioni di Polifemo, mente ed afferma che le navi sono state distrutte dal padre di Polifemo, Nettuno. Polifemo dice che non avrà pietà nonostante le suppliche di Odisseo, poiché egli non teme gli dei. Detto ciò il mostro prende due dei comni, li stritola e li mangia. Odisseo vorrebbe reagire ma viene fermato dagli altri suoi amici; essi gli fanno notare che se uccide il mostro non usciranno più da lì. Al mattino Polifemo, dopo aver divorato altri due comni di Odisseo, conduce il gregge al pascolo. Rimasto imprigionato nella caverna, Odisseo prepara un piano di vendetta: preso un grande tronco d'olivo con l'aiuto dei comni, lo sgrossa e lo liscia, quindi lo rende aguzzo sulla punta. La sera, di ritorno dal pascolo, Polifemo dopo aver munto le pecore afferra due comni e li sbrana per sua cena. Odisseo gli porge una coppa del vino che Marone gli aveva dato e che aveva portato sino alla grotta come offerta (vino che andava diluito con venti parti d'acqua). Polifemo dopo averne bevuto ed essersi ubriacato, chiede ad Odisseo quale fosse il suo nome e l'eroe risponde astutamente di chiamarsi Nessuno. Il Ciclope, per ringraziare Odisseo del vino gli fa un "dono": gli promette che sarà l'ultimo che sbranerà. Detto ciò prese a dormire; Odisseo ed i quattro comni estratti nel pomeriggio cacciano il tronco aguzzo sotto le braci, si avvicinano al Ciclope e dopo aver conficcato il tronco nell'occhio del mostro, iniziano a girarlo come un trapano. Polifemo, accecato, geme di dolore e, a quelle urla strazianti, sveglia anche gli altri Ciclopi. Questi chiedono a Polifemo chi fosse il colpevole del misfatto, ed il mostro risponde "Nessuno" riferendosi ad Odisseo; ma gli altri Ciclopi non capiscono e dicono a Polifemo di tacere se "nessuno gli ha fatto male". Accecato il Ciclope, Odisseo escogita un piano per poter uscire dalla caverna: mediante lacci di vimini lega insieme i montoni tre per tre, in modo che i comni possano uscire dopo esservisi nascosti sotto; egli, infine, potrà uscire aggrappato al ventre villoso del montone più grosso. Da bravo capo, Odisseo decide di uscire per ultimo; Polifemo, tastando qua e là, trova il suo adorato montone, sempre primo quando si andava al pascolo, ancora nella grotta. Si convince che il montone abbia pietà per le condizioni del suo padrone, poi però lo caccia fuori. Giunto al pascolo Odisseo si libera e slega i suoi comni che tornano alle navi e possono ripartire.

Giunge nell'isola del dio Eolo;

Odisseo giunge in quest'isola quando si stanno celebrando i matrimoni tra i sei li e le sei lie del dio. Accolto con tutti gli onori riservati ad un ospite, Odisseo riparte portando con sé un otre magico, ma con il divieto di aprirlo. Ma, quando Itaca è in vista, i comni approfittano di un momento in cui Odisseo dormiva ed aprono l'otre convinti che ci fosse del vino per festeggiare; dall'otre è sprigionata una tempesta che risospinge indietro tutte le dodici navi. Ma questa volta Eolo, sdegnato dalla loro disubbidienza, scaccia Odisseo ed i suoi comni che sono sempre più lontani dalla meta.

Capita nella terra dei Lestrìgoni;

Dopo un viaggio di 6 giorni, Odisseo giunge nella terra dove "si incontrano i sentieri della notte e del giorno", vale a dire l'Estremo Occidente; qui egli raggiunge il porto e la città dei Lestrìgoni (giganti antropofagi). Undici navi entrano nel porto e vengono distrutte da una pioggia di macigni scagliati dall'alto; solo Odisseo tiene la sua nave al largo e si salva.

Arriva presso la maga Circe;

In preda ad un disorientamento totale, Odisseo sbarca a Eea, l'isola di Circe che si trova nell'estremo Oriente. La maga trasforma i ventidue comni mandati in avanscoperta e guidati da Euriloco, in altrettanti maiali. Ermes mostra ad Odisseo un'erba da utilizzare come antidoto alle pozioni di Circe: così il naufrago si salva e dopo un anno, la maga decide di restituire ai suoi comni sembianze umane. Prima di partire però, ella spiega ad Odisseo che dovrà andare nell'Ade per interrogare l'indovino Tiresia sul suo futuro.

Viaggio nell'Ade;

Qui, nella terra abitata dal popolo sotterraneo dei Cimmeri, Odisseo dopo aver compiuto i sacrifici di rito secondo le istruzioni di Circe, incontra un gran numero di personaggi: quindici maschili (tra cui Elpenore -che si trova davanti alle porte dell'Ade poiché dopo la sua morte in casa di Circe, non era stato sepolto e cremato-, l'indovino Tiresia, Agamennone, Achille, Aiace Telamonio, Eracle, Patroclo, Minosse, Tantalo, Teseo.) E quindici femminili (tra cui la madre Anticlea, Leda, Arianna.)

Giunge in prossimità delle sirene;

Dopo essere ripassato per l'isola di Circe che gli fornisce le ultime indicazioni, Odisseo riprende il suo viaggio in mare e si imbatte nelle Sirene, misteriosi esseri che stregano chiunque oda il loro canto, privandolo per sempre del ritorno in patria. Dopo aver messo dei tappi di cera nelle orecchie dei comni, rendendoli così inattaccabili, Odisseo si fa legare all'albero maestro: in questo modo può udire il canto senza esserne sopraffatto.


Attraversa lo stretto di Scilla e Cariddi;

In questa tappa, Odisseo ed i suoi comni devono attraversare lo stretto ad oriente in cui si trovano il mostro Scilla (che a sei teste tentacolari e vive in una grotta), e ad occidente il gorgo Cariddi (che aspira e vomita per tre volte l'acqua del mare, travolgendo ogni cosa). Tenendo dalla parte di Scilla (come su consiglio di Circe) Odisseo perde "soltanto" sei comni, uno per ciascuna delle fauci del mostro.



Sosta nell'isola di Trinachia;

Nonostante gli avvertimenti di Tiresia e Circe, Odisseo si ferma con i suoi comni nell'isola di Trinachia; il capo però avverte i suoi comni di non toccare capre e vacche del dio Sole (dio-pianeta che vede tutto con molta attenzione). Ma dopo un mese in cui i comni sono bloccati sull'isola a causa dei venti caldi, esauriti i viveri, essi cedono alla fame e, mentre Odisseo dorme, uccidono e si nutrono degli armenti del Sole. Dopo sei giorni di banchetto, i venti sono favorevoli e la nave riparte; ma Zeus scaglia una tempesta sulla nave e solo Odisseo si salva aggrappandosi ad una zattera costruita con l'albero e la chiglia. Risucchiato verso Cariddi, l'eroe sopravvive anche alla forza del gorgo aggrappandosi ad un albero di fico. Così, dopo dieci giorni di galleggiamento, Odisseo perviene ad Ogigia, isola della ninfa Calipso.


Permanenza nell'isola della ninfa Calipso.

La bella ninfa si innamora del naufrago e vorrebbe tenerlo con sé per sempre. Per raggiungere tale scopo gli offre l'immortalità, ma Odisseo rifiuta e, prigioniero di Calipso, piange per sette anni, la sposa e la patria lontane. Gli dei intervengono e mandano Ermes a ordinare a Calipso di far partire l'eroe; Calipso ubbidisce, aiuta Odisseo a costruirsi una piccola imbarcazione e gli indica la rotta da seguire. Quando si profila la terra dei Feaci, Poseidone si accorge della partenza di Odisseo e lo rigetta tra le onde; l'intervento di Ino, la dea bianca, però cambierà la sorte del naufrago che riceve un velo magico da tenere sotto il petto come galleggiante. In questo modo l'eroe raggiunge Scheria, la terra dei Feaci.






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