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LA NUOVA INFANZIA - L'IMPORTANZA DELL'ATTACCAMENTO ALLA MADRE NELLA PSICOLOGIA DEL BAMBINO

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"LA NUOVA INFANZIA"

BARI


TESINA CONCLUSIVA


" L'IMPORTANZA DELL'ATTACCAMENTO ALLA MADRE NELLA PSICOLOGIA DEL BAMBINO"






Corsista Relatrice

Velardi Manuela Dott.ssa Calefato Stefania



Anno del corso

PREMESSA

Imparare a saper osservare, costituisce una regola fondamentale di chi, come la sottoscritta, ha il compito di educare all'interno di una struttura per l'infanzia.

Non a caso gli Orientamenti del 1991, relativi alla scuola materna, affermano che << . essere insegnante di scuola materna comporta oggi un profilo di alta competenza e di grande responsabilità e richiede la padronanza di specifiche competenze culturali, pedagogiche , psicologiche, metodologiche e didattiche, unite ad una aperta sensibilità e disponibilità alla relazione educativa con i bambini>>.

Infatti, dare il giusto peso alle componenti relazionali rappresenta la condizione di base per determinare, nel miglior modo possibile, la prima formazione del bambino.

Servendosi dell'osservazione, quale strumento di ricerca, l'educatore, quindi, impara a conoscere le caratteristiche psicologiche del bambino, derivanti dal contesto di vita a cui appartiene e, soprattutto dal rapporto esistente col primo sistema educativo da lui conosciuto: la sua famiglia.

E' proprio da qui che parte il mio lavoro! Attraverso lo studio del pensiero di quanti hanno contribuito ad effettuare una rivoluzione nell'ambito dello sviluppo infantile, con questa tesina ho voluto evidenziare quanto sia pieno di sfaccettature il rapporto che lega il genitore al suo bambino e le conseguenze che ne possono derivare, apportando i relativi esempi dettati dalla personale esperienza acquisita dapprima in qualità di baby-sitter, in seguito in qualità di tirocinante - educatrice all'interno di un asilo nido.


CAPITOLO PRIMO


LO SVILUPPO DEL PENSIERO IN MERITO AL RAPPORTO MADRE- BAMBINO

Negli anni '50 nasce un diverso modo di considerare il "problema" dello sviluppo infantile, per merito di una disciplina nota come <<ETOLOGIA>>, il cui rappresentante più noto è Konrad Lorenz, da molti ricordato nella fotografia rafurante un buffo signore con la barba che, in mezzo ad un insieme di oche, cerca di farsi credere una di loro[1]. Avendo dedicato i suoi sforzi allo studio degli animali nel loro ambiente naturale , Lorenz ritiene che << . anche per lo studio dei comportamenti umani il miglior ambiente d'osservazione è quello naturale, dato che quest' ultimo, se l'osservatore gli impone una strutturazione minima o addirittura nulla, permette al comportamento di manifestarsi con la massima spontaneità>> .

In particolare, l'osservazione etologica riguardante lo sviluppo del bambino verte su particolari zone del corpo che, opportunamente stimolate, producono nel piccolo "piacere", inteso come curiosità ed interesse per la scoperta di nuove sensazioni.

Protagonista di una rivoluzione in questo contesto è John Bowlby, il quale sposta il fuoco dell'interesse scientifico dalle pulsioni e fantasie infantili verso la concretezza del rapporto di dipendenza del bambino nei confronti della madre. Inizialmente ciò provocò nel mondo psicoanalitico una reazione piuttosto sfavorevole, ma che divenne accettazione con l'applicazione della teoria anche nel soggetto adulto.

D'altronde, nell'immediato dopoguerra, andavano sempre più evidenziandosi gli effetti dei danni causati dalla carenza di cure materne sullo sviluppo psichico del bambino. Tali studi sono stati svolti anche sugli animali, dimostrando che alla nascita e durante il primo periodo di sviluppo, i cuccioli presentano una predisposizione biologica a ricercare la vicinanza degli adulti della loro stessa specie[3].

In modo particolare, le osservazioni di Harlow e Zimmermann mettono in evidenza come il legame di "attaccamento" non è dettato dal fatto che il bambino è, per così dire, "attaccato" alla madre per ottenere del cibo, ma dal bisogno di avere qualcuno che lo protegga e che gli infonda sicurezza.

A partire da tale concetto Mary Ainsworth, elabora la nozione di <<base sicura>>, cioè "la capacità di fornire sicurezza al bambino in modo tale che egli possa esplorare e conoscere liberamente l'ambiente in cui vive"[4].

Nello specifico, la dottoressa ha ideato uno strumento per valutare la qualità del legame di attaccamento tra madre e bambino, denominato "strange situation".

In un laboratorio attrezzato come una comune stanza da gioco, ma provvisto di una telecamera nascosta, si sono potuti osservare, infatti, il rapporto esistente tra alcune madri ed i loro bambini (aventi un anno di vita), ed in modo particolare, il loro comportamento nei momenti critici del distacco e del ricongiungimento.

In questo modo, si sono delineati tre tipi di attaccamento, così di seguito descritti:



ATTACCAMENTO SICURO

Il bambino osservato è in grado di esplorare attivamente l'ambiente, sia in presenza che in assenza della madre. In seguito, quando quest'ultima ritorna, la accoglie con saluti e, se è emotivamente a disagio, si fa consolare da lei.

Questo comportamento è indice che la madre è stata responsiva nei riguardi del bambino fin dai suoi primi mesi di vita.


ATTACCAMENTO INSICURO - ANSIOSO AMBIVALENTE

Il bambino osservato, sia in presenza che in assenza della madre, mostra scarsa capacità di esplorazione, piange molto in sua assenza e, nel momento di ricongiungimento, adotta un comportamento ambivalente di ricerca di contatto e di resistenza ad esso.

In questo caso, la madre di questo bambino, nei primi tre mesi di vita del piccolo, si è mostrata imprevedibile nelle risposte. Questo tipo di madre ha cercato il contatto con suo lio quando, però, non era lui a richiederlo.


ATTACCAMENTO INSICURO - ANSIOSO EVITANTE

Il bambino osservato si mostra indifferente sia alla presenza che all'assenza della madre e, quando quest'ultima ritorna, la evita. Il bambino, tuttavia, non mostra segni di sconforto, né di rabbia, sia quando è da solo, sia quando si ricongiunge con la madre.

In questo caso, la madre del bambino si è mostrata insensibile ai segnali del lio nei suoi primi mesi di vita. Probabilmente abbiamo a che fare con una madre che ha rifiutato e scoraggiato il contatto fisico con suo lio, anche in situazioni di grande stress per il bambino.


Di recente si è notato come, in situazioni particolari, non sia facile collocare il comportamento del bambino in una categoria specifica. Ci troviamo di fronte, infatti, a situazioni un po' "strane", in cui compaiono, solo per poche frazioni di secondo, comportamenti rientranti in un certo tipo di strategia, er poi rientrarne in un'altra.

E' stata, pertanto, individuata una categoria che non è mai a sé stante:


ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO - DISORIENTATO

Ad esso appartengono bambini maltrattati o abusati, o bimbi che hanno a che fare con genitori impauriti da esperienze che non hanno saputo affrontare e superare sufficientemente (ad esempio lutti importanti), per cui comunicano ai propri li paura ed ansia.

Il bambino maltrattato è "disorganizzato" perché ciò che gli succede gli impedisce di organizzare una strategia in particolare.

D'altro canto, un lutto avvertito pesantemente e non <<metabolizzato>>, comporta la trasmissione al bambino di un senso di angoscia e di disorganizzazione.

Pertanto, il comportamento del bambino è, in questi casi, insolito ed inspiegabile: tendenzialmente è molto legato alla ura di riferimento, tuttavia avverte nei confronti della stessa una fonte di paura che si ingrandisce a mano a mano che si consolida il legame di attaccamento. Difatti, al momento del ricongiungimento, il piccolo, vedendo arrivare il genitore, gli corre incontro, ma, contemporaneamente, si copre gli occhi o si nasconde da lui.

A mio avviso, un genitore può raccontare vicende anche tremende, ma con uno stile discorsivo tale per cui il bambino possa comprendere il binomio causa - effetto senza subire traumi che gli comporterebbero atteggiamenti di insicurezza verso gli altri.

Studi contemporanei hanno poi messo in evidenza come uno stile di attaccamento possa diversificarsi nel tempo, assumere sfumature diverse.

In effetti, via via che aumenta la competenza cognitiva e sociale del bambino, l'attaccamento si diversifica in base alla maggiore elaborazione che lo stile subisce nel tempo. Ciò avviene, ad esempio, nel caso in cui il bambino viene immerso in nuove realtà sociali, come l'arrivo di una nuova baby-sitter o come il frequentare una nuova scuola[5].

Sotto il punto di vista patologico, tuttavia, la classificazione effettuata non è affatto esauriente. Essa, in effetti, è nata per descrivere la relazione madre - bambino, ma pian piano si è estesa fino ad affrontare tutto il ciclo di vita del soggetto, passando per situazioni molto diverse tra loro e che comportano reazioni a volte opposte. Accade spesso, infatti, che uno stesso genitore abbia legami di attaccamento completamente diversi nei riguardi dei propri li, proprio perché affronta la nascita degli stessi in periodi psicologici molto vari tra loro. Il fatto di ripensare al proprio vissuto e di saperlo visualizzare in maniera giusta rispetto a se stessi, può favorire il bambino stesso, che si avvale della stessa tecnica. Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, una persona sicura o un bambino sicuro non hanno necessariamente vissuto esperienze esclusivamente positive: ci sono bambini con un temperamento così vitale, da alimentarsi affettivamente di minimi segni; una serie di fattori diversi, consente al bambino che vive in situazioni non felici di divenire una persona sicura. Tutto questo avviene solo se l'adulto, attraversando ed osservando questi eventi, è capace di trovare una risposta esauriente da proporre al bambino. Il ruolo dell'adulto - educatore è, infatti, quello di fungere da filtro della realtà dando al bambino gli elementi per poter accettare determinate situazioni e per poterlo rassicurare a sufficienza rispetto a ciò che lo circonda. Per fare ciò è necessario che l'educatore CONOSCA la storia del bambino, le sue abitudini e le sue piccole - grandi "manie" al fine di non aggredire la sua psicologia, ma conquistare la sua fiducia attraverso la ricostruzione di una situazione a lui già nota. In seguito, con gradualità, si procede a modificare la situazione di partenza, fino a giungere alla formazione di una realtà nuova, dotata di un proprio carattere.

Un bravo educatore DECENTRA la propria visione del mondo immergendosi nella realtà del bambino, guardando con i suoi occhi e facendo propri sentimenti derivanti da specifiche circostanze; ASCOLTA sempre il suo interlocutore senza pregiudizi, poiché sa che può fornirgli nozioni fondamentali; adotta un comportamento FLESSIBILE nei confronti dei bambini, sottoponendoli a stimoli continui utili a potenziare ed arricchire le loro abilità cognitive. Inoltre, specie di fronte ad un attaccamento di tipo insicuro, l'educatore VALORIZZA il bambino, lo rende protagonista del gruppo od elemento essenziale di un gioco per fargli acquisire sicurezza in se stesso, attraverso la valorizzazione delle sue risorse.

Fattore fondamentale per la conoscenza del bambino è la COLLABORAZIONE continua con i colleghi e, soprattutto, con i genitori. La scuola e la famiglia appaiono sì mondi separati, con le proprie regole, i propri ritmi e le proprie abitudini. Tuttavia, allo stesso tempo, possono formare un unico mondo, poiché nella vita quotidiana di ogni bambino le due diverse situazioni educative dovrebbero dargli l'idea di continuità. Un buon rapporto fra scuola e famiglia dipende anche dalla qualità e dalla quantità delle comunicazioni, degli incontri che intercorrono fra le due, in special modo quando ci si accorge dal comportamento del bambino che c'è qualcosa che lo turba o solo per poter scambiare opinioni riguardo a scelte operate (da entrambe le parti) riguardo al piccolo. In effetti, solo attraverso il  confronto entrambe le parti possono maturare e migliorarsi nel bene del bambino; per collaborare occorre mantenere sempre un atteggiamento di rispetto reciproco e di comprensione per le scelte e le opinioni dell'altro .

La collaborazione fra scuola e famiglia passa attraverso la conoscenza reciproca.  Favorendo un rapporto <<intelligente>>, infatti, se i genitori saranno tranquilli nell'affidare i propri li ad educatori che già conoscono, questi ultimi saranno gratificati dalle competenze loro riconosciute.

Compito degli educatori è di rendere esplicito ai genitori il progetto educativo della struttura, attraverso materiali atti ad informare e documentare il lavoro educativo. D'altra parte, ai genitori spetta il compito di creare le condizioni per un continuo scambio verbale, collaborando concretamente anche attraverso attività pratiche. In questo modo la famiglia partecipa attivamente allo sviluppo delle capacità del bambino e quest'ultimo riceve una conferma affettiva sulla sua appartenenza ai due diversi contesti educativi[7]. Attraverso il tirocinio da me effettuato presso la scuola materna, ad esempio, alcune mamme si sono messe a disposizione per mostrare ai bambini la preparazione della pasta fatta in casa, mentre altre hanno cucito i costumi per la recita e le manifestazioni effettuatesi a fine anno scolastico.


CAPITOLO SECONDO


ESPERIENZE CHE RESTANO NEL CUORE .

Quando ci poniamo come spettatori di fronte al mondo dell'infanzia, spesso lo facciamo partendo da convinzioni dettate dalla società adulta . NIENTE DI PIU' SBAGLIATO!!! Crescendo abbiamo dimenticato come piccoli segnali nascondano dietro di sé disagi che se per gli adulti possono risultare insignificanti, per i bambini costituiscono, invece motivo d'angoscia, specie se non vengono recepiti come tali dalle ure di riferimento.

Attraverso l'esperienza effettuata, ho avuto modo di "mettermi nei panni" del bambino, riuscendo, in alcuni casi, a scoprire le cause che determinano atteggiamenti inusuali da parte dello stesso.


IL CASO "MAURO"

Circa tre anni e mezzo fa, ebbi modo di lavorare , come baby-sitter, presso una famiglia del mio paese. (Fin qui nulla di nuovo: l'amore che nutro nei confronti dell'infanzia è, per me, un sentimento innato, tanto che lavoro con i bambini dall'età di dodici anni). Dopo il colloquio di routine,  mi fu affidato il bambino (che chiamerò Mauro per ovvi motivi). Tuttavia, quest'ultimo, mostrò subito, un elemento importante, la balbuzie, campanello d'allarme di possibile insicurezza. Giorno dopo giorno notavo, con rammarico, che Mauro adottava con sua madre un attaccamento di tipo "ANSIOSO - EVITANTE", giacchè mostrava verso di lei indifferenza . un'indifferenza, tuttavia, RICAMBIATA! Avvocato in carriera, la madre di Mauro era sempre impegnata ed il poco tempo libero a disposizione, invece di dedicarlo ai li (Mauro ha una sorella di undici anni) lo trascorreva partecipando a feste mondane. Quindi suo lio non riusciva quasi mai a parlare con lei . D'altronde, Mauro, quattro anni, a sentire sua madre << . non era stato voluto, era capitato e non si conciliava affatto con il lavoro dei suoi genitori!>> . Pertanto il bambino era passato da una baby-sitter ad un'altra senza avere una ura femminile di riferimento che fosse stabile. Ciò si rifletteva nei suoi disegni: rappresentava sempre e solo una sirenetta immersa in un mare e in un cielo nero. Probabilmente, in questo modo, Mauro puniva sua madre oppure trasferiva nella sirenetta il modello femminile di riferimento che non aveva mai avuto, ma sicuramente il disegno denunciava uno stato di disagio.

Il mio lavoro era molto delicato e faticoso poiché bisognava educare ad un rapporto affettivo in primo luogo la madre.

A cominciare dal contatto fisico del bacio del buongiorno e della buona notte, rendevo pian piano la ura materna presente durante i vari momenti che contraddistinguevano la giornata di Mauro. Infatti, tramite il telefono, la madre veniva resa partecipe dei vari progressi raggiunti dal lio. Così facendo, sentendosi appoggiato e riscoprendo fiducia in se stesso, Mauro, a mano a mano che il rapporto con sua madre si consolidava, cominciava a scandire le parole, finchè non balbettò più. In concomitanza con questi progressi, il bambino giunse a disegnare uno stupendo arcobaleno che dal cielo azzurro terminava su un prato colmo di fiori colorati.

Oggi Mauro ha quasi otto anni, è il più bravo della classe ed ha un bellissimo rapporto con i suoi genitori. Ogni volta che incontro sua madre mi ringrazia per avergli "fatto conoscere" suo lio. Tuttavia sono io a dover ringraziare quel piccolo angelo, fonte di eterni sorrisi ed importanti insegnamenti.


IL CASO "LUCA"

Lavorando presso l'asilo nido, dapprima come tirocinante ed in seguito come educatrice, ho avuto l'opportunità di osservare le varie fasi di sviluppo del bambino dai 6 ai 18 mesi. In modo particolare, nei momenti del distacco e del ricongiungimento, mi sono soffermata a riflettere sul particolare tipo di attaccamento che ha adottato Luca, bimbo di 15 mesi, nei confronti di sua madre. Nonostante rientri in un tipo di attaccamento definito "SICURO", tuttavia l'atteggiamento di Luca presenta una particolare caratteristica, il succhiarsi il pollice, rito consolatorio di gran lunga utilizzato da molti bimbi per denunciare un non ancora avvenuto distacco definitivo dalla ura di riferimento.

Grazie ad un rapporto intelligente istauratosi gradualmente tra scuola e famiglia, la madre di Luca, preoccupata, ha chiesto chiarimenti e rassicurazioni alle educatrici riguardo questa particolare abitudine del suo bambino. Nonostante abbiano riconosciuto che il bambino, a suo modo, denunciasse un disagio dovuto al fatto che entrambi i genitori lavorassero, le educatrici hanno sottolineato come questo particolare OGGETTO TRANSIZIONALE dia sicurezza al piccolo e gli consenta di sentirsi in qualche modo ancora legato all'ambiente di appartenenza. Le educatrici, hanno poi assicurato alla madre che Luca, crescendo, solo attraverso un costante appoggio da parte dei genitori riuscirà ad ottenere fiducia in se stesso ed abbandonerà, senza subire traumi, questa abitudine.


CONCLUSIONI

Il punto di vista del bambino è un universo misterioso attraverso cui l'adulto, rinunciando a preconcetti dettati dalla società, può riscoprire emozioni assopitesi nel tempo.

I comportamenti insoliti adottati dal bambino parlano di traumi e disagi che ha subito e continua a subire.

Compito dell'adulto e dell'educatore è quello di imparare ad ascoltare il bambino, dialogare con lui, fargli avvertire l'esistenza di un appoggio sicuro, preludio di sicurezza in se stessi e nel rapporto con gli altri.









BIBLIOGRAFIA

Stefania Calafato, L'inserimento nel nido e nella scuola materna, in Le dispense de "La nuova infanzia", Bari, 2003.

Marco Pellegrini, Relazione madre - bambino: superare Freud?, in DUE.PIU'.NET - Coppia, 27 maggio 2003.

K. Lorenz, Il metodo ativo nello studio dei modelli di comportamento, in Symposium of the society of Experimental Biology, 4, 1950, p.221.

Laura Musetti, Dall'etologia alla psicologia, in Introduzione alla teoria dell'attaccamento, Casa Editrice di Studium sectiunello, pgg. 1 - 7.

M.D.S. Ainsworth, Patterns of attachment, Lace Erlbaum Ass, Hillsdale, 1978.

Lucia Carli, La relazione tra genitori e bi. Possibilità per il pediatra di osservarla con particolare riferimento agli stili di attaccamento, Milano, 21 novembre 1998.

Gianfranco Staccioli, I genitori a scuola, in Diario dell'accoglienza, Edizioni Cevs, Roma, 1998, pgg. 93 - 96.







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Gianfranco Staccioli, I genitori a scuola, in Diario dell'accoglienza, Edizioni Cevs, Roma, 1998, p.93.

ibidem, p. 96.




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