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PERCORSI DEL SÉ - L'IDENTITÀ FRA PROCESSI DI CONOSCENZA E SCENARI SOCIALI -



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PERCORSI DEL SÉ


La psicologia sociale studia il comportamento dell'individuo in rapporto alla società in cui vive; si tratta di una disciplina autonoma, una scienza che si colloca all'intersezione di processi individuali e collettivi.


INTRODUZIONE - L'identità fra processi di conoscenza e scenari sociali.


La maggior parte delle condizioni e dei problemi che caratterizzano la vita quotidiana, al realtà individuale e collettiva, chiamano in causa ciò che siamo, ciò che aspiriamo ad essere, il modo in cui ci poniamo in relazione con gli altri: toccano il nodo cruciale della e delle identità.

Nonostante la distinzione fra identità personale e identità sociale, in realtà non è sempre facile determinare dove finisce il sé e dove inizia il non-sé, in quanto il sé e anche (se non soprattutto) una forma di relazione.

Infatti, altri soggetti (lio, partner) costituiscono vere e proprie estensioni del sé, fino ad assumere talora una posizione prioritaria.

Ad esempio gli immigrati sono persone staccate dalle proprie radici, desiderose di inserirsi nella nuova realtà, ma anche timorose di restarne travolte, annullate.

Questo perché l'identità è un prezioso e necessario punto di ancoraggio: infatti, un individuo che veda incerta o minacciata la propria identità perde i propri punti di riferimento, diventa più fragile e più manipolabile, vive un'esperienza di disorientamento, di disagio, talvolta di vera e profonda sofferenza. Disastri non meno gravi si verificano quando è un gruppo o un intero popolo a vedere minacciata la propria identità.



Un'identità collettiva fragile o mortificata è stata spesso all'origine di conflitti tragici, mentre un'identità solida e positiva può essere la condizione per stabilire relazioni armoniose con gli altri

Il problema vero dell'identità consiste nel fatto che essa richiede un difficile e sempre precario equilibrio fra affermazione di sé e rispetto degli altri, fra differenza e integrazione.

È difficile definire che cosa sia l'identità.

Per Tajfel l'identità si pone lungo un continuum in cui identità personale e sociale si presentano come estremi opposti.

Nella vita di ciascuno di noi non c'è un evento, attività, esperienza per noi coinvolgente e significativa che non chiami in causa la nostra identità il sentimento di ciò che siamo, il concetto che abbiamo di noi stessi.

Le informazioni che riguardano noi stessi hanno un ruolo importante anche nell'organizzazione di conoscenze e idee a proposito delle altre persone, della realtà in generale.

La conquista di un'identità sufficientemente definita è molto importante per gli individui: si presenta anzi come un cruciale compito di sviluppo soprattutto i alcuni periodi critici della vita, come l'adolescenza: al di là delle differenze storico-sociali e culturali, la ristrutturazione del concetto di sé è il dato universale che caratterizza tutte le adolescenze.

La costruzione del sé è un compito particolarmente complesso e mai veramente realizzato in quanto abbiamo il bisogno di fissare, in momento diversi del nostro divenire alcune idee a proposito di chi o che cosa siamo.

Le storie dei singoli si inquadrano in una cornice più complessa, in cui agiscono gruppi sociali che dedicano gran parte delle proprie energie alla costruzione e al mantenimento di un'identità collettiva, negoziata con altri gruppi; talvolta essi ingaggiano aspre battaglie per ottenere un riconoscimento sociale.

Processi e fenomeni come gli stereotipi, il pregiudizio, la percezione di altre persone sono intrinsecamente legati al funzionamento dell'identità personale e sociale, all'idea di appartenenza e al senso di estraneità.

Anche nel nostro paese, trasformatosi rapidamente da terra di emigranti in luogo di immigrazione, si attivano inevitabilmente processi di confronto fra gruppi diversi, fra noi e loro: il confronto, ovviamente rappresenta una preziosa risorsa per la conoscenza.

Il sociocentrismo contiene in sé la spinta ad assimilare il diverso, ricacciando nell'area della devianza tutto quanto rifiuta di farsi assimilare.

I rapporti fra gruppi diversi, infatti, sono raramente equilibrati, orizzontali, è più probabile che assumano una struttura gerarchizzata.



CAPITOLO 1 - PROCESSI COGNITIVI, MEMORIA E STORIA: LE STRUTTURE PORTANTI DELLA CONOSCENZA DI SÉ


Introduzione. Il sentimento di ciò che siamo

Il senso di identità implica una serie di processi propriamente cognitivi come la categorizzazione e il confronto, la percezione delle somiglianze e delle differenze, la definizione di sé come un'unità sufficientemente coerente e dotata di una certa continuità nel tempo (anche se non immutabile).

Ciascuno di noi vive in un intreccio di relazioni, solo apparentemente contraddittorie, che concorrono a definire ciò che siamo.

Le componenti essenziali del sentimento di identità sono quindi appartenenza e unicità, somiglianza e differenza, permanenza e cambiamento.

Positività del sé

Tutti noi siamo fortemente motivati a raggiungere e conservare un'immagine positiva di noi stessi, a percepirci come soggetti dotati di una certa autonomia, di una certa capacità di agire e di operare efficacemente nella realtà, di esercitare un qualche controllo sull'ambiente, per non essere travolti dagli eventi.

Il bisogno di salvaguardare e accrescere un'immagine di sé positiva è un dato generale una costante all'interno della nostra cultura occidentale.

Quando la rappresentazione di sé è organizzata attorno a caratteristiche di tipo negativo da ciò deriva di solito uno stato di malessere profondo (addirittura depressione).

Quando la realtà appare totalmente sottratta al proprio controllo è possibile che si instauri un sentimento di profonda inefficacia personale, una condizione che può tradursi in forme croniche di passività e rinuncia ad agire.


L'asimmetria Bene-Male

La cosiddetta ipotesi Pollyanna è la diffusa tendenza a guardare al mondo in termini positivi: ci aspettiamo, in genere, che le cose vadano più o meno per il verso giusto e che la realtà si conformi alle nostre speranze: sarebbe una sorta di positivity bias (bias: preferenza soggettiva verso una data conclusione o inferenza; tendenza, o orientamento preferenziale in compiti di giudizio)



Apparentemente in contraddizione con l'ipotesi Popllyanna è la tendenza ad accordare maggiore importanza agli effetti negativi: in base a questo effetto negatività (negativity effect) l'informazione valutata negativamente risulta più saliente (il bene non fa notizia).

Esisterebbe quindi una disposizione psicologica generale a rapportarsi al mondo circostante come se fossero possibili e previsti soprattutto risultati ed eventi favorevoli: proprio da quest'attesa di positività, dal carattere normale, quasi scontato dei dati positivi, deriverebbe la particolare attenzione riservata ai fatti negativi, che ci appaiono come un'anomalia che contraddice e tradisce le nostre aspettative.


Autostima e processi di attribuzione

L'attribuzione è quell'insieme di processi, studiati dalla psicologia sociale cognitiva, che portano a tentare di spiegare gli eventi, ad interpretare i comportamenti propri ed altrui, a ricercare le cause e soprattutto le responsabilità di ciò che accade al fine di rendere prevedibile il nostro mutevole ambiente e le altre persone con cui ci troviamo ad interagire.

Le ricerche sull'attribuzione delle cause del successo e dell'insuccesso sono arrivate alla conclusione che le persone andrebbero a spiegare i propri successi in base a cause interne (stabili: la propria capacità; instabili: il proprio impegno) mentre per spiegare i propri insuccessi si orienterebbero preferibilmente verso cause esterne, indipendenti dalla propria volontà (stabili: difficoltà del compito; instabili: sfortuna, circostanze sfavorevoli).

Sono queste strategie che aiutano ad accrescere o almeno salvaguardare un'identità positiva, fornendo valide giustificazioni o sottolineando i propri meriti.

Addirittura si tende a crearsi ulteriori ostacoli, ad aumentare la propria debolezza per crearsi un alibi per un eventuale insuccesso.

Le modalità di attribuzione presentano differenze individuali e sociali, ed hanno un'influenza fondamentale sul livello di autostima.

La tendenza a sviluppare un'immagine positiva di sé è accomnata dal fatto che questa deve essere anche confermata e riconosciuta anche dagli altri: infatti, il riconoscimento sociale è un elemento importantissimo del sentimento di identità.

Se la discrepanza fra ciò che sentiamo di essere e il modo in cui gli altri ci vedono è forte, proviamo un senso di insicurezza e sentiamo la minacciata la nostra identità: entrano allora in gioco strategie di difesa ed autoaffermazione, sia come individui che come membri di specifici gruppi sociali.


Coscienza oggettiva di sé

Mettersi davanti ad uno specchio accentua la consapevolezza di se stessi e la tendenza a vedersi così come ci vedrebbe un altro. In queste particolari condizioni, gli individui sono indotti, ad esempio, ad accentuare la propria responsabilità per gli eventi.

Una più bassa coscienza oggettiva di sé aiuta gli individui ad accettarsi meglio e a non attribuire a se stessi tutta la responsabilità degli eventi.


Identità e tempo

L'uomo ha bisogno di percepirsi come un individuo dotato di una certa coerenza e continuità nel tempo, quindi l'identità è tanto più minacciata in una società come quella attuale, percorsa da continue e troppo rapide trasformazioni, difficili da elaborare: migrazioni, instabilità nell'esperienza professionale, cambiamenti nella condizione lavorativa (a causa della flessibilità), disoccupazione, mobilità territoriale, mutevolezza di ruoli e relazioni familiari.


La prospettiva temporale

Lewin affermò, ormai più di 50 anni fa, l'importanza che la prospettiva temporale riveste nella vita e nelle scelte delle persone poiché possedere una prospettiva temporale sufficientemente ampia e improntata ad una visione serena della realtà può rappresentare una risorsa straordinaria che alimenta la tenacia e la capacita di affrontare le difficoltà, che sostiene il morale, che aiuta ad attuare quel difficile equilibrio tra fini alti, flessibilità e realismo da cui dipendono le nostre migliori e più creative realizzazioni.

Andrebbe quindi riscoperto questo concetto, in un'epoca forse troppo concentrata sul presente, sull'ottenimento di gratificazioni immediate, sul mito del facile successo.

La possibilità di conservare una prospettiva temporale di ampio respiro si basa sulmemoria - I processi di memorizzazione dall'acquisizione al richiamo - Studi comparati" class="text">la memoria di sé e sulla capacità di guardare con sufficiente fiducia al futuro.



Infatti, pur attraversando radicali trasformazioni, nuove sfide e vicende destinate ad incidere profondamente sul mio modo di vivere, io sono sempre io e posso contare su una ragionevole permanenza della mia persona, del mio sentimento di identità.

Nel caso in cui venga meno un tale sentimento rassicurante di continuità temporale, di coerenza interiore, un senso di smarrimento può cogliere l'individuo (come nel romanzo Uno, nessuno e centomila di Pirandello).

Permanenza del sé non significa che ci si senta sempre uguali, ma che si sente di essere sempre la stessa persona: questo sentimento di continuità è un sentimento storico, la capacità di porsi al centro di un flusso temporale che include presente, passato e futuro.

Più un individuo è attento alle proprie caratteristiche personali più tende a descriversi come una persona che è cambiata rispetto al passato e che è destinata a cambiare ancora in avvenire: il cambiamento personale non viene cioè percepito come una debolezza ma piuttosto come capacità di auto-orientarsi ed adattarsi alla realtà (ci si riferisce, evidentemente, solo a cambiamenti desiderabili, controllabili e voluti).


"Narrazioni" di sé

Per Gergen il sé ha carattere fluido e sarebbe quindi più appropriato affrontarne lo studio in termini di self-narratives: ciò che sappiamo di noi stessi ha in realtà i caratteri di una narrazione in cui ci si racconta, inquadrando la propria esperienza in una prospettiva temporale.

Infatti, un sé rigido non corrisponde affatto alla propria esperienza personale in quanto è presente la consapevolezza del carattere intrinsecamente mutevole, multiplo e pieno di contraddizioni della propria identità.

In questo quadro di mutevolezza e fluidità c'è qualcosa che generalmente ci sostiene e ci aiuta a non smarrire il sentimento di identità, a non vivere la molteplicità come disagio e frammentazione: un qualcosa che ha molto a che fare con i processi di costruzione collettiva del senso della realtà che ci circonda e che si realizzano attraverso la comunicazione e il linguaggio.


La memoria autobiografica

È la memoria autobiografica a fare da supporto ad un sentimento di integrità personale che sia efficace e, al tempo stesso, compatibile con la varietà e mutevolezza dell'esperienza individuale

L'uomo ha bisogno di costruire la percezione di sé attorno all'idea di uno sviluppo temporale coerente, dotato di senso.

se da un punto di vista cognitivo sé e memoria sono due facce della stessa medaglia, in un'ottica più ampia, si evidenzia una stretta connessione fra dimensioni individuali e sociali della memoria.

L'autobiografia rappresenta questa narrazione del sé, una ricostruzione in cui la propria esperienza viene considerata soprattutto nell'ottica del presente o nella prospettiva del futuro.

Ci sono momenti della vita in cui una rilettura della propria esperienza appare particolarmente necessaria, come nel passaggio dalla prima alla seconda infanzia, dall'adolescenza all'età adulta, dall'età adulta alla vecchiaia.

L'autobiografia ha degli effetti sulla persona, determina una trasformazione dell'esperienza, in quanto comporta l'attribuzione di specifiche qualità e di nuovi significati agli eventi di cui si è stati partecipi o protagonisti.

Inoltre, si organizzano i propri ricordi in un più vasto panorama di memorie collettive: si tratta di sistemi di credenze creati dalla società di cui gli individui fanno parte; in questo senso, qualunque tipo di ricordo, anche quelli più personali e privati, sono immersi in una dimensione sociale.


Il sé come struttura cognitiva e come strumento di conoscenza


Esistono distorsioni sistematiche nel modo in cui i ricordi vengono organizzati: distorsioni e bias.

Per Neisser la consapevolezza che la propria esistenza trascende il semplice qui ed ora, e si sviluppa nel tempo, è all'origine di una particolare fonte dell'autoconoscenza di sé: il sé esteso.

Neisser suggerisce che quello che sappiamo di noi stessi non ci deriva da un'unica fonte, ma da molteplici canali di informazione, distinti ed anche relativamente indipendenti fra loro:

  • il sé ecologico;
  • il sé interpersonale, che rappresenta una fonte di conoscenza di sé particolarmente importante, ad esempio nella primissima infanzia, attraverso l'interazione madre-bambino; la conoscenza che ci deriva dal sé ecologico e dal sé interpersonale è pre-concettuale poiché può fondarsi sulla percezione immediata, senza bisogno di tradursi in concetti astratti;
  • il sé esteso, una forma di conoscenza basata su una rappresentazione di eventi ed azioni, concatenati fra loro, che si collocano nel tempo (script, cioè specie di copioni di una data situazione sociale): è una forma di memoria che non dipende unicamente dalla percezione diretta e, tuttavia, offre come il sé ecologico e quello interpersonale una conoscenza ancora pre-concettuale;
  • il sé privato, una fonte di conoscenza di sé particolarmente ricca e misteriosa: racchiude un mondo esclusivamente mio, a cui io solo posso veramente accedere; comunicare i contenuti del sé privato significa già trasformarli, traducendoli ad esempio in concetti;
  • il sé concettuale, che è appunto l'ultima e più sofisticata forma di conoscenza di sé, comprende le credenze e le idee a proposito del proprio ruolo sociale (studente universitario) ma anche a proposito del nostro corpo, sul nostro passato e sul nostro futuro, sul significato dei nostri pensieri e sentimenti; queste credenze sono intrinsecamente connesse alla cultura in cui siamo immersi, alle teorie fornite da questa cultura e inesauribilmente alimentate nel corso della nostra esperienza sociale.



SCHEDA 1.1 - LA RISTRUTTURAZIONE DEL SÉ IN ADOLESCENZA

Il problema dell'adolescenza si impone all'attenzione degli studiosi agli inizi del '900, periodo di individuazione dell'adolescenza come area di studio autonoma.

L'adolescenza costituisce una fase specifica di sviluppo, una specie di nuova nascita.

E non solo una transizione di tipo psicologico individuale ma una condizione storicamente e culturalmente data, che non si ripete per tutti come una necessità quasi fisiologica di sviluppo, ma che è vissuta e rappresentata molto differentemente in diverse situazioni storico-culturali. 

Essa è anche una condizione collettiva: infatti le conoscenze e le emozioni verso la vita sociale dell'adolescenza saranno un vero e proprio inventario collettivo di tutte le conoscenze successive, un data base condiviso che rende ogni generazione omogenea al suo interno e distintamente riconoscibile rispetto alle altre.

Dunque la condizione adolescenziale permette di comprendere non solo lo sviluppo individuale, ma anche la transizione culturale legata al concreto succedersi delle generazioni.

L'aspetto fondamentale dell'adolescenza appare dunque la presa di distanza dalle generazioni precedenti, e l'avvicinamento ad un punto di vista che non è un'elaborazione isolata, ma rispecchia un'evoluzione culturale in cui è coinvolta l'intera generazione di appartenenza.

L'adolescenza è la fase in cui si prendono le distanze dalla famiglia, per avvicinarsi ad altre soggettività (il gruppo dei pari) che formano una specie di palestra dei rapporti sociali del mondo adulto, in cui l'adolescente si prepara ad essere inserito a pieno titolo.

Una delle caratteristiche tipiche di questa transizione è l'inevitabile incertezza complessiva insita in questo processo: il concetto di trasformazione, di non essere stabilmente collocati in una posizione certa, è il fulcro della condizione dell'adolescente ma questo vale anche per le persone che lo circondano, le quali non lo riconoscono più e spesso non sanno bene come comportarsi con lui.

L'adolescenza può essere percepita principalmente in due modi:

come minaccia (darà evidentemente luogo a strategie di tipo evitante);

come normale sfida evolutiva (sarà affrontata in modo più risoluto e adatto).



SCHEDA 1.2 - LA MEMORIA COLLETTIVA


Le ricerche psicologiche sulla memoria si sono sviluppate principalmente in una prospettiva individuale; soprattutto nel periodo fra le due guerre mondiali si sviluppa una seconda corrente di studi, più attenta agli aspetti sociali di questi processi.

Dopo un lungo periodo di silenzio, tuttavia, l'attenzione alle dimensioni sociali della memoria si è recentemente di nuovo imposta all'attenzione degli studiosi.

Attualmente gli studi sugli aspetti sociali della memoria seguono tre tipi principali di impostazione teorica, una delle quali è focalizzata più specificamente sulla memoria collettiva, cioè un panorama di senso dato per scontato, banale; la memoria è in questo caso trasformata in abitudine, in convenzione, viene letteralmente "incarnata".









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