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COMPITO DI ITALIANO: Antropologia giovani: radiografia della condizione e del disagio giovanili



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COMPITO DI ITALIANO:

Antropologia giovani: radiografia della condizione e del disagio giovanili.


I giovani, da qualunque ceto provengano, sentono oggi in particolar modo tutti i difetti della società in cui vivono. Si sentono frustrati e disagiati vivendo in una realtà che li sottovaluta, e che non li considera affatto. Ma quali sono le aspirazioni e le cose più importanti nella vita di un giovane? Fiducia verso quali istituzioni o gruppi? A queste domande ha dato una risposta lo IARD, istituto che ha analizzato la condizione e l'eventuale disagio di 3000 giovani scelti in 250 comuni italiani. Per lo 85,7% dei ragazzi intervistati la famiglia è la cosa è più importante nella vita. Si rileva che i giovani d'oggi amano vivere in famiglia molto a lungo, perché non hanno particolari conflitti generazionali con i genitori e rinviano in un futuro sempre più lontano matrimonio e nascita dei li. Sono giovani silenziosi, quindi non contestatari, ma allo stesso tempo attivi in campo sociali, settore questo estraneo al protagonismo. Il giovane d'oggi cerca nella famiglia un mondo, una nicchia in cui proteggersi e sfuggire dalla realtà che tanto non piace.

Potrei definirlo come una forma meno esasperata di 'mito del nido' di Pascoli; il nido familiare caldo e protettivo, in cui i componenti si possono stringere per trovare conforto e riparo dall'urto di una realtà esterna minacciosa e paurosa. E' vero che sono due realtà differenti ideologicamente e cronologicamente, ma è anche vero che tali atteggiamenti hanno un nesso comune: un graduale disagio verso le istituzioni , verso il Mondo che non piace più e da cui cu si sente estranei. Ma l'aspetto più preoccupante dell'indagine dello IARD è che la società italiana non mostra interesse verso noi giovani, non se ne occupa come dovrebbe; un errore al quale, spero, si ponga subito rimedio! Questo spiega il fatto che all'ultimo posto nella graduatoria delle cose più importanti nella vita c'è la attività politica (3,78%). Gli adolescenti italiani mostrano una disaffezione nell'attività politica ed hanno il loro impegno nella vita sociale. A mio avviso questo comportamento non è dovuto ad un rifiuto della politica, ma ad un'esigenza di riflessione. Il contesto politico, infatti, oggi è mutato. Avvertiamo oggi il bisogno di valori basilari quali la questione morale, la legalità, la famiglia che fino ad ora sono stati messi da parte e calpestati. I giovani appaiono così privi di un'ideologia a cui credere ma hanno alle spalle una famiglia che dà loro tutto, dalla quale non voglio staccarsi, ed hanno un ulteriore desiderio di trovare un lavoro stabile, fattore occupante il secondo posto nella graduatoria dello IARD con il 61% delle preferenze. Tale istituto ha inoltre proposto ai giovani un altro quesito fondamentale per capire quanto i giovani si sentano estranei dalla società italiana: Dove mostrate maggiore fiducia? In quali istituzioni o gruppi? Il primo posto spetta agli scienziati con lo 85,2%, e al secondo posto l'ONU con il 65,9%. Questo sta a significare che la generazione cosiddetta X ha fiducia nel progredire scientifico perché è concreto e si pone obiettivi quasi sempre raggiungibili. La società di oggi non riesce a capire le vere esigenze dei giovani, e soprattutto non si rende conto che non può sempre fare riferimento a modelli di vita cosiddetti 'standardizzati'. Dovrebbe a mio avviso considera la nostra età come una serie di sfaccettature di un diamante, in cui ogni modo di essere, di apparire e di agire di un giovane, è sintomo di un particolare bisogno di evadere la realtà. Comunque io ho maggior fiducia non nel progresso scientifico, che bene o male, ingloba ormai tutte le altre istituzioni, ma nella scuola. Essa è l'unica, insieme al nucleo familiare, che accomna noi ragazzi durante l'iter formativo, analizzando così tutti quei comportamenti e atteggiamenti sintomatici di un disagio giovanile. Ma di chi è la colpa? Di noi giovani . o della società?



Quello che bisogna capire è che il disagio è dovuto a due fattori complementari: da una parte la società che ci condiziona nelle nostre scelte, nel nostro comportamento e tende a ridurci a 'macchine pensanti', e dall'altra i giovani che, sentendosi messi da parte si rifugiano nella famiglia, nella scuola nei casi più estremi cercano di costruirsi un paradiso artificiale facendo uso di sostanze stupefacenti. Vorrei infine porre maggior attenzione a quei contegni negativi, estremi, come la violenza o il suicidio, che nella vita di oggigiorno riempiono le testate giornalistiche e gli schermi TV. Giovani vite volontariamente troncate che lasciano le famiglie straziate e la società attonita. Una società che dovrebbe farsi un severo esame di coscienza sulle colpevoli omissioni di cui si è macchiata. Non è accettabile infatti che un giovane tronchi la propria esistenza sul nascere; alla base di una scelta così insana, non può che esservi un vuoto esistenziale nato dalla mancanza di valori, della fiducia in sé e nelle proprie capacità. Un giovane che si suicida ha paura del confronto con il Mondo esterno perché si sente, a priori inadeguato. E questo succede perché i modelli imposti dalla nostra cara società si rivelano troppo pensati e problematici. I giovani, talvolta, temono una società concorrenziale come quella odierna, una società che premia l'omologazione a standard di vita considerati universalmente positivi ed emargina chiunque vada controcorrente o sembra diverso . basti pensare agli omosessuali o a coloro che vedono vestirsi o usare modi di essere diversi da quelli che la società impone. La giovinezza è un'età in cui sarebbe necessaria una guida dalla mano leggera come la carezza di una mamma,ma allo stesso tempo forte e sicura come quella di un padre. Solo così un giovane può uscire indenne, fisicamente e psicologicamente dal difficile momento di transizione che lo porta a provare disagio e sfiducia nella società in cui vive, per incamminarsi serenamente sul sentiero, spesso tortuoso dell'età adulta, accettando le inevitabili. Quotidiane pesantezza del vivere , che anche in età avanzata si fanno 'sentire'.





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