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IL PROBLEMA DELLA VITA E' DUNQUE QUESTO: COME ROMPERE IL CERCHIO DELLA PROPRIA SOLITUDINE E COMUNICARE CON GLI ALTRI" QUESTA PAROLE DI CESARE PAVESE

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TEMA: "IL PROBLEMA DELLA VITA E' DUNQUE QUESTO: COME ROMPERE IL CERCHIO DELLA PROPRIA SOLITUDINE E COMUNICARE CON GLI ALTRI" QUESTA PAROLE DI CESARE PAVESE (MORTO SUICIDA NEL 1950) SONO AMARAMENTE ATTUALI, IN QUANTO LA NOSTRA SOCIETÀ' CONOSCE TANTE FORME DI DISPERATA SOLITUDINE CHE, ANCHE NEL SILENZIO, INVOCANO IL NOSTRO AIUTO.


Come la droga può far cadere un giovane in un tunnel buio e silenzioso, allo stesso modo la solitudine può trasformare un ragazzo in un sole di gennaio: opaco, invisibile, incapace di trasmettere agli altri il proprio calore e la propria luminosità. Purtroppo il Pavese, forse per esperienze personali, ha capito che per un uomo la solitudine è il male da cui derivano tutte le sofferenze quotidiane; anche alla mia età, 16 anni, spesso, molto spesso, mi accorgo che ci sono miei coetanei, seduti magari vicino a me, che aspettano solo una parola, un saluto che renderebbe la loro giornata diversa, più bella, anche solo per un saluto Penso ad un mio comno di parrocchia, poverino, nato prematuro, con qualche problema al cervello, ma in grado di intendere e di volere, come me, intendere la propria solitudine e volerne uscire; si fa presto a scrivere parole che fanno effetto, ma la verità è che nessuno (me compreso) ha la voglia o il piacere di risvegliare queste persone perché perché dopo i tuoi amici ti sfottono o magari perché direbbero " ma guarda, sembra un crocerossino!". Sono frasi senza senso, ma su ogni uomo hanno il loro effetto e quasi nessuno riesce a non prenderle in considerazione. Sopra ho paragonato la droga alla solitudine e a questo proposito voglio riportare una storia; la storia è quella di Pietro, 18 anni, due anni fa perse madre e padre in un incidente. Sembrava essersi ripreso alla svelta, continuò la sua solita vita ma non riusciva più a sorridere, e nessun amico o conoscente cercava di aiutarlo ad uscire dall' "infinito" in cui era scivolato, fino a quando non lo si vide più in giro; oggi è un drogato, la sua casa è diventata il Parco Tocci e il suo cielo è l'eroina. E che dire poi di quei tuoi noioso comni di classe che all'intervallo ti si avvicinano, cercano di mettere insieme qualche parola per parlare un po' e tu gli dai una pacca sulla spalla e te ne allontani, per non fare brutta ura con glia altri?!? La nostra società conosce veramente tante forme di disperata solitudine: penso ad Enrico, seduto al bar sempre solitario, con un gelato in mano; mi ricordo Luca, che come uniche amiche ha le sigarette, che fuma nervosamente ogni 10 minuti; poi mi guardo allo specchio, con i miei amici che mi aspettano giù per uscire insieme; mi fermo e ripenso a loro, a Enrico, a Luca, a Pietro. Cosa può fare l'uomo per non affondare dentro se stesso, con le proprie paure e le proprie insicurezze? Il nostro aiuto, un semplice saluto o un invito a cena, sono le uniche armi, l'unico detonatore in grado di rompere le barriere che la solitudine ha fortificato attorno a pensate a Luca, a Enrico, a Pietro.





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