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LA DONNA E IL LAVORO



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LA DONNA E IL LAVORO


Un problema che oggi, con il diffondersi dei movimenti per la liberazione della donna, è divenuto di particolare attualità è se sia giusto riservare alla donna lavori diversi da quelli degli uomini.

Molti continuano a ritenere che sia del tutto legittimo che alla donna siano affidati compiti differenti, e concordano perciò che la tradizionale distinzione fra le attività che debbono essere svolte dagli uomini e quelle che debbono essere svolte dalle donne.

Questa posizione trova sostegno in una secolare consuetudine del mondo occidentale, in cui la donna si è occupata, in modo pressoché esclusivo, della casa, dei li e della preparazione del cibo. Quanto ai lavori propriamente detti, gliene sono stati affidati soltanto alcuni di natura particolare. Prima che si affermasse l'industria, alla donna competevano attività di carattere artigianale, come la tessitura, e di natura agricola, come il raccolto dei prodotti della terra. Quando vennero le industrie, si affidarono alle donne lavori simili, in particolare nell'industria tessile (molte donne, nel secolo scorso, lavoravano nelle filande).

Secondo i suoi sostenitori, la divisione dei compiti fra uomo e donna avrebbe la propria giustificazione nella natura stessa, cioè nella distinzione biologica fra i due sessi. Così com'è la donna a generare ed allattare i li, dovrà essere la donna a impegnarsi a vestirli e proteggerli e ad occuparsi più in generale della preparazione del cibo. L'uomo, al contrario, che è più forte e più abile, sarà adatto a compiti pesanti e rischiosi, al di fuori delle mura domestiche.



Queste affermazioni, però, risultano smentite da quanto avviene in società diverse da quella occidentale.Presso gli indiani dei Grandi Laghi, ad esempio, sia uomini che donne possono diventare guaritori e stregoni. Un'altra tribù indiana, gli Hopi, affida la tessitura e la preparazione dei vestiti agli uomini.

Che le donne si debbano occupare di certi compiti, dunque, non è una regola uguale dovunque, per cui non sembra possibile sostenere che è la "natura" a stabilire che esse debbano compiere certi lavori a differenza di altri.

Piuttosto, è il modo diverso in cui, sin dall'infanzia, veniamo educati, che ci induce a considerare maschili o femminili quelle attività che si è creduto più conveniente affidare agli uni o alle altre.

La posizione probabilmente più corretta è quella di ritenere che la donna ha gli stessi diritti degli uomini di dedicarsi ad attività lavorative al di fuori delle mura domestiche, e che non vi sono, in linea di principio, lavori adatti solo alle donne o solo agli uomini.

Ciò è dimostrato ormai dalla larga diffusione del lavoro femminile in tutti i campi. Le donne svolgono con successo le più diverse attività (insegnanti, medici, vigili, ferrovieri, ecc.), dimostrando capacità non diverse da quelle degli uomini. Quanto ai lavori domestici, essi possono essere svolti altrettanto bene anche dagli uomini. L'apertura delle diverse professioni alle donne risponde infine a un criterio di giustizia: il cosiddetto  "sesso debole", confinato per secoli fra le pareti di casa, ha diritto, non meno dell'uomo, a realizzarsi anche nel lavoro e ad avere rapporti sociali più ampi.








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