ePerTutti


Appunti, Tesina di, appunto ricerche

La struttura sociale e politica della Roma monarchica

ricerca 1
ricerca 2

La struttura sociale e politica della Roma monarchica


La città di Roma, secondo la leggenda, venne fondata da Romolo nel 753 a.C.. Contrariamente a ciò, la città non nacque all'improvviso. Si ritiene infatti che essa sia il frutto dell'evoluzione di precedenti civiltà, di cui sono stati rinvenuti resti datati tra il X e il IX secolo a.C..

Dalla sua fondazione fino al 509 a.C., anno della cacciata dei Tarquini, Roma ebbe un ordinamento di tipo monarchico. Durante questo periodo, la massima carica pubblica alla quale un uomo politico potesse aspirare era quella di rex. Eletto dal Senato, egli esercitava il potere conferitogli dal popolo, aveva carica vitalizia e non rispondeva assolutamente del suo operato alla popolazione. Alle origini aveva anche la carica di pontifex maximus, cioè di sommo sacerdote: solo in un secondo tempo, con l'instaurazione della repubblica, l'aspetto religioso si distinse da quello politico.

Come nel mondo greco, al rex erano affiancate altre istituzioni: il Senato e i comizi curiati, le cui controparti elleniche si possono identificare con la gerousia e l'ecclesia.



Il Senato era un organismo sostanzialmente consultorio. Il rex, prima di prendere importanti decisioni, discuteva le sue proposte con i Senatori, che erano inizialmente cento, poi gradualmente aumentarono fino a trecento. Il Senato era formato esclusivamente da patris gentis, capi delle gentes, cioè discendenti o da un comune avo o aventi lo stesso gentilizio. Solo successivamente anche i pater familias ottennero di poter accedere al Senato. Oltre a quella consultiva, il Senato esercitava anche la funzione di interregnum: cioè, dopo la morte del rex, assumeva le cariche del sovrano fino a nuove elezioni.

L'altro importantissimo organismo era quello dei comizi curiati, l'assemblea dei patrizi. Erano formati da trenta curie, dieci per ognuna delle tre tribù originarie, e ogni curia era formata da dieci gruppi gentilizi. Dovevano riconoscere formalmente il potere del rex e dovevano anche fornire i Senatori. Gli incarichi principali però erano inerenti alla guerra. Ogni curia doveva fornire una centuria e dieci cavalieri. Inoltre aveva il delicato compito di dichiarare la guerra.

Come si può notare, il potere politico nella Roma monarchica era praticamente in mano ai patrizi: la plebe, sebbene rappresentasse la maggioranza della popolazione, non poteva in alcun modo influire sulla vita politica della città.

I primi secoli della storia romana videro questi due blocchi sociali in netta contrapposizione fra loro. Anche se ambedue erano formati da persone libere, solo quello dei patrizi aveva pieni diritti di cittadinanza.

Essi vantavano la discendenza da illustri antenati e si tramandavano oralmente le conoscenze politiche, religiose ed economiche, preservandole quindi dalla plebe. Erano perlopiù grandi possidenti terrieri, molto conservatori, alle cui dipendenze spesso vi erano moltissime famiglie di schiavi o plebei.

I plebei erano invece ritenuti originari da tribù autoctone, sottomesse poi dai Latini, la stessa popolazione che, storicamente, si ritiene abbia fondato Roma. Però studi recenti sembrano confermare la teoria secondo la quale la loro posizione sociale inferiore era dovuta non tanto a un'antica sottomissione, quanto piuttosto a ragioni economiche.

I contrasti fra i due gruppi furono sempre molto accesi e, raramente, si arrivò persino alla lotta armata. Comunque la loro posizione risultò marginale per tutta la durata della monarchia: solamente nella fase repubblicana, con il ritiro sul monte Aventino (da molti definito il primo vero sciopero della storia), ottennero importanti concessioni, prima fra tutte quella dell'istituzione dei tribuni della plebe.

La plebe, nell'antica Roma, non rappresentava il gradino più basso della scala sociale. Come del resto in Grecia e in tutte le civiltà contemporanee, era ammessa la schiavitù.

Gli schiavi erano una importantissima risorsa, soprattutto per i patrizi, che potevano così sfruttare senza retribuire (gli schiavi dovevano solamente essere mantenuti) ingenti risorse umane. Erano trattati alla stregua di animali, come possiamo dedurre dalle parole di Cicerone che, in una sua orazione, suggerì ai concittadini di nutrirli sostanziosamente, di lasciarli dormire la notte, di concedere loro momenti di libertà in alcuni giorni. Tutto questo non per compassione nei loro confronti, ma come consiglio ai loro possessori al fine di avere un maggior rendimento.

Schiavi si poteva nascere o si poteva diventare. Erano schiavi di nascita tutti i li di schiave, mentre lo si poteva diventare per debiti. Quest'ultima "modalità" merita però un approfondimento. Infatti il debitore che non ava i suoi debiti andava incontro a non certo piacevoli conseguenze. Qualora il creditore volesse essere risarcito del debito e un tribunale lo avesse accertato, il debitore poteva essere fatto schiavo. Quindi poteva essere riscattato da conoscenti oppure essere venduto. Se nessun cittadino romano lo avesse acquistato, sarebbe stato venduto agli Etruschi.

Un altro gruppo sociale era quello dei clienti. Erano per lo più stranieri che si vendevano a un patrono, il quale riceveva dei servigi da loro, in cambio della usa protezione. Innanzitutto i clienti erano tenuti a dare il loro voto nel caso il loro patrono avesse deciso di intraprendere la carriera politica. In ogni caso, dovevano votare o i suoi parenti più stretti o il magistrato che egli appoggiava. Molti ricchi patrizi (ma successivamente anche plebei arricchiti) ottennero cariche pubbliche comprandosi letteralmente i voti.

Inoltre i clienti dovevano affiancare il patrono in guerra e dovevano proteggerlo anche a costo della loro vita. E, nell'evenienza in cui venisse fatto prigioniero, dovevano contribuire di tasca propria al amento del riscatto.   

A prima vista parrebbe che il rapporto di "fides" (fiducia) fosse sconveniente per il cliente. Però egli poteva contare su un tutore che lo proteggeva qualora avesse dovuto ire in tribunale: infatti gli stranieri (coloro senza cittadinanza romana) privi di un tutore non potevano nemmeno tenere una linea di difesa. Il solo fatto quindi di poter essere difesi e di poter contare su un uomo potente era una garanzia sufficiente per sobbarcarsi tutti gli oneri del caso.

Quando il patrono riceveva un oltraggio da un cliente, quest'ultimo recava offesa pure alla dea Fides e a Iuppiter Fidius. Veniva quindi escluso dalla società e venivano confiscati tutti i suoi beni.

Dopo aver esaminato l'aspetto politico e sociale, non rimane che analizzare brevemente la struttura familiare della Roma monarchica.

La ura più importante della struttura familiare era il pater. Oggi potremo dire padre-padrone, in quanto da lui dipendevano tutte le ura parentali. Aveva infatti autorità assoluta sui li, di qualsiasi età essi fossero, e ovviamente sulla moglie, che poteva essere ripudiata in qualsiasi momento, ma che godeva di molta autonomia all'interno delle quattro mura domestiche.

Al pater familias dipendevano anche gli schiavi e talvolta li altrui. Era prassi comune a quell'epoca che padri poveri vendessero ai ricchi i proprio li, per assicurare loro una situazione economica più dignitosa.

Il matrimonio era solo ed esclusivamente monogamico. I li legittimi erano cioè solamente quelli nati dalla consorte legittima del pater familias. Era ammesso avere, come in Grecia, concubine o prostitute. E proprio come in Grecia, la moglie non poteva accomnare il marito ai banchetti o alle assemblee pubbliche, e aveva una propria zona nella domus.

Come possiamo vedere, nei costumi politici, sociali e familiari, possiamo trovare la radice di molti aspetti della nostra moderna società.

















Privacy

© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta