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Cicerone

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Cicerone


Orator parola latina che deriva da os, oris = bocca, da cui orator = colui che possiede l'arte della parola, unica forma di comunicazione comprensibile per le masse. La dote di parlare è pertanto essenziale per la vita politica, proprio perché unico strumento di persuasione. L'oratoria è però di per sé effimera, in quanto si esaurisce nell'obiettivo di colpire l'uditorio, non ha scopi letterari, perciò è in gran parte andata perduta. Conserviamo poche citazioni dalle orazioni di Catone, mentre abbiamo molte orazioni di Cicerone perché utilizzate a scopi culturali e didattici.


Retor è una parola greca. Il retor è un teorico dell'orazione, uno studioso. L'attività retorica risulta perciò strettamente collegata e conseguente a quella oratoria, e si sviluppa dapprima in Grecia.




Dalla scheda:


Vir bonus dicendi peritus "uomo di valore esperto del dire", frase attribuita a Catone. Bonus è un aggettivo che rimanda al mos maioum col significato anche di depositario di saggezza (sfera etica), peritus invece si riferisce alla sfera tecnica.


Rem tene, verba sequentur significa che se l'oratore ha ben chiara la questione, le parole verranno da sole. E' una presa di posizione antiellena di Catone, che si oppone all'attività retorica dei Greci, ritenendola inutile, in quanto non c'è bisogno, secondo lui, di uno studio alla base dell'oratoria. Catone infatti riuscì nel 161 a. C. a cacciare i retori greci da Roma.


Quando l'ellenizzazione a Roma si fa inarrestabile, la retorica si sviluppa in due diverse scuole.

Asianesimo da Pergamo, in Asia. Utilizza un lessico fiorito e ure retoriche pesanti.

Atticismo da Atene, in Attica. Utilizza un parlare lucido, lineare, schematico, scarno.


Cicerone usa uno stile intermedio, che lui chiama Rodio, conciliando la linearità e la lucidità del ragionamento con il parlare talvolta più ardito o complesso. Fu sia oratore che retore, poiché scrisse le sue orazioni tentando di teorizzare le sue scelte.


Compiti dell'oratore/scopi dell'orazione:

probare da cui deriva l'odierno "provare", significa dimostrare la res

delectare da cui "dilettare", significa risultare piacevoli, attiene ai verba

flectere da cui "flettere", significa convincere; a questo scopo non bastano argomentazioni razionali: è necessario carisma, passione, capacità si travolgere


I tre stili:

subtile stile informativo relativo al probare 

modicum necessario a delectare, costituito di variatio e ure retoriche

vehemens necessario a flectere, è uno stile magniloquente, trascinante


Le 5 fasi del lavoro dell'oratore:

inventio da invenio, "trovare", significa appunto trovare le idee

dispositio è la scaletta

elocutio da loquor, è il momento della stesura e della scelta del linguaggio

memoria è il momento in cui l'orazione scritta va imparata a memoria. La memoria però deve essere abbastanza flessibile da consentire all'oratore di adattare la scaletta alla situazione, smontarla e riproporla in modo diverso, se ad esempio viene interrotto mentre parla e gli viene fatta un'osservazione

actio da ago, è il momento dell'esposizione


Le 4 qualità dell'elocutio:

ornatus l'orazione deve essere ricca lessicalmente

latinitas chiarezza, comprensibilità, comunicabilità, contrapposta alla rustica asperitas = asprezza rozza e alla peregrina insolentia = aria saccente

perspicuitas le idee devono essere acute e mirate

aptum (o decorum) è la necessità di tenere conto dei destinatari dell'orazione


Quando le orazioni venivano riscritte, Cicerone non le scriveva come le aveva stese nell'elocutio, perché sicuramente durante l'actio avevano subito delle modificazioni, ma neanche come le aveva esposte perché poteva sentire la necessità di dare particolare risalto ad alcuni particolari che avevano colpito particolarmente gli ascoltatori. Le orazioni sono perciò tre: quella stesa nell'elocutio, quella esposta nell'actio, e quella messa poi per scritto in un terzo momento, spesso a scopo didattico.


La struttura interna dell'orazione:

exordium in questa fase è necessario catturare l'attenzione ma anche la simpatia della giuria (captatio benevolentiae)

narratio qui avviene l'esposizione dei fatti a cui ci si riferisce, è la ricostruzione della "dinamica"

argumentatio o demonstratio qui bisogna probare, portare prove a supporto. Può avvenire sotto forma di confirmatio/probatio dove si dimostrano i propri argomenti, o di confutatio/refutatio dove si smontano le dimostrazioni della controparte

peroratio dove il tono si fa vehemens e si cerca il favore finale della giuria.


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