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"Differenze tra la I e la II Rivoluzione Industriale" - TAYLORYSMO E FORDISMO

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"Differenze tra la I e la II Rivoluzione Industriale"



La  I Rivoluzione Industriale comprende il periodo che va dalla fine del '700 al 1870-75.

E' una 'rivoluzione' poiché segna il passaggio definitivo da un'economia di sussistenza ad un'economia di mercato, con cambiamenti irreversibili non solo in campo economico ma anche culturale e sociale.

La rivoluzione dei trasporti, l'incremento demografico,  la rivoluzione causata dall'uso del ferro e del carbone e la rivoluzione agraria, che porta allo sfruttamento razionale ed intensivo della terra, all'applicazione all'agricoltura dei prodotti industriali ed alla liberazione di manodopera agricola in seguito all'introduzione della macchina, hanno sicuramente favorito questa rivoluzione.

La I Rivoluzione Industriale è caratterizzata dal capitalismo, cioè dall'accumulo di capitali in mano di pochi, fondato sul libero scambio, quindi sul liberismo economico. Inoltre viene accentuata la distinzione tra capitale e lavoro, mezzi di produzione e salari, capitalisti e proletari.



Possiamo identificare nell'urbanesimo la principale conseguenza di questi cambiamenti; infatti la questione sociale è strettamente collegata a questo, in quanto con l'urbanesimo, avviene anche il passaggio dalla famiglia patriarcale a quella nucleare, si verificano i primi casi di alcoolismo, di criminalità e delle malattie da lavoro.

La questione sociale si avvia a soluzione quando il proletariato acquista 'coscienza di classe' e si organizza in associazione e sindacati.



II  Rivoluzione Industriale (dopo il 1870 alla I guerra mondiale)


La II Rivoluzione Industriale determinò una nuova trasformazione rivoluzionaria nella vita e nelle prospettive dell'uomo.

La politica imperialista indubbiamente favorì una generale stabilità e un diffuso sviluppo economico; i maggiori stati europei, infatti, alla ricerca di prestigio e di materie prime, si lanciano nella conquista del continente africano e di quello asiatico, forti della potenza dei loro eserciti. La politica di potenza favorisce gli industriali sia per l'abbondanza di materie prime sia per la facilità dei commerci sia per l'ingenza delle commesse statali, soprattutto nel settore degli armamenti; e si identifica inoltre con il protezionismo, per cui l'industria nazionale, soprattutto in settori come la siderurgia o l'agricoltura meccanizzata, cresce favorita dai dazi doganali. Infatti lo Stato, per tutelare gli industriali e gli agrari e le loro produzioni dalla concorrenza estera, applicarono tariffe doganali protezionistiche sui prodotti esteri concorrenziali.

Assunsero un ruolo centrale in questo rinnovamento integrale sia le scoperte degli scienziati, sia il lavoro.

Causa e conseguenza dello sviluppo industriale è il notevole sviluppo tecnologico: il vapore viene sostituito dal motore a scoppio, azionato dalla benzina, e da quello elettrico; l'elettricità garantisce l'illuminazione notturna stravolgendo i ritmi di vita nelle città; non di poca rilevanza è lo sviluppo dell'industria chimica, con le relative ripercussioni sull'industria tessile e sull'agricoltura.

Notevoli miglioramenti avvengono anche nel campo dei trasporti (ferroviari e marittimi) che, ovviamente, favoriscono il commercio.

All'inizio del nuovo secolo le grandi imprese si trasformarono in imprese multinazionali. L'americano Taylor osservando i processi industriali formulò il primo principio sulla razionalizzazione del lavoro di fabbrica e cioè il principio della catena di montaggio.Questo principio si basava sull'osservazione sistematica dei movimenti degli operai e nella rilevazione cronometrica dei tempi impiegati dagli operai per svolgere le loro mansioni. In questo modo fu possibile stabilire il giusto salario per una giusta giornata di lavoro. L'industriale automobilistico Ford fu colui che meglio di altri comprese le potenzialità di questo metodo.


TAYLORYSMO E FORDISMO


L'ingegnere Taylor è infatti stato il primo a teorizzare un'organizzazione scientifica del lavoro: egli aveva capito, in seguito alla sua esperienza come responsabile della produzione in aziende che trattavano principalmente materiale meccanico, che era molto importante in un'industria attuare un sistema di produzione mirante al massimo ma con il minimo della fatica e del tempo. Taylor intendeva infatti annullare tutti gli sprechi di tempo, i cosiddetti tempi morti, e tutti gli sprechi di energia, limitando i movimenti degli operai al minimo indispensabile. Per ottenere ciò egli attuò la catena di montaggio, un sistema produttivo diviso in tante piccole unità semplici e ripetibili che non consentivano alcuno spreco di energia né di tempo. Gli operai della catena di montaggio cioè dovevano svolgere solo determinati movimenti sempre uguali per tutta la durata della giornata lavorativa. Chi aveva la capacità di essere straordinariamente veloce era anche incentivato economicamente con un premio di produzione. Questo sistema di amento viene ancora oggi chiamato cottimo.

I principi del pensiero di Taylor infatti si possono riassumere nel principio dell'One Best Way  e in quello dell' 'operaio bue'. Il primo, cioè l'unico miglior metodo possibile, sosteneva che dinanzi a qualunque problema tecnico o organizzativo esiste una sola soluzione, non una serie di soluzioni alternative fra loro. Questo significa che la produzione migliore avviene se il lavoratore smette di pensare a quello che deve realizzare ma si concentra solo sui gesti sempre uguali legati al momento produttivo che gli è stato assegnato. L'altro principio sosteneva invece che il lavoratore deve fare solo quello che gli viene ordinato senza crearsi problemi e senza neanche chiederne la ragione. Deve rispettare regole, impegni e tempi previsti senza anticiparli, né attardarli. Nella logica tayloristica, quindi, l'operaio pigro o quello zelante sono sullo stesso piano perché non rispettano i tempi dell'organizzazione scientifica del lavoro.

Dal punto di vista industriale, l'industriale che meglio di altri comprese le straordinarie potenzialità del metodo tayloristico, e quindi della catena di montaggio, fu Henry Ford proprietario dell'omonima industria di automobili. Egli non solo applicò il metodo messo a punto da Taylor ma incentivò i suoi operai con dei salari alti, in modo da consentire alle classi sociali operaie un benessere mai conosciuto. In questo modo anche gli operai, oltre che essere i produttori di un bene, ne divennero anche i consumatori: molti dei modelli della prima auto costruita in catena di montaggio chiamata 'modello T' furono proprio acquistati dagli operai che la costruivano.




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