ePerTutti


Appunti, Tesina di, appunto storia

FRANCIA E SPAGNA NEL XVII SECOLO

ricerca 1
ricerca 2

FRANCIA E SPAGNA NEL XVII SECOLO


La Francia

Il cardinale Richelieu morì nel 1642 e, nel 1643, morì anche Luigi XIII; Luigi XIV aveva appena cinque anni, e il rischio che si aprisse in Francia una crisi politica fu evitato dall'azione del cardinale Giulio Mazarino, segretario e collaboratore i Richelieu, che la regina Anna d'Austria nominò primo ministro.

La Francia era impegnata nella fase conclusiva della Guerra dei Trent'Anni e l'opposizione all'assolutismo era diffusa; gli esponenti dell'aristocrazia, i Grandi di Francia, erano intenzionati a sfruttare la situazione della reggenza, mentre gli strati popolari protestavano contro la miseria e si opponevano al fiscalismo regio, reso pressante dall'intervanto della Francia in guerra. I ceti parlamentari insorsero, nel 1648, contro la proposta di Mazarino di colpire con una tassa speciale i detentori di uffici: questi ceti intendevano garantire i propri privilegi e contrastare la politica regia di attribuire funzioni crescenti alla nuova burocrazia statale degli intendenti, nell'esazione di imposte e nel controllo delle finanze. La sollevazione del Parlamento di Parigi fu domata nel 1649, dopo che la regina, Luigi e Mazarino furono costretti alla fuga: fu questa la Fronda Parlamentare.



La corte si avvalse dell'aiuto militare dell'aristocrazia, il cui leader, Luigi di Condé, tentò di imporre la posizione raggiunta per scalzare Mazarino; ne nacque una guerra civile, denominata Fronda dei Principi, che si concluse con la sconfitta degli aristocratici e del loro tentativo di arrestare il processo di costruzione dello Stato assoluto.

Mazarino riportò successi in politica estera, con la conclusione della Guerra dei Trent'Anni e con la camna militare contro la Sna, conclusa dalla Pace dei Pirenei del 1659. La Francia completò la riorganizzazione interna dello Stato in senso assolutistico e si assicurò una posizione di grande potenza in Europa.

Nel 1661, alla morte di Mazarino, Luigi XIV, detto il Re Sole, assunse il potere ed indicò che egli avrebbe regnato da solo, senza nominare alcun primo ministro, consigliandosi con persone da lui scelte per la direzione di specifici settori dello Stato, e riservandosi la facoltà di decidere. Durante il periodo in cui resse lo Stato, dal 1661 al 1715, il sovrano portò a compimento la costruzione dello Stato assoluto, avviata da Enrico IV e da Sully, e fatta avanzare, sotto Luigi XIII, da Richelieu.

Luigi XIV realizzò il pieno controllo sull'apparato statale e lo guidò coadiuvato da alti funzionari dello Stato, proclamando il carattere assoluto della monarchia francese, nel senso di un governo non condizionato da spinte particolaristiche e corporative, sia che provenissero dal ceto aristocratico, sia dalla nobiltà di toga, rappresentata nei Parlamenti.

Questa politica assolutistica ebbe specifici connotati:

o   il re esercitò pieni poteri in materia finanziaria: poté imporre tributi e decidere le spese, avvalendosi di una burocrazia dipendente dal potere centrale;

o   gli Stati Generali non furono mai convocati;

o   i Parlamentari, pur conservando il diritto di rimostranza, furono ridotti all'impotenza dall'editto reale del 1673, che imponeva loro di registrare gli editti emanati dal governo;

o   il re dispose di un esercito stipendiato dalla Corona, rendendo superflue le milizie fornite dai nobili;

o   il re utilizzò, per l'amministrazione del Regno, dei funzionari da lui nominati e stipendiati, tra cui una particolare importanza ebbero gli intendenti, a cui furono affidate le funzione di controllo e di coordinamento di tutti i settori della pubblica amministrazione, nei territori di loro competenza;

o   il re impresse una direzione unitaria a tutta la società, intervenendo in campo economico, religioso e culturale;

o   il re assunse la guida della politica estera: nominò ambasciatori permanenti nelle maggiori capitali europee e seguì la realizzazione del sistema difensivo francese, messo a punto dal maresciallo Sébastien Vauban.

L'attuazione di questa politica richiedeva il controllo dei diversi ceti sociali. Le classi popolari, prive di espressione politica, furono disciplinate con l'aiuto della Chiesa e col ricorso alla forza; i ceti borghesi accettarono l'assolutismo, che, nonostante continuasse a privarli dei diritti politici, garantiva l'ordine interno ed assicurava un sostegno alle loro iniziative economiche; i grandi aristocratici dovettero rinunciare all'esercizio dei loro poteri tradizionali, in cambio della concessione di dividere con Luigi XIV la residenza regale di Versailles e del conferimento di gratifiche, prebende, nomine onorevoli e redditizie nell'apparato statale, purché riconoscessero la sua autorità; la nobiltà di corte restò un ordine privilegiato, perché era esonerato da molte imposizioni fiscali e godeva, nei propri feudi, di diritti di varia natura; la piccola nobiltà, non avendo accesso alla munificenza regale, vedeva franare le basi economiche del suo prestigio sociale. Dall'esercizio del potere pubblico, Luigi XIV escluse i familiari, i principi di sangue e gli ecclesiastici; al suo fianco volle ministri e consiglieri provenienti dalla nobiltà di toga o dalla borghesia: essi formavano il Consiglio supremo di Stato, che decideva le linee generali della politica interna ed estera dello Stato, e faceva parte del Consiglio di Stato, che aveva funzioni consultive nel campo della pubblica amministrazione. Le ure più importanti furono quelle del cancelliere, a capo del settore giudiziario, del controllore generale delle finanze, responsabile della politica economica, dei segretari di Stato, preposti agli affari esteri, alla marina, alla guerra ed alla Casa Reale. I ministri di maggior spicco furono Hugues de Lionne, segretario di Stato per gli affari esteri, Michel Le Tellier, ministro di Stato e cancelliere di Francia, François Michel, marchese di Louvois e segretario di Stato per la guerra, e Jean Baptiste Colbert, controllore generale delle finanze, segretario di Stato per il commercio, la Casa Reale e la marina.

Colbert diresse la politica economica francese ispirandosi ai principi del mercantilismo, mirando ad accrescere la ricchezza del Regno per assicurare allo Stato entrate finanziarie regolari e crescenti. Colbert intervenne per riportare ordine nelle finanze statali:

o   impose una contabilità più rigorosa;

o   ridusse i dazi interni e procedette al loro accorpamento;

o   diminuì l'onere dello Stato, costringendo gli appaltatori delle imposte a rinunciare ad una parte dei loro profitti;

o   mirò ad ottenere una più corretta esazione dei tributi, con l'intenzione di trasformare la taille in un'imposta fondiaria da calcolare sulla base di un nuovo catasto nazionale.

Colbert cercò di stimolare la produttività delle attività manifatturiere e commerciali:

o   fece ricorso a tariffe doganali per proteggere le manifatture nazionali dalla concorrenza inglese e olandese;

o   concesse privilegi ad alcune manifatture private, operando nel settore dei beni pregiati, così che potessero svilupparsi al riparo della concorrenza;

o   fece venire in Francia operai stranieri;

o   molte manifatture furono impiantate o ristrutturate dallo Stato e gestite sotto il controllo del governo, come le manifactures royales.

Numerose iniziative furono rivolte allo sviluppo del commercio internazionale:

o   fu promossa la formazione di società mercantili, che spezzarono il monopolio esercitato dagli Olandesi nel commercio tra la Francia e le colonie;

o   fu incentivata la colonizzazione francese in India, in Africa ed in America;

o   furono costruite strade e canali navigabili, come il Canal du Midi, che collega il bacino del Rodano all'Atlantico;

o   fu operata una semplificazione dei codici e delle normative commerciali e di una loro omogeneizzazione tra le varie regioni.

Colbert prese iniziative volte a favorire l'avviamento al lavoro della popolazione, mirando a proteggere i contadini dalle angherie e dalle usurpazioni dei grandi, ma intervenendo a reprimerne le rivolte.

Il colbertismo produsse risultati a vantaggio dei ceti commerciali e manifatturieri, anche se il suo obiettivo rimase quello di accrescere le entrate fiscali dello Stato.

La politica militare di Luigi XIV, che assorbì le risorse finanziarie, e le difficoltà ad agire in profondità, in una società in cui permanevano i privilegi di ceto, frenarono le spinte propulsive che le riforme di Colbert avevano cercato di imprimere all'economia francese.

Luigi XIV s'ispirò, in campo religioso, ai principi del gallicanesimo: l'intervento dello Stato nelle questioni religiose era una tradizione radicata e molti condividevano l'opinione che la Chiesa di Francia, pur dipendendo dal Papato, avesse diritto ad una sua autonomia e dovesse rispondere alle autorità del Regno. Sulla base di questi principi, Luigi XIV osteggiò le minoranze ugonotte e gianseniste.

Luigi XIV obbligò gli Ugonotti a convertirsi al cattolicesimo, spinto da considerazioni d'ordine interno:

o   il suo assolutismo era insofferente di ogni pluralismo, quindi anche di quello religioso;

o   l'impegno contro i protestanti poteva rendere più accette a Roma le sue scelte, volte ad instaurare un maggiore controllo della Corona sulla Chiesa francese.

C'erano anche ragioni di ordine internazionale: impegnato contro l'Olanda protestante, Luigi XIV ambiva a rafforzare le sue credenziali cattoliche:

o   ridusse le libertà di culto agli Ugonotti,

o   concesse premi a coloro che si convertivano;

o   adottò misure amministrative discriminatorie nei loro confronti, tra cui le dragonnades, cioè l'obbligo ai protestanti di acquartierare nelle loro abitazioni i dragoni reali;

o   attraverso l'editto di Fontainbleu, nel 1685, vietò la professione di fede protestante.

La revoca dell'editto di Nantes, del 1598, significò la perdita di risorse umane e finanziarie, che andarono a rinvigorire i paesi nemici di Luigi XIV, e contribuì ad inasprire la protesta popolare contro la sua politica, determinando la rivolta dei camisards, cioè gli Ugonotti del Vivrais e della Linguadoca.

Nei confronti dei giansenisti, Luigi XIV si mosse con maggiore circospezione, giacché essi erano membri della Chiesa cattolica e non erano considerati eretici, perché avevano un forte seguito fra i maggiori intellettuali del tempo. Nel 1709, insofferente di una controversia che creava nel Paese tensioni pericolose, chiuse i centri del movimento e ne disperse gli aderenti.

Le risorse della Francia e i risultati delle riforme di Colbert permisero a Luigi XIV di concepire un'ambiziosa politica estera, finalizzata a dare alla Francia una posizione egemonica in Europa.

Le guerre di Luigi XIV scossero gli equilibri sanciti dalla pace di Westfalia del 1648 e si conclusero con ritocchi territoriali, inferiori alle aspettative francesi, e con l'affermazione del principio d'equilibrio.

La Guerra di Devoluzione fu intrapresa da Luigi XIV contro la Sna, in nome di presunti diritti francesi sulle Fiandre snole e sulla Franca Contea; l'appoggio anglo - olandese alla Sna costrinse la Francia ad accontentarsi di alcune città e piazzeforti sul confine settentrionale.

L'atteggiamento tenuto dall'Olanda portò allo scoppio della Guerra d'Olanda: l'invasione francese fu fermata grazie all'intervanto dello statolder Guglielmo III d'Orange, a fianco del quale scesero in campo la Sna, l'Impero e la Sa. La pace di Nimega assegnò alla Francia altri territori sul confine fiammingo e la Franca Contea, mentre l'Olanda conservò la propria indipendenza.

Luigi XIV formò apposite commissioni, dette camere di riunione, che avevano il compito di giustificare l'acquisizione dei territori su cui le città assegnate alla Francia avevano esercitato una giurisdizione. Queste richieste di Luigi XIV portarono allo scoppio della Guerra della Lega d'Austria: all'alleanza antifrancese presero parte Sna, Inghilterra, Olanda, Sa, Austria ed altri Stati minori. Il conflitto segnò la ripresa dello scontro franco - asburgico e l'inizio di una fase di ostilità tra la Francia e l'Inghilterra; esso ebbe dimensioni europee e si estese alle colonie, ma si concluse con la pace di Rijswijk, che confermò il riconoscimento dell'acquisto di Strasburgo da parte della Francia.


La Sna

Nel Seicento si compì la decadenza della Sna: la monarchia iberica aveva incontrato difficoltà sotto Filippo II, ma le cose peggiorarono sotto Filippo III, Filippo IV e Carlo II.

La Sna rimase un Paese dominato dai grandi latifondi di aristocratici interessati alla conservazione delle loro posizioni di prestigio, di potere e di rendita; l'espulsione delle minoranze di moriscos e di Ebrei, attuata in omaggio al principio della limpieza de sangre, assestò un grave colpo all'economia snola; l'intensificazione della pirateria atlantica ridusse la quantità di metalli preziosi e privò il Paese delle risorse finanziarie che avevano alimentato la politica di potenza. L'impegno militare nella Guerra dei Trent'Anni poté essere prolungato a costo di una crescente pressione fiscale che provocò numerose rivolte; le sconfitte subite, nell'ultima fase della Guerra e nel conflitto con la Francia e l'Inghilterra, mostrarono che era finito il ruolo della Sna come grande potenza europea.

La tenacia con cui il primo ministro di Filippo IV, il conte - duca d'Olivares, cercò di realizzare strutture statali efficienti e centralizzate non ebbe successo; il suo progetto di restaurare un'integrazione tra le diverse province si scontrò con i particolarismi dei gruppi privilegiati e rimase un'utopia. Le rivolte delle province segnalarono l'inadeguatezza dello Stato snolo a sostenere il programma di riordinamento centralizzato e assolutistico.

Alla morte di Filippo IV salì sul trono Carlo II, fratello delle due Infanti; la minorità del sovrano rese più debole l'autorità della Corona, a vantaggio di un'aristocrazia orgogliosa e disunita. Tra bancarotte statali, regresso economico, pestilenze e declino demografico, lo Stato snolo si avviava verso una decadenza.

Alla morte di Carlo II, nel 1700, scoppiò la Guerra di Successione snola, nel corso della quale gli Snoli ebbero pochissimo potere per decidere delle sorti del loro Paese.


La Guerra di Successione snola

Carlo II di Sna aveva redatto un testamento con cui indicava come erede il duca d'Angiò, Filippo, nipote di Luigi XIV; a tale decisione si era giunti dopo che il Consiglio di Stato snolo aveva espresso la preferenza per una successione francese rispetto ad una austriaca: si temeva un ritorno all'epoca di Carlo V, quando ai nobili snoli era stata preferita la burocrazia fiamminga e le sorti del Paese erano state subordinate a quelle dell'Impero.

La soluzione francese fu accettata e Filippo salì sul trono snolo col nome di Filippo V; ma Luigi XIV fece intendere di considerare l'avvento del nipote sul trono snolo come l'avvio di un'integrazione tra la Sna e la Francia, e fece occupare le Fiandre snole da truppe francesi. L'Olanda e l'Inghilterra siglarono, nel 1701, un'alleanza antifrancese con l'imperatore Leopoldo d'Austria, a cui aderì l'Elettore del Brandeburgo, Federico III; obiettivo della Lega era porre sul trono l'arciduca Carlo.

In Italia, i Francesi, appoggiati inizialmente dal duca di Savoia, dovettero ripiegare sulla difensiva dopo che Vittorio Amedeo II di Savoia passò al fronte avverso, dietro la promessa del Monferrato, e anche in Germania l'avanzata francese venne bloccata. Nel 1703, col trattato di Methuen, il Portogallo, in cambio della protezione inglese, aprì all'Inghilterra i porti e gli scali lusitani; l'Inghilterra occupò anche Minorca, Gibilterra e Barcellona, insidiando i porti francesi di Tolone e Marsiglia. Gli scontri militari più importanti si ebbero nelle Fiandre: a Ramillies, nel 1706, le truppe dell'alleanza riportarono una grossa vittoria su un'armata francese. La guerra coinvolse anche i possedimenti atlantici: i combattimenti si estesero all'America settentrionale, con attacchi inglesi alla Florida snola e con scontri tra coloni francesi e inglesi nel New England.

Quando, nel 1711, morì il fratello Giuseppe I, divenuto imperatore, l'arciduca Carlo d'Asburgo, candidato della coalizione antifrancese, ne ereditò il titolo col nome di Carlo VI, portando il rischio della riunificazione asburgica delle Corone di Sna e dell'Impero. L'Inghilterra iniziò le trattative di pace con la Sna e la Francia, che si conclusero ad Utrecht, nel 1713, ed a Rastatt, con l'Austria. Essi risolsero la questione della successione snola, assicurando i diritti di Filippo V e sancendo l'avvento della dinastia borbonica, con l'impegno che il Regno di Sna si conservasse separato da quello francese.

I trattati modificarono l'assetto dell'Europa:

o   l'imperatore austriaco, in cambio della rinuncia al trono snolo, ebbe i possedimenti snoli nelle Fiandre e in Italia più Mantova;

o   la Sicilia fu assegnata, con il titolo regio, ai Savoia, sancendo la fine, in Italia, dell'occupazione snola;

o   gli Olandesi e gli Hohenzollern ebbero vantaggi in termini di consolidamento delle frontiere e di ingrandimenti territoriali;

o   l'Inghilterra estese i possedimenti coloniali nelle Antille e nell'America del Nord, ottenne dalla Sna il permesso di gestire il commercio dei negri con le colonie snole sudamericane e di inviarvi una nave carica di merci inglesi, conservò il controllo di Gibilterra e di Minorca;

o   I sovrani francesi si erano liberati della minaccia snola ed avevano posto un loro congiunto sul trono di Sna.

Ogni traccia della potenza snola era dissolta: l'Italia entrò nell'orbita austriaca; le Province Unite uscirono dalla guerra ridimensionate e in posizione di soggezione verso l'Inghilterra, che era la vera vincitrice del conflitto: proiettata a fondare un predominio mondiale delle sue navi e dei suoi mercanti, Londra divenne il centro nevralgico del commercio internazionale.

Per iniziativa del primo ministro, il cardinale Giulio Alberoni, la Sna cercò di approfittare delle difficoltà in cui si trovava l'Austria, impegnata contro i Turchi, per recuperare alcune delle posizioni perdute in Italia e soddisfare le ambizioni di Elisabetta Farnese. In Sicilia, la flotta snola fu sconfitta: Vittorio Amedeo di Savoia dovette rinunciare alla Sicilia, che passò agli austriaci, scambiandola con la Sardegna; all'Infante di Sna furono promessi ducati di Parma e Piacenza e di Toscana.




Privacy

© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta