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Guerra di secessione americana
Guerra civile che oppose tra il 1861 e il 1865 gli Stati Uniti d'America (l'Unione) a undici stati secessionisti del Sud, organizzati nella Confederazione degli Stati Uniti d'America.
Le origini del conflitto
Nella prima metà del XIX secolo, gli stati del Nord e quelli del Sud erano portatori di tradizioni e interessi economici, sociali e politici profondamente diversi. La principale causa di contrasto tra le regioni agricole meridionali e quelle industriali del Nord era l'istituto della schiavitù. Perno del sistema socioeconomico sudista, che annoverava al suo interno oltre quattro milioni di schiavi neri impiegati nelle piantagioni di cotone, tabacco e canna da zucchero, la schiavitù non rispondeva invece alle esigenze produttive delle regioni settentrionali, interessate alla meccanizzazione del lavoro, ed era dunque lì avversata per ragioni tanto ideali quanto di interesse economico. Sulla questione, il compromesso del Missouri del 1820 stabilì che all'interno dei territori a ovest del Mississippi, da poco acquisiti dagli Stati Uniti, il 36°30' parallelo avrebbe costituito il confine tra stati schiavisti e stati liberi.
Il mutamento degli equilibri
A metà del secolo, tuttavia, nel Sud si guardava con sospetto all'azione del Congresso, dove i rappresentanti degli stati schiavisti costituivano ormai una minoranza. Lo scontento sudista era accresciuto dall'introduzione in molti stati settentrionali di leggi a tutela della libertà personale, che minavano l'efficacia delle norme varate per arginare il fenomeno della fuga degli schiavi (vedi Fugitive Slave Laws). Non meno apprensione generavano i crescenti successi elettorali del Free-Soil Party, partito che si opponeva all'estensione della schiavitù nei territori acquisiti dopo la guerra con il Messico e contrastava l'ammissione nell'Unione di stati schiavisti di nuova Costituzione. Tuttavia, nel 1857 la Corte Suprema decretò l'incostituzionalità di qualsiasi pretesa federale di proibire la schiavitù. Il 16 ottobre 1859 John Brown, un ardente abolizionista, attaccò l'arsenale federale di Harpers Ferry, in Virginia, con l'intento di provocare una sollevazione degli schiavi. Questa azione fu il pretesto per i sudisti di rivedere la propria posizione all'interno dell'Unione.
La secessione del Sud
In occasione delle elezioni presidenziali del 1860, il candidato repubblicano Abraham Lincoln si dichiarò contrario all'estensione della schiavitù. L'elezione di Lincoln rafforzò nel Sud l'opinione che per tutelare i propri interessi non esistesse altra via se non quella dell'indipendenza: nel marzo del 1861 sette stati (vedi South Carolina; Mississippi; Florida; Alabama; Georgia; Louisiana; Texas) adottarono ordinanze di secessione dando vita agli Stati Confederati d'America ed elessero Jefferson Davis a presidente. Nel suo discorso inaugurale Lincoln dichiarò illegale la secessione, esprimendo l'intenzione di mantenere l'autorità e i possedimenti federali nel Sud. Quando il 12 aprile 1861 l'artiglieria sudista aprì il fuoco per impedire i rifornimenti alla base militare federale di Fort Sumter (South Carolina), Lincoln ordinò l'invio di truppe per sedare la rivolta. Per tutta risposta, Virginia, Arkansas, North Carolina e Tennessee aderirono alla Confederazione.
Le ostilità
I nordisti, costretti ad attaccare il nemico per obbligarlo alla resa, erano chiamati ad agire su un fronte assai vasto, con linee di comunicazione e approvvigionamento molto esposte. In considerazione di ciò, i consiglieri militari di Lincoln lo convinsero dell'opportunità di un blocco navale delle coste meridionali per impedire l'afflusso di rifornimenti dall'Europa, cui far seguire l'invasione della valle del Mississippi, così da tagliare in due la Confederazione.
Le prime fasi del conflitto
Il 21 luglio la vittoria dei sudisti nella battaglia di Bull Run costrinse i vertici politico-militari dell'Unione ad abbandonare ogni speranza di guerra lampo e a impegnarsi nella costituzione di un solido esercito. Di ciò Lincoln dette incarico al generale George McClellan.
Nella primavera del 1862 McClellan lanciò l'offensiva: occupata la penisola a sud-est di Richmond, fermò la marcia in attesa di rinforzi. Ciò permise al generale sudista Thomas J. 'Stonewell' Jackson di passare il Potomac e di minacciare Washington. Gli uomini di Jackson e quelli dell'Armata confederata della Virginia settentrionale comandati dal generale Robert Edward Lee attaccarono le truppe di McClellan, scongendole nella battaglia dei Sette Giorni (25 giugno - 1° luglio). Nei primi sei mesi del 1862 il generale Ulysses Grant riuscì prima a ottenere il controllo delle vie d'accesso alla valle del Mississippi in Tennessee e nell'Arkansas, poi a spingersi sino a Memphis. Nel corso del secondo semestre dell'anno Grant decise l'assalto di Vicksburg, l'ultima roccaforte lungo il corso del Mississippi rimasta ai confederati: in dicembre, la vittoriosa difesa della fortezza da parte dei suoi occupanti costituì la ina finale delle vicende militari del 1862.
Le camne del 1863
Assumendo il comando dell'Armata del Potomac, il generale Joseph Hooker nell'aprile 1863 mosse contro le forze di Lee: a Chancellorsville i confederati costrinsero Hooker alla ritirata. Intendendo indurre l'Unione a negoziare la pace, Lee mosse all'attacco verso nord. In giugno raggiunse le regioni meridionali della Pennsylvania, dove, nei pressi di Gettysburg, si combatté la battaglia considerata il punto di svolta dell'intera guerra. Il 1° luglio ebbero inizio le operazioni: il 3 luglio Lee decise di caricare al centro le linee nemiche, ma l'attacco fallì completamente. Ordinata la ritirata, Lee riuscì a riparare in Virginia. Il 1863 si chiudeva decisamente in favore delle forze dell'Unione.
Il piano d'attacco finale
Nominato comandante in capo di tutte le forze unioniste, Grant si accinse a chiudere la morsa attorno alla Confederazione: l'Armata del Potomac, guidata dallo stesso Grant con la collaborazione del generale Meade, avrebbe dato battaglia a Lee ancora una volta puntando su Richmond; il generale William Sherman si sarebbe invece mosso alla conquista di Atlanta (Georgia) partendo da Chattanooga; una terza armata, al comando del generale Philip Sheridan, avrebbe infine occupato la valle dello Shenandoah per tagliare i rifornimenti a Lee. La camna finale ebbe inizio alla fine di marzo. Grant, bloccato poco a nord di Richmond, assediò Petersburg per oltre nove mesi.
Miglior corso per la causa dell'Unione ebbero gli avvenimenti nella valle dello Shenandoah e in Georgia, dove Sheridan e Sherman raggiunsero entro l'estate gli obiettivi loro assegnati. La marcia di Sherman verso il mare partì il 15 novembre da Atlanta in fiamme. Le truppe nordiste avanzarono distruggendo sistematicamente ogni cosa potesse sostenere lo sforzo bellico dei sudisti: nella primavera del 1865 furono invase le due Caroline. All'inizio di aprile Petersburg venne espugnata dagli unionisti; con i rifornimenti tagliati, anche Richmond dovette modulare. Lee si diresse allora a occidente; Grant però gli bloccò la strada e il 9 aprile 1865 lo costrinse alla resa.
L'abolizione della schiavitù
Nel settembre del 1862 Lincoln annunciò che a partire dal 1° gennaio 1863 negli stati o parti di stati ancora coinvolti nella ribellione secessionista, gli schiavi sarebbero stati 'liberi per sempre'. Il proclama di emancipazione fu giustificato come misura utile a indebolire la capacità produttiva del nemico e anticipare così la fine della guerra. Ma solo il 13° emendamento della Costituzione, ratificato nel dicembre 1865, avrebbe abolito la schiavitù in tutto il territorio degli USA.
Il dopoguerra
L'8 dicembre 1863 Lincoln emanò il Proclamation of Amnesty and Reconstruction: in esso si stabiliva che, a eccezione degli alti ufficiali e dei funzionari governativi, a ogni sudista che avesse giurato lealtà alla Costituzione federale e obbedienza alla legislazione di guerra (compreso il proclama sulla schiavitù) fosse garantita l'amnistia.
Le dottrine secessioniste uscirono definitivamente screditate, mentre l'autorità del governo federale risultò enormemente accresciuta. Il Congresso poté varare le misure alle quali il Sud si era strenuamente opposto prima della guerra, comprese le concessioni di terre nei nuovi territori, l'assegnazione di contributi federali per il loro sviluppo, nonché la definizione dei più elevati dazi doganali mai stabiliti dal governo americano. Dal punto di vista economico, la guerra incentivò la meccanizzazione della produzione e la concentrazione del capitale al Nord; inoltre, significò libertà per quasi quattro milioni di neri. Le radici culturali di oltre 300 anni di schiavismo non poterono però essere estirpate definitivamente con le armi, continuando a generare tensioni e problemi nella società americana sino a tutto il XX secolo.
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