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IL PARTICOLARISMO ITALIANO - L'ITALIA DEL TRECENTO: LE SIGNORIE, LO STATO DELLA CHIESA, L'ITALIA DEL TRECENTO: FIRENZE, VENEZIA

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IL PARTICOLARISMO ITALIANO

1. L'ITALIA DEL TRECENTO: LE SIGNORIE


L'ETA' DELLE SIGNORIE

Nel '300 le signorie si affermarono soprattutto nelle zone Padane e nell'Emilia.



Le signorie possono essere considerate come l'evoluzione del Comune


l'effettivo esercizio del potere era passato nelle mani di un solo individuo, il dominus


inizialmente era stato il rappresentante delle forze borghesi


intendevano rafforzare il loro recente predominio sulle altre classi (nobili feudatari e classi inferiori)

era stato eletto un solo uomo a governare pensando che questo rimanesse imparziale di fronte alla pretese dei vari ceti


quando tenta di sottrarsi alla tutela dei gruppi che lo avevano eletto:

non può fare altro che cercare l'appoggio nelle classi inferiori

ha dovuto tagliare i legami con le classi più potenti e più ricche


posizione precaria



UN'INTERPRETAZIONE DA RESPINGERE

In molti casi il signore aveva ricevuto il potere da un'assemblea di cittadini


questo ha fatto credere agli storici che la base della signoria fosse democratica


questa interpretazione è sbagliata perché:

si basa prevalentemente su dati formali

scambia l'atto con cui si poté costituire il potere con l'effettivo esercizio del potere stesso



I PROTAGONISTI DELLA VITA POLITICA DEL TRECENTO

La vicenda politica italiana del Trecento fu disordinata e tumultuosa

I protagonisti furono i Visconti di Milano, Venezia e lo Stato Pontificio. Da ricordare è anche Cola di Rienzo



L'ESPANSIONE DEI VISCONTI

Inizialmente si rivolse contro Mastino della Scala


signore di un vasto territorio, che comprendeva Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Feltre, Belluno fino a Lucca

I Visconti:

presero parte alla lega antiscaligera che batté Mastino e che si spartì la sua signoria


Visconti, Este, Gonzaga, Venezia, Firenze e Carlo IV di Lussemburgo

ebbero Brescia, che si aggiunse ai loro possedimenti


Milano, Como, Vercelli, Pavia, Lodi, Piacenza, Cremona, Bergamo e Crema

Tra il 1339 e il 1354 (sotto Luchino e Giovanni) si impadronirono di Parma, Tortona, Alessandria, Genova, Bologna e un po' di Toscana (si fermarono a Firenze)


La morte di Giovanni

La divisione del dominio tra i suoi 3 nipoti (Matteo, Galeazzo e Bernabò)


frenò l'espansionismo visconteo


venne contrastato da una serie di leghe organizzate dal legato papale Albornoz

Solo nel 1365 con Giangaleazzo (lio di Galeazzo) riprese a manifestarsi


2. LO STATO DELLA CHIESA


IL PAPATO AVIGNONESE

Il re di Francia Filippo IV il Bello voleva che la monarchia francese potesse controllare il papato

Sconfitto Bonifacio VIII (sostenitore del primato dell'autorità del pontefice), fu eletto papa l'arcivescovo di Bordeaux, che prese il nome di Clemente V


stabilì la sede papale ad Avignone, che vi rimase per circa 70 anni (1309-l377)


i pontefici furono tutti francesi

la larga maggioranza del collegio dei cardinali era francese


il papato non fu obbligato a rimanere in Francia: vi voleva restare!



I NUOVI CARATTERI DEL PAPATO AVIGNONESE

Durante il periodo avignonese il papato assunse nuove caratteristiche. Nella curia pontificia:

si attuò sempre più la centralizzazione amministrativa

si sviluppò un'economia monetaria

si impose un fiscalismo esasperato


essendo lo stato pontificio nell'anarchia, si dovevano cercare nuove fonti di entrate:

che servivano per:

spese dell'apparato centrale di governo della chiesa

magnificenza sfarzosa della corte papale

conduzione di una politica mondana di prestigio

i papi di Avignone rivendicarono alla santa sede di Roma il conferimento di tutti i benefici ecclesiastici, per ottenere i quali si doveva are una tassa


tassa su:

nomina

conferma

consacrazione

trasferimento di vescovi e abati

elargizioni obbligatorie ai titolari di curia per il rilascio di lettere di nomina

multe imposte ai chierici dai tribunali ecclesiastici

Inoltre c'erano le decime per la crociata e le "annate"



Per raccogliere queste imposte esistevano dei collettori


avevano molto potere

il papa si serviva di loro per costringere a are quelli che non volevano

ricorrevano ai servizi di grandi comnie bancarie


mettevano a disposizione del papa del denaro

incassavano il denaro rastrellato dagli agenti papali

lucravano sui profitti

le più importanti erano quelle italiane, specie le fiorentine


La conseguenza di tutto questo fiscalismo è un largo malcontento contro l'avidità della curia



DECADENZA E RIPRESA DI ROMA

Nella seconda metà del '300 si ricostruì saldamente lo Stato Pontificio


per Roma il trasferimento dei pontefici ad Avignone aveva significato:

decadenza politica

grave danno economico


la città viveva prevalentemente di attività connesse alla presenza della curia pontificia

da quando la curia era ad Avignone, la vita economica e intellettuale della città attraversò un periodo di decadenza

Ogni iniziativa di ricondurre il papato a Roma era risultata vana:

le fazioni nobiliari aggravavano la situazione con le loro turbolenze

due rivolte popolari avevano instaurato dei governi formati dai capi delle "arti"



COLA DI RIENZO

Dal secondo di questi governi (formati dai capi delle "Arti"), fu scelto Cola di Rienzo come ambasciatore presso Clemente VI ad Avignone


popolano

si era provvisto di una discreta cultura classica

voleva stabilire l'ordine a Roma e resuscitare la sua dignità

tornò da Avignone col titolo di "notaio della camera municipale"

Nel 1346 il papa Clemente VI scomunicò l'imperatore Ludovico di Baviera


Cola decise che era giunto il momento di rivendicare al popolo romano l'elezione imperiale


si impadronì del Campidoglio nel 1347

assunse il titolo di "tribuno della libertà, della pace e della giustizia e liberatore della sacra repubblica romana"

emanò una serie di leggi per normalizzare la vita di Roma


riuscì a ristabilire l'ordine anche nelle camne

i nobili si sottomisero

diramò un invito a tutte le città italiane a partecipare ad una grande assemblea, dove si proclamò che:

Roma era la capitale del mondo

Tutte le città italiane erano libere

L'elezione dell'imperatore spettava di diritto alla "sacra Roma, al popolo romano e a tutta l'Italia"


i vari imperatori (Ludovico il Bavaro e Carlo IV di Lussemburgo) furono chiamati dinanzi a Cola per discutere circa i loro diritti



L'AVVENTURA DI COLA

Cola

rischiava di condurre Roma e lo Stato Pontificio all'indipendenza dal potere papale

c'era il pericolo di un'alleanza di tutti gli stati italiani che non piaceva al papato


Clemente VI condannò il tribuno, ma intanto i nobili lo avevano già scacciato


Cola andò da Carlo IV che lo consegnò al papa (1350)


Il successore di Clemente VI fu Innocenzo VI, che:

era preoccupato per:

la crisi della Francia portata dalle sconfitte nella Guerra dei Cent'anni

lo sfacelo politico dello Stato Pontificio

decise un'azione di recupero, inviando in Italia il cardinale Albornoz insieme a Cola (1354)


non era più tribuno, ma un semplice agente del papa

non era più impetuoso, ma un uomo d'umore mutevole e pronto a decisioni impopolari


decretò un'imposta sui generi alimentari

aumentò il prezzo del sale


venne trucidato nel 1354 in una sommossa popolare


L'avventura di Cola destò una specie di spirito nazionale in Italia


non fu il primo, ma gli altri lo avevano fatto su un piano di parte, guelfi o ghibellini era uguale

sembrò muoversi invece su un piano più alto ed ordinò che nessuno pronunciasse i nomi di guelfo e ghibellino

ma la sua costruzione restò basata sulla somma di ideologie e di aspirazioni non collegate con:

interessi concreti

forze politiche ed economiche


non poteva generare un movimento fecondo o una nuova formazione statale



ALBORNOZ E LO STATO DELLA CHIESA

Del programma di Cola l'unico aspetto veramente vitale era quello di:

lotta contro l'anarchia

restaurazione di un serio potere centrale nello Stato della Chiesa


Albornoz riuscì nel suo intento, superando l'opposizione dei Visconti


non si possono più espandere in Emilia e in Italia centrale

non distrusse le signorie formatesi nello Stato Pontificio, ma impose il rispetto dell'autorità temporale del papa ai singoli signori

i comuni mantennero i loro statuti e le loro magistrature, ma dovettero sottoporsi al controllo di funzionari nominati dal cardinale



LE COSTITUZIONI EGIDIANE

Nel 1357 vennero promulgate le costituzioni egidiane


instaurarono un sistema di governo in cui il centralismo era temperato da:

riconoscimento di alcune autonomie

affidamento di alcune funzioni all'assemblea dei rappresentanti





IL PAPA A ROMA (L'AZIONE DI GREGORIO XI)

Dal 1367 al 1370 papa Urbino V soggiornò a Roma

Fu Gregorio XI a ricondurre la Santa Sede a Roma


fu spronato da:

pressanti esortazioni di:

santa Brigida di Sa

Francesco Petrarca

santa Caterina da Siena

Necessità di difendere lo Stato della Chiesa dall'espansionismo visconteo


Alla lega antiviscontea rifiutò di partecipare Firenze


si formò una lega antipapale

si stabilì un'alleanza fiorentino-viscontea in nome della "libertà" d'Italia:

contro i rapaci governatori francesi

a difesa del comune di Firenze e del suo predominio in Toscana


3. L'ITALIA DEL TRECENTO: FIRENZE


FIRENZE NEL '300

Agli inizi del '300 i guelfi fiorentini si erano divisi nelle opposte fazioni dei:

Bianchi Þ facente capo alla famiglia dei Cerchi

Neri Þ facente capo alla famiglia dei Donati


ne aveva approfittato Bonifacio VIII


voleva estendere la propria influenza in Toscana

aveva inviato a Firenze come paciere il cardinale Matteo di Acquisparta


la missione fallì

la signoria (Dante) mandò in esilio i capi delle due fazioni


dietro richiesta dei Neri, il papa mandò un altro paciere, Carlo di Valois, che si fece strumento delle loro vendette


i componenti della signoria che aveva esiliato i capiparte furono a loro volta esiliati


Firenze

dal 1316 al 1323 si diede alla signoria di Roberto d'Angiò, per difendersi dall'attacco di Uguccione della Faggiuola

dovette ricorrere all'aiuto del sovrano angioino di Napoli quando fu minacciata dal signore di Lucca, Castruccio Castracani


Roberto nel 1326 inviò come signore suo lio Carlo, duca di Calabria


munse parecchio denaro alla città

non fece guerra al nemico della città


La guerra, che Firenze affrontò vanamente per assoggettare Lucca, nel 1342 consigliò di nominare un nuovo signore, Gualtieri di Brienne, duca d'Atene


tentò di rendersi indipendente dal condizionamento della grande borghesia che lo aveva chiamato

si appoggiò ai magnati e alla plebe, cercando di instaurare un governo personale


il solo frutto che ottenne fu un rapace arbitrio che colpì tutti i ceti

finì per restare isolato; solo il popolo minuto delle arti minori lo sostenne


nel 1343 venne scacciato da una sollevazione popolare


Dopo la scacciata di Gualtieri

magnati e popolani avevano posto fine alla signoria e non potevano rompere subito la momentanea alleanza

occorreva dare soddisfazione alle esigenze del popolo minuto, delle quali Gualtieri si era fatto interprete


furono aboliti gli Ordinamenti di giustizia (costituzione che escludeva dal potere il popolo minuto e i magnati)

gli uffici furono divisi in maggiori e minori

vennero dichiarati abili a ricoprire i minori anche gli appartenenti alle arti minori


l'esperimento ebbe breve durata, perché un tumulto del popolo minuto:

ripristinò gli ordinamenti

istituì un governo basato su tutte le 21 arti senza distinzione


La situazione economico-finanziaria del comune fiorentino si era andata sempre più deteriorando:

erano fallite le grandi comnie dei Bardi e dei Peruzzi


avevano prestato grandi somme di denaro a Edoardo III d'Inghilterra senza ottenerne la restituzione

il crollo di queste comnie bancarie aveva travolto una quantità di comnie minori e di privati risparmiatori

c'erano le spese della sfortunata guerra di Lucca

estremo disagio per la peste del 1348



LA GUERRA DEGLI "OTTO SANTI"

guerra contro Gregorio XI

affrontata da Firenze con estrema decisione

venne creata la magistratura degli Otto della guerra


scomunicati dal papa

chiamati dal popolo gli "Otto Santi"

finì solo con la morte di Gregorio XI, che era ritornato a Roma nel 1377


il suo successore Urbano VI dovette desistere la guerra con l'aprirsi dello scisma d'Occidente

a Firenze provocò un notevole sconvolgimento, noto come tumulto dei Ciompi



I CIOMPI

I Ciompi:

erano scardassatori e lavoratori giornalieri dell'industria laniera

non godevano del diritto di associazione

erano sottoposti alla giurisdizione di un ufficiale forestiero che esercitava su di essi un pesante controllo di polizia

si erano alleati con le arti minori contro il "popolo grasso" solo per interesse

i loro alleati erano anche i loro datori di lavoro

presentarono importanti rivendicazioni e tra queste quella di potersi organizzare in arte


così potevano partecipare al governo

Nel 1378 i Ciompi:

si sollevarono

proclamarono gonfaloniere di giustizia uno di loro, Michele di Lando

ottennero

la creazione di tre nuove arti:

dei ciompi

dei tintori

dei farsettai

distribuzione paritetica dei posti di priore: tre per ciascun gruppo di arti: maggiori, minori e nuove



ESASPERAZIONE DEI CONFLITTI DI CLASSE

L'istituzione delle nuove arti

soddisfaceva una legittima aspirazione

creava un ulteriore elemento di instabilità nella struttura del governo


le arti maggiori e minori erano associazioni di datori di lavoro

le tre nuove arti erano associazioni di prestatori d'opera


il contrasto era riprodotto a livello governativo



LA REPRESSIONE DEI CIOMPI

I Ciompi, dopo essersi qualificati politicamente, pretendevano di migliorare anche le loro condizioni materiali


contro di loro

si ricostituì il fronte delle vecchie arti

si schierarono anche le due arti nuove


i lanaioli:

avevano attuato la serrata

furono obbligati a riaprire le botteghe

fecero sparire la materia prima


i salariati videro contrarsi il livello dell'occupazione


tentativo di insurrezione che venne soffocato a mano armata nel 1378


l'arte dei ciompi su immediatamente soppressa



FINE DELLA DEMOCRAZIA FIORENTINA

Nel 1382 vennero sciolte anche le arti dei tintori e dei farsettai


avevano avanzato richieste d'aumento delle tariffe per le loro prestazioni

erano entrate in sciopero per farle accettare dall'arte della lana


i lanaioli risposero con la serrata


il settore della produzione laniera (spina dorsale dell'economia fiorentina) fu colpito da una crisi


si ripercosse su tutto il ceto imprenditoriale e artigianale


isolamento delle nuove arti


Le istituzioni "popolari" spinsero la grande borghesia alla scelta di un regime oligarchico

Le vicende della rivolta dei Ciompi accelerarono questa tendenza



4. VENEZIA

A Venezia vigeva un regime di rigida oligarchica mercantile

Le arti veneziane non ebbero mai nessuna funzione politica


furono organismi attraverso i quali il ceto dominante controllava l'attività delle altre categorie di cittadini

A Venezia non esisteva un ceto feudale


Non c'era il problema di rapporti tra nobiltà terriera e borghesia mercantile

i mercanti veneziani ebbero presto il potere politico e lo tennero sempre



LA LOTTA POLITICA A VENEZIA

Anche a Venezia esistettero varie coalizioni di interessi particolari, ma è difficile individuarne la composizione

La lotta politica veneziana si svolse nell'ambito della classe mercantile


solidale sul fatto che non si dovesse consentire un'espressione a livello politico degli interessi degli altri ceti della popolazione

si rese conto che doveva gestire lei stessa il potere in forma efficiente


senza comprimere i propri interessi

senza consentire che la propria compattezza di classe venisse incrinata



UN'ARISTOCRAZIA MERCANTILE CHIUSA

Dopo aver creato una serie di organi che limitavano il potere del doge

Dopo aver eliminato l'assemblea popolare


l'opera politica era culminata con la cosiddetta "serrata del Maggior consiglio"


la partecipazione fu riservata a partire dalla "serrata" a:

chi ne aveva fatto parte negli ultimi quattro anni

chi apparteneva a famiglie i cui membri avessero in precedenza seduto nel consiglio stesso

fu prevista l'aggregazione di nuove famiglie

creava il doge e i rappresentanti diplomatici all'estero

era il reale depositario della sovranità dello stato


l'oligarchia mercantile veneziana identificò lo stato con se stessa


non poteva fare a meno di restringere i termini della lotta politica dentro se stessa


L'aristocrazia veneziana fu un'aristocrazia di funzioni


a quelli che non erano "nobili" furono riservate le funzioni burocratiche, escludendoli da quelle politico-giurisdizionali


Lo stato:

controllava le complesse attività commerciali che facevano al porto di Rialto

organizzava i viaggi marittimi in convogli (mude) per il Levante o per le Fiandre

sovrintendeva al deposito e alla riesportazione dei prodotti che affluivano sulla piazza veneziana

aveva il dominio sull'Adriatico


tutto il commercio marittimo di questo mare doveva passare per il porto di Venezia


introitava cospicui proventi dalle dogane e dalle imposte sugli scambi commerciali


Ci furono due tentativi di imporre la signoria a Venezia, inevitabilmente stroncati:

nel 1310 il patrizio Baiamonte Tiepolo


venne istituito il "Consiglio dei Dieci", che ebbe il compito di prevenire e reprimere ogni attentato al potere oligarchico

nel 1355 il doge Marin Faliero









LA LOTTA TRA VENEZIA E GENOVA

Venezia dovette lottare contro Genova per avere il predominio sul Mediterraneo centrale


prima le due città si affrontarono nella zona dell'Egeo e del mar Nero (avevano interessi)


prevalenza di Genova

l'ostilità continuò aspramente per tutto il 300:

tra il 1352 e il 1355 si combatté una guerra in mare che si concluse con nulla di fatto

tra il 1378 e il 1381 si combatté sia per mare che per terra


Genova

aveva come alleati Carrara, il re d'Ungheria e i duchi d'Austria (interessati)

sconfisse Venezia presso Pola

I veneziani riuscirono a:

riprendersi

stipulare la pace di Torino (1381), che a prezzo di qualche rinuncia conservò loro:

il dominio dell'Adriatico

libertà di commercio nel mar Nero






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