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L' Età dei Comuni
Ciclo storico della penisola italiana, collocato tra l'XI e il XIII secolo, nel quale il rifiorire economico e demografico delle città favorì l'evoluzione verso forme politiche che comportavano libertà e prerogative giurisdizionali esercitate nel territorio urbano.
Al
passaggio dal primo al secondo millennio in diverse regioni d'Europa si
avviò una fase di generale sviluppo: la popolazione era in aumento, gli
scambi commerciali si intensificavano, l'economia si rafforzava. In questo clima
i centri urbani riacquistarono quel vigore che avevano perduto durante i primi secoli del Medioevo. Si ripropose allora il fenomeno dell'urbanesimo; nelle città in crescita
lo sviluppo
L'organizzazione politica che si diedero i Comuni prevedeva l'elezione di rappresentanti in un consiglio della città e l'approvazione di statuti che ne regolavano la vita sociale e politica. I Comuni ereditarono a poco a poco una parte delle prerogative regie e imperiali, come il diritto di emanare leggi, di riscuotere imposte, di organizzare eserciti, di aprire mercati, di battere moneta. In Italia nei primi tempi dell'età comunale il potere supremo fu affidato a magistrati collegiali nominati dal consiglio ai quali venne attribuito l'appellativo, di ascendenza romana, di consoli: essi dichiaravano guerre, stringevano alleanze, concludevano trattati con altre città. Alla fase consolare succedette quella podestarile: il podestà era un magistrato unico, scelto perlopiù tra i forestieri, ed esercitava un ruolo di mediazione tra le differenti famiglie, o fazioni del Comune.
Nel corso
del Duecento lo scontro politico ebbe un'impronta
sociale, in quanto la borghesia, organizzata nelle arti e nei mestieri,
rivendicava diritti prima riservati ai ceti aristocratici. Le arti assunsero
un'importanza crescente a
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