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LA FIDEJUSSIONE

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LA FIDEJUSSIONE



La fidejussione è espressamente definita dall'art 1936 cc. Come il contratto con il quale un terzo "obbligandosi personalmente con il creditore, garantisce l'adempimento dell'obbligo altrui".

La lettera della legge, quindi, costruisce questo contratto come concluso tra il garante ed il creditore, laddove, ad es.: nell'accollo (art. 12731 cc.) la legge prevede la convenzione "tra debitore e terzo a che questi assuma il debito altrui.".



Il contratto di fidejussione, dunque, genera una nuova obbligazione di tipo accessorio la cui stretta connessione con l'obbligazione principale fa sì che la prima rimanga sempre e costantemente influenzata di tutte le vicende modificative ed estintive riguardanti la seconda: in tal senso può dirsi che il rapporto fidejussorio non brilla di luce propria, nel mentre il rapporto nato dall'accollo (cumulativo) è esso stesso un nuovo debito principale che si affianca al precedente e che viene a gravare sul nuovo debitore (accollante) il quale finisce con l'essere solidalmente obbligato con l'accollato (precedente debitore).

L'essenza giuridicamente accessoria dell'obbligazione fideiussoria si evince dalle disposizioni puntuali del codice: l'art. 1939, infatti esige che sia sempre valida l'obbligazione principale, non avrebbe senso, in caso contrario, garantire un'obbligazione nulla od inesistente; parimenti gli artt. 1941 e 1942 cc. Si riferiscono rispettivamente ai limiti ed all'estensione della fidejussione: pertanto, come non è ammissibile che il fidejussore garantisca il creditore per un importo maggiore rispetto a quanto dovuto dal debitore principale, così la garanzia si estende "a tutti gli accessori del credito principale". D'altro canto l'art 1938 cc. anche è coerente con la struttura accessoria del rapporto nascente dalla fidejussione, dato che limita ad un importo massimo garantito la stipula di un contratto di garanzia a favore di un debito futuro, quindi non ancora nato.

Stipulato il contratto il fidejussore risponde nei confronti del creditore solidalmente (art.1944 cc.) , salvo che le parti non avessero preventivamente pattuito il beneficio di escussione: art 19442 cc., mediante il quale il creditore non può rivolgersi al garante se non prima di aver infruttuosamente esperito le azioni esecutive avverso il debitore stesso. Allo stesso modo, se più fidejussori hanno concesso garanzia a favore di un medesimo debito, tutti sono obbligati per l'intero, salvo patto contrario (art.19471 cc.).

Una volta che il garante abbia ato al creditore è concesso al primo in forza dell'art 1949 e art.1203 n.3 cc. surrogarsi nei diritti del creditore ed agire contro il debitore principale, mentre, se più soggetti avevano concesso la garanzia e solo uno di essi è stato convenuto, è legittimo supporre che chi ha ato possa surrogarsi nei diritti del creditore attraverso l'istituto dell'art 1203 cc. rimanendo esposto alle eccezioni che il debitore principale poteva opporre al creditore, oppure agire nei confronti degli altri fidejussori in forza di un autonomo titolo (azione di regresso) nato dalla circostanza di essere tenuto con altri al amento. In parole povere, mentre con l'istituto della surrogazione nei diritti del creditore ex lege il condebitore si pone nella medesima posizione del creditore, onde il relativo rapporto obbligatorio non dovrebbe subire alcuna soluzione di continuità e dunque esporre anche il surrogante al rischio di eccezioni opponibili dai condebitori al precedente creditore, purché attinenti al rapporto e non di natura personale, con l'azione ex art. 1299 parte della dottrina ha ipotizzato che, per il solo fatto del amento, il debitore solidale avrebbe un autonomo titolo da far valere verso gli altri condebitori e che sarebbe anche immune da qualsiasi eccezione del precedente rapporto.

Per quel che concerne i rapporti tra fidejussore e debitore principale, a parte l'azione di regresso, di cui si è poc'anzi fatto cenno, occorre precisare che il regresso non può esercitarsi se il debitore ha ato senza avvertire il fidejussore, in tal caso quest'ultimo dovrà rivolgersi direttamente al creditore ripetendo l'indebito soggettivo ai sensi dell'art. 2036 cc. rivendicando interessi della somma dal momento del amento, atteso che in questo caso appare lampante di come il creditore sia in realtà un possessore di mala fede.

D'altro canto occorre anche precisare che il amento del fidejussore senza un preventivo avviso al debitore principale espone il primo a tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore (art.1952 cc,), onde, se il fidejussore a un debito prescritto no potrà rivalersi nei confronti di nessuno, proprio perché l'adempimento di un tale obbligo non ammette ripetizione.

Da ciò è possibile ricavare una serie molto articolata di doveri di cooperazione tra debitore e fidejussore che giustificano e rafforzano la costruzione del contratto in esame come assolutamente connesso ad un rapporto debitorio principale.

Ma dell'accessorietà si è già detto, ora, se è pacifica l'invalidità della fidejussione prestata in favore di un'obbligazione invalida, occorre stabilire se siffatta invalidità si limiti alla sola nullità (od inesistenza nei casi limite) oppure si estenda anche all'annullabilità.

Logicamente, atteso che un rapporto annullabile, fino alla pronuncia giudiziale che ne rilevi il vizio e ne precluda per il futuro l'operatività, è pienamente operativo e produttivo di effetti, deve convenirsi che la fidejussione a favore di un rapporto annullabile è ammissibile, ma la sua vita, ovviamente, sarà legata alle sorti dell'obbligazione principale, potendo estinguersi nel caso in cui il debitore principale decida di avvalersi dell'azione di annullamento.

A tal proposito deve rilevarsi che pacificamente in giurisprudenza si ammette che solo ed unicamente il debitore principale possa agire in giudizio facendone valere l'annullabilità, legittimazione che non competerebbe anche al fidejussore dato che costui, titolare di un rapporto ulteriore e diverso da quello principale, diverrebbe un sostituto processuale (art 81 c.p.c.) al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge, se venisse ammesso a rilevare giudizialmente l'annullabilità facente capo da un soggetto diverso.

Tuttavia si ammette che il fidejussore sia garantito dall'eccezione di annullamento ex art 14424 cc. che lo proteggerebbe dal rischio di dover are in virtù di un rapporto annullabile e poi inserirsi in un insidioso circuito di azioni per la ripetizione dell'indebito.

Al fine di evitare l'azione di regresso nei casi espressamente stabiliti dall'art.1953 cc. il fidejussore può agire contro il  debitore principale ancor prima di aver ato, perché possano essergli assicurate le garanzie necessarie per il regresso: in tal caso si è in presenza processualmente di una condanna in futuro, la cui ammissibilità è limitata ai soli casi espressamente previsti dalla legge, dato che si chiede al giudice la riparazione di un danno non ancora attuale ma probabilisticamente assai prossimo alla certezza.

Si è parlato prima di un generico dovere di cooperazione a carico del debitore principale; ma esigenze di correttezza impongono anche al creditore di tenere un comportamento improntato a buona fede: pertanto se per fatto del creditore non può avere effetto la surrogazione del garante nelle ipoteche, nel pegno o nelle ipoteche, la conseguenza è l'estinzione della fidejussione: un comportamento simile deve violare un dovere giuridico posto dalla legge o dal contratto e non può concretarsi nella semplice inerzia, circostanza quest'ultima che determina l'estinzione della garanzia se dopo sei mesi dalla scadenza del debito principale il creditore non siasi ancora attivato per il soddisfacimento delle sue ragioni, nel caso in cui il fidejussore abbia espressamente limitato la garanzia allo stessi termine dell'obbligazione principale, invece, il termine entro il quale il creditore può agire avverso il debitore si riduce a due mesi: non si vede, in questi casi, perché continuare a gravare il garante di un'obbligazione sol perché il creditore ha deciso di rimanersene inerte.




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