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L'ITALIA REPUBBLICANA - Un Paese sconfitto, Le forze in campo, Dalla Liberazione alla repubblica, La Costituzione repubblicana, Elezioni del 1948 e sc

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L'ITALIA REPUBBLICANA



Un Paese sconfitto


Il secondo dopoguerra italiano si presenta difficilissimo: la produzione agricola e industriale è calata fortemente, scarseggiano i beni alimentari, l'inflazione porta i prezzi alle stelle. Questa situazione favorisce il sorgere del contrabbando e della borsa nera (commercio clandestino di generi razionati), mentre in Sicilia riprende vigore il fenomeno mafioso, accanto al banditismo (Salvatore Giuliano) animato dai fuoriusciti del movimento indipendentista siciliano che, sorto durante il conflitto, era stato stroncato dopo la Liberazione.

Dopo il settembre 1943 si accentua la frattura tra Nord (occupato dai tedeschi, infuocato dalla guerra civile tra repubblichini e partigiani) e Sud (occupato dagli Alleati, in mano alla monarchia). L'Italia è a tutti gli effetti un Paese sconfitto e dipendente dagli aiuti degli Alleati.





Le forze in campo


Dopo la Liberazione riprende la partecipazione di massa alla politica e si affermano i partiti di massa.


Il Partito Socialista - Il Partito Socialista (dal 1943 detto PSIUP), guidato da Pietro Nenni, era diviso al suo interno tra i filocomunisti  (massimalisti) e i filoriformisti (moderati). Sfavorito inoltre dal non aver svolto un ruolo di primo piano nella lotta partigiana armata.


Il Partito Comunista - Il PCI gode invece di grande prestigio proprio in virtù della lotta partigiana; erano ormai lontani i tempi del piccolo e intransigente partito leninista nato a Livorno nel 1921: ora Togliatti favorisce l'apertura a contadini e intellettuali, al di là della tradizionale base operaia (senza rinnegare però il legame filosovietico). Nel 1946 conta oltre 1,5 mln di iscritti.


La Democrazia Cristiana - Unico partito in grado di competere con PCI e PSIUP, la DC si richiamava al Partito Popolare di don Sturzo, con un programma ispirato alla dottrina sociale cattolica, avverso alla lotta di classe, rispetto della proprietà privata, aperto alle riforme, appoggiato dalla base contadina e piccolo-borghese. Leader è Alcide De Gasperi (successore di don Sturzo ai tempi della secessione dell'Aventino, 1924) che si guadagna l'esplicito appoggio della Chiesa.


Il Partito Liberale - Composto da buona parte della classe dirigente prefascista, con adesioni illustri (Croce, Einaudi), il PLI è appoggiato dalla grande industria e dai grandi proprietari terrieri. Il rapporto personale e clientelare ne fa però un partito "vecchio" e senza futuro.


Il Partito Repubblicano - Il PRI è intransigente sulla questione istituzionale (repubblica vs monarchia) ma non conta larghe adesioni popolari.


Il Partito d'Azione - Il PdA si colloca tra l'area liberal-democratica e quella socialista, conta esponenti della lotta partigiana (Parri), si presenta come forza riformista e moderna, ma per la sua collocazione a metà tra liberali e socialisti non trova una sua identità e si scioglie già nell'immediato dopoguerra.


Il Movimento Sociale Italiano - Mentre la destra appare politicamente fuori-gioco nel clima del dopo-Liberazione, appare un movimento neofascista organizzato, MSI, nel 1946.

L'Uomo Qualunque - Fondato nel 1945 dal commediografo Guglielmo Giannini, sull'onda del successo dell'omonimo giornale stampato a Roma dal 1944), l'UQ rifiuta qualsiasi ideologia, difende l'uomo medio, avversa ogni politica partitica. Privo di una identità propria, finì però per eclissarsi dalla scena politica già nei primi anni del dopoguerra.


Accanto ai partiti, ruolo importante svolge la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), ricostituita su basi unitarie nel giugno 1944: le tre componenti - dc, socialista e comunista, quest'ultima maggioritaria - affrontano una difficile e precaria convivenza che permette però alcune conquiste sindacali (le commissioni interne alle aziende e la scala mobile per l'adeguamento automatico del salario al costo della vita) 



Dalla Liberazione alla repubblica


Dimessosi Bonomi (giugno 1944 - giugno 1945), i partiti si accordano nel giugno 1945 sul governo di Ferruccio Parri (ex capo della Resistenza, PdA). Deve affrontare il problema della epurazione (allontanare dall'amministrazione pubblica i funzionari compromessi col fascismo). Per affrontare la crisi economica, Parri decide di imporre forti tasse alle grandi industrie ma così perde l'appoggio dei moderati e cade (novembre 1945).

La DC propone un governo De Gasperi (sempre con l'appoggio di tutti i partiti già parte del CLN): le riforme economiche sono accantonate, l'epurazione pure, finché Togliatti, come ministro della Giustizia, vara una larga amnistia (giugno 1946).


Nonostante la delusione degli ex partigiani che speravano in riforme radicali, si giunge compatti alle elezioni del 2 giugno 1946: per la prima volta c'è il suffragio universale maschile e femminile (quello maschile era stato concesso da Giolitti nel 1912). L'Italia è chiamata a votare l'Assemblea costituente e a scegliere con referendum tra monarchia e repubblica.


Vittorio Emanuele III aveva abdicato poco prima (9 maggio 1946) in favore del lio Umberto II (luogotenente del Regno dal giugno 1944) sperando di risollevare le sorti della monarchia. Invano. Con un'affluenza del 90%, le votazioni registrano il successo della repubblica (12,7 mln di voti, raccolti soprattutto al Nord, segnato dalla lotta partigiana) vs monarchia (10,7 mln di voti, per lo più dal centro-Sud). Il 13 giugno Umberto II va in esilio in Portogallo.


Nelle elezioni per la Costituente, la DC è il primo partito (35%), seguita da PSIUP (21%) e PCI (19%). Si affermano dunque i partiti di massa e la sinistra si rafforza, ma non è maggioritaria.

Dopo le elezioni della Costituente, DC, socialisti e comunisti governano insieme. Primo e provvisorio Presidente della Repubblica è Enrico De Nicola, giurista liberale, con il governo di De Gasperi. Frattanto si creano tensioni tra DC e le sinistre filosovietiche per la guerra fredda.


Nello PSIUP emergono due schieramenti: quello di Nenni, d'impronta rivoluzionaria, che vuole l'unità d'azione con il PCI, e quello di Giuseppe Saragat, che vorrebbe allentare il legame con il comunismo italiano e sovietico. Nel gennaio 1947 i seguaci di Saragat abbandonano il PSIUP (che torna a chiamarsi PSI) e fondano il Partito Socialdemocratico Italiano (PSDI).


La scissione socialista provoca una crisi di governo, dalla quale De Gasperi esce formando un governo "monocolore" di soli DC (maggio 1947). Si chiude così la collaborazione tra i tre partiti di massa.


La Costituzione repubblicana


L'Assemblea Costituente lavora dal giugno 1946 al dicembre 1947 al testo costituzionale che entra in vigore il 1 gennaio 1948. Si tratta di un sistema parlamentare, dove il governo è responsabile di fronte alle Camere (Camera dei deputati e Senato della Repubblica) titolari del potere legislativo ed elette a suffragio universale. Le Camere sono incaricate di scegliere il Presidente della Repubblica che resta in carica 7 anni. Si prevede inoltre un Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), che garantisce l'autonomia dell'ordine giudiziario,  una Corte Costituzionale che vigila sulla conformità delle leggi rispetto alla Costituzione. Viene istituito il referendum abrogativo (dietro richiesta di almeno 500.000 cittadini) e nascono le Regioni (per moderare il centralismo statale).

Punti critici: ci vorranno anni per realizzare quanto previsto dalla Costituzione; per lasciarsi alle spalle il regime fascista, si costituì un sistema di larga partecipazione politica ma scarsa stabilità optando per la legge elettorale proporzionale che mise il governo nelle mani dei partiti, costretti di volta in volta a scegliere precarie coalizioni che caratterizzano il sistema politico italiano. Punto di scontro fu l'art. 7 sui rapporti fra Stato e Chiesa che erano regolati dal Concordato del 1929. Togliatti decise di sostenere tale articolo, benché risalente al regime fascista, nel rispetto del sentimento religioso italiano.



Elezioni del 1948 e sconfitta delle sinistre


Varata la Costituzione, ci si presenta alle elezioni dell'aprile 1948 - per il primo parlamento - con due schieramenti opposti, guidati da DC (al governo) e PCI (all'opposizione), cui si legava il PSI in un Fronte Popolare unito. De Gasperi conta sull'aiuto della Chiesa di Pio XII e del sostegno americano (Piano Marshall). Il PCI fu svantaggiato dall'eco dei crimini staliniani in Europa dell'Est, mentre la DC contava sull'amicizia con gli Usa, simbolo di benessere e libertà.

Le elezioni registrano dunque il trionfo della DC: 48% dei voti  maggioranza assoluta di seggi alla Camera. Il Fronte Popolare ottiene il 31%: il PSI a l'identificazione con il PCI.

Si rischia la guerra civile quando, il 14 luglio 1948, uno studente di destra attenta alla vita del segretario comunista Togliatti. Le proteste e le agitazioni si diffondono in molte città italiane e, benché controllate, sono segno di una pericolosa tensione latente.

La CGIL si spacca: la maggioranza comunista vorrebbe uno sciopero generale di protesta contro l'attentato a Togliatti, al componente cattolica non ci sta e si stacca (nasce la CISL, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori), presto seguita da PRI e PSDI (nasce la UIL, Unione Italiana del Lavoro). Svaniva così l'ultimo residuo di unità antifascista e si completava la divisione del Paese in due schieramenti opposti.



La ricostruzione e la pace


Mentre le sinistre tentavano una impopolare battaglia contro il Piano Marshall, il ministro del Bilancio Luigi Einaudi (liberale) attuava inasprimenti fiscali e svalutazione della lira per favorire le esportazioni e il risanamento del bilancio. La linea Einaudi ottenne i risultati prefissi, ma a prezzo di una forte disoccupazione, anche perché i fondi del P. Marshall non prevedevano politiche Keynesiane in grado di rilanciare l'occupazione ma la pura ricostruzione e approvvigionamento di derrate alimentari.

Nel trattato di pace di Parigi del febbraio 1947 l'Italia urava un Paese sconfitto, chiamato a are riparazioni di guerra (peraltro contenute) e a ridurre le forze armate (che d'altra parte non avrebbe potuto economicamente più sostenere), oltre che a rinunciare alle colonie perse durante la guerra. A Ovest l'Italia rinuncia a Briga, Tenda e il Moncenisio, mentre al Nord mantiene l'Alto Adige (sfruttando l'inferiorità dell'Austria).

Problemi si hanno però con Trieste, rivendicata dalla Jugoslavia. Già nel 1946 si era scelto di lasciare l'Istria alla JUG, dividendo poi il Territorio Libero di Trieste (TLT) in due aree: "A" (Trieste e dintorni) affidata agli Alleati e "B" affidata alla Jugoslavia. Solo nel 1954 un accordo sanciva il controllo italiano sulla zona ""A", restituendo Trieste all'Italia (con accordo definitivo di Osimo, 1975). Il problema dei rapporti tra ITA e JUG scoppia dopo la guerra: le vendete slave sugli ex occupanti italiani non si fanno attendere (migliaia sono gli italiani che trovano la morte nelle foibe, cavità naturali tipiche del Carso) e circa 300.000 sono gli italiani sfollati dalla JUG. Problema reso ancor più grave dopo la rottura tra Tito e Stalin nel 1948, quando i comunisti italiani rifugiatisi in JUG verranno perseguitati dallo stesso Tito in quanto filosovietici.

Intanto l'Italia fa la sua scelta di campo dalla parte americana, beneficiando del P. Marshall e aderendo al Patto Atlantico nel 1949 (nonostante l'opposizione di PCI e PSI).



Gli anni del Centrismo


La prima Legislatura (1948-l953) è segnata dall'egemonia DC (sostenuta da PLI, PRI, PSDI, da cui l'espressione "centrismo" poiché dal governo sono escluse le forze di estrema ds e sn). Presidente della Repubblica è Luigi Einaudi (maggio 1948).

Riforme - Viene attuata la Riforma Agraria (1950) che espropria grandi proprietà a latifondisti assenteisti a favore dei piccoli proprietari (il sindacato della Coldiretti, egemone, è legato alla DC). Questo non frena però la migrazione dalle camne alle città a causa della ripresa industriale. Nel 1950 viene poi istituita la Cassa del Mezzogiorno per promuovere lo sviluppo socio-economico del Meridione. Eroga 1.500 mld di lire nei primi dieci anni. Scarsi sono però i risultati (viene sciolta solo nel 1983).

Resta comunque alta la disoccupazione: agli scioperi organizzati dalla CGIL il governo reagisce con corpi speciali (reparti celeri) e repressione (soprattutto quando è ministro dell'Interno Mario Scelba, 1947-l955).

In vista delle elezioni del 1953, per consolidare il dominio DC, De Gasperi promuove una "legge truffa" (cosiddetta dalla opposizioni perché fatta a favore della maggioranza di governo) che vorrebbe assegnare il 65% dei seggi all'apparentamento di partiti che abbia ottenuto al metà dei voti più uno (sistema maggioritario). Alle elezioni del 1953 la DC viene però sconfitta nel senso che manca di poco l'obiettivo del 50% (e il conseguente premio di maggioranza).

Accantonato il maggioritario, mentre si consolida la ripresa economica (nel 1957 l'Italia entra nel Mercato Comune Europeo), De Gasperi si dimette (1953). I successivi governi DC si appoggiano su precaria maggioranza quadripartita (DC, PRI, PLI, PSDI).

Riforme - Nel 1956 viene istituito il Ministero per le Partecipazioni Statali: si rafforzano le aziende di Stato (AGIP; Ente Nazionale Idrocarburi, Eni, nato nel 1953) e lo stato manovra più decisamente l'economia. Sempre nel 1956 si insedia finalmente la Corte Costituzionale.


Nella seconda legislatura (1953-58) emerge una generazione DC legata al cattolicesimo sociale. Amintore Fanfani diventa segretario DC nel 1954 e svincola il partito dalla Confindustria, legandolo più all'industria di Stato e all'ENI di Enrico Mattei, abile manager. Nel 1955 è eletto presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, DC di sinistra, appoggiato da PCI e PSI. LA destalinizzazione di Kruscev e l'invasione sovietica dell'Ungheria spingono il PSI ad allentare i rapporti con il PCI e a cercare il dialogo con la DC. Lo stesso PCI cerca una certa autonomia dal PCUS (Togliatti parla di "vie nazionali" al socialismo). Data la buona stabilità economica, ci sono tutte le premesse per una apertura a sinistra.


Il miracolo economico


Dal 1958 al 1963 in Italia si verifica il cosiddetto miracolo economico. Si sviluppa l'industria (manifatturiera, chimica, siderurgica, meccanica). La congiuntura economica favorevole consente bassi salari (data la grande disponibilità di manodopera) e aumento della produttività. L'Italia diventa sempre più un Paese industriale, mentre l'agricoltura risente di poca modernizzazione e scarsa produttività.

La crescita dei consumi permette però un aumento salariale che a sua volta incide sull'aumento dei prezzi (inflazione). Nel 1963-64 si registra così una battuta d'arresto nel miracolo economico italiano. Le grandi trasformazioni sociali vanno però ormai compiendosi: negli anni '50 circa due milioni di italiani lasciano il Sud per il Nord, la camna per l'industria. Crescono le città (soprattutto Torino, sede della FIAT). Si diffondono la TV (che favorisce la diffusione della lingua nazionale) e l'automobile (utilitarie come la 600 e la 500 che favoriscono l'espansione della rete autostradale, completata negli anni '70)



Il centro-sinistra


Il miracolo economico incide sul cambiamento di clima politico, pronto ad aprirsi a sinistra. L'anno di svolta è il 1960: il governo monocolore DC retto da Ferdinando Tambroni necessita dei voti del MSI per avere la maggioranza (cosa che suscita le proteste della Dc "di sinistra"). La tensione cresce quando il governo autorizza il congresso nazionale del MSI a Genova (città medaglia d'oro della resistenza, storicamente orientata a sinistra), decisione che porta a manifestazioni di protesta in piazza e a duri scontri tra antifascisti e operai contro la polizia. La dura repressione governativa a Genova e in altre città portò una decina di morti (5 a Reggio Emilia). Tambroni è costretto a dimettersi e gli succede nello stesso 1960 un governo monocolore presieduto da Fanfani che ottiene l'astensione del PSI in parlamento. La svolta si compie però con il segretario della DC, Aldo Moro, che nel 1962 porta il nuovo governo Fanfani a un programma concordato con lo stesso PSI.

Riforme - Nazionalizzazione dell'energia elettrica (ENEL, 1962) e istituzione della scuola media unica (1962) abolendo gli istituti di avviamento professionale.


E' lo stesso Aldo Moro a varare un governo organico di centro-sinistra nel 1963: DC, PRI, PSDI e PSI. Ci sono però anche ostacoli a tale processo di spostamento politico a sinistra: in primis dallo stesso presidente della Repubblica, il DC Antonio Segni, quindi le alte gerarchie militari. Moro si presenta come leader del compromesso e della mediazione, mantenendo l'unità nella DC.

Il PSI invece si scinde nel 1964: una minoranza filo-PCI si stacca e fonda il PSIUP. Nella stessa maggioranza del PSI ci sono linee diverse, tra cui Nenni che mira alla riunificazione con il PSDI (effettivamente realizzata, ma per poco: 1966-69).

Nell'agosto 1964 muore Togliatti durante un soggiorno in URSS: il suo Memoriale di Yalta è un testamento politico che riafferma l'indipendenza del comunismo italiano da quello sovietico. Nello stesso anno l'appoggio del PCI è determinante per portare alla presidenza della Repubblica Giuseppe Saragat, che succede a Segni (1962-64) dimissionario per motivi di salute. L'esperienza del centro-sinistra, pur con difficoltà, sarebbe durata per un decennio, fino al 1968.



Il 1968


Tutto comincia con le mobilitazioni universitarie dell'autunno 1967 e del 1968. La contestazione giovanile (antiimperialistica, anticomsumistica, contro la guerra in Vietnam) in Italia assume un carattere fortemente rivoluzionario e antiborghese/anticapitalistico. Si rifiuta la prassi politica, compresa quella della sinistra "storica". Interlocutore privilegiato del movimento studentesco sono gli operai (per la matrice marxista del movimento). I vari movimenti politici nati in questi anni, destinati ad avere vita breve, sono caratterizzati dall'operaismo (dialogo con la classe operaia) e dell'extra-parlamentarismo (distacco dai partiti tradizionali, anche di sinistra): tra essi ricordiamo Potere Operaio, Lotta Continua (leader: Adriano Sofri), l'Unione dei marxisti-leninisti.

Da tali movimenti deriva una intensa stagione di lotte operaie che porta al cosiddetto autunno caldo del 1969: in difesa dell'operaio-massa (non specializzato), all'insegna dell'egualitarismo, dell'assemblearismo, i sindacati ottengono risultati importanti a livello di incrementi salariali. I sindacati accrescono il loro peso politico legandosi nella Federazione Unitaria (CGIL, CISL, UIL - 1972, dura un decennio circa) e trattando direttamente con il governo.

Il governo risponde al "'68" concedendo la liberalizzazione degli accessi alle università e istituendo le regioni (già previste dalla Costituzione nel 1948). Sempre nel 1970 l'appoggio delle sinistre fa passare la legge sul divorzio nonostante l'opposizione DC.



La crisi del centro-sinistra


Il 12 dicembre 1969 una bomba esplode a Piazza Fontana, a Milano, presso la sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura, facendo 17 morti e un centinaio di feriti. L'opinione pubblica ascrive l'attentato all'estrema destra come parte di quella strategia della tensione che mirava a indebolire le basi dello stato democratico. La maggioranza di governo si divide: DC e PSDI tendevano a spostare a destra il baricentro politico, spaventati per le agitazioni studentesche e operaie, mentre il PSI avrebbe voluto anche il PCI al governo. A ciò si aggiunge la crisi economica (1973, dopo la guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur il prezzo del petrolio viene quadruplicato) nonché lo scandalo morale sulle tangenti ai partiti: la legge sul finanziamento pubblico ai partiti (1974) non basta a risanare il contrasto e la sfiducia tra politica e società civile sempre più sfiduciata nei confronti dei partiti.

Nel 1974 la legge sul divorzio è sottoposta a referendum abrogativo per iniziativa della DC e del MSI. L'opposizione del Partito Radicale di Marco Pannella ha buon gioco nel favorire i divorzisti (60%): il peso della Chiesa è ormai ridimensionato. Tanto che nel 1978 viene approvata la legge sulla interruzione volontaria della gravidanza (aborto).

Il PCI è la forza politica in ascesa grazie al segretario Enrico Berlinguer che sostiene la necessità di giungere a un "compromesso storico" tra DC, PSI e PCI nell'interesse del Paese per meglio affrontare la crisi. Il carattere moderato e rassicurante della proposta di Berlinguer fa guadagnare voti al PCI, accentuando i dissensi tra DC e PSI che, volendo spostarsi più a sinistra, lascia il governo nel 1975 per correre autonomamente. Le elezioni del 1976 vedono un rafforzarsi del PCI, il recupero della DC e la sconfitta del PSI, isolato, chiamato a rinnovarsi grazie al nuovo segretario Bettino Craxi. E' la fine del centro-sinistra in Italia.



Il terrorismo


Nel 1976 appare chiaro che l'unica soluzione per il governo sia coinvolgere il PCI nella maggioranza. Nasce così un monocolore Dc guidato da Andreotti che conta sull'astensione in parlamento di tutti i partiti, segno di risposta unitaria delle forze politiche alla crisi economica e al fenomeno del terrorismo.

Il terrorismo nero, di destra, privilegia attentati dinamitardi in luoghi pubblici. Eclatante la strage di Piazza Fontana (1969), ma anche alla Stazione di Bologna (oltre 80 morti, agosto 1980).

Il terrorismo di sinistra (rosso) si fonda sul principio della lotta armata ispirata alla guerriglia latino-americana; identifica la lotta armata e la vita in clandestinità come "esperienza eccezionale", come atto esemplare e pedagogico per mobilitare la classe operaia al rovesciamento del capitalismo borghese. Le Brigate Rosse (BR) sono il gruppo più attivo (sequestri, assassinio programmato), operante dall'inizio degli anni '70 fino al 1988.

Il contesto è reso ancor più teso dalla crisi economica (petrolio e inflazione), dalla disoccupazione (soprattutto giovanile). La protesta dei giovani studenti e laureati che non trovano sbocchi adeguati al percorso di studi compiuto porta al Movimento del '77 con occupazioni di università e scontri di piazza: delusi dalla sinistra storica, molti di questi giovani andranno poi, esauritosi il movimento di contestazione, a ingrossare le fila del terrorismo armato. Rendendo gli anni tra il 1977 e il 1980 i più duri della Repubblica.

Il 16 marzo 1978 viene presentato un nuovo governo monocolore DC guidato da Andreotti appoggiato da una maggioranza allargata anche al PCI. Quel giorno un commando delle BR rapisce Aldo Moro, principale artefice della politica di "solidarietà nazionale" che aveva realizzato il compromesso storico voluto da Berlinguer. Il governo decide di non trattare con i brigatisti e il 9 maggio 1978 Moro viene ucciso e il suo corpo ritrovato in un'auto abbandonata nel centro di Roma.


Il nuovo governo di solidarietà nazionale approva una linea di austerità e riduce l'inflazione. Nello stesso anno si approvano la legge sull'equo canone (per calmierare il livello degli affitti) e la riforma sanitaria (con l'istituzione delle Unità Sanitarie Locali che, volendo garantire cure gratuite a tutti, si riveleranno fonte di inefficienza e sprechi).

Nonostante l'ingresso del PCI nella maggioranza, gli scandali proseguirono e fu lo stesso presidente della Repubblica Giovanni Leone (DC) a doversi dimettere per accuse di connivenza con gruppi affaristici (1971-1978). Gli succede il socialista Sandro Pertini, ura di grande prestigio e popolarità.

Frattanto si andava esaurendo l'esperienza della solidarietà nazionale, con il PSI di Craxi pronto a staccarsi dal PCI e ritornare al dialogo con il centro. Tanto più che lo stesso PCI, nel 1979, abbandona la maggioranza in polemica con la decisione di aderire al Sistema Monetario Europeo.



Politica, Economia e società negli anni '80


Nel 1979 il PCI registra così una netta perdita di consensi; la DC perde consensi nelle elezioni del 1983; il PSI, nonostante il dinamismo di Craxi, raccoglie risultati deludenti nel 1979 e nel 1983. Chiusa la fase della solidarietà nazionale, si torna alla coalizione di centro sinistra, allargata dal 1981 anche ai liberali nella maggioranza del Pentapartito: DC, PSI, PRI, PLI, PSDI. Nel 1981 è la prima volta che la DC cede (dal 1945) la guida del governo: tocca al repubblicano Giovanni Spadolini e, nel 1983, al socialista Craxi che, nel 1984, firma un nuovo Concordato con la Chiesa (sostanzialmente rinnovando quello del '29, ripulito degli anacronismi, riconoscendo che quella cattolica non è più la confessione di stato).


Per la DC, tocca a Ciriaco De Mita, nuovo segretario, rinnovare un partito ormai logoro e diviso.

Per il PCI, morto Enrico Berlinguer nel 1984, la spinta emotiva porta il PCI (33%) a superare la DC per la prima volta nella storia della Repubblica, ma è vittoria effimera, poiché nel 1985 il PCI torna sotto il 30%.

Nel 1980 la FIAT si impone sui sindacati, che vedono così ridimensionato il loro ruolo dopo il grande potere e peso politico acquisiti con l'autunno caldo del 1969. Viene così modificata la scala mobile, riducendola per abbattere almeno in parte la conseguente inflazione.

Alta resta la spesa pubblica (per sanità, previdenza e istruzione): dopo l'assistenzialismo sfrenato degli anni '70 si giunge a mettere in discussione alcune strutture del Welfare State (come la totale gratuità delle cure mediche).

A metà degli anni Ottanta si registra una certa ripresa economica-industriale, benché resti sempre alta la disoccupazione (11%). Crescono i fenomeni del lavoro nero e dell'evasione fiscale (economia sommersa).


Torna a dilagare lo scandalo politico con il caso della loggia massonica "P2", una sorta di branca segreta della Massoneria inserita ai vertici del mondo politico, industriale e molitare. E' Spadolini a decretare nel 1981 lo scioglimento di tale loggia, benché la credibilità del mondo politico sia ormai compromessa.


Dilagano la mafia e la camorra, ovvero le forme di criminalità organizzata. Nel 1982 viene ucciso il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: è l'attentato mafioso più grave (che anticipa quelli degli anni '90 a Falcone e Borsellino). Successo ha invece l'azione dello Stato contro il terrorismo che a poco a poco viene meno (anche per il pentitismo che colpisce il terrorismo rosso ancora attivo).


Nel 1985 viene eletto presidente della Repubblica Francesco Cossiga (DC): è un momento di grande instabilità politica, con contrasti interni al pentapartito. La crisi più profonda la vive però al DC, il cui segretario De Mita viene sostituito dal "moderato" Arnaldo Forlani nel 1989. Perso l'appoggio del PRI, il pentapartito pare incapace di fronteggiare la crisi della Prima Repubblica. E' l'intero sistema politico a essere posto sotto accusa, dato un meccanismo elettorale proporzionale che indebolisce fortemente l'esecutivo.

Saranno nuove forze politiche (Leghe, Verdi, . ) e inattesi scandali giudiziari (l'inchiesta "mani pulite" che smaschera una vera e propria tangentopoli nella politica italiana) a portare a compimento la crisi della Prima Repubblica Italiana.


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