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La società italiana durante il Fascismo

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Al termine della Prima Guerra mondiale, l'Italia benché uscita vittoriosa dal conflitto, cadde in una profonda crisi politica e sociale.

Con il "Biennio rosso" (1919-l920) le proteste proletarie si intensificarono di fronte ai numerosi licenziamenti dovuti alla crisi delle fabbriche di produzione bellica ed ad annate di scarsi raccolti in agricoltura.

L'apice di queste sommosse si ebbe con il fenomeno dell'occupazione delle fabbriche, attuato a partire del 1920 con l'occupazione della Fiat.

Le tragiche sofferenze diffusero il desiderio di procedere a radicali cambiamenti di ordine sociale come, ad esempio, la richiesta di aumenti salariali.


La paura di perdere i "privilegi" consolidati nei secoli della classe padronale nei confronti di chi scioperava per vedere riconosciuti i propri diritti, contribuì in maniera determinante all'affermazione del nuovo movimento politico, il fascismo, che in poco tempo poté contare anche sulla tacita approvazione del Governo e del Re.

La definitiva affermazione del fascismo avvenne infine quando Mussolini ottenne il sostegno della Chiesa con Papa Pio XI.


Senza entrare nel merito delle questioni prettamente politiche, vediamo come cambiò nel suo complesso la società sotto il regime dittatoriale del fascismo.


Il volto ufficiale dell'Italia fascista era marziale, combattivo, battagliero; i suoi eroi erano i trasvolatori dell'Atlantico e gli assi dell'aviazione; il suo orgoglio i grandi transatlantici, che si erano guadagnati il primato mondiale della velocità e con esso ammirazione e paura; il motto preferito era una delle tante frasi del Duce che facevano bella mostra di sé iscritte sulle nuove opere pubbliche del regime.


Il motto più diffuso suonava: "meglio vivere un giorno da leone che cento anni da pecora".

Questa era però la facciata.

La realtà era assai più modesta ed era costituita dalla soddisfazione di un ritrovato benessere borghese.

Nessuno dei contrassegni, che di solito accomnano in Italia i periodi di prosperità, mancava all'appuntamento: la speculazione edilizia, il primo modesto boom dell'automobilismo, con la costruzione della prima auto utilitaria, la Balilla, la passione collettiva per lo sport, per gli spettacoli teatrali e cinematografici, per le canzonette.

Le spiagge ed i luoghi di villeggiatura in montagna si popolavamo durante l'estate di famiglie borghesi, mentre per coloro che non potevano permettersi il lusso di una vacanza completa vi erano i treni popolari organizzati dall'Opera Nazionale Dopolavoro, grazie ai quali si poteva trascorrere un piacevole week-end, anzi "sabato fascista".


Tre documenti sulla libertà fascista


Tratti da due circolari:


Vicenza, 16 aprile 1926

Tutti i facchini, vetturini e carbonieri della stazione ferroviaria sono invitati ad una riunione domenica prossima per costituire l'Unione (=Sindacato) fascista e nominare i suoi dirigenti. Siccome intendiamo che tutto il personale della stazione faccia parte dell'Unione fascista, avvertiamo che chiunque non intervenga alla riunione verrà sostituito nel lavoro da soci dell'Unione.


Andria (Bari), 8 luglio 1926

Proprietari terrieri e datori di lavoro non debbono occupare lavoratori che non siano soci delle Unioni fasciste


Comunicazione del Segretario dell'Associazione dei Pubblici dipendenti di Milano:


Milano 29 marzo anno V (1927)

Da varie parti mi giungono lamenti perché alcuni nostri colleghi non fanno il saluto romano, e persino si vantano di questa loro negligenza. Prima di denunciare i casi individuali alle autorità, ricordo ai colleghi il loro dovere. Ricordo che il saluto deve essere fatto con un movimento rapido e di scatto. Quelli che alzano il braccio languidamente, e solo a metà, come soffrissero di reumatismo, sono pregati di guarire subito dei loro malanni, affinché io non abbia a sottoporli ad un energico e salutare massaggio. Con amichevole richiamo ricordo a coloro che si piccano di non fare il saluto romano che dall'alto discendono non solo la pioggia, la neve e le allodole ripiene arrostite, ma anche manganellate di prima classe sul capo, per rinfrescar la memoria  anche ai più ostinati.



La grande affermazione del fascismo sul popolo italiano avvenne soprattutto con la proanda: per la prima volta il capo del governo si mostrava in pubblico per farsi apprezzare e acclamare, in modo che la gente si sentisse, allo stesso tempo, coinvolta e "guidata", non sottomessa; la cultura fascista, con la sua concezione dell'importanza militare o del ruolo della donna, veniva istillata fin dalla scuola elementare (l'istruzione era "fascistizzata" attraverso un controllo tra gli insegnanti e un controllo sui libri); la radio e il cinema si stavano sviluppando e diffondendo proprio in quel periodo, e Mussolini li utilizzava per veri e propri spot proandistici, soprattutto attraverso il cinegiornale, in cui, prima dell'inizio dei film, venivano proiettate le immagini di contadini che lavoravano la terra (in occasione della battaglia del grano) o che si impegnavano nei giganteschi lavori pubblici nell'Agro Pontino, in nome del regime fascista; sempre per quello che riguarda i mezzi di comunicazione, i giornali venivano attentamente controllati, e, nel caso, censurati.



Saggi di proanda fascista nelle scuole


Dal Libro fascista del balilla (1934)

Lo Stato democratico che governava l'Italia era , caro Balilla, lo Stato del disordine e dell'anarchia, in cui ogni cittadino, dimenticando i doveri, reclamava solo diritti e pretendeva di governanti privilegi al danno dagli altri. Nello Stato democratico solo alcuni partiti avevano il comando, sicché, invece di essere lo Stato il dominatore dei partiti, era il loro schiavo, mentre oggi vi è un solo partito, quello di tutti gli Italiani, che si chiama Fascismo. C'era poi il Parlamento, formato dalla Camera dei Deputati e dei Senatori, che era diverso da quello di oggi e rappresentava un'altra piaga della Nazione, perché a forza di lunghi discorsi, di litigi e di chiacchiere, impediva al Governo di fare buone leggi. Adesso invece le leggi le fa in maniera sbrigativa direttamente il Governo, cioè il Consiglio dei Ministri e il Gran Consiglio del Fascismo, senza bisogno del Parlamento, che ne viene informato in ultimo a cose fatte.


Da un sussidiario per la III elementare (1936)

Sono gli occhi del Duce che vi scrutano. Che cosa sia quello sguardo, nessuno sa dire. E' un'aquila, che apre le ali e sale nello spazio. E' una fiamma che cerca il vostro cuore per accenderlo di un fuoco vermiglio. Chi resisterà a quell'occhio ardente, armato di frecce? Rassicuratevi, per voi le frecce si mutano in raggi di gioia.





Mussolini visto dai ragazzi delle scuole elementari

(da alcuni componimenti degli alunni)


- Mussolini è un grande eroe che ha fatto la marcia su Roma e nessuno se l'aspettava, ma lui l'ha fatta lo stesso e dopo l'Italia era libera e noi bambini facciamo sempre vacanza tutti i 28 ottobre.


- Mussolini è il capo del Comune. E' il capo del Fascio. E' il capo della Marina. E' il capo degli aeroi. E' il capo di tutte le scuole. E' il capo di tutti.


- Prima che venisse il fascista, Mussolini era a capo del socialismo. Poi venne il fascista, che è ancor meglio, e lui è sempre a capo.



Un esempio di censura si può ritrovare anche nelle cose che in apparenza possono sembrare più banali, come la stretta di mano che venne vietata.

Nelle scuole i professori di scienze naturali cominciarono ad insegnare che eserciti di germi micidiali si potevano trasmettere così, con quel gesto borghese. Ma, siccome andando all'estero i nostri ministri dovevano pure stringere mani, i giornali non dovevano pubblicare le foto di quei saluti.

Se poi c'era una sola foto di due ministri uno italiano ed uno straniero, disgraziatamente in atto di stringersi la mano, allora i ritoccatori delle foto dovevano cancellare le mani.




In questa nuova ondata di modesta e circoscritta prosperità vi era comunque qualcosa di profondamente diverso rispetto agli anni della "belle époque" e dell'italietta: più insensibilità nei confronti dei gravissimi problemi che rimanevano aperti; gli "uomini nuovi", portati dal fascismo alla ribalta potere - i cosiddetti gerarchi- erano infatti per lo più dei provinciali dai gusti grossolani e dalla cultura approssimativa che nei confronti del potere erano del tutto privi di quell'abitudine e di quel distacco che sono propri delle classi dirigenti stagionate e collaudate.

Mussolini, d'altra parte, era convinto che gli italiani fossero ancora troppo molli e che occorreva "tirare dritto" con alcune novità già messe in cantiere, ma non ancora del tutto iniettate nell'"italico costume".

Una, la più facile, fu il cambiamento del copricapo fascista: al posto del fez venne adottato un berretto con visiera, detto (alla bulgara), ma di imitazione tedesca.

Tedeschissimo, poi, il "passo romano" che si volle imporre nelle parate alla milizia ed anche all'esercito, nonché ai "balilla": si trattava di una sorta di esercizio ginnico, molto faticoso, che male sopportava l'accomnamento musicale e che si presta meglio ad essere scandito dal tamburo, ma con effetti sinistri.

Terza riforma di costume: venne abolito il "lei" sostituendolo con il "tu" tra eguali e con il "voi" negli altri casi.

Una quarta era quella, già detta dell'abolizione della stretta di mano.


Muri, scuole e luoghi pubblici, erano tappezzati da scritte, manifesti e incitazioni al fascismo.

Crebbe molto la popolazione e l'urbanizzazione.

Ma anche se l'Italia si stava sviluppando, rimase sempre molto distaccata dagli altri paesi europei, dove c'era più diffusione della tecnologia (automobile, radio, telefono . ) e si viveva meglio.


Come sopra accennato, venne valorizzato il ruolo della donna, che era vista come un angelo del focolaio. Mussolini infatti voleva li maschi e sani, e per questo curò molto l'importanza delle donne. Una donna sana più facilmente partorirà un lio sano.

Bisognava essere sani e robusti per poter affrontare quelle prove che nel giugno 1938 la segreteria del partito impose ai membri del direttorio ed ai federali.

Questi infatti avevano l'obbligo di eseguire pubblicamente esercizi di destrezza ed ardimento: corsa, salto ad ostacoli, salto di una siepe di baionette; tuffo attraverso un cerchio di fuoco, tratti di marcia mista a ciclo cross, equitazione.




Coerenza fascista sulla questione della razza

Comunicazione di Benito Mussolini


Altro motivo non essenziale: quello della razza. Noi fascisti non intendiamo farci banditori di odi razziali.

Io già dissi che non ci sono razze. Si tratta di una illusione dello spirito, un sentimento.


Dalla Dichiarazione della Razza (6 ottobre 1938)


Il Gran Consiglio del Fascismo, in seguito alla conquista dell'Impero, dichiara l'attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale. Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge un'attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti.


Tutti i movimenti fascisti si presentarono come movimenti aperti alle innovazioni. Nacque così l'idea corporativa, la quale prevedeva che le organizzazioni produttive gestissero direttamente la loro economia.

Se all'inizio il fascismo attuò una politica liberista, più tardi attuò il protezionismo, mirando alla rivalutazione della lira.

Primo provvedimento in questo senso fu il dazio sui cereali, detto anche battaglia del grano. Lo scopo di questa battaglia era il raggiungimento dell'autosufficienza per quanto riguarda i cereali.

Inoltre il Duce mirava a raggiungere la quota novanta, cioè 90 lire per una sterlina.

Quando la grande crisi si fece sentire, e fece le sue vittime nell'agricoltura e nell'industria, per contrastare la crisi il fascismo, con una politica di lavori pubblici, e l'intervento diretto o indiretto dello stato per i settori in crisi ( bonificato l'Agro Pontino, acquisto da parte dello Stato delle industrie private in difficoltà), trasformò il vecchio stato in uno stato imprenditore.



Il consenso più grande, il regime, lo ebbe dai ceti medi, i quali si sentirono rivalorizzati, e amavano i valori imposti dal fascismo.

Anche gli "artisti" furono in qualche modo favoriti dal fascismo purché fossero a loro volta accondiscendenti verso il Fascio.

Mussolini infatti sosteneva che "l'arte è l'affermazione dell'individuo e lungi da lui l'idea di creare un'arte di stato".




Inno del Balilla

(G. Blac)


Fischia il sasso, il nome squilla/ del ragazzo di Portoria,/ e l'intrepido Balilla/ sta gigante nella storia/

Era bronzo quel mortaio/ che nel fango sprofondò,/

ma il ragazzo fu d'acciaio/ e la madre liberò.


Ritornello:

Fiero l'occhio, svelto il passo,/ chiaro il grido del valore:/ai nemici in fronte il sasso,/ agli amici, tutto il cor!


Su lupatti, aquilotti!/ Come i sardi tamburini,/

come i siculi picciotti,/ bruni eroi garibaldini!/

Vibra l'anima nel petto/ Sitibonda di virtù;/

freme, Italia, il gagliardetto/ e nei fremiti sei Tu!


Ritornello


Siamo nembi di semente,/ siamo fiamme di coraggio:/ per noi canta la sorgente,

per noi brilla e ride maggio./

Ma se un giorno la battaglia/ Alpi e mare incendierà,/

noi saremo la mitraglia/ della santa Libertà.


Ritornello






Bibliografia


"Fare storia 3" nuova edizione di Antonio Brancati

Internet



Galleria di foto e immagini per: fascismo





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