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L'azione di governo prodotta da Luigi XIV è presentata dalla critica storiografica come modello dell'assolutismo

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L'azione di governo prodotta da Luigi XIV è presentata dalla critica storiografica come modello dell'assolutismo.



Nel 1610 moriva Enrico IV di Borbone, assassinato da un fanatico religioso; cominciava, così, per la Francia, un periodo di successi e di rivolte, di sommosse e di vittorie. Gli Stati Generali del 1614 furono seguiti, dieci anni dopo, dalla presa di potere da parte del Cardinale Richelieu, che prese in pratica il posto del re Luigi XIII, ancora bambino alla morte del padre. L'esempio di governo da lui portato fu senza dubbio il primo modello assolutistico di tutta l'Europa: a lui si ispirarono i suoi successori, in particolare il Cardinal Mazarino ed il monarca Luigi XIV, a lui il re Carlo II d'Inghilterra e il sovrano di Sa. Dopo di lui, infatti, il piccolo Luigi XIV fu sostituito da Mazarino (fino alla morte di quest'ultimo), dal quale ereditò una tecnica di governo che si rivelò, in qualsiasi campo, notevolmente totalitaristica. Alla morte del cardinale, infatti, il re assunse nelle sue mani il pieno potere, diventando "il sovrano assoluto" per antonomasia. Egli operò nei campi più svariati, dalla religione alla politica, concedendo alla critica una straordinaria occasione per esprimersi. Molte furono, infatti, le interpretazioni che la storiografia volle dare circa il regime politico del Re Sole, ma tutte queste concordano, circa, nell'affermare che il governo francese di quegli anni fu veramente un prototipo di grandezza; questa concezione, però, non tiene conto di alcuni importanti fattori che, sicuramente, non conducono verso questa direzione.



Ma cominciamo ad elencare i fattori per cui un'interpretazione di questo tipo si può considerare esatta. Innanzitutto, è sicuramente da riconoscere al metodo di Luigi XIV una grande capacità di capire la situazione in cui il re stesso si trovava, e di agire di conseguenza. Ecco che, allora, per arginare il potere della cosiddetta "nobiltà di toga" egli mantenne l'istituzione degli Intendenti- incaricati di raccogliere i tributi- progettata già in passato da Richelieu. Riguardo alla "nobiltà di sangue", quella più antica e forse più propensa al tentativo di togliere al re potere, Luigi XIV architettò allora la geniale Corte di Versailles. Se, da un lato, l'innalzamento di questa corte aveva lo scopo di esaltare la magnificenza e lo splendore del regnante, dall'altro essa attirava senz'altro anche gli sguardi di tutta la nobiltà, che, piano piano, cominciò a trasferircisi; e, tra lo sfarzo e il lusso, gli aristocratici venivano sempre più ingabbiati dai vizi della vita nella reggia, senza rendersi conto che, con i favori e le grazie, il re li stava trasformando in asserventi cortigiani e toglieva così dalle loro mani quell'autorità che in precedenza possedevano. Quella di Luigi XIV fu dunque un'abile mossa politica di ampi orizzonti; ma la sua politica non si limitò a questo.

Attraverso l'opera di Colbert, infatti, la Francia si ritrovò anche con un sistema finanziario del tutto rinnovato: con una politica di stretto mercantilismo, infatti, egli controllò e tentò di evitare tutte le merci in entrata, mentre favorì con sovvenzioni la produzione interna, accomnandola a cospicui tentativi di esportazione.

In campo religioso, infine, Luigi XIV sostenne la Chiesa Gallicana, procurandosi così il consenso del clero francese; ma combatté anche contro gli Ugonotti, i Giansenisti e i Gesuiti, non garantendo, in questo modo, la libertà di religione, e quindi rendendo controllato ed uniforme anche questo aspetto della vita del popolo d'oltralpe.

Ma il governo di Luigi XIV fu anche ostacolato e contestato: ecco perché le ragioni della critica andrebbero, in questo senso, riviste e corrette. In politica estera, bisogna, infatti, riconoscere che tutti gli stati europei si schierarono contro di lui, formando una lega antifrancese che mirava a togliergli potere. E questo accadde anche quando si pose il problema della successione al re di Sna: era stato nominato come erede al trono il nipote di Luigi XIV, Filippo V. Ma gli altri stati d'Europa non potevano accettare una cosa del genere: si ribellarono contro la Francia, ma a nulla valse la loro insurrezione, perché qualche anno dopo Filippo V salì in ogni caso sul trono ispanico.

A livello nazionale, però, Luigi XIV non fu molto contestato: nel momento in cui prese di persona il controllo del regno, il suo stato usciva da un sanguinoso periodo di sommosse (come la Rivolta di Parigi del 1648); egli tentò allora di arginare tradimenti e congiure ponendo al suo fianco uomini di estrazione borghese, ingraziandoseli. Effettivamente, vi riuscì piuttosto bene, perché da quel lato non sorsero proteste consistenti. Un aspetto per cui, invece, egli si vide più volte contestato fu, come già detto in precedenza, l'elemento religioso: in questo campo, in cui egli tentò di imporre le proprie idee prima in modo nascosto, poi palese, trovò i diversi avversari sopra citati.

Ma c'è un ultimo aspetto su cui vorrei soffermarmi circa i limiti dell'interpretazione storiografica che definisce Luigi XIV come "modello": essa non terrebbe, infatti, in considerazione il lato finanziario della questione. Nonostante le riforme di Colbert e l'uso di appaltatori per la riscossione delle tasse, le risorse monetarie della Francia non passarono a condizioni migliori, perché i profitti si rivelarono, comunque, inconsistenti di fronte alle ingenti spese- soprattutto belliche- che lo stato doveva sostenere. E si diede così inizio ad una lunga serie di indebitamenti che si trascinarono fino al secolo successivo (quando lo scozzese Law tentò, ancora invano, di porre rimedio alla situazione).

Tanti furono dunque i limiti dell'opinione storiografica su Luigi XIV; ma altrettanti, se non maggiori, furono le motivazioni che a lungo la sostennero e che ancora la sostengono nel dipingere come modello assolutistico il governo del Re Sole.









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