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Le nuove idee illuministiche - Una nuova società illuminista, Invenzioni e lo sviluppo della tecnica, Il sovrappiù (sovrapproduzione), A



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Le nuove idee illuministiche

Le idee illuministiche non potevano trascurare il campo dell'economia nel quale l'attività delle classe borghese si opponeva con il suo dinamismo alla tendenza statica, e perciò conservatrice, dell'aristocrazia.

La circolazione delle merci e l'iniziativa commerciale erano gravemente ostacolate da tutto un sistema di dazi, dogane e pedaggi, che risalivano in molti casi al Medioevo. Gli illuministi sostennero l'opportunità di eliminare tutte queste pastoie al libero sviluppo dell'attività commerciale.

In Inghilterra l'economista Adam Smith (quello dello "spillo"), ravvisando nell'interesse economico la molla motivazionale del progresso della società, affermò la necessità che la vita economica dovesse svolgersi in piena libertà, non controllata nè limitata dallo Stato.

Nasceva così la dottrina del "liberalismo economico", che favorì l'iniziativa dei banchieri, commercianti e primi industriali. L'agricoltura, che restava ancora la principale fonte di ricchezza, soffriva anch'essa di gravi impedimenti che ne ostacolavano lo sviluppo. Gli illuministi si batterono perché gli agricoltori fossero sollevati dalle tasse che li opprimevano e perché il lavoro agricolo si svolgesse in condizioni migliori e fosse compensato meglio.


Una nuova società illuminista

Nelle concezioni degli illuministi molti degli elementi fondamentali della società medievale vengono completamente rivoluzionati. Una delle opere più significative di questo periodo è "lo spirito delle leggi" del filosofo Montesquieu, che pone le basi di una società civile e moderna nella quale l'uomo riconquisti la sua totale dignità. A lui, tra l'altro, non sfuggì che il problema fondamentale di una società nuova doveva essere l'attribuzione dei poteri dello Stato alla collettività civile. Tre passi dell'opera di Montesquieu:



Nello stato di natura gli uomini nascono nell'uguaglianza ma non sanno mantenerla. La società distrugge l'uguaglianza e l'uguaglianza si ritrova solo per mezzo delle leggi. Ecco la differenza tra una democrazia regolata e una non: nella prima non si è uguali che come cittadini, nell'altra lo si è ancora come magistrati, come senatori, come giudici, come padri, come mariti, come superiori. Il posto naturale della virtù è nella libertà ma non in un eccesso di libertà che equivarrebbe alla schiavitù.

È vero che nella democrazia il popolo sembra fare ciò che vuole: ma la libertà politica non consiste affatto nel fare ciò che si vuole. In uno Stato, cioè in una società regolata da leggi, la libertà consiste solo nel poter fare ciò che si deve volere e nel non essere costretti a fare ciò che non si deve volere. Occorre aver ben presente che cosa sia l'indipendenza e che cosa sia la libertà. La libertà è il diritto di fare tutto ciò che le leggi permettono: infatti, se un cittadino potesse fare ciò che esse proibiscono, non avrebbe più libertà, poiché anche gli altri acquisterebbero un tale potere.

Il potere giudiziario deve essere esercitato da persone prese dal popolo, a formare un tribunale che duri solo quel tempo che la necessità lo richieda Il potere legislativo sia affidato a un corpo di nobili e a chi sarà scelto a rappresentare il popolo: ciascuno abbia proprie assemblee e proprie deliberazioni Il potere esecutivo deve essere nelle mani di un monarca.


Invenzioni e lo sviluppo della tecnica

Nell'industria la produzione di ferro ebbe, in Inghilterra, un fortissimo incremento quando nella fusione di questo metallo, del quale il paese era ricco, si impiegò non più il carbone di legna ma quello fossile di cui si erano scoperti ricchissimi giacimenti.

L'invenzione più importante fu però quella della macchina a vapore, ideata da un ingegnere inglese, Watt; dapprima essa fu usata solo per azionare le pompe che estraevano acqua dai pozzi carboniferi, ma poi ebbe tutta una serie di applicazioni: l'industria tessile poté introdurre telai a vapore, nelle ferriere e negli opifici molte macchine furono costruite per sfruttare questa nuova potente energia. Grazie a queste invenzioni e alle sue applicazioni, l'Inghilterra, dopo il 1750, divenne il primo paese industriale del mondo.

Al XVIII sec. risale la scoperta di un'altra fonte di energia naturale che doveva in seguito rivelarsi importantissima: l'elettricità, studiata dal francese Coulomb e da Volta. Lo stimolo della mentalità illuministica, tuttavia, non si sentì solo nel campo della tecnica. In questo periodo nasce anche la chimica moderna soprattutto per merito di Lavoisier, che per primo distinse sul piano teorico gli elementi dai composti e studiò la dilatazione termica e i fenomeni connessi con la combustione.


Il sovrappiù (sovrapproduzione)

Mentre la produzione dell'età feudale era soprattutto produzione di sopravvivenza e il produttore, contadino o artigiano, produceva merce in sovrappiù del suo fabbisogno per poi venderla e ricavare denaro con cui acquistare i manufatti o i prodotti che egli non produceva direttamente (Marx descrive il meccanismo con M = merce, D = denaro nella formula MDM), con l'allargarsi della produzione industriale nei secoli successivi, e in particolare con l'introduzione della macchina, la produzione non mira più tanto alla sopravvivenza del produttore, ma si allarga smisuratamente in vista di un profitto sempre più ampio.

A questo punto la formula diventa DMD, nel senso che il danaro è esso stesso merce e viene usato per produrre una quantità di merce che viene rivenduta per un sovrappiù di danaro.

La sovrapproduzione è un fenomeno che si verifica secondo uno schema classico descritto da Marx. Lo schema è il seguente:



il salario percepito dall'operaio ha quel dato valore che permette al salariato stesso di vivere, permette cioè la riproduzione materiale della forza-lavoro.

La differenza esistente tra il valore destinato a far vivere l'operaio, il salario, e il valore delle merci prodotte, è il plusvalore (per l'imprenditore il profitto); questo plusvalore serve alla sopravvivenza del capitalista e soprattutto come capitale finanziario che viene nuovamente investito in macchinari, materie prime e simili.

Quest'ultimo fatto, cioè il continuo ammodernamento dei macchinari che è una fondamentale caratteristica della produzione industriale, ha come effetto un costante ammodernamento tecnologico delle macchine (il capitale fisso); ma una macchina sempre più moderna e perfezionata nella stessa unità di tempo produce di più rispetto alla macchina precedente, mentre il numero degli operai occupati non cresce con lo stesso ritmo.

Conseguentemente, poiché il potere d'acquisto complessivo dei salari cresce più lentamente del volume complessivo delle merci prodotte, queste rimangono in parte invendute, per cui la fabbrica chiudeva per un periodo più o meno lungo, e l'operaio rimaneva senza stipendio.

Il Marx, nella sua opera Il Capitale (1867), volle indicare le cause che portavano al permanente pauperismo (impoverimento di grandi masse della popolazione di una nazione, connesso con un'inflazione ed una disoccupazione molto alte, e con una generale situazione di grave crisi economica) degli operai con la teoria del plusvalore; secondo tale teoria, il valore di un manufatto dipende dalle ore di lavoro che sono state necessarie per produrlo.

L'operaio, però, non percepisce un salario che corrisponde al prezzo dell'oggetto prodotto perché, data l'abbondanza di manodopera, egli viene retribuito in base alla legge bronzea dei salari; pertanto, se un manufatto ha il valore sul mercato, per le dieci ore di lavoro che l'operaio gli ha dedicato, la a corrisponderà al prezzo, poniamo, di sei ore.

La differenza, quindi, tra il prezzo del prodotto venduto (pari a dieci ore lavorative) e quello ato all'operaio (pari a sei ore), costituirà il profitto, che il Marx chiama "plusvalore". Il plusvalore sarà pertanto lavoro non ato di cui si approprierà l'imprenditore per continuare ad accumulare capitale, ingrandire l'azienda ed allargare il fenomeno capitalistico, con tutte le ingiustizie e gli inconvenienti ad esso connessi.


Alienazione

In senso filosofico, significa "essere in altro", cioè non essere se stessi. L'operaio che lavora senza godere mai di ciò che produce, senza avere tempo libero per istruirsi, divertirsi, godere di tutte quelle cose, anche modestissime, che danno un senso alla vita, è appunto "alienato".

Naturalmente l'uomo può alienarsi in tanti modi, quando dimentica, per una "cosa" qualsiasi, la sua umanità e la necessità di vivere con equilibrio tutti gli aspetti dell'esistenza.


L'energia si trasforma, evolvendosi

Dal lavoro a mano all'uso del cavallo, sino all'utilizzazione dell'energia-vapore: l'agricoltura fu, nei tempi passati, la prima attività dell'uomo a beneficare dei nuovi ritrovati offerti dalla tecnica, poiché fu per lungo tempo preponderante la sua importanza rispetto ad altre attività.

Uno dei problemi più assillanti del nostro tempo è la crisi dell'energia, cioè della forza capace di "muovere" questo nostro mondo meccanizzato.

Per la maggior parte della preistoria, l'uomo dispose solo della propria energia muscolare, e solo verso la fine del periodo neolitico poté utilizzare anche l'energia animale; "entrato" nella storia, imparò ad impiegare altre fonti di energia, come il vento, l'acqua e, soprattutto, quella fornita dagli schiavi (forza delle braccia).

Fu proprio la grande diffusione della schiavitù, che mise a disposizione molta manodopera gratuita, a limitare lo sviluppo e il perfezionamento dell'impiego di energia non muscolare, ma quando la schiavitù andò sendo fu necessario ricorrere in forma più massiccia e razionale allo sfruttamento dell'energia prodotta dal vento, dall'acqua e dagli animali (es. macina): si moltiplicarono così le ruote ad acqua, i mulini (a vento e ad acqua) e si utilizzarono meglio gli animali da tiro, ferrandoli e bardandoli col nuovo collare di gola.



Ma la vera età dell'energia coincise con la nascita della rivoluzione industriale quando, con l'invenzione della macchina a vapore (1764), si poté utilizzare una nuova fonte di energia: quella termica, prodotta dal carbone.

Questo dato ci fa capire l'importanza della nuova scoperta: mentre fino al 1764 ogni uomo disponeva di una quantità di energia pari a quella prodotta da uno "schiavo meccanico", un secolo dopo (in piena era del carbone) l'energia disponibile per ciascuno equivaleva già a quattro schivi meccanici, e verso la metà di questo secolo era salita a ben quarantacinque!

Ancora nel 1960, infatti, il carbone continuava a produrre circa la metà dell'energia occorrente, nonostante si utilizzassero anche nuove energie alternative, come quelle fornite dall'elettricità e dal petrolio.

Oggi il petrolio è la nostra maggior fonte di energia ed è stato giustamente scritto che "in un modo o nell'altro, entra in quasi ogni aspetto della nostra vita": non solo, infatti, ha praticamente sostituito le altre fonti di energia, ma -coi suoi numerosi derivati- ha creato nuove materie che sono ormai entrate nell'uso comune, a cominciare dalla plastica e dalle fibre sintetiche (abiti).

Sappiamo anche di vivere in piena crisi petrolifera, causata soprattutto da due motivi:

le riserve non sono esauribili;

i rapporti con gli arabi, che ne sono i maggiori produttori, non sono molto cordiali: una delle zone più calde è proprio il Medio Oriente (Iran, Iraq, Kuwait, Arabia), dove si concentrano le maggiori riserve petrolifere.

Fino a quando quelle regioni erano delle colonie, gli Europei non avevano difficoltà a rifornirsi di petrolio, ma ora quei popoli hanno riconquistato la loro piena indipendenza e non sono più disposti a "svendere" il prezioso "oro nero": sono loro, adesso, ad amministrarsi quella inestimabile ricchezza e a fissarne il prezzo, che va sempre più lievitando.

Se gli occidentali, per lungo tempo, non avessero considerato il Medio Oriente come un semplice serbatoio di petrolio e avessero riconosciuto i diritti di quelle popolazioni, forse ora le cose andrebbero un po' meglio: in effetti, se è giusto che gli Arabi non esagerino con le loro pretese, è altrettanto giusto e necessario che gli Occidentali trattino con loro su un piano di assoluta parità.

Stiamo attraversando un periodo di crisi energetica, perché le riserve petrolifere stanno esaurendosi. È necessario, quindi, ricorrere alle fonti alternative: innanzitutto l'energia idroelettrica; cercare, inoltre, di mettere al servizio dell'uomo altri tipi di energia che sono praticamente inesauribili, come quella fornita dal sole o dalle maree; ma ci sono pure il "vecchio" carbone, che si sta cercando di "rilanciare", il gas naturale (metano), l'energia geotermica (che viene sfruttata nelle centrali di Larderello) e l'energia nucleare (con tutte le precauzioni possibili): non dimentichiamo l'incidente accaduto nella centrale nucleare di Harrisburg (USA), che nel 1979 ha fatto trascorrere giorni di terrore alla popolazione della zona, e Cernobyl.






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