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RIASSUNTO DI CAIO SULPICIO APOLLINARE

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RIASSUNTO DI CAIO SULPICIO APOLLINARE



Oriunda d'Andro, Glicerio, creduta sorella, a torto, d'una cortigiana, è violata da Panfilo, che giura a lei gravida che la sposerà.

Ma suo padre, per lui, ha scelto già un'altra moglie, nata da Cremete, e saputo del suo legame simula che le nozze sian prossime, volendo conoscere i progetti di suo lio.

Consigliato da Davo, mostra Panfilo d'accettar gli sponsali, ma Cremete, visto il bimbo ch'è nato da Glicerio, manda all'aria le nozze rifiutando Panfilo come genero. Ma poi riconosce Glicerio come lia e la concede al giovane; a Carino offre quale consorte l'altra lia.




PERSONAGGI





(PROLOGO)


SIMONE VECCHIO


SOSIA LIBERTO


DAVO SERVO


MISIDE ANCELLA


PANFILO GIOVANE


CARINO GIOVANE


BIRRIA SERVO


LESBIA OSTETRICA


GLICERIO FANCIULLA


CREMETE VECCHIO


CRITONE VECCHIO


DROMONE SCHIAVO FLAGELLATORE


(CANTORE)








PROLOGO






Quando decise di farsi scrittore di teatro, il poeta pensò che il compito suo fosse questo soltanto: far sì che al pubblico piacessero le commedie che avrebbe scritto. Capisce ora che le cose stanno diversamente, perché la sua opera si consuma tutta nel far dei prologhi, e non per raccontare la trama, ma per rispondere alle calunnie di un vecchio poeta velenoso. Ora tenete presente, per favore, che cosa gli stanno rinfacciando. Menandro ha scritto un'Andria e una Perinzia, no?, e chi conosce l'una le conosce tutte e due. Come trama non sono diverse, però diverse divengono per via del linguaggio e dello stile. Il poeta confessa che ha trasposto dalla Perinzia all'Andria, e ha usato come suoi, gli elementi che gli servivano. È questo che gli rinfacciano, loro, che stanno a disputare come e qualmente non sia lecito contaminare delle commedie. Ma non mostrano, facendo i saputi, di non sapere nulla? Chi accusa il nostro autore, accusa Nevio, Plauto, Ennio, che egli tiene come maestri e dei quali aspira a imitare la disinvoltura piuttosto che l'oscura diligenza di questi altri. Con il che li avverto, che stiano quieti, d'ora in poi, e la smettano di calunniare, se no vedran messe in piazza le loro porcherie. Siate benevoli, voi, venite con animo imparziale, soppesate bene la questione, per vedere se resta qualche speranza che le commedie, che gli capiterà nuovamente di fare, te di fare, sian degne, per voi, di essere viste o non piuttosto fischiate.




ATTO I






SIMONE SOSIA


SIMONE (agli schiavi)


Portatela dentro, questa roba, via. Tu, Sosia, vieni qui. Ho due parole da dirti.


SOSIA


Fa conto di averle dette. Che debbo stare attento a questa roba, no?


SIMONE


Niente del genere.


SOSIA


C'è altro che la mia maestria possa fare per te?


SIMONE


Per quel che ho in mente io, la maestria non serve. Serve quel che in te ho sempre riscontrato: fedeltà e riservatezza.


SOSIA


Attendo gli ordini tuoi.


SIMONE


Da quando t'ho comprato da bambino e poi sempre, a casa mia hai sempre trovato un padrone benevolo e paziente, e lo sai bene. Per premiare il tuo fedele servizio, da servo ti ho fatto liberto. Era il premio più grande che potessi.


SOSIA


E io non lo dimentico.


SIMONE


Di quel che ho fatto, non rinnego nulla.


SOSIA


Mi fa piacere. Se ho fatto o faccio qualcosa che ti va bene, Simone, qualcosa che ti è gradito, ecco, sono molto felice. Ma qui ho motivo di dolermi, perché questo tuo ricordare suona come un rimprovero a un ingrato. Dimmi in una parola quel che vuoi da me.


SIMONE


Lo farò. Però ti premetto una cosa: queste nozze, che tu credi vere, non lo sono.


SOSIA


Ma allora, perché questa finta?


SIMONE


Ti dirò tutto dal principio. Così verrai a conoscere la vita di mio lio e il mio piano e quel che desidero da te in questo affare. Vedi, Sosia, quando lui si è fatto uomo e ha potuto vivere più liberamente (chi poteva giudicarlo, prima, mentre l'età, il rispetto e il maestro lo tenevano in riga?)


SOSIA


Eh già.


SIMONE


di tutto ciò che i giovani fanno per nutrire qualche interesse, come allevar cavalli o cani da caccia, o frequentar filosofi, be', tra queste cose lui mica si scaldava troppo per l'una più che per l'altra, ma di tutte si occupava con moderazione. Io ne ero felice.


SOSIA


Non avevi torto. Nella vita, dico io, la regola giusta è: nulla di troppo.


SIMONE


La sua vita era questa: stare con tutti e sopportarli con buona grazia; per i più intimi, prestarsi liberalmente, accontentare i loro desideri, non contrastar nessuno, non pretendere di primeggiare; che è il modo migliore per essere lodati, sfuggire all'invidia, farsi degli amici.


SOSIA


Una regola d'oro. Perché ai nostri giorni la cortesia ti fa gli amici, la sincerità i nemici.


SIMONE


Nel frattempo una donna, e sono tre anni, arriva qui da Andro, spinta dalla miseria e dall'abbandono dei suoi parenti. Bella, eh, e molto giovane.


SOSIA


Ohi! Mi sa che la ragazza di Andro porta guai.


SIMONE


Fa vita onesta, dapprima, e tira la cinghia, e si guadagna il pane filando e tessendo. Ma poi arriva uno spasimante che offre doni, poi ne arriva un altro, e via, si sa come vanno le cose, meglio il piacere che il sacrificio, e la ragazza dice sì e comincia la trafila. Capita, un giorno, che certi suoi amatori portino con sé, per stare in comnia, mio lio. Tra me subito dico: «C'è cascato, è fritto». Al mattino stavo a guardare i loro schiavetti, che andavano e venivano, e gli chiedevo: «Ehi, ragazzo, per favore: chi se l'è fatta, ieri, Criside»? Criside è il nome della ragazza di Andro.


SOSIA


Ci sono.


SIMONE


Fedro, dicevano, o Clinia, o Nicerato. Erano questi, tutti insieme, i suoi amanti del momento. «E Panfilo»? «Che ha fatto? Ha ato la sua parte, ha cenato». Io restavo soddisfatto. Torno alla carica un altro giorno. Panfilo, l'avrei giurato, non c'entra per niente. Pensavo proprio che l'avevo controllato abbastanza e che lui era un modello di continenza. Sicuro. Se uno ha a che fare con gente come quella e tuttavia non si lascia trascinare, be', puoi dire forte che sa tenere in pugno la sua vita. Sì, la cosa mi faceva piacere, e poi tutti, a una voce, ne dicevano un sacco di bene, e si congratulavano con me, che avevo un lio così a posto. Che dire di più? Si fa avanti Cremete, che ha colto queste voci, per offrire come sposa a mio lio la sua unica, e con tanto di dote. Magnifico, no? Affare fatto. Oggi è il giorno fissato per le nozze.


SOSIA


Che cosa impedisce che sian nozze sul serio?


SIMONE


Lo saprai. Passano più o meno dieci giorni, e Criside, questa nostra vicina, muore.


SOSIA


Magnifico, me ne rallegro. Era di lei che avevo paura.


SIMONE


Mio lio allora stava spesso in comnia degli amatori di Criside. Insieme a loro si occupava del funerale. Nel frattempo si mostrava triste, ogni tanto piangeva a calde lacrime. A me pareva una bella cosa perché pensavo: «Se la prende così per la morte di una che appena conosceva; che farebbe se l'avesse amata? E che farà per me, che sono suo padre»? Tutti i suoi atti, io li prendevo come prova di animo sensibile e gentile. Ma che sto ancora a dire? Io stesso, per compiacerlo, vado al funerale, non sospettando nulla di male.


SOSIA


E il male dove sta?


SIMONE


Ti dirò. Il corteo funebre si muove, noi dietro. E lì, tra le donne che si erano raccolte, io ne vedo una, una ragazza, con un aspetto


SOSIA


Forse bello?


SIMONE


e con un viso, Sosia, così modesto, così grazioso che Basta così! Visto che piange più delle altre, che più delle altre è distinta e gentile, vado a chiedere alle donne che seguivano chi fosse. La sorella di Criside, mi dicono. Che colpo, Sosia! «Ma allora è questo! Vengon di qui le sue lacrime, di qui la sua pietà»!


SOSIA


Dove stai arrivando? Che paura


SIMONE


Il funerale intanto continua e noi seguiamo, arriviamo alla tomba. Viene deposta sul rogo. Si piange. In quella la ragazza che ti ho detto, ma sì, la sorella, si avvicina alle fiamme, l'imprudente, e con il rischio che Fuori di sé, Panfilo si lancia, tradendo l'amore che celava e dissimulava, afferra la ragazza per la vita e grida: «Glicerio mia, che fai? Perché vuoi morire»? E lei, allora, si getta tra le sue braccia piangendo, con una confidenza che rivela quanto siano intimi, quei due.


SOSIA


Che dici?


SIMONE


Torno a casa arrabbiato e afflitto, però non c'era motivo di dargli una lavata di capo. Mi avrebbe risposto: «Che ho fatto? In che cosa ho mancato, padre mio? Lei voleva gettarsi tra le fiamme, gliel'ho impedito, l'ho salvata». Un discorso pulito.


SOSIA


Dici bene. E già, se gli lavi la testa, a uno che salva una vita, che cosa gli farai a chi ne combina delle grosse?


SIMONE


L'indomani mi arriva Cremete e strepita che è tutto uno schifo, che ha saputo che Panfilo tiene per moglie una straniera. Io mi affanno a negare, lui insiste a dire che sì. Risultato? Me ne vado via mentre lui spergiura che non gli concederà sua lia.


SOSIA


E allora tu, a tuo lio


SIMONE


No, niente. Nemmeno ora c'era ragione di dargli addosso.


SOSIA


Perché non c'era?


SIMONE


«Tu stesso, padre mio, hai fissato un termine per queste cose. È prossimo il giorno in cui dovrò vivere alla maniera altrui. Nel frattempo, lasciami vivere alla maniera mia».


SOSIA


Ma quando mai potrai dargliela, la strigliata?


SIMONE


Quando mai rifiutasse di sposarsi per via di quell'amoretto. Quella sì che sarebbe un'offesa degna di castigo! E io adesso, con la finta delle nozze, mi do da fare perché ci sia la ragion giusta per levargli la pelle, se si sogna di rifiutare. E perché Davo, quello scellerato, se ha in mente qualche bidone, lo tiri fuori adesso che i suoi trucchi non fan danno. Sì perché lui, ci giurerei, ce la metterà tutta, coi piedi e con le mani, più per fregare me che per compiacere a mio lio.


SOSIA


E perché mai?


SIMONE


E lo domandi? Con quella testa che si ritrova, con quel carattere! Ma io, se mi accorgo Ma che sto a dire? Se la va come spero, e Panfilo non pianta grane, c'è sempre Cremete davanti a cui debbo discolparlo - e spero di riuscirci. Tu adesso sai il compito tuo: mettere in scena il matrimonio, a regola d'arte, far una bella paura a Davo, guardar bene che cosa fa mio lio, e che cosa traffichi con lui.


SOSIA


Ce n'è abbastanza. Farò tutto per bene.


SIMONE


Entriamo adesso. Tu va avanti, ti vengo dietro. (Sosia entra in casa)




SIMONE DAVO


SIMONE (solo)


Sono sicuro che mio lio non vuol prendere moglie. Non per nulla Davo, quando ha sentito che le nozze erano prossime, ha fatto quella faccia preoccupata. Ma eccolo che sbuca.


DAVO (tra sé)


Mi stupivo, io, che andasse così. E sempre mi chiedevo, mah, dove vuol arrivare con la sua calma, il padrone. Niente moglie per tuo lio, gli han detto, e lui prende e porta via e sta zitto con tutti; e manco se la piglia.


SIMONE


Se la piglierà adesso, e non senza tuo danno, dico io.


DAVO


Che cosa voleva? Ma sì, ma sì, prenderci in contropiede, indurci a falsa gioia, felici per il pericolo scampato, e poi zac!, addosso, senza lasciarci il tempo di pensare come schivar le nozze. Furbo, lui.


SIMONE


Cosa sta dicendo quel boia?


DAVO


È il padrone, non l'avevo visto.


SIMONE


Davo!


DAVO


Che c'è?


SIMONE


Qui da me.


DAVO


Che cavolo vuole questo qui?


SIMONE


Che stai dicendo?


DAVO


Su che?


SIMONE


E me lo chiedi? Corre voce che mio lio sia innamorato.


DAVO


Eh già, la gente non si preoccupa d'altro.


SIMONE


Mi ascolti sì o no?


DAVO


Sono tutto orecchi.


SIMONE


Ma andar a rimestare queste cose, ora come ora, sarebbe da padre malvagio. Quel che ha fatto prima non mi riguarda. Quando il tempo lo consentiva, io gli lasciavo briglia sciolta, ma questo giorno qui comporta una vita nuova, esige altri costumi. Perciò ti chiedo, Davo, anzi no ti prego, di farlo ritornare sulla retta via. Tutto questo perché? Perché quelli che hanno l'amica, si sa bene, mica sono contenti di sposarsi.


DAVO


Così dicono.


SIMONE


Se uno, poi, in queste cose, s'è scelto un cattivo maestro, capita spesso che rivolga la sua anima, già corrotta, alle scelte peggiori.


DAVO


Non capisco un accidenti.


SIMONE


Ah no?


DAVO


No! Sono Davo, mica Edipo, io.


SIMONE


Cosa vuoi, che ti dica chiaro e tondo quel che mi resta da dire?


DAVO


Proprio così.


SIMONE


Se mi giunge voce che tenti qualche bidone contro queste nozze, per mandarle a bagno o far vedere quanto sei dritto, io ti sbatto alla macina, Davo, e ti faccio frustare sinché tiri le cuoia. Col patto e col voto che, se ti perdono, alla macina ci debba andare io. chiaro? Hai capito bene? O ancora non ti basta?


DAVO


Mi basta e ne avanza. L'hai detta proprio chiara, tu, mica sei uno che ci gira intorno.


SIMONE


In tutto vorrei essere bidonato, ma non in questo affare.


DAVO


Fammi gli auguri, ti prego.


SIMONE


Sfotti? Non mi inganni. Comunque ti auguro di non far colpi di testa. Bada a te! E poi non andar a dire che non ti avevo avvisato.




DAVO


DAVO (solo)


No, Davo mio, non è il momento di starsene con le mani in mano; per quel che ho capito del discorso del vecchio sulle nozze, qui se non si rimedia con l'astuzia saranno guai per me e il padrone. E non è mica certo il da farsi: aiuto Panfilo o do retta al vecchio? Quello là, se lo pianto in asso, c'è da temere per la sua vita; ma se aiuto lui, ci sono le minacce dell'altro. Non è facile dargliela a bere al padrone. Intanto ha già saputo degli amori del lio e mi guarda con due occhi così, che non gli mandi a ramengo il matrimonio. Se mi pesca sul fatto, sono morto. Oppure, se gli gira, prende la palla al balzo per sbattermi alla macina, giusto o ingiusto che sia. A questi guai, se ne appiccica un altro, per me: la ragazza di Andro, moglie o amante che sia, Panfilo l'ha ingravidata; e bisogna sentirli, che coraggio: progetti da dementi, non da amanti, i loro. Il bimbo che nascerà, maschio o femmina, han deciso di riconoscerlo, e intanto, tra loro, mettono in piedi non so che imbroglio, che lei, la ragazza, è cittadina ateniese. «C'era una volta un vecchio mercante che fece naufragio con la sua nave presso l'isola di Andro, e vi morì» E lei, l'orfanella, sbattuta sulla riva, l'avrebbe raccolta il padre di Criside. Balle! A me, cavolo, non pare mica verisimile. Ma a loro va bene così. To', Miside sta uscendo dalla casa della ragazza. Io me ne vado in piazza a trovar Panfilo, che suo padre, con questa storia, non abbia a pigliarlo alla sprovvista.




MISIDE


MISIDE (verso l'interno)


Sì, Archilide, l'ho capita. Vuoi che faccia venire Lesbia, quella vecchia beona, quell'incosciente. Ma non è mica la persona giusta per affidarle una primipara. Debbo farla venire lo stesso? Ma guarda com'è cocciuta questa vecchiarda. Eh già, loro due trincano insieme. O dèi, vi scongiuro, fatele la grazia, alla ragazza, che partorisca da sola; e a Lesbia che vada a far guai da un'altra parte. Ma cosa vedo? Panfilo tutto stralunato. Chissà che accidente gli succede. Ora l'aspetto per sapere che malanno ci porti questa sua aria da funerale.




PANFILO MISIDE


PANFILO


È umano questo modo di fare? È questo il compito di


MISIDE (tra sé)


Che cosa c'è?


PANFILO


Per la fede negli dèi, cos'è questa se non un'ingiuria? Aveva deciso, lui, di darmi moglie oggi. E io, non era giusto che lo sapessi in anticipo? Non era giusto che me lo dicesse prima?


MISIDE


Povera me, che cosa sento!


PANFILO


Cosa? Quel Cremete che aveva giurato di non darmi sua lia, cambia idea perché vede che io non cambio? E così fa di tutto, quel cocciuto, per strappare da Glicerio il povero Panfilo? Se andasse così, sarei un uomo morto. Esiste al mondo un uomo, uno solo, disgraziato e infelice come me? Per la fede degli uomini e degli dèi, non potrò sfuggire in nessun modo a questo legame con Cremete? Eccomi disprezzato e sputacchiato in tutti i modi. Tutto fatto e strafatto. Mah! Sono respinto, poi richiamato: perché? Mi viene il sospetto che Che abbiano cresciuto un mostriciattolo e non sappiano a chi rifilarlo. Per questo pensano a me.


MISIDE


Povera me, questo discorso mi fa morire di paura.


PANFILO


E di mio padre, cosa debbo dire? Ah! Una cosa così seria trattata così alla leggera! Appena mi raggiunge in piazza, mi fa: «Panfilo, tu oggi ti sposi. Va' a casa e preparati». Era come se mi dicesse: «Va' subito a impiccarti». Mi ha lasciato secco. Credi tu che io abbia potuto dire verbo? O una ragione, una sola, magari sciocca, falsa, malvagia? Ero senza parole. Però se l'avessi saputo per tempo Che cosa avrei fatto? Se qualcuno adesso me lo chiede, be', farei qualcosa pur di non fare quella cosa. Ma adesso adesso, punto primo che cosa debbo fare? Troppi pensieri mi assediano, tirando di qua e di là il mio pensiero. L'amore, la compassione per Glicerio; l'ombra delle nozze, ma anche il rispetto per mio padre che, sino a oggi, con tanta comprensione mi ha permesso di fare tutto ciò che volevo. Io contro di lui? Ahimè, non so proprio cosa fare.


MISIDE


Misera me, questo «non so proprio», ho paura, chissà come va a finire. Ma adesso bisogna proprio che lui parli con lei, o che io dica a lui qualcosa di lei. Quando l'animo è incerto, basta un niente per spingerlo da una parte o dall'altra.


PANFILO


Chi parla là? Miside, ti saluto.


MISIDE


Salute a te, Panfilo.


PANFILO


Che fa?


MISIDE


Me lo chiedi? Ci ha le doglie, lei, e si tormenta pure perché le tue nozze sono state fissate per oggi. Teme che tu l'abbandoni.


PANFILO


Che! Potrei concepire una cosa simile, io? Permettere che sia ingannata da me, lei, che mi ha affidato il suo cuore e la sua vita, lei che io considero la mia sposa diletta? Permettere che la sua anima, cresciuta ed educata alla virtù e al pudore, sia costretta a mutare sotto la morsa del bisogno? Non sarà mai.


MISIDE


Non avrei timori, se dipendesse solo da te; ma potrai resistere alla forza?


PANFILO


Così vile mi stimi, così ingrato e inumano, bestiale, che né amore né pudore mi commuovano e mi spingano a mantenere la parola?


MISIDE


So soltanto una cosa, io, che lei merita che tu le resti fedele.


PANFILO


Fedele io? Miside, Miside! Sono ancora scritte nel mio cuore le parole che Criside mi disse di Glicerio. Mi chiamò mentre era in agonia. Accorsi. Voi lontane, noi due soli. Comincia: «Panfilo mio, vedi la sua bellezza e la sua età; tu non ignori quanto vane siano, l'una e l'altra, per difendere il suo onore e il suo bene. Perciò ti prego per questa tua destra e per il tuo Genio, ti supplico per la tua fede e la sua solitudine, di non staccarla da te e non abbandonarla. Se ti amai come una sorella, se lei ti ha posto, te solo, al di sopra di tutto, se ti fu devota in ogni momento, io ti do a lei come sposo, e amico, e padre, e tutore. Rimetto a te ogni nostro bene e li raccomando alla tua lealtà». E mentre me l'affida, la morte subito la coglie. Ho promesso, io, e non mancherò.


MISIDE


E così io spero.


PANFILO


Ma tu perché ti allontani da lei?


MISIDE


Sto cercando un'ostetrica.


PANFILO


Presto, allora. Mi ascolti? Non una parola sulle nozze, che alle sue pene non si aggiunga anche questo


MISIDE


Ho capito.




ATTO II






CARINO BIRRIA PANFILO


CARINO


Che ne dici, Birria? Oggi gliela daranno in sposa a Panfilo?


BIRRIA


Proprio così.


CARINO


Come lo sai?


BIRRIA


L'ho saputo poco fa, in piazza, dalla bocca di Davo.


CARINO


Disgraziato me! Sino a ora fu diviso tra speranza e timore, l'animo mio, ma ora, poiché la speranza mi è strappata, ora stanco e oppresso sbigottisce.


BIRRIA


Di grazia, Carino! Poiché ciò che vuoi non può essere, cerca di volere ciò che può.


CARINO


Volere? Filumena, nient'altro che Filumena!


BIRRIA


Ah, come sarebbe meglio, per te, far di tutto per strapparti dal cuore questo amore, invece di tenere dei discorsi che infiammano inutilmente la tua passione.


CARINO


Come è facile, eh, per chi sta bene, dar buoni consigli agli ammalati. Se tu fossi me, diresti ben altro.


BIRRIA


Fa', fa' come ti pare.


CARINO


Ma c'è Panfilo, là. Non lascerò nulla di intentato prima di morire.


BIRRIA


Ma cosa fa questo qui?


CARINO


Lo pregherò, lo supplicherò, gli dirò del mio amore. Forse mi concederà di rinviare, almeno di qualche giorno, le sue nozze. Nel frattempo qualcosa succederà, mi auguro.


BIRRIA


Questo qualcosa è uguale a zero.


CARINO


Birria, che te ne pare? Vado da lui?


BIRRIA


Perché no? Se non ottieni nulla, che almeno lo sappia, lui, che tu, dopo, gli metterai le corna.


CARINO


Vattene in malora, con le tue insinuazioni, canaglia!


PANFILO


To', vedo Carino. Salute!


CARINO


Salute. Panfilo. Mi rivolgo a te chiedendo speranza e salvezza, aiuto e consiglio.


PANFILO


Ahimè, non ho materia per consigli né mezzi per aiuti. Ma che cos'è che hai?


CARINO


Tu oggi ti sposi?


PANFILO


Dicono.


CARINO


Panfilo, se lo fai, oggi mi vedi per l'ultima volta.


PANFILO


E perché?


CARINO


Ahimè, non oso dirlo. Birria, per favore, diglielo tu.


BIRRIA


E io lo dirò.


PANFILO


Ma che c'è?


BIRRIA


Questo qui ama la sposa tua.


PANFILO (a parte)


I sentimenti suoi non sono i miei. (ad alta voce) Ehi, tu, Carino, dimmi un po': tra te e lei non c'è stato nulla di concreto, eh?


CARINO


Nulla, Panfilo, nulla.


PANFILO (a parte)


Peccato!


CARINO


Ora ti scongiuro in nome dell'amicizia e dell'amore: per prima cosa, non sposarla.


PANFILO


Io ce la metto tutta.


CARINO


Ma se così non può essere, o se le nozze sono nel tuo cuore


PANFILO


Nel mio cuore?!


CARINO


Rinviale almeno di qualche giorno, che io possa andarmene via, così che non veda.


PANFILO


Ascolta tu, adesso. Io sono convinto, Carino, di una cosa: che un uomo dabbene, se non ha fatto nulla di lodevole, non deve pretendere lodi. Queste nozze, ho più voglia io di fuggirle che tu di arrivarci.


CARINO


Mi ridai la vita.


PANFILO


E adesso, se tu puoi, o se Birria può, datevi da fare, brigate, inventate, trovate il modo che sia data a te, Filumena. Io farò di tutto perché non sia data a me.


CARINO


Questo mi basta.


PANFILO


Vedo Davo: arriva a proposito, dei suoi consigli mi fido.


CARINO (a Birria)


Tu invece non sai dirmi altro che ciò che non mi serve. Ti togli dai piedi?


BIRRIA


Certo, e con piacere. (si allontana)




DAVO CARINO PANFILO


DAVO (entrando e parlando fra sé)


O magnifici dèi!, io porto qualcosa di magnifico! Ma dove lo trovo, Panfilo, per liberarlo dalle sue pene e colmarlo di gioia?


CARINO


È contento, lui, chissà perché.


PANFILO


Niente, non li conosce ancora, i nostri guai.


DAVO


Io dico che lui, se ha già saputo che le sue nozze sono preparate


CARINO


Hai sentito?


DAVO


Lui mi sta cercando per tutta la città, fuori di sé. Ma dove lo trovo, io? E da dove debbo cominciare a cercarlo?


CARINO


Avanti, parlagli.


DAVO


Ho trovato!


PANFILO


Davo, ci sei, fermati.


DAVO


E chi è questo che mi O Panfilo, cercavo proprio te. Carino, su con la vita! Capitate a proposito, voi due. Siete voi che volevo.


PANFILO


Davo, sono un uomo finito.


DAVO


Ascoltami, invece.


PANFILO


Sono morto.


DAVO


So io di cosa hai paura.


CARINO


Ahimè, anche la mia vita è appesa a un filo.


DAVO


So anche di te.


PANFILO


Le mie nozze


DAVO


Ecché non lo so?


PANFILO


Oggi


DAVO


Tu mi gonfi la testa. Non t'ho detto che so? Tu hai paura di sposare Filumena; tu di non sposarla.


CARINO


L'hai detto.


PANFILO


Proprio così.


DAVO


Niente paura, nessun pericolo. Credimi.


PANFILO


Ti prego, liberami subito, me misero, dalla paura.


DAVO


Eccoti liberato. Cremete non ti dà sua lia.


PANFILO


E come lo sai?


DAVO


Lo so. Poco fa tuo padre mi ha agganciato. Oggi, dice, ti darà moglie, e tante altre cose che ora non è il caso di ripetere. Subito mi precipito in piazza per trovarti e informarti. Non ti vedo e allora salgo più in alto e mi guardo intorno. Niente. Per fortuna mi imbatto nel suo servo, Birria, e lo interrogo. Dice che non t'ha visto. Male per me. Mi metto a pensare al da farsi. Sulla via del ritorno, ripensando ai fatti nudi e crudi, mi viene un sospetto: «Uhm! Provviste poche, lui triste, nozze all'improvviso. Non quadra».


PANFILO


E questo a cosa ci porta?


DAVO


Subito vado da Cremete. Appena arrivato, davanti alla porta, il deserto. Comincio a rallegrarmi.


CARINO


Dici bene.


PANFILO


Va' avanti.


DAVO


Mi fermo e guardo. Nessuno entra, nessuno esce. Nessuna matrona nei paraggi. Preparativi niente, movimento nulla Mi avvicino e do una sbirciatina dentro.


PANFILO


Ho capito. Un buon indizio.


DAVO


Forse che tutto questo si accorda con un matrimonio?


PANFILO


Non credo.


DAVO


«Non credo», dici. No, non ci sei. La cosa è sicura. Partendo, poi, ho incrociato uno schiavetto di Cremete che portava al vecchio la sua cena: un poco d'erba e qualche pesciolino. Roba da un soldo.


CARINO


Grazie a te, Davo, io sono salvo.


DAVO


E invece no.


CARINO


Come no? Eppure è sicuro che mica la concede a Panfilo.


DAVO


Sei una bella sagoma. Come se dovesse, perché non la concede a lui, concederla proprio a te, senza che tu muova un dito, e brighi, e preghi gli amici del vecchio.


CARINO


È un buon consiglio. Vado anche se, accidenti, questa speranza mi ha fregato tante di quelle volte. Salute!




PANFILO DAVO


PANFILO


Ma cosa ha in mente mio padre? Perché fa le finte?


DAVO


Ti dirò. Metti che Cremete rifiuti di darti sua lia. A tuo padre gli sembrerebbe di essere ingiusto, e l'idea non è ingiusta, se se la prendesse con Cremete prima di sapere esattamente cosa ne pensi tu del matrimonio. Se invece fossi tu a rifiutare le nozze, tuo padre getterebbe la colpa su di te. E sarebbe la fine del mondo.


PANFILO


Sopporto tutto io.


DAVO


È tuo padre, Panfilo. Non è facile. E poi Glicerio è una donna sola. Detto e fatto, troverà una scusa per farla scacciare dalla città.


PANFILO


Scacciare?


DAVO


Su due piedi.


PANFILO


Davo, Davo, ti prego: cosa debbo fare?


DAVO


Digli che ti sposerai.


PANFILO


Cosa?


DAVO


Che c'è?


PANFILO


Io dovrei dire


DAVO


Perché no?


PANFILO


Mai e poi mai!


DAVO


Non dire mai.


PANFILO


Non cercare di convincermi.


DAVO


Tu pensa a quel che può uscirne.


PANFILO


Che là mi buttano fuori, qui mi chiudono dentro.


DAVO


Non è così. Io penso che tuo padre ti dirà: «Voglio che oggi ti sposi». Tu: «Mi sposerò». Avrà motivo di strapazzarti? Tutti i suoi piani, che lui crede certi, glieli renderai incerti; e senza alcun pericolo, perché una cosa è fuor di dubbio: Cremete non ti darà sua lia. Ma tu, su questo, non spostarti di un pollice, che lui non cambi parere. Di' a tuo padre che sei d'accordo, così che, anche se volesse, non avrebbe ragione di rimbrottarti. Se mai ti mettessi in testa: «Farò di me un partito inaccettabile, io, con la mia condotta», sta certo che lui ti scoverebbe una morta di fame piuttosto che lasciarti a briglia sciolta. Ma se vede, lui, che tu accetti di buon grado, se la prenderà comoda, lui, e senza fretta si metterà a cersectiunene un'altra. Nel frattempo potrà saltar fuori qualcosa di buono.


PANFILO


Credi proprio?


DAVO


Certo e garantito.


PANFILO


Pensa a cosa mi spingi.


DAVO


Ma tu non taci mai?


PANFILO


Dirò di sì. Prudenza però: che non venga a sapere che aspetto un lio da lei. Ho promesso di riconoscerlo.


DAVO


Hai un bel fegato.


PANFILO


Per esser certa di non venir abbandonata, lei mi ha supplicato di darle la mia parola.


DAVO


D'accordo. Ma tuo padre è qui. Attento che non ti veda col morale sotto le scarpe.




SIMONE DAVO PANFILO


SIMONE (entrando, fra sé)


Ritorno per vedere cosa fanno, cosa complottano, quelli.


DAVO


Adesso lui è sicuro che tu dirai di no al matrimonio. Ci ha pensato su in qualche angolino solitario e spera di aver trovato il discorso adatto per metterti in crisi. Perciò cerca di esser padrone di te stesso.


PANFILO


Potessi farcela, Davo!


DAVO


Dammi retta, Panfilo: tuo padre non ti dirà una parola se tu gli prometti di sposarti.




BIRRIA SIMONE DAVO PANFILO


BIRRIA (entrando)


Pianta tutto subito, mi ha detto il padrone, e tieni dietro a Panfilo, perché voglio sapere che cosa combina col matrimonio. È per questo che lo sto pedinando sin qui. Ma ecco che lo vedo insieme al suo Davo. All'opera!


SIMONE (a parte, accennando a Panfilo e Davo)


Eccoli là tutti e due.


DAVO


Attento tu.


SIMONE


Panfilo!


DAVO


Voltati come se t'avesse preso alla sprovvista.


PANFILO


Ah, padre mio!


DAVO


Bravo.


SIMONE


Voglio ed esigo, come ti dissi, che tu oggi ti sposi.


BIRRIA (a parte)


Che fifa! La nostra causa dipende da quel che risponderà.


PANFILO


Né in questa cosa né in altra troverai un ostacolo in me.


BIRRIA


Oh!


DAVO


Ha perso la parola.


BIRRIA


Ma che cavolo ha detto?


SIMONE


Agisci proprio come devi, se da te ottengo con le buone ciò che ti chiedo.


DAVO


Non l'avevo detto?


BIRRIA


Il mio padrone, a quel che sento, ha già perduto la moglie.


SIMONE


Vattene subito a casa, che tu non sia in ritardo, se mai servisse qualcosa.


PANFILO


Vado. (esce)


BIRRIA


No, non ci si può fidare di nessuno, in nessuna cosa. Ha ragione quel proverbio che dice: «Oggi a me domani pure». Io l'ho veduta, quella ragazza, e l'ho trovata bella, proprio bella. Bisogna riconoscerlo, mica ha torto Panfilo se preferisce che dorma tra le sue braccia Adesso vado a riferire e sono guai Male che porto, male che sopporto (esce)




DAVO SIMONE


DAVO (a parte)


Questo qui si aspetta che gli tiri un bidone. Pensa che sia rimasto proprio per fregarlo.


SIMONE


Cosa sta raccontando Davo?


DAVO


Adesso? E cosa mai


SIMONE


Proprio niente?


DAVO


Niente di niente.


SIMONE


Ma io veramente mi aspettavo


DAVO


E già, tutto va contro le sue previsioni, e lui si sente sperduto.


SIMONE


Saresti capace di dirmi la verità?


DAVO


Niente di più facile.


SIMONE


Mica gli vanno di traverso queste nozze? Tu sai bene,io penso a quell'amoretto di Panfilo per la straniera


DAVO


Ma no, accidenti. E se anche fosse, tu capisci, sarebbe un male di due giorni, o tre. Poi passa. Perché lui, su questo affare, ci ha riflettuto bene, nel suo intimo.


SIMONE


E io gli dico bravo.


DAVO


A tempo debito, quando l'età lo consentiva, ha corso la cavallina. Sì, ma l'ha fatto con discrezione, stando ben attento a non perdere la reputazione, come si addice a un galantuomo. Adesso è tempo di prender moglie. E lui pensa alle nozze.


SIMONE


Però a me è sembrato un po' giù di squadra.


DAVO


Mica per il matrimonio. Il fatto è che ha qualche motivo di tenerti il muso.


SIMONE


Che motivo?


DAVO


Ragazzate.


SIMONE


Ma che cos'è?


DAVO


Ma nulla.


SIMONE


Dimmi subito cos'è.


DAVO


Dice, lui, che hai lesinato troppo sulla spesa.


SIMONE


Io?


DAVO


Tu. Dice, lui, che tu per le provviste hai cacciato sì e no dieci dracme. Non sembra neanche, dice, che dia moglie a suo lio. Ma chi posso invitare a cena, dice, tra i miei amici più cari? Via, bisogna riconoscerlo, hai fatto troppa economia. Non approvo.


SIMONE


Zitto tu.


DAVO (tra sé)


Ho fatto centro.


SIMONE (tra sé)


Adesso debbo stare attento che tutto proceda per il meglio. Ma cos'è che c'è sotto? Che cosa avrà in testa quel volpone? Se qualcosa va storto, puoi giurarci, c'è di mezzo il suo zampino.




ATTO III






MISIDE SIMONE DAVO LESBIA (GLICERIO)


MISIDE


Accidenti, Lesbia, di solito le cose vanno proprio come dici tu: mica lo trovi un uomo che sia fedele a una donna.


SIMONE (sottovoce, a Davo)


È la serva della ragazza di Andro.


DAVO


Che dici? Ah sì.


MISIDE


Però questo Panfilo


SIMONE


Cosa sta dicendo?


MISIDE


Ha dato prova di fedeltà.


SIMONE


Che?


DAVO


Ma perché non diventi sordo? Ma perché non diventa muta?


MISIDE


Ha giurato che l'avrebbe riconosciuto, il bambino.


SIMONE


Mio Dio, cosa sento? Se questa è la verità, è finita.


LESBIA


Dici che ha un buon carattere, quel giovane.


MISIDE


Più che buono. Ma entriamo, via, che tu non faccia tardi.


LESBIA


Ti seguo. (entrano in casa)


DAVO


E adesso, come cavolo posso rimediare?


SIMONE


Che significa? È così pazzo? Di un straniera? Capisco, capisco Che sciocco, ci arrivo soltanto adesso.


DAVO


Dove dice che arriva?


SIMONE


Punto primo, mi tirano questo bidone, facendo finta che stia per partorire, così Cremete si prende una paura


GLICERIO (dall'interno)


Giunone Lucina, aiutami! Salvami, te ne prego!


SIMONE


Così di fretta, ah? Mi fa ridere, mi fa. Si dà da fare perché ha saputo che io sono davanti alla sua porta. Eh no, Davo, nella tua regia i tempi sono sfasati.


DAVO


La mia?


SIMONE


I tuoi allievi si son scordati la parte?


DAVO


Non capisco di cosa stai parlando.


SIMONE


Se mi avesse preso alla sprovvista durante le vere nozze, questo qui mi avrebbe scornacchiato a suo piacere. E invece no: è lui in cattive acque, io navigo in porto.




LESBIA SIMONE DAVO


LESBIA (verso l'interno, mentre esce)


Per adesso, Archilide, tutti i sintomi sono favorevoli, me lo dice l'esperienza. Ora per prima cosa falle prendere un bagno. Poi fatela bere, come ho prescritto, e nella misura che ho indicato. Io ritorno subito. Accidenti, a Panfilo è nato proprio un bel bambino. Prego gli dèi che sopravviva, perché suo padre è un bravo giovane che s'è guardato bene dal far torto a una ragazza così brava. (si allontana)


SIMONE


Potrebbe dubitare, uno che ti conosce, che tutto questo non sia opera tua?


DAVO


Come sarebbe?


SIMONE


Mica lo diceva, prima, cosa c'era da fare alla puerpera; ma adesso che è uscita sulla strada, adesso si mette a gridare a chi sta dentro. O Davo, tu mi hai preso proprio per un gonzo. Mi credi tanto fesso da potermi imbrogliare a sectiune scoperte? Salva almeno le apparenze, come se io potessi far paura, una volta che scoprissi il gioco.


DAVO (a parte)


Per la miseria, questo qui s'inganna da solo. Io che c'entro?


SIMONE


Non te l'ho cantata? Non ti ho messo in guardia di non farlo? Hai forse avuto un poco di rispetto? Che cosa t'ha preso? Io dovrei credere, adesso, che la ragazza ha avuto un lio da Panfilo?


DAVO (tra sé)


Capisco dove sbaglia e so io cosa fare.


SIMONE


Perché taci?


DAVO


Farti credere, che cosa? Come se tutti non ti avessero avvisato che tutto questo sarebbe avvenuto.


SIMONE


Avvisare me?


DAVO


Ma allora l'hai capita da solo che era una finta?


SIMONE


Qui mi si prende per il bavero.


DAVO


Ma sì che sei stato avvisato. Se no, come saresti arrivato a sospettare?


SIMONE


Come? Ma perché ti conosco.


DAVO


Adesso vienmi a dire che sono stato io a mettere in piedi tutto quanto.


SIMONE


Questo è poco ma sicuro.


DAVO


O Simone, Simone, tu non sai ancora chi è Davo.


SIMONE


Io non ti


DAVO


Non appena apro bocca, tu pensi subito che voglia dartela a bere.


SIMONE


E non è così?


DAVO


Tanto che io non ho più il coraggio di fiatare.


SIMONE


Io so una cosa di sicuro, che qui nessuna donna ha partorito.


DAVO


L'hai capita! Il che non toglie che qui, adesso, davanti alla porta, porteranno il bambino. Padrone, te lo dico in anticipo, a te, subito, quello che avverrà, così che tu ne sia avvisato e non dica, poi, che è successo per i trucchi di Davo. Deve cambiare da così a così il tuo concetto su di me.


SIMONE


Come l'hai saputa, la faccenda?


DAVO


L'ho sentito, e ci credo. Molti indizi concorrono a portarmi a questa previsione. Primo: la ragazza dice che è gravida di Panfilo; e si è visto che è falso. Secondo: dato che a casa tua si preparano le nozze, spedisce subito una serva a chiamare l'ostetrica, che arrivi da lei con un bambino. Tu devi vederlo con i tuoi occhi, il bimbo, se no le nozze mica vanno per aria.


SIMONE


Che dici? Se l'hai capito al volo, il piano della ragazza, perché non l'hai rivelato subito a Panfilo?


DAVO


Ma chi, chi l'ha strappato a lei se non io? Lo sappiamo bene, tutti quanti, come ne fosse preso. Però adesso aspira al matrimonio. Insomma, fa che ci pensi io a questo affare. Tu però continua a occuparti delle nozze, come stai facendo. E spero che non ci manchi l'aiuto degli dèi.


SIMONE


Meglio che tu rientri in casa. Aspettami là e prepara quel che occorre. (tra sé, mentre Davo rientra) Non mi ha ancora convinto a dargli retta. Non so mica se è tutto vero quel che mi ha detto. Che importa? Per me l'essenziale è ciò che mi ha promesso lui, il mio Panfilo. Ora vado a trovar Cremete per chiedergli la mano della lia. Se lui consente, che giorno potrei scegliere per le nozze se non questo? Mio lio ha promesso, dunque per me non c'è dubbio che, se dovesse rifiutare, avrei tutto il diritto di costringerlo. Ma eccolo là che arriva a buon punto, Cremete.




SIMONE CREMETE


SIMONE


Salute a te, Cremete.


CREMETE


Cercavo proprio di te.


SIMONE


E io di te.


CREMETE


Arrivi a puntino. Sono venuti a raccontarmi, e per averlo saputo, dicono, da te, che oggi mia lia sposa tuo lio. Ora pretendo di sapere chi sragiona: tu o loro.


SIMONE


Ascoltami, ti prego; saprai ciò che voglio dirti io e ciò che desideri sapere tu.


CREMETE


Ti ascolto. Di' quel che vuoi.


SIMONE


Nel nome degli dèi, Cremete, e della nostra amicizia, che ha avuto origine nella nostra infanzia ed è cresciuta insieme ai nostri anni, e nel nome della tua unica lia, e nel nome di mio lio, la cui salvezza è nelle tue mani, io ti prego di aiutarmi in questo caso; e che le nozze siano celebrate, come dovevano esserlo.


CREMETE


Ma no, no, non pregarmi. Come se fosse necessario che tu mi pregassi Non penserai mica che io sia cambiato dal giorno in cui mi dissi favorevole? Se giova a entrambi che la cosa sia, mandalo a chiamare, il tuo Panfilo; ma se per l'uno o per l'altra la cosa fa più male che bene, sono io che ti prego di pensarci su, nel comune interesse, come se tu fossi il padre di Filumena e io il padre di Panfilo.


SIMONE


Ma io desidero, io auspico che il matrimonio avvenga, Cremete. Non starei a pregarti se la situazione non mi costringesse.


CREMETE


Di che si tratta?


SIMONE


C'è burrasca tra Glicerio e mio lio


CREMETE


Ma senti!


SIMONE


e ciò mi fa sperare di strapparglielo dalle grinfie.


CREMETE


Frottole!


SIMONE


È proprio così, invece.


CREMETE


No, è come dico io, per la miseria! Liti di amanti, l'amore va avanti.


SIMONE


Ti prego! Prendiamola al volo, l'occasione, mentre l'ora è propizia e la sua infatuazione si è raffreddata per gli insulti. Prima che quelle là, con malizie e moine, tornino a rammollirlo, noi diamogli moglie, a quel ragazzo un po' debole. Sono convinto, Cremete mio, che col favore del tempo e un bel matrimonio gli sarà facile liberarsi dalla trappola.


CREMETE


Tu la vedi così, ma io non credo mica che mia lia potrebbe tenerselo a lungo. Non credo neppure che io potrei sopportare


SIMONE


Come puoi dirlo se non fai la prova?


CREMETE


La prova sulla pelle di mia lia? Sarebbe imperdonabile.


SIMONE


Alla fin fine tutto il male, dio non voglia, si riduce al rischio d'una separazione. Ma se lui si raddrizza, pensa che vantaggi! Al tuo amico, per prima cosa, restituisci un lio, a te procuri un bravo genero e a tua lia un marito.


CREMETE


Che vuoi che ti dica? Se tu sei così convinto che la cosa è conveniente, non voglio essere io quello che mette i bastoni tra le ruote.


SIMONE


Tu, Cremete, io t'ho sempre stimato, e con tutte le ragioni.


CREMETE


Tu dimmi però


SIMONE


Che cosa?


CREMETE


Come lo sai che tra i due adesso c'è burrasca?


SIMONE


Me l'ha detto Davo, proprio lui, che sai quanto sia loro intimo. È lui che mi consiglia di affrettare le nozze più che posso. Tu pensi che lo farebbe se non sapesse che anche mio lio è del parere? Ma io voglio che tu l'ascolti con le tue orecchie. Ehi, dite a Davo che venga qui! Ma eccolo, eccolo che esce di casa.




DAVO SIMONE CREMETE


DAVO


Venivo proprio da te.


SIMONE


E perché mai?


DAVO


La sposa, come mai non la chiamate? Si sta facendo sera.


SIMONE (a Cremete)


L'hai sentito? (a Davo) Io prima, Davo, avevo un certo timore che tu facessi quel che fanno in genere gli schiavi, e cioè, dato che mio lio ha quel capriccio, che tu mi preparassi qualche trappola.


DAVO


Una trappola io?


SIMONE


Lo sospettavo. E per questo timore ti tenevo nascosto ciò che adesso sto per dire.


DAVO


Che cosa?


SIMONE


Saprai. Ormai comincio a fidarmi di te.


DAVO


Hai capito chi sono, finalmente?


SIMONE


Le nozze, non erano mica in programma.


DAVO


Come no?


SIMONE


Eh no, le avevo inventate per mettervi alla prova.


DAVO


Ma cosa mi dici.


SIMONE


Le cose stanno così.


DAVO


Ma guarda! E io che non c'ero arrivato. Però che bella pensata!


SIMONE


E ascolta bene: non appena ti ho ordinato di rientrare, sai chi mi capita qui? Cremete.


DAVO


Ahi! Che siamo fregati?


SIMONE


E gli racconto, a lui, ciò che mi avevi appena confidato.


DAVO


Che sto per sentire?


SIMONE


Lo prego di concedere sua lia e lui, proprio adesso, ha detto sì.


DAVO


Sono morto.


SIMONE


Eh? Cosa hai detto?


DAVO


Ho detto: ben fatto, benissimo.


SIMONE


Adesso, da parte di Cremete, nessun ostacolo più.


CREMETE


Rientro subito in casa, a ordinare che tutto venga preparato; poi ritorno qui a riferire. (esce)


SIMONE


Ora ti prego, Davo, visto che solo a te io debbo questo matrimonio


DAVO


Solo a me, già.


SIMONE


di ammonire il ragazzo, che d'ora in poi faccia bella ura.


DAVO


Lo farò, puoi giurarci.


SIMONE


Mettiti in moto subito, mentre il suo animo è crucciato.


DAVO


Stattene tranquillo.


SIMONE


Ma dimmi, ora dov'è?


DAVO


Mi stupirei se non fosse in casa.


SIMONE


Andrò da lui e gli dirò le cose che ho detto a te. (esce).


DAVO


Fottuto sono, fottutissimo. Perché non vado di corsa a raggiungere la macina? Non vedo via di scampo. Ho incasinato tutto, bidonato il padrone, scaraventato a nozze il padroncino. Quello non ci sperava, questo non le voleva, le nozze, e sono stato io a combinarle. Che razza di furbastro! Ah se fossi rimasto muto, nessun guaio ne sarebbe uscito. Ma eccolo, eccolo. Sono un uomo perduto. Perché, perché non ce l'ho un bel posto in cui buttarmi a capofitto?




PANFILO DAVO


PANFILO (tra sé, entrando)


Dov'è quel criminale che mi ha rovinato?


DAVO


Sono fritto.


PANFILO


Ma sì, lo confesso, mi sta bene, perché sono un buono a nulla, un balordo, un A uno schiavo vado ad affidare i fatti miei, a un cialtrone di schiavo! Così o il fio della mia stupidità. Però lui mica se la cava impunemente.


DAVO


Se me la cavo questa volta, per il futuro non ho più nulla da temere.


PANFILO


E che gli dico, adesso, a mio padre? Che non ci sto più, dopo che gli ho appena promesso di sposarmi? Con che faccia glielo posso dire? No, non so proprio cosa fare.


DAVO


Forse che io lo so? Eppure ce la metto tutta. Gli dirò che inventerò qualcosa per metterci una pezza, almeno per il momento.


PANFILO (scorge Davo)


Ehi tu!


DAVO


M'ha visto.


PANFILO


E allora, bel tomo, cosa dici? Guarda come mi hai inguaiato coi tuoi consigli.


DAVO


Ma io ti libererò.


PANFILO


Mi libererai?


DAVO


Ma sicuro, Panfilo.


PANFILO


Nello stesso modo?


DAVO


Spero proprio di far meglio.


PANFILO


Dovrei crederti, pendaglio da forca? Questo affare che è perso e fottuto, tu me lo sistemi? Guarda di chi dovrei fidarmi. Di quello che mi ha cacciato in questo guaio di nozze, mentre io me ne stavo bello e tranquillo. Te l'avevo detto o no che sarebbe finita così?


DAVO


L'hai detto, l'hai detto.


PANFILO


Che cosa ti meriti?


DAVO


La croce. Però dammi un po' di tempo che ci pensi su. Ho già una mezza idea.


PANFILO


Perché, perché non ce l'ho il tempo per conciarti come vorrei? Ora come ora, ho appena il tempo di guardarmi intorno, mica di sistemarti per le feste.




ATTO IV






CARINO PANFILO DAVO


CARINO (tra sé, entrando)


È concepibile, questo? È credibile? Possibile che in un essere umano si annidi tanta insensatezza da farlo godere delle disgrazie altrui? Da fargli volgere a sua ventura la sventura di un altro? Ah, dunque è così. Però esiste una razza d'uomini peggiori. Chi sono? Quelli che sul momento han ritegno a dirti di no, ma poi, quando è l'ora di venire al dunque, son costretti a tradirsi. Magari se ne vergognano, loro, ma la forza delle cose li spinge a mancare alla parola. È allora che, nei discorsi, arrivano all'impudenza: «Ma tu chi sei? Cosa significhi per me? Perché dovrei, per te Bada che io, prima di tutto, sono l'amico mio». Ma se tu gli chiedi: «E la tua parola»? loro mica provano vergogna, no, mentre più che mai dovrebbero. Magari si fanno degli scrupoli quando non è il caso. Ma che cosa faccio adesso? Vado da lui e gli chiedo conto dell'offesa? Lo copro di male parole? Qualcuno potrebbe dirmi: «Non cavi un ragno da un buco». Invece no! Almeno gli rompo l'anima e mi sfogo.


PANFILO


Carino, senza volerlo ti ho rovinato, ho rovinato me stesso, se non ci salvano gli dèi.


CARINO


Senza volerlo, eh? L'hai trovata la scusa. L'hai proprio mantenuta, la parola.


PANFILO


Ho trovato la scusa?


CARINO


Pretendi ancora di menarmi per il naso con le tue chiacchiere?


PANFILO


Come sarebbe?


CARINO


Ti ho detto che l'amavo, io; e allora è cominciata a piacerti. Accidenti a me che ho giudicato il tuo cuore sulla base del mio.


PANFILO


Ma non è vero!


CARINO


Non c'è abbastanza gusto, ti sei detto, no?, se non lo lusingo, quel cascamorto, e se non lo tengo sulla corda con speranze fasulle. È tua!


PANFILO


Mia? Ma tu neanche te lo immagini in quanti guai mi ritrovo, disgraziato che sono, e quante pene mi ha rovesciato addosso questo boia qui, con i suoi consigli.


CARINO


È un boia? Che c'è di strano, se prende esempio da te?


PANFILO


Mica me le diresti queste cose, se sapessi chi sono, io, e di chi sono innamorato.


CARINO


Lo so. Hai appena litigato con tuo padre e lui ora ce l'ha con te, e sai perché? Perché non è riuscito a costringerti a sposarla oggi.


PANFILO


Ma no, ma no. Proprio non le conosci, le mie disgrazie. Il matrimonio mica mi veniva preparato, nessuno voleva darmi moglie.


CARINO


Certo, eri tu che ti costringevi.


PANFILO


Fermati. Tu ancora non sai.


CARINO


Però so bene che tu la sposerai.


PANFILO


Perché mi tormenti? Sentimi bene: non la smetteva di starmi addosso, lui, perché dicessi a mio padre che l'avrei sposata, e insisteva, pregava, tanto che alla fine ho detto di sì.


CARINO


Chi è l'uomo che


PANFILO


È Davo


CARINO


Davo?


PANFILO


Che si è impicciato.


CARINO


E perché?


PANFILO


Boh Io so soltanto che gli dèi ce l'avevano con me, quando gli ho dato retta.


CARINO


Davo, è così che è andata?


DAVO


Proprio così.


CARINO


Eh? Che cavolo dici, avanzo di galera? Che gli dèi ti diano la fine che ti meriti. Ma dimmi, dimmi: se i suoi nemici, tutti insieme, avessero voluto dargli in testa il matrimonio, che consiglio gli avrebbero dato se non questo?


DAVO


Ho sbagliato il colpo ma non sono fuori del gioco.


CARINO


Lo vedo.


DAVO


È interrotta questa via? Noi ne imbocchiamo un'altra. Ma forse credi, perché il primo colpo è andato storto, che questo guaio non possa più volgersi al bene?


PANFILO


Ma sicuro, ma certo. Se ti ci metti tu, da un matrimonio mi trascini a due.


DAVO


Il mio compito, Panfilo, è quello di servirti, mani e piedi, notte e giorno, rischiando la testa pur di favorirti. Il tuo è quello di perdonarmi se qualcosa non gira come deve. Può andar male, talvolta, ma io ce la metto tutta. E tu, se te la cavi meglio da solo, mandami a spasso.


PANFILO


È quel che voglio. Tu riportami al punto in cui mi hai trovato.


DAVO


Sarà fatto.


PANFILO


Bisogna sbrigarsi subito.


DAVO


Uhm Fermati, cigola la porta di Glicerio.


PANFILO


Tu non c'entri?


DAVO


Sto pensando


PANFILO


Ah sì? Solo adesso?


DAVO


Ma la soluzione te la servo subito.




MISIDE PANFILO CARINO DAVO


MISIDE (verso l'interno, mentre esce di casa)


Subito, dovunque sia! Te lo troverò, il tuo Panfilo, te lo porterò. Tu però, anima mia, non tormentarti così.


PANFILO


Miside


MISIDE


Che c'è? Oh, Panfilo, arrivi proprio al momento giusto.


PANFILO


Che succede?


MISIDE


«Pregalo di venire subito, se mi ama», mi ha gridato la padrona. Ha una gran voglia di vederti, dice.


PANFILO


Ah, sono morto! Le mie disgrazie ricominciano. (a Davo) È per colpa tua se io e lei, ora, siamo così infelici, poveri noi. Se mi fa chiamare, è perché ha sentito che si prepara il mio matrimonio.


CARINO


Noi si poteva star tranquilli, noi, se questo qui non si sognava di darsi da fare.


DAVO


Avanti, dagli corda, come se non desse già i numeri da solo.


MISIDE


È per questo, accidenti, per questo che lei è disperata.


PANFILO


Miside, nel nome di tutti gli dèi, ti giuro che non la lascerò, a costo di tirarmi addosso tutti i nemici del mondo. È lei che ho desiderato: l'ho avuta, i nostri cuori van d'accordo, crepi chi ci vuol separare. Solo la morte me la toglierà.


MISIDE


Tu mi fai respirare.


PANFILO


L'oracolo di Apollo non è più vero della mia parola. Se si potrà convincerlo, mio padre, che non dipende da me se le nozze vanno a monte, tanto di guadagnato; se non sarà possibile, farò in modo, ed è più facile, che la colpa sia mia. Come mi giudichi?


CARINO


Tu sei infelice quanto me.


DAVO


Io cerco un'ispirazione.


PANFILO


Sei in gamba, tu. So che farai di tutto.


DAVO


Certo che lo farò. Per te.


PANFILO


Il tempo stringe.


DAVO


Ci sono.


CARINO


E com'è?


DAVO


Ci sono per lui, mica per te. Non illuderti.


CARINO


A me basta così.


PANFILO


Che cosa farai? Dimmelo.


DAVO


Mica basta questo giorno qui per il mio piano, ho paura; e tu non star a credere che io abbia tempo per delle chiacchiere. Per la qual cosa, sgomberate, voi due. Mi siete soltanto d'imbarazzo.


PANFILO


Io vado a trovarla.


DAVO


E tu? Dove cavolo vai?


CARINO


Debbo dire la verità?


DAVO


Sicuro. (a parte) Mo' ricomincia la sua solfa.


CARINO


Che ne sarà di me?


DAVO


Ehi, tu, facciatosta, non sei contento se ti do un poco di respiro, quel tanto che ritardo le sue nozze?


CARINO


Sì, Davo, purché


DAVO


Purché cosa?


CARINO


Purché la sposi io!


DAVO


Non farmi ridere.


CARINO


Torna qui da me, non appena ti sarà possibile.


DAVO


Perché dovrei tornare? Mica c'è motivo.


CARINO


Tuttavia, se qualcosa


DAVO


Va bene, verrò.


CARINO


Se qualcosa Io sarò a casa mia. (esce)


DAVO


Tu, Miside, sinché non torno fuori, resta qui ad aspettarmi.


MISIDE


E perché?


DAVO


Perché sì. Ce n'è bisogno.


MISIDE


Ma tu fa presto.


DAVO


Sarò qui tra un minuto, garantito. (entra in casa)




MISIDE DAVO


MISIDE (tra sé)


Cosa c'è mai di sicuro? Niente, per nessuno. Aiutatemi, dèi! Mi sembrava la fortuna più bella, Panfilo, per la mia padrona. Amico, amante, marito, sempre pronto e disponibile. E adesso quanta pena gliene viene, povera lia. Tutto il bene di prima non ria il male di adesso, ci potrei giurare. Ma eccolo che esce, Davo. Ehi, tu, uomo, cosa vuol dire tutto questo? Ti prego! Dove lo porti quel bambino?


DAVO (con un bambino tra le braccia)


Miside, adesso ho bisogno che tu ci metta tutto il tuo giudizio.


MISIDE


Che cosa stai per fare?


DAVO


Avanti, prendi il bambino e posalo dinanzi alla nostra porta.


MISIDE


Ma come, per terra?


DAVO


Prendi quelle frasche lì, sull'altare, e stendile giù.


MISIDE


E perché non lo fai tu?


DAVO


Perché, se mai dovessi giurare al padrone che non l'ho fatto, io possa giurare a cuor leggero.


MISIDE


Capisco. Però che novità, ti prendono gli scrupoli. Da' qui. (prende il bambino, che deporrà per terra)


DAVO


Svelta, se vuoi capire quel che sto per fare. Per Giove!


MISIDE


Che c'è?


DAVO


Arriva il padre della sposa. Contrordine! Il mio piano è ripudiato.


MISIDE


Non capisco che cosa stai dicendo.


DAVO


Farò finta di venire anch'io di qui, dalla destra. Attenta, tu, a darmi una mano con le tue chiacchiere, se ce n'è bisogno.


MISIDE


Ma io che debbo fare? Non ci capisco niente Però, se c'è bisogno che faccia qualcosa per voi, come ti sembra bene, resterò per non intralciare il vostro piano.




CREMETE MISIDE DAVO


CREMETE


Eccomi qua. I preparativi per le nozze di mia lia li ho fatti e ora la faccio chiamare. Ma che c'è? Per la miseria, un bambino! Donna, sei tu che ce l'hai messo?


MISIDE (tra sé alludendo a Davo)


Dove si è cacciato?


CREMETE


Non mi rispondi, tu?


MISIDE (tra sé)


Mica si vede. O povera me! Quel bel tomo mi ha piantata qui, e via.


DAVO


Aiutatemi, dèi! Quanta gente, in piazza, e che razza di beghe! Il mangiare costa troppo (sottovoce) E adesso non so più cosa dire.


MISIDE


Ma tu, per favore, perché io sola, qui


DAVO


Ehi, ma cos'è questa storia? Tu, Miside, da dove è arrivato 'sto bambino? Chi l'ha portato qui?


MISIDE


Ma tu sei matto? E me lo domandi?


DAVO


E a chi vuoi che lo domandi, se non c'è nessun altro.


CREMETE


Ma da dove è piovuto questo bambino?


DAVO


Mi rispondi sì o no? (la scrolla)


MISIDE


Ahi!


DAVO (sottovoce)


Mettiti alla mia destra.


MISIDE


Stai delirando. Non sei stato tu?


DAVO (sottovoce)


Attenta! Guai a te se dici una parola che non sia quella che voglio. (forte) Ma come farfugli Da dove viene? Dillo chiaro e tondo.


MISIDE


Da noi.


DAVO


Aha. C'è proprio da meravigliarsi, se una donna da strada è così sfrontata.


CREMETE


A quel che vedo, questa è la serva della ragazza di Andro.


DAVO


E noi, per chi ci avete preso? Per dei gonzi da sfottere?


CREMETE


Sono arrivato al momento giusto.


DAVO


Via, via, togli di lì quel bambino. (sottovoce) Occhio, non muoverti di un passo.


MISIDE


Che gli dèi ti ammazzino, te. Tu vuoi proprio spaventarmi, povera me.


DAVO


È a te che parlo o no?


MISIDE


Ma che vuoi?


DAVO


Hai il coraggio di chiederlo? Dimmi subito di chi è il bambino che hai deposto.


MISIDE


E tu non lo sai?


DAVO


Quello che so, è affare mio; tu pensa a rispondermi.


MISIDE


È vostro.


DAVO


Vostro di chi?


MISIDE


Di Panfilo.


DAVO


Oh, ma cosa mai, di Panfilo?


MISIDE


Perché, non è così?


CREMETE


Mica mi sbagliavo, io, quando dicevo di no al matrimonio.


DAVO


O delitto, che pena meriti!


MISIDE


Ma che cavolo blateri?


DAVO


Ecché non l'ho visto, io, ieri sera, che lo portavano da voi?


MISIDE


Che razza di sfrontato.


DAVO


Insisto. Ho visto Cantara che era tutta carica.


MISIDE


Accidenti, io ringrazio gli dèi che al parto assistevano fior di donne libere.


DAVO


Ma lei mica lo conosce l'uomo per cui ha cominciato 'sta manfrina: «Se Cremete vede il bambino deposto dinanzi alla casa, non concederà sua lia in matrimonio». E invece no, per Giove, la darà più che mai.


CREMETE


Per Giove, non la darà.


DAVO


E adesso, perché tu sia avvisata, se non lo porti via, quel bambino, io lo faccio rotolare in mezzo alla strada e te insieme, giù nel pantano.


MISIDE


Ma tu sei sbronzo!


DAVO


Una balla tira l'altra. Sento già mormorare che la ragazza è cittadina ateniese.


CREMETE


Cosa?


DAVO


«E lui la sposerà, costretto dalla legge».


MISIDE


In nome di Dio, non è forse cittadina?


CREMETE


Per un pelo non casco nella trappola. Roba da farmi spernacchiare.


DAVO (fingendo di vederlo solo allora)


Ma chi è che parla? O Cremete, giungi a proposito. E ascolta bene.


CREMETE


Ho già ascoltato abbastanza.


DAVO


Ma no! Hai sentito tutto?


CREMETE


Ma sì, tutto, dal principio.


DAVO


Hai sentito, in nome di Dio! Oh canaglie! Questa qui, bisognerebbe trascinarla subito al supplizio. (sottovoce) È lui, quel tale. (forte a Miside) Non credere di sfottere Davo.


MISIDE


Povera me! (a Cremete) Giuro che non ho detto nulla di falso, mio signore.


CREMETE


So tutto, io. Simone è la dentro?


DAVO


C'è. (Cremete si allontana)


MISIDE


Tu, carogna, non toccarmi neanche con un dito. Se Glicerio, per Giove, tutto questo non


DAVO


Ehi, balorda, ma tu non hai capito che cosa si è fatto?


MISIDE


E cosa ne so?


DAVO


Quello è il suocero. Mica c'era un'altra via per fargli sapere ciò che volevamo.


MISIDE


Ma tu potevi avvisarmi.


DAVO


Pensi che non conti nulla se una cosa la fai d'istinto, come natura vuole, invece che per calcolo?




CRITONE MISIDE DAVO


CRITONE


Mi hanno detto che abita in questa piazza, Criside, e che ha preferito far soldi da disonesta qui piuttosto che vivere da povera là, nella sua patria. I suoi averi, con la sua morte, sono passati a me. Ma ecco qualcuno al quale posso chiedere. Salute!


MISIDE


Di grazia, chi vedo? Ma non è Critone, il cugino di Criside? Ma sì, è lui.


CRITONE


Miside, ti saluto.


MISIDE


Salute a te, Critone.


CRITONE


E così Criside ahimè


MISIDE


E ci ha lasciato pure in un mare di guai.


CRITONE


E voi, come ve la cavate qui? Abbastanza bene?


MISIDE


Noi? Sai come si dice: stiamo come si può, dato che non si può come si vuole.


CRITONE


E Glicerio? Ce l'ha fatta a trovare i suoi genitori?


MISIDE


Magari!


CRITONE


Non ancora? Sono arrivato sotto auspici non buoni. A saperlo, mica mi sarei spinto sin qui. Glicerio, sempre l'han detta e tenuta per sorella di Criside. Ha lei il possesso dei beni della defunta e io, ora, che sono uno straniero, so troppo bene, sull'esempio altrui, quanto sia facile e conveniente far causa. Aggiungo che deve averci qualche amico e paladino, lei, dato che era ormai grandicella quando è partita di laggiù. Grideranno che sono un sicofante, un cacciatore di eredità, un morto di fame. Del resto, non voglio neanche spogliarla di quei beni.


MISIDE


Accidenti, Critone, sei proprio un galantuomo di straniero, e all'antica!


CRITONE


Già che son venuto, portami da lei, che la veda.


MISIDE


Ma certo. (escono)


DAVO


Li seguirò. Mica voglio che il vecchio mi veda in questo momento. (li segue)




ATTO V






CREMETE SIMONE


CREMETE


Sin troppo, Simone, sin troppo te l'ho dimostrata l'amicizia che nutro per te; sin troppo mi sono esposto ai rischi. Adesso basta, non insistere più. Per darti retta, ho quasi messo a repentaglio la felicità di mia lia.


SIMONE


Ma è proprio ora, soprattutto ora, che ti prego e ti supplico, Cremete, perché mi comprovi coi fatti la benevolenza che un giorno le tue parole mi promisero.


CREMETE


Guarda come sei ingiusto nel tuo amore paterno. Pur di arrivare dove vuoi, tu dimentichi anche i limiti dell'amicizia, tu non pensi neanche cosa significhi ciò che mi chiedi. Se ci pensassi, la smetteresti subito di farmi torto su torto.


SIMONE


Che torti?


CREMETE


Me lo domandi? Mi hai indotto a concedere mia lia a un giovanotto che ha ben altro amore per la testa, che del matrimonio non vuol saperne. E perché? Perché lei, con la sua fatica e la sua pena, lo guarisse. Hai ottenuto il mio consenso. Io ho detto di sì quando le circostanze lo consentivano. Adesso non lo consentono più. Fattene una ragione! La ragazza, dicono, è nostra concittadina, il bambino è nato. Tu lasciaci in pace.


SIMONE


Ti prego, in nome degli dèi. Non prestar fede a gente cui fa comodo dipingerlo come il peggiore degli uomini. È proprio per via delle nozze che tutto questo è stato combinato e messo in scena. Ma la smetteranno, loro, se vien tolta di mezzo la ragione per la quale si danno da fare.


CREMETE


Ti sbagli. L'ho vista io, coi miei occhi, la serva che litigava con Davo.


SIMONE


Lo so.


CREMETE


Non facevano finta. Mica s'erano accorti, loro due, che io ero lì.


SIMONE


Ma sì, ma sì. Me l'aveva detto in anticipo, Davo, che l'avrebbero fatto. Avevo l'intenzione di dirtelo, ma poi, chissà perché, me ne sono scordato.




DAVO CREMETE SIMONE DROMONE


DAVO (uscendo dalla casa di Glicerio e rivolgendosi all'interno)


Ordine di servizio: state tranquille e in pace.


CREMETE


Eccolo, il tuo Davo.


SIMONE


Da dove sbuca?


DAVO


difese da me e anche dallo straniero


SIMONE


Che razza di guaio c'è?


DAVO (senza vederli)


Mai visto niente di meglio: l'uomo, l'arrivo, il tempo


SIMONE


Gaglioffo! Chi sta lodando?


DAVO


Ormai siamo a cavallo.


SIMONE


Che aspetto ad apostrofarlo?


DAVO (scorgendolo)


C'è il padrone. E mo' che faccio?


SIMONE


Salute a te, galantuomo.


DAVO


Oh Simone! Oh caro Cremete! Là dentro, tutto è preparato.


SIMONE


Hai fatto un buon lavoro.


DAVO


Falla venire quando credi.


SIMONE (sarcastico)


Bene, benissimo. Ci manca soltanto questo. Ma dimmi ancora una cosetta. Che affari hai là dentro?


DAVO


Io?


SIMONE


Sì.


DAVO


Io?


SIMONE


Proprio tu.


DAVO


Sono appena entrato


SIMONE


T'ho chiesto quando?


DAVO


insieme a tuo lio.


SIMONE


Ah, è la dentro Panfilo? Povero me, son messo in croce. Ehi, tu, razza di boia!, non mi hai detto che avevano rotto, quei due?


DAVO


Rotto, rottissimo.


SIMONE


E allora perché sta lì?


CREMETE (ironico)


Che cosa credi che faccia? Litiga con lei.


DAVO


Macché macché. Cremete, adesso ti faccio sentire qualcosa di strano. È appena arrivato un tizio. Eh sì, vecchio, deciso, astuto. Se lo guardi in faccia, ti dà l'idea di un uomo di sostanza. Nel suo viso c'è l'impronta della nuda verità, nei suoi detti quella della lealtà.


SIMONE


Che cosa vuoi rifilarci?


DAVO


Nulla, se non quello che gli ho sentito dire.


SIMONE


Avanti, che dice?


DAVO


Glicerio, dice, è cittadina ateniese, e lui lo sa.


SIMONE (verso casa sua)


Ehi, Dromone, Dromone!


DROMONE (uscendo)


Che c'è?


SIMONE


Dromone


DAVO


Ascolta!


SIMONE (a Davo)


Se dici ancora una parola (gridando) Dromone!


DAVO


Ascoltami, ti prego.


DROMONE (a Simone)


Cosa comandi?


SIMONE


Prendilo di peso e portalo dentro, più veloce che puoi.


DROMONE


Chi?


SIMONE


Davo.


DAVO


E perché?


SIMONE


Perché sì. Portalo dentro, ho detto!


DAVO


Ma cosa ho fatto?


SIMONE


Dentro!


DAVO


Se trovi che ho detto una parola, una, che non sia vera, ammazzami.


SIMONE


Non ci sento.


DROMONE


A te, ora, ti regalo una bella strigliatina.


DAVO


Anche se tutto è vero?


SIMONE


Anche. Lo voglio legato e sorvegliato. Hai capito? Legato mani e piedi, e stretto. Muoviti subito. Accidenti, ve lo farò vedere io oggi, se campo, che rischio c'è a bidonare tu il tuo padrone e lui suo padre! (Davo viene trascinato via da Dromone)


CREMETE


Via, non essere troppo severo.


SIMONE


O Cremete, Cremete, l'amor filiale! Ma tu non provi pietà per me? Darmi tanta pena per un lio così. Avanti, Panfilo. Vieni fuori, Panfilo! Che hai, vergogna?




PANFILO SIMONE CREMETE


PANFILO


Chi mi vuole? Mio padre! Sono morto.


SIMONE


Che dici, di tutti il più


CREMETE


Via, diglielo nudo e crudo, il fatto, e risparmiati gli insulti.


SIMONE


C'è parola che suoni troppo severa per lui? Tu, ti decidi a parlare? Glicerio è cittadina ateniese?


PANFILO


Così assicurano.


SIMONE


«Così assicurano». Che faccia di bronzo! Ma non ci pensa a quel che dice? Ma non si vergogna? Ce lo vedi, sulla sua faccia, un segno qualunque di pudore? È così cocciuto, lui, che contro legge e costume, contro il volere di suo padre, al prezzo dalla sua infamia, si propone di sposare quella


PANFILO


O povero me!


SIMONE


Eh? Te ne avvedi adesso? Questa parola, Panfilo, ti cadde addosso allora, sì, allora, quel giorno che decidesti di soddisfare a qualunque costo la tua libidine. Ma che sto a dire? Perché mi tormento? Perché mi flagello? Perché sconvolgo la mia vecchiaia per colpa della sua stoltezza? Debbo arlo io il prezzo della sua colpa? No, no, se la prenda, se la tenga, e tanti saluti.


PANFILO


Padre mio!


SIMONE


Come «padre mio»? Come se ne avessi bisogno, tu, di un padre! Alla faccia di tuo padre ti sei fatto e casa e moglie e li. Hai trascinato qui qualcuno che dicesse che lei è cittadina ateniese. Hai vinto!


PANFILO


Padre mio, posso dire due parole?


SIMONE


Ma cosa vuoi dirmi?


CREMETE


Ma ascoltalo, Simone, ascoltalo.


SIMONE


Ascoltarlo? Cosa debbo ascoltare, Cremete?


CREMETE


E lascia che dica!


SIMONE


Avanti, ti concedo di parlare.


PANFILO


Confesso che l'amo. Se questo è peccato, lo confesso. Padre, mi metto nelle tue mani. Comanda. Imponimi la prova che vuoi. Vuoi che mi sposi? Vuoi che scacci Glicerio? Sopporterò tutto, come potrò. Di una cosa soltanto ti prego: non credere che io l'abbia subornato, quel vecchio. Lascia che mi discolpi, che te lo faccia venire qui davanti.


SIMONE


Che tu lo faccia venire?


PANFILO


Concedilo, padre.


CREMETE


Chiede una cosa giusta. Dagliela, questa grazia.


PANFILO


Lasciati convincere!


SIMONE


Concesso. Accetto tutto, io, purché poi non venga a sapere che mi inganna.


CREMETE


A gran peccato piccolo castigo: è la legge dei genitori.




CRITONE CREMETE SIMONE PANFILO


CRITONE


Basta con le preghiere. Ne ho dei motivi per parlare, io, e ne basterebbe uno solo: tu stesso, il rispetto della verità, ciò che auspico per Glicerio.


CREMETE


Ma chi vedo? È Critone di Andro, ma sicuro.


CRITONE


Ti saluto, Cremete.


CREMETE


Che miracolo ti porta ad Atene?


CRITONE


Capita. Ma questo qui è Simone?


CREMETE


In persona.


CRITONE


Simone!


SIMONE


Cerchi di me? Ehi, tu, dici davvero che Glicerio è cittadina ateniese?


CRITONE


Perché, tu dici di no?


SIMONE


E così tu arrivi ben ammaestrato.


CRITONE


E perché?


SIMONE


Me lo chiedi? Pensi di farla franca? Ragazzi ben educati, che nulla sanno del mondo, tu vieni qui a raggirarli? Tu li adeschi con le lusinghe e le promesse?


CRITONE


Sei matto o ragioni?


SIMONE


Gli amori puttaneschi, tu li coroni con le nozze?


PANFILO (a parte)


Son morto. Lo straniero non ce la fa, ho paura.


CREMETE


Simone! Se tu lo conoscessi un poco, non parleresti così. È un fior di galantuomo.


SIMONE


Un galantuomo lui? E già, si dà il caso che lui, oggi, proprio nel giorno del matrimonio, ti faccia la sua bella apparizione. E prima, mai E io dovrei bermela, Cremete?


PANFILO


Non avessi paura di mio padre, ce l'avrei io, in questo caso, la risposta giusta.


SIMONE


Sicofante!


CRITONE


Eh?


CREMETE


Lascialo perdere, Critone, è fatto così.


CRITONE


Sia fatto come gli pare. Ma se continua a dirmi quello che vuole, dovrà sentire quello che non vuole. Sono io che metto in piedi questo affare? Sono io che lo porto avanti? I tuoi guai, non riesci a sopportarli con coraggio? Be', io dico le cose che ho sentito, e se sono vere o false lo si può vedere subito. Un giorno accadde che un ateniese fece naufragio, che venne spinto verso Andro, e con lui una bambina, proprio come questa. Il caso vuole che, nel bisogno, egli si rivolga subito al padre di Criside.


SIMONE


La favola è cominciata.


CREMETE


Lascialo parlare.


CRITONE


È così che mi si interrompe?


CREMETE


Va' avanti.


CRITONE


L'ospite era mio parente. È da lui che ho sentito che il naufrago era ateniese. Ed è morto laggiù.


CREMETE


Il suo nome?


CRITONE


Vuoi saperlo subito, il suo nome? Fania? Dovessi morire, accidenti, credo proprio che fosse Fania. Di sicuro so che lui diceva di essere di Ramnunte.


CREMETE


Dio del cielo!


CRITONE


Cremete, queste cose le han sentite in tanti, ad Andro.


CREMETE


Purché sia come spero. Ma dimmi, dimmi: e la bambina? Diceva che era sua lia?


CRITONE


No.


CREMETE


lia di chi, allora?


CRITONE


Di suo fratello.


CREMETE


È mia lia.


CRITONE


Che dici?


SIMONE


Ma cosa dici?


PANFILO (a parte)


Apri le orecchie, Panfilo.


SIMONE


E come puoi dirlo?


CREMETE


Era mio fratello, quel Fania.


SIMONE


Ma sì, lo conoscevo.


CREMETE


Per sottrarsi alla guerra, e raggiungermi in Asia, se ne partì di qui. Non se la sentì di abbandonare la bambina. Da allora, più nessuna notizia di lui, sino a questo momento.


PANFILO


Mi sento sconvolto. Paura, speranza e gioia mi investono, nella sorpresa di questa felicità così grande, così inaspettata.


SIMONE


Sono felice, cento volte felice che tu l'abbia ritrovata.


PANFILO


Lo credo bene, padre mio.


CREMETE


Però c'è ancora un'ombra che mi lascia in sospeso.


PANFILO


Con le tue fisime, tu, meriteresti Odioso! Ma che cosa vai cercando? Il pelo nell'uovo?


CRITONE


Di che si tratta?


CREMETE


Il nome non corrisponde.


CRITONE


E già, da piccola ne portava un altro.


CREMETE


Quale, Critone? Riesci a ricordartelo?


CRITONE


Ci provo.


PANFILO (a parte)


Lascerò che la mia felicità dipenda dalla sua memoria, mentre posso, io, in questo affare, guarirmi da solo? (forte) Ehi, Cremete, il nome che cerchi è Pasibula.


CREMETE


È proprio lei.


CRITONE


È lei, è lei.


PANFILO


Gliel'ho sentito dire mille volte.


SIMONE


Ne siamo tutti felici, Cremete, e io so bene che tu lo sai.


CREMETE


Lo so, che Dio mi aiuti.


PANFILO


C'è ancora qualcosa, padre mio


SIMONE


Ci hanno pensato i fatti a persuadermi.


PANFILO


Carissimo padre! Per il matrimonio, Cremete ha nulla da obiettare alla mia persona?


CREMETE


Tutto a posto, se tuo padre non obietta nulla.


PANFILO


E allora?


SIMONE


Bene.


CREMETE


La dote, Panfilo, è di dieci talenti.


PANFILO


Perfetto.


CREMETE


Corro da mia lia. Vieni con me, Critone! Credo che lei non mi conosca. (entrano in casa)


SIMONE


Perché non la fai portare qui?


PANFILO


Ottima idea. Ne parlo subito a Davo.


SIMONE


È impossibile.


PANFILO


Perché?


SIMONE


Quello è occupatissimo


PANFILO


Da che?


SIMONE


Dalle catene che lo legano.


PANFILO


Padre, non è bene che sia legato.


SIMONE


Ma io dissi di legarlo bene.


PANFILO


Fallo liberare, ti prego.


SIMONE


Così sia.


PANFILO


Ma presto.


SIMONE


Corro. (entra in casa)


PANFILO


Che giorno! Fausto e felice giorno




CARINO PANFILO DAVO


CARINO


Adesso vedrò cosa combina Panfilo. Ah, eccolo!


PANFILO


Forse qualcuno crederà che nemmeno io ci possa credere, a tutto questo, ma il bello è che è proprio vero. Son convinto che la vita degli dèi è sempiterna, perché tutti i piaceri sono loro.Anche a me è stata concessa l'immortalità, se nessun travaglio turberà la mia gioia. Ma a chi, a chi potrei augurarmi di raccontarle, queste cose?


CARINO


Ma cos'è tutto questo tripudio?


PANFILO (scorgendo Davo)


Ah, è Davo. Nessuno mi è più gradito. Perché lui solo, dico io, gioirà veramente della mia stessa gioia.


DAVO


Panfilo, dove s'è cacciato?


PANFILO


Davo!


DAVO


Chi è là?


PANFILO


Sono io.


DAVO


O Panfilo!


PANFILO


Non puoi immaginare che cosa mi è successo.


DAVO


No, ma so quello che è successo a me.


PANFILO


E io pure.


DAVO


Così vanno le cose degli uomini. Tu hai saputo dei miei guai prima che io sapessi della tua gioia.


PANFILO


La mia Glicerio ha ritrovato i suoi genitori.


DAVO


Magnifico.


CARINO


Ehm!


PANFILO


È nostro grande amico, suo padre.


DAVO


Chi è?


PANFILO


Cremete


DAVO


Ma cosa mi dici!


PANFILO


Nulla più mi impedisce di sposarla.


CARINO


Che? Sogna di aver quello che sognava da sveglio?


PANFILO


E poi, Davo, il bambino


DAVO


Basta! È il solo che sia caro agli dèi.


CARINO


Se tutto questo è vero, io sono a cavallo. Ora gli parlerò.


PANFILO


Chi c'è? Carino, arrivi proprio al momento giusto.


CARINO


Stupendo!


PANFILO


Hai sentito, eh?


CARINO


Tutto. Ma tu che nuoti nella felicità, pensa un pochino a me. Adesso Cremete è cosa tua. Penso che farà tutto quello che vuoi.


PANFILO


Ora ci penso io. Dunque, se aspettiamo che esca, si va troppo per le lunghe. E allora seguimi. Lui è là dentro con Glicerio. Quanto a te, Davo, vattene a casa, svelto, e trova gente per il corteo nuziale. Sei ancora lì? Che aspetti?


DAVO


Vado. (agli spettatori) E voi, non state lì ad aspettare che tornino fuori. Gli sponsali si faranno in casa, in casa si provvederà, se c'è da provvedere.


CANTORE


Applaudite!




SECONDO FINALE SPURIO






PANFILO CARINO CREMETE DAVO


PANFILO


Ti aspettavo. Per i tuoi affari, c'è qualcosa di cui voglio parlare con te. Mi son dato da fare perché tu non dica che mi sono dimenticato della tua seconda lia. Penso di averti trovato uno sposo degno di lei e di te.


CARINO


Oh, Davo, io sono morto! In questo momento si decide la sorte del mio amore, della mia vita.


CREMETE


Panfilo, questo partito non mi giunge nuovo; se avessi voluto


CARINO


Sono perduto, Davo.


DAVO


Aspetta.


CARINO


Son morto.


CREMETE


Perché non ho voluto? Ti dirò. Non è che io lo rifiutassi come genero


CARINO


Ah!


DAVO


Zitto!


CREMETE


però quell'amicizia che i nostri padri ci han trasmesso io volevo trasmetterla ai li ancora più stretta. E poiché ora la fortuna e i miei beni mi consentono di dotarle l'una e l'altra, io do il mio consenso.


PANFILO


Benissimo.


DAVO


Corri a ringraziarlo.


CARINO


Salute, Cremete, di tutti i miei amici a me il più Ciò che per me è causa di non minor gioia in quel che desidero e attendo e con tutta l'anima chiedo, è che mi ritrovo a essere qual ero prima per te.


CREMETE


Carino, finché t'impegnerai con tutta l'anima potrai giudicare tu stesso quale sarà il mio affetto. Sul mio esempio è dato prevedere che sarà così. Anche se ero lontano da te, sapevo bene che uomo sei.


CARINO


È così.


CREMETE


Ti prometto mia lia Filumena in sposa, e una dote di sei talenti.





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