ePerTutti


Appunti, Tesina di, appunto diritto

IL RAPPORTO CONTRIBUTIVO

ricerca 1
ricerca 2

IL RAPPORTO CONTRIBUTIVO


27. I contributi previdenziali e i soggetti tenuti al loro amento 

Se lo stato interviene al finanziamento degli enti previdenziali e, tuttavia il reperimento dei mezzi necessari al raggiungimento dei fini e istituzionali di questi ultimi ancora avviene mediante l'imposizione dell'obbligo del amento di contributi previdenziali ad alcune categorie di cittadini.

Tenuti al amento dei contributi previdenziali sono il datore di lavoro dei soggetti protetti.

Accanto a questi, i lavoratori subordinati sono tenuti al amento dei contributi previdenziali. In questi casi è responsabile dell'adempimento dell'obbligo contributivo è il datore di lavoro che ha diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore.

Per i lavoratori parasubordinati, la contribuzione previdenziale è posta anche a carico dei committenti, mentre per la tutela realizzata a favore dei lavoratori autonomi ed i liberi professionisti sono gli stessi soggetti protetti che contribuiscono alla sua realizzazione.



L'onere di amento dei contributi previdenziali, quando ha imposto a soggetti diversi da quelli protetti, non ricade solo ed esclusivamente sui datori di lavoro.

Il c.d. contributo di solidarietà è imposto ai datori di lavoro dell'industria al fine di realizzare un miglioramento della tutela di malattia ai lavoratori dell'agricoltura, del contributo posto a carico del datore di lavoro per finanziare l'assistenza di malattia ai pensionati e ed avviene con il contributo di fedeltà imposta gestione pensionistica diversa da quella del regime generale gestito dall'INPS per il finanziamento dell'assicurazione generale obbligatoria per la invalidità, vecchiaia e superstiti e per il contributo di solidarietà che datore di lavoro sono tenute a versare, sulle somme versate o destinate al finanziamento di forme volontarie di previdenza integrativa o complementare.

Vi sono casi poi, in cui l'obbligo del amento dei contributi previdenziali grava su soggetti che non sono datori di lavoro. Così, le società cooperative e le società, anche di fatto, sono tenute al amento dei contributi per i loro soci impiegati nei lavori da esse assunti.

La tutela previdenziale dei lavoratori autonomi e in particolar modo quella dei liberi professionisti si realizza anche con i contributi posti a carico di soggetti che con i soggetti protetti si venga a trovare in relazione occasionali e cioè dei committenti. Tale è la situazione dei clienti dei liberi professionisti.

Contributi previdenziali sono poste a carico degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori diretti anche per quei familiari che lavorino abitualmente dell'impresa artigiana o commerciale o nei fondi e per i familiari viventi a carico. In questi casi, tra il soggetto obbligato a al amento dei contributi e il beneficiario delle prestazioni previdenziali intercorre rapporto familiare o un rapporto associativo, sottratto alla disciplina del diritto di lavoro e designato da dottrina come rapporto di lavoro familiare.



28. Funzione previdenziale e obiettivi di politica economica 

Il sistema di finanziamento della previdenza sociale è stato modificato con i provvedimenti legislativi che hanno predisposto la fiscalizzazione degli oneri e sociali e gli sgravi contributivi e per le imprese industriali che utilizzano effettivamente lavoratori nel mezzogiorno.

A questi provvedimenti, e ne sono succeduti numerosi altri, sia di carattere generale, sia limitata a particolari settori della produzione o singole regioni, sempre connotati dalla temporaneità.

Attualmente, la fiscalizzazione degli oneri sociali è diventata strutturale e cioè definitiva, mentre il regime degli sgravi contributivi per il mezzogiorno è stato sostituito.

Per effetto della fiscalizzazione e datore di lavoro, e a volte anche lavoratori sono, o erano, esonerati dall'obbligo del versamento di alcuni o di una parte di alcuni contributi previdenziali, mentre l'onere corrispondente è, ed era,assunto dallo stato.

Tutti questi provvedimenti sono esclusivamente destinati al perseguimento di finalità di politica economica e tenendo ad incrementare la competitività delle imprese e i livelli occupazionali.

Sia il godimento degli sgravi contributivi sia quello dei benefici della fiscalizzazione sono stati condizionati alla c.d. clausola sociale e, cioè, all'erogazione ai dipendenti di un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi nazionali del settore.



29. La contribuzione urativa 

La contribuzione urativa può essere riconosciuta, a seconda dei casi, d'ufficio o su domanda dell'interessato.

Quando il rapporto di lavoro rimane sospeso per effetto di determinati eventi ( malattia, disoccupazione), lo svolgimento di cariche pubbliche elettive, i permessi per i genitori di minore con handicap e nei casi di persecuzione politico laziale, la legge dispone che quei periodi si considerino come periodi di contribuzione ai fini del diritto alle prestazioni previdenziali e della determinazione della loro misura.

In quei casi infatti, la sostituzione del finanziamento pubblico alla contribuzione posta a carico dei datori e dei prestatori di lavoro costituisce una precisa attuazione del principio della solidarietà, in quanto tende ad evitare che i soggetti protetti subiscano un pregiudizio per quanto attiene al futuro godimento delle prestazioni previdenziali.

La legge consente per i non vedenti adibiti alle mansioni di centralinisti telefonici, nonché per i sordomuti e gli invalidi oltre 74%, l'accredito su richiesta dell'interessato di due mesi di contributi urativi per ogni anno di lavoro effettivo, sino ad un massimo di cinque anni.

Il problema è quello di sapere se i mezzi necessari alla realizzazione della tutela previdenziale, una volta che destinata esclusivamente a realizzare un interesse pubblico generale, debbano essere reperiti mediante l'imposizione di contributi esclusivamente ad alcune categorie di cittadini.

Quest'ultima alla soluzione realizzata per la gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali.



30. I contratti di riallineamento 

La connessione esistente tra politica economica e sociale e politica del finanziamento dei regimi previdenziali attuata mediante la contribuzione previdenziale è confermata dalla disciplina dettata dalla legge per i contratti di riallineamento.

È impossibile una analitica esposizione del disciplina legislativa dei contratti di riallineamento.

Le linee ispiratrice di quella legislazione: la ratio della disciplina dei contratti di riallineamento può essere agevolmente compresa se si tiene conto delle esigenze che essa tende a soddisfare.

Il godimento degli sgravi e della fiscalizzazione ha condizionato all'erogazione di trattamenti non inferiori a quelli previsti dalla contrattazione collettiva nazionale.

Di conseguenza, le imprese che non avevano rispettato tali condizioni non avevano diritto agli sgravi fiscali e alla fiscalizzazione e sarebbero state obbligate a restituire le somme corrispondenti ai benefici indebitamente goduti. Dall'altra, quelle imprese erano anche inadempienti alle obbligazione contributive.

In questa situazione, il legislatore ha presunto che l'erogazione dei trattamenti retributivi inferiori a quelli previsti dalla contrattazione collettiva nazionale fosse un sintomo delle difficoltà economiche di quelle imprese che avevano potuto sopravvivere e mantenere livelli di occupazione.

È stata avvertita l'esigenza di salvaguardare i livelli occupazionali alleggerendo l'onere della contribuzione previdenziale.

Esigenza è stata soddisfatta abitando l'autonomia sindacale a stipulare contratti di riallineamento e cioè accordi territoriali o aziendali che prevedono programmi di graduale ( triennale e a volte quadriennale) riallineamento dei trattamenti retributivi praticati a quelli previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

Il trattamento retributivo previsto dai contratti di riallineamento è stato equiparato a quello previsto da contratti collettivi nazionali del settore.



31. L'emersione del lavoro sommerso 

La legge n. 383 del 2001 ha tende ad incentivare l'emersione del lavoro sommerso e persegue l'obiettivo di regolarizzare le posizioni contributive dei dipendenti di quelle imprese che non avevano imprese ha adempiuto agli obblighi previsti dalla disciplina previdenziale e da quella fiscale.

L'emersione del lavoro sommerso non ha rimessa alla contrattazione collettiva ma è affidata all'iniziativa dei singoli imprenditori. Questi hanno l'onere di presentare una dichiarazione di emersione con la quale si impegnano ad erogare, per il futuro, a propri dipendenti e retribuzioni non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali.

Dichiarazione che doveva essere approvata dal sindaco sulla base delle indicazioni del C.I.P.E.

Il d.l.n. 210 del 2002 istituisce comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso ai quali il datore di lavoro deve inviare la dichiarazione di emersione affinché ne valutino la fattibilità tecnica.

La legge consente all'imprenditore di presentare a compiere individuale di emersione progressiva per il quale previsto una procedura particolare.

Due sono gli effetti della presentazione della dichiarazione di emersione.

Per il periodo anteriore alla presentazione della dichiarazione di emersione, l'imprenditore può chiedere un concordato tributario e previdenziale che gli consente di regolarizzare gli inadempimenti fiscali e previdenziali.

Regolarizzazione che avviene versando un'imposta sostitutiva, la quale è determinata nella misura dell'8% del costo del lavoro irregolare utilizzato e dichiarato.

All'imprenditore che ha presentato la dichiarazione di emersione si applica, per i piani successivi quella presentazione, un regime contributivo di grande favore. Egli è tenuto a versare una contribuzione previdenziale.

Con effetto dalla data di presentazione della domanda di emersione, la decisione del lavoratore costituisce rinuncia non impugnabile relativamente ai diritti di natura retributiva e risarcitoria per il periodo pregresso.



32. Il problema della natura giuridica dei contributi previdenziali 

Tutte le soluzioni possibili del problema della natura giuridica dei contributi previdenziali e sono state proposte dalla dottrina: da quella per cui essi dovrebbero essere considerati come un corrispettivo delle prestazioni previdenziali, alla stregua dei premi delle assicurazioni private, fino a quelle che ne hanno sostenuto alla natura di tributo, discutendosi poi se si tratta di tassa, di contributo speciale, di imposta in senso stretto oppure di imposta speciale.

L'opinione secondo la quale i contributi previdenziali sarebbero da considerare come premi di assicurazione deve essere respinta solo che si tenga presente l'inesistenza di quel nesso di corrispettività tra contributi e prestazioni previdenziali che ne costituirebbe il presupposto.

Allo stesso modo la conurazione dei contributi previdenziali come parte integrante del salario considera i contributi previdenziali con esclusivo riguardo al rapporto tra lavoratore e datore di lavoro; nulla dice a proposito della natura giuridica dei contributi previdenziali.

Si deve quindi convenire con la dottrina prevalente la quale ritiene che i contributi previdenziali siano tributi imposti dalla legge a favore di un ente pubblico e per la realizzazione di un pubblico interesse.

E ma innanzitutto respinta l'opinione di chi ritiene che i contributi previdenziali siano ure autonome speciale del tributo; poi che si è ritenuta possibile accettare una delle qualificazione tradizionali, essendosi ammessa l'esistenza di una relazione sinallagmatica a tra l'obbligazione contributiva è quella di erogare le prestazioni previdenziali. Poiché nei tributi la corrispettività tra il sacrificio dell'imposizione e il vantaggio che ne deriva ai singoli è normalmente esclusa.

Va anche respinta conurazione dei contributi previdenziali come tasse o come contributi speciali.



33. I contributi previdenziali come imposte 

I contributi previdenziali devono essere conurati come imposte.

Le imposte sono le prestazioni pecuniarie che un ente pubblico ha il diritto di esigere in virtù della sua potestà di imperio, nei casi, nella misura nei modi stabiliti dalla legge, allo scopo di reperire mezzi necessari allo svolgimento della sua attività. Presupposto dell'imposta è esclusivamente la soggezione alla potestà dello stato, mentre l'impiego che l'ente pubblico fa del ricavo dell'imposizione, in base a norme estranee al rapporto tributario, non ha alcuna influenza sull'origine e sull'estensione dell'obbligo contributivo.

La funzione dei contributi previdenziali e è quella di fornire agli enti previdenziali e mezzi necessari alla realizzazione dai compiti loro affidati dalla legge per la soddisfazione immediata di un interesse pubblico.

Obbligati al amento dei contributi possono essere gli stessi soggetti che beneficiano della tutela previdenziale; mentre, quando lo sono altri soggetti, tra questi soggetti protetti intercorrono rapporti a volte diversi da quelli di lavoro subordinato e cioè rapporti associativi, di lavoro autonomo o addirittura familiare.

I contributi previdenziali sono dovute esclusivamente in vista della realizzazione di un interesse pubblico e dando la funzione di fornire mezzi necessari agli enti che con la loro attività devono soddisfare questi interessi.



34. Costituzione ed estinzione del rapporto avente ad oggetto l'obbligazione contributiva. La prescrizione 

L'obbligo del amento dei contributi previdenziali sorge immediatamente al verificarsi delle condizioni previste dalla legge.

A volte l'obbligazione contributiva sorge solo quanto si verifichino fatti ulteriori: l'esercizio di una determinata specifica attività rispetto alla generica prefazione del lavoro in posizione subordinata, lo svolgimento di una attività lavorativa rispetto ad un rapporto associativo. Quest'ultimo è caso dei liberi professionisti.

L'obbligo contributivo si estingue anche per prescrizione. Questa è divenuta quinquennale dal 1° gennaio 1996.

La legge n. 335 del 1995 ha ridotto a cinque anni la prescrizione per tutte le altre contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria, restando, così, modificata anche la previgente prescrizione decennale per la contribuzione dovuta per la tutela contro gli infortuni e le malattie professionali e per la tutela di malattia.



35. Determinazione dell'obbligo contributivo 

Secondo l'art. 23 cost ' nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge', quest'ultima non solo importa obbligo contributivo ma ne determina anche l'ammontare.

A volte i contributi sono determinati in misura fissa, invece altre volte, in misura proporzionale della retribuzione imponibile.

Retribuzione o reddito professionale costituiscono la base imponibile che deve essere valutata secondo i criteri stabiliti dalla legge.

Il tasso è fissato, o può essere variato, con decreto del presidente della repubblica su proposta del ministro del lavoro e della previdenza sociale.

La legge determina le condizioni per l'esistenza dell'obbligo contributivo, mentre la discrezionalità attribuita all'autorità governativa e agli enti previdenziali deve essere esercitata nel rispetto dei criteri e nei casi determinati dalla legge.

Ai soggetti tenuti al amento dei contributi la legge impone anche obblighi accessori, rispetto a quello contributivo, allo scopo di fornire agli enti previdenziali elementi necessari per accertare l'esistenza dell'obbligo.

Questi obblighi accessori, assistiti a volte da sanzioni, sono imposti dalla legge al solo fine di fornire gli elementi necessari per accertare l'esistenza dell'obbligazione contributiva e l'ammontare dei contributi dovuti, deve ritenersi che il loro adempimento dia luogo a vere e proprie denunzie.

L'obbligazione contributiva non sorge per effetto dell'accertamento, ma già avvenuta essere nel momento in cui si sono verificate le condizioni oggettive e soggettive previste dalla legge.



36. La retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale: a) la nozione legale 

Per la determinazione dell'importo dei contributi previdenziali dovuti alle forme di tutela previdenziale dei lavoratori subordinati, è determinante l'individuazione della retribuzione da prendere come base per l'applicazione delle percentuali previste dalla legge.

La nominativa vigente prima del 1969 considerava retribuzione, ai fini contributivi, tutto ciò che lavoratore riceve, in danaro o in natura, dal datore di lavoro per compenso dell'opera prestata.

La disciplina del 1969, invece, considerava retribuzione, ai fini contributivi,tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro, in danaro o natura, in dipendenza del rapporto di lavoro.

A era assoggettabile a contribuzione previdenziale non solo il corrispettivo in senso oggettivo del lavoro prestato, ma anche il corrispettivo in senso soggettivo.

Un ulteriore evoluzione della nozione di retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale si è avuta, di recente, con l'emanazione del decreto legislativo 2 settembre 1997 n. 314.

La legge n. 662 del 1996 aveva indicato come criterio direttivo la completa equiparazione, ove possibile della nozione di reddito imponibile a fini fiscali e di retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale.

Senonché, l'inciso 'ove possibile' segnava un limite al legislatore delegato.

Di conseguenza, l'art. 6 del d.lgs. n.314 del 1997, che ha novellato l'art. 12 della legge n. 153 del 1969, dev'essere interpretato nel senso che la nozione di retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale è deferita mediante il rinvio all'art. 46 del TUIR e non all'art. 48 TUIR che definisce il reddito da lavoro ai fini del prelievo fiscale.

Ne deriva che la nozione di retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale non ha subito sostanziali modifiche posto che l'art. 46 del TUIR stabilisce che ' sono redditi di lavoro dipendenti quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze sotto la direzione di altri'.

Sono espressamente escluse sia l'indennità di anzianità che l'indennità di cassa e alle quali sono state aggiunte le erogazioni liberali concesse dal datore di lavoro, in occasione di festività o ricorrenze, alle generalità o a categorie di lavoratori; i pasti consumati nelle mense aziendali.

Sono escluse le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori.

Restano, invece, comprese da retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale le integrazioni delle prestazioni previdenziali economiche che i contratti collettivi pongono a carico dei datori di lavoro in caso di assenza dal lavoro per malattia, infortunio o gravidanza e puerperio.



37. Segue: b) l'interpretazione giurisprudenziale 

La giurisprudenza, sostituendo il requisito della dipendenza da rapporto di lavoro, voluto dal legislatore, con il criterio della coincidenza temporale con rapporto stesso, aveva finito con il ritenere assoggettabile a contribuzione previdenziale qualsiasi erogazione che, a prescindere dall'accertamento della sua natura e funzione, avvenisse durante rapporto di lavoro emesse nell'esistenza di tale rapporto la ragione, anche indiretta o occasionale, della sua erogazione.

L'unico limite all'assoggettabilità a contribuzione previdenziale finiva per essere costituito dalla tassativa elencazione prevista dalla legge.

Di qui la nozione di retribuzione assoggettabile a condizione previdenziale è stata estesa fino a ricomprendervi le somme erogate dal datore di lavoro da soggetti diversi dal lavoratore.

Fin quando la legge n. 335 del 1995 non ha modificato i criteri di calcolo delle pensioni, la retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale costituiva anche la base di calcolo dell'ammontare delle prestazioni pensionistiche.



38. Segue: c) l'interpretazione legislativa 

Si era assistito a ripetuti interventi legislativi, volti a fornire una interpretazione autentica dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969 che determinava l'esclusione, totale o parziale, dall'imposizione contributiva degli specifici trattamenti di volta in volta presi in considerazione.

Il legislatore aveva stabilito che la disposizione dell'art. 12 della legge n. 153 del 1969 doveva essere interpretata nel senso che sono escluse dall'imposizione contributiva e che sono assoggettate esclusivamente ad un contributo di solidarietà, a carico dei datori di lavoro, 'le contribuzioni e somme, versate o accantonate, a finanziamento di casse, di fondi, gestioni o forme assicurative previsti da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione'.

Il legislatore aveva anche stabilito che l'art. 12 della legge n. 153 nel 1969 da essere interpretato nel senso che nella diaria onde indennità di trasferta sono ricomprese anche le indennità spettanti ai lavoratori tenuti a per contratto ad una attività lavorativa in luoghi variabili e sempre diversi da quello della sede aziendale, anche se corrisposti con carattere di continuità.

Il legislatore aveva anche stabilito che non è assoggettabile a contribuzione previdenziale il finanziamento dei servizi di mensa e di trasporto predisposti dal datore di lavoro a favore della generalità dei lavoratori e per esigenze connesse con l'attività lavorativa.

Per i recente il legislatore aveva affermato che sono escluse dalla retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale: le spese sostenute dal datore di lavoro per il funzionamento degli asili nido aziendali; le spese per il finanziamento di circoli aziendali; le differenze tra il prezzo di mercato e quello agevolato praticato per l'assegnazione ai dipendenti di azioni della società datrice di lavoro ovvero di società controllanti o controllate.

Il legislatore aveva escluso dalla retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale anche: le spese sostenute dal datore di lavoro per colonie climatiche in favore di li dei dipendenti, o universitari; il valore dei generi prodotti azienda ceduti dipendenti.

Era stato assoggettato a contribuzione previdenziale il 50% della differenza tra il costo aziendale della provvista relativa ai mutui e prestiti concessi dal datore di lavoro dipendenti e il tasso agevolato se inferiore al predetto costo, applicato ai dipendenti stessi.



39. Segue: d) l'uniformità di disciplina 

La disciplina dettata per il regime generale è stata estesa a regimi esclusivi dei dipendenti dello stato e degli enti locali e a quelli sostitutivi.



40. Segue: e) minimali e massimali di contribuzione e di retribuzione pensionabile 

La gestione dei dirigenti di aziende industriali prendevo limite massimo della retribuzione assoggettabile a contribuzione previdenziale e di quella pensionabile.

Nell'assicurazione generale obbligatoria e nelle gestioni dei quali trova applicazione l'art. 13 della legge n. 153 del 1969, non ha la previsto alcun limite massimo di retribuzione, oltre il quale viene meno l'l'obbligo contributivo. Tale limite è stato recentemente introdotto per tutti lavoratori che iniziano l'attività lavorativa dopo il 1 ° gennaio ha 1996 e per i lavoratori che opterranno per la liquidazione della pensione di vecchiaia unificata con il nuovo sistema contributivo.

Per la retribuzione da assumere a parametro per il calcolo delle pensioni retributive è fissato un massimale.

Tale massimale viene progressivamente adeguato nel tempo con atto apposita normativa.

È previsto un minimale di retribuzione, ai fini del calcolo dei contributi previdenziali dovuti.

La retribuzione da assumere come base di quel calcolo non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale e non può essere inferiore al 9, 5% dell'importo del trattamento minimo mensile della pensione a carico del fondo pensioni lavoratori dipendenti.

Il legislatore ha disposto che, nella determinazione delle voci indirette o indiretta della retribuzione si debba necessariamente tener conto della effettiva volontà delle parti stipulanti i contratti collettivi e gli accordi sindacali aziendali che li prevedono.

Un tipo particolare di minimale di retribuzione, ai fini del versamento dei contributi previdenziali, è previsto per i rapporti di lavoro ad orario ridotto.

La contribuzione è determinata su retribuzione media convenzionale, non solo per i lavoratori italiani all'estero, ma anche per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e sul reddito professionale netto imponibile ai fini IRPEF per gli altri lavoratori autonomi.



41. L'obbligazione contributiva nei confronti dei lavoratori italiani all'estero 

La tutela previdenziale e dei lavoratori italiani all'estero ha avuto attuazione condizionata dall'esistenza di convenzioni internazionali in materia di sicurezza sociale che estendevano agli stranieri il regime previdenziale dei lavoratori nazionali.

Una tutela più intensa, ma limitata all'ambito dei paesi aderenti, si è avuta con l'istituzione della comunità economica europea. Il principio della libera circolazione della manodopera è stato attuato mediante regolamenti comunitari a quelli resistenti.

Ai fini della realizzazione della tutela previdenziale dei lavoratori dell'Europea, deve essere tenuto conto della giurisprudenza della corte di giustizia delle comunità che più volte ha statuito sull'interpretazione ed applicazione delle legislazioni nazionali.

Per i paesi extra comunitari e ove fossero mancate convenzioni internazionali, il lavoratore italiano restava privo di quelle forme di tutela previdenziale che si realizzano mediante l'erogazione di prestazioni sanitarie o di indennità economiche temporanee.

Per la tutela pensionistica la legge si limitava a prevedere la possibilità, per i cittadini italiani che avessero prestato lavoro subordinato all'estero, di chiedere il riscatto dei periodi non coperti da assicurazioni sociali riconosciute dalla legislazione italiana.

Fuori dalla comunità economica europea, la tutela previdenziale dei lavoratori italiani all'estero era condizionata dall'esistenza di una convenzione internazionale o dalla volontà dello stesso datore di lavoro.

La necessità di modificare questa situazione fu avvertita la prima volta in occasione dell'istituzione del servizio sanitario nazionale. L'art. 37 della legge n. 833 del 1978 previde l'emanazione di provvedimenti legislativi idonei a garantire la tutela della salute anche agli italiani che lavorano all'estero. Tale garanzia è stata attuata dal d.p.r, 31 luglio 1980 n. 618.

La legge n. 398 del 1900 878 ha stabilito che i lavoratori italiani all'estero, impiegati in paesi extracomunitari con i quali non siano in vigore accordi di sicurezza sociale, sono obbligatoriamente iscritti alle gestioni previdenziali italiane.

Il legislatore ha previsto che la contribuzione previdenziale e la misura delle prestazioni non siano commisurate alla retribuzione effettivamente percepita all'estero, ma ad una retribuzione convenzionale determinata sulla base di un accertamento annuo di valore medio delle retribuzioni sindacali italiane.



42. Responsabilità per omessa o irregolare contribuzione previdenziale 

Quando obbligato al versamento della contribuzione previdenziale è il datore di lavoro, e egli è responsabile anche per la quota che la legge pone a carico del lavoratore ( art. 2115, 2 comma cc). Il datore di lavoro ha diritto di rivalsa nei confronti del lavoratore ( art. 2115 , 2 comma cc).

L'omessa o irregolare contribuzione previdenziale può dar luogo ad una responsabilità penale e civile e amministrativa del datore di lavoro.

L'omesso o irregolare versamento dei contributi previdenziali è stato lungo considerato dalla legge come reato e come una contravvenzione. È punito con l'ammenda per la quale però era ammessa l'oblazione.

Successivamente però sono state abolite le sanzioni penali sostituendole con quelle amministrative (c.d. depenalizzazione).

Sono ancora previste sanzioni penali per il datore di lavoro quando l'evasione contributiva e quantitativamente rilevante a condizione non solo che l'evasione sia determinata dalla omessa o irregolare tenuta delle scritture ( libero a,) Massari ha anche qualificata dal dolo specifico.

Le sanzioni amministrative possono essere annullate,o ridotte, nei casi in cui il ritardo dell'adempimento del datore di lavoro sia limitato nel tempo.

La legge prevede ulteriori sanzioni,c.d. civili.

Oltre contributi non versati sono dovuti gli interessi legali, ma di norma è dovuta una 'somma aggiuntiva' il cui ammontare varia a seconda che si tratti di mera omissione contributiva (mancato o tardivo amento di contributi in presenza di registrazioni e documentazione aziendale regolarmente tenute) ovvero di evasione contributiva ( e conseguente ad omessa o infedele registrazione). Nel primo caso non può superare il 40% dell'ammontare dei contributi omessi; nel secondo caso l'ammontare massimo complessivo delle sanzioni è pari al 60%.

La sanzione della ' somma aggiuntiva' è dovuta nella misura massima del 40% anche nel caso di evasione ove il datore di lavoro denunci spontaneamente inadempimento contributivo e provveda a versare contributi dovuti entro 30 giorni dalla denuncia.

Le sanzioni civili possono essere ridotte sino alla misura degli interessi legali, nel caso di di oggettive, gravi incertezze relative all'esistenza dell'obbligo contributivo nonché nel caso di aziende in crisi.

Si ritiene che la sanzione della somma aggiuntiva è abbia natura di sanzione civile e  costituisca il risarcimento del danno.

Sanzioni amministrative sono previste per la violazione da parte del datore di lavoro degli obblighi accessori che hanno lo scopo di fornire al lavoratore l'indicazione della retribuzione denunciata e assoggettata a contribuzione previdenziale e di fornire agli enti previdenziali gli elementi per accertare l'esistenza dell'obbligo contributivo e l'ammontare dei contributi dovuti e delle retribuzioni individuali.



43. Responsabilità del datore di lavoro nei confronti del lavoratore per omessa o irregolare contribuzione previdenziale 

Nei limiti in cui non trova compiuta applicazione il principio dell'automaticità delle prestazioni, e il datore di lavoro e anche responsabile nei confronti del lavoratore del danno che a questo sia derivato dalla mancata o irregolare contribuzione previdenziale ( art. 2116, 2 comma cc).

Responsabilità che deriva dalla violazione del diritto soggettivo del lavoratore alla posizione contributiva. Questa viene conurata come entità patrimoniale. come un bene giuridico produttivo di effetti economici, la cui lesione concretizza un danno certo, suscettibile di immediato risarcimento. E infatti, il lavoratore, a ragione del divieto di versare contributi prescritti, può subire un danno.

Il diritto risarcimento dei danni per omessa o irregolare contribuzione è riconosciuto anche superstiti del lavoratore.

La giurisprudenza della corte di cassazione ritiene che lavoratore possa far valere le sue ragioni esercitando due azioni:

a) trova fondamento nell'art. 2116 cc e ha ad oggetto il risarcimento dei danni. Azione esperibile nel momento in cui l'ente previdenziale ha verificato le prestazioni o le abbia concesse in misura minore di quella dovuta per effetto del mancato o irregolare versamento dei contributi previdenziali dovuti. Il termine di prescrizione di questa azione è di dieci anni dalla data del provvedimento di rifiuto della pensione o di quello che la determina in misura inferiore di quella dovuta.

b) deriva dalla lesione del diritto del lavoratore alla sua posizione contributiva. Azione che non solo sarebbe esperibile sin dal momento in cui si è verificata l' omissione contributiva, ma sarebbe anche imprescrittibile. Questa azione può avere ad oggetto la condanna del datore di lavoro ad adempiere l'obbligazione contributiva non ancora prescritta nei confronti dell'ente previdenziale che però deve essere chiamato in giudizio in quanto unico legittimato a far valere il credito contributivo. Ove quest'ultimo sia prescritto, l'azione non potrà avere altro oggetto che il risarcimento del danno.

La legge prevede una liquidazione in forma specifica del danno derivante da omessa o irregolare contribuzione previdenziale.

La costituzione della rendita avviene con il amento all'ente previdenziale di un capitale corrispondente alla riserva matematica necessaria per erogare le prestazioni che sarebbero state dovute e se non si fosse verificata l'omissione contributiva. Ne consegue che il versamento di quel capitale comporta la regolarizzazione della posizione contributiva del lavoratore.

Il rapporto di lavoro deve risultare da documentazione di data certa.

Il lavoratore, quando non possa ottenere la costituzione della rendita dal datore di lavoro, può sostituirsi a quest'ultimo.

La giurisprudenza della corte di cassazione ammette anche che il lavoratore possa chiedere al giudice la condanna del datore di lavoro alla costituzione della rendita.







Privacy

© ePerTutti.com : tutti i diritti riservati
:::::
Condizioni Generali - Invia - Contatta