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Il simbolismo - DALL'ARTE COME NATURA ALL'ARTE COME SIMBOLO, 'Fuggire, non importa dove, purché sia fuori dal mondo', Tre quadri rivoluzionari, I Nabi

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* Il simbolismo *


Dopo le due esposizioni del 1998 dedicate a Jacques-Emile Blanche e agli Impressionisti, Brescia Mostre con Da Pont-Aven ai Nabis. Le stagioni del Simbolismo francese. Denis, Sérusier, Gauguin, Vallotton e gli altri mantiene aperta una 'finestra' sulla pittura francese fra Ottocento e Novecento e propone una ricca e articolata rassegna dedicata a uno dei movimenti emblematici della straordinaria stagione delle avanguardie storiche: il Simbolismo.

Nella rilettura compiuta dalla curatrice della mostra - Agnès Delannoy, conservatore del Museo Maurice Denis di Saint-Germain-en-Laye - il Simbolismo è sottratto all'interpretazione ormai usuale che lo vuole creditore essenzialmente delle influenze provenienti dal Nord Europa e viene avvicinato al bacino, non solo geografico, della cultura mediterranea. Gran parte della sua ispirazione e del suo vocabolario, infatti, trovano le radici nell'antichità e nei primitivi: 'dall'arte classica - scrive Agnès Delannoy nel catalogo della mostra edito da Skira - il Simbolismo ha appreso la necessità di sottomettere la forma al controllo della ragione' nella convinzione, come sottolineava Maurice Denis, che 'un'opera d'arte non ha importanza se non in quanto esito di una volontà meditata'.



Ma i Simbolisti francesi nella loro ricerca di armonia approdano all'arte italiana, ne rimangono affascinati e, per reazione contro gli accademici sviati dalla pratica abitudinaria, intraprendono con emozione il viaggio nella nostra penisola per studiarne i maestri:  'Quanto mi sembravano assurde le paure e i pericoli che facevano temere a tanti imbecilli un simile contatto' esclamava Gustave Moreau. E così mentre Gauguin intuiva in Raffaello accordi di linee in grado di esprimere la parte più intima dell'uomo, tutti i pittori simbolisti - contestando apparentemente le regole della prospettiva fissate nel Rinascimento a favore di una forma espressiva derivata dal giapponismo - visitano e rivisitano i maestri italiani e ne traggono l'insegnamento necessario per la loro specifica arte.

DALL'ARTE COME NATURA ALL'ARTE COME SIMBOLO

L'ottava e ultima mostra degli Impressionisti conclude idealmente la parabola della pittura en plein air, mentre nuove esigenze emergono nel panorama artistico europeo dei tardi anni Ottanta: alla realtà di Monet e di Renoir ora si attribuisce un significato nuovo, più vasto e ambiguo.Realtà non è più soltanto ciò che si vede direttamente e immediatamente, ma anche ciò che si intuisce, ciò cui si allude. E così nel 1886 - anno dell'esposizione della Grande-Jatte e dell'arrivo di Van Gogh a Parigi - Jean Moréas pubblica sul supplemento letterario del quotidiano Le aro il Manifesto del Simbolismo. Moréas, rivolto a poeti e scrittori, ma esprimendo esigenze estetiche più generali, scrive: 'Nemica dell'insegnamento, della declamazione, della descrizione obiettiva la poesia simbolista cerca di rivestire l'Idea di una forma sensibile che però non deve essere fine a se stessa, ma deve servire l'Idea ed esserne il complemento'. La ricerca dell'Idea che deve tradursi in forma visibile attraverso il simbolo subentra, dunque, alla sensazione, alla percezione degli Impressionisti. Di conseguenza l'arte intesa come natura dall'Impressionismo viene ora sostituita dall'arte come simbolo: l'immagine, quindi, non istituisce solo un rapporto tra chi guarda e ciò che è visto, ma anche tra ciò che è visto e ciò che non si vede, che è al di là della visione.


'Fuggire, non importa dove, purché sia fuori dal mondo'


Il Simbolismo diventa la tendenza dominante dell'arte europea dopo l'Impressionismo. Ma oltre che di tendenza si può parlare di un clima simbolista, perché questo movimento non è originato da un'esposizione di un gruppo o di un insieme di artisti omogeneo; al contrario, per l'estensione e la complessità delle tematiche sottese dalla poetica di questo movimento, che spaziano dalla religiosità all'esoterismo, dal 'sintetismo' alla decorazione e all'arabesco, dal mondo onirico a quello spiritistico, il Simbolismo raccoglie ure di artisti molto diversi tra loro, che provengono talvolta dal realismo, talvolta dalla pittura di storia, ma che condividono tutti un atteggiamento di radicale opposizione al naturalismo della generazione precedente.

Usciti dagli ambienti romantici, come Gustave Moreau, o dal classicismo, come Pierre Puvis de Chavannes, i primi Simbolisti tentano di ritrovare una perduta età dell'oro recuperando leggende e miti medioevali, o ispirandosi alla religione cristiana oppure a filosofie più lontane, oppure evocando forme irreali e misteriose, come fa Odilon Redon. Essi, contro l'idea troppo semplice del progresso della storia che è alla base della nascente società industriale, affermano strenuamente il diritto al sogno, al paradiso artificiale, all'hashish di Rimbaud e Baudelaire, una frase del quale riassume la propensione di questi pittori verso il tema del mistero: 'fuggire, non importa dove, purché sia fuori dal mondo'.


Tre quadri rivoluzionari


È a Pont-Aven, un piccolo villaggio della Bretagna, che nel 1888 Paul Gauguin ed Emile Bernard pongono le basi della nuova estetica simbolista, definendo anche il cloisonnisme, in cui ogni forma si vede chiusa in uno spazio ben limitato alla maniera dell'arte delle vetrate.

Come ben spiega René Le Bihan nel suo saggio in catalogo, Bernard, condensando le esperienze condotte assieme a Louis Anquetin, dipinge Les bretonnes dans la prairie verte, un quadro che impressiona molto Gauguin, tanto più fortemente dal momento che questi cercava, da almeno due anni di staccarsi dall'Impressionismo. Per questo, impadronendosi della nuova formula del giovane Bernard, Gauguin afferma un nuovo uso del mezzo pittorico nella Vision après le sermon, elevando al livello di mito, con disinvoltura e sicurezza, ciò che Bernard aveva proposto. In seguito, Gauguin conduce su questa nuova via anche Paul Sérusier, un pittore di ventiquattro anni che era stato attratto dalla fama di Pont-Aven e che gli era stato presentato da Emile Bernard. Sérusier in breve tempo dipinge Paysage au bois d'amour.

In poche settimane, tra la primavera e l'autunno del 1888, è nata così la nuova corrente artistica, di cui Emile Bernard, con Les Bretonnes dans la prairie verte, è l'antesignano, la potente Vision après le sermon ne è la bandiera, mentre Paysage au bois d'amour ne è divenuto il suo 'talismano'.

Si tratta 'di tre opere rivoluzionarie, di tre quadri d'importanza capitale - scrive René Le Bihan-.Essi esaltavano la presenza e il sogno, la realtà e l'emozione; mettevano in risalto lo scorcio inconsueto, la stilizzazione delle forme e l'arbitrarietà dei colori; volevano sfuggire al mondo esteriore, davano valore all'idea, che gli Impressionisti avevano trascurato. Attraverso le linee insistite e i colori squillanti, lavorando a memoria Gauguin e Bernard avevano percepito che il quadro è molto più che un'immagine, che il suo messaggio non è unicamente la rappresentazione, che il motivo urato è occasione di simboli. Con la Vision après le sermon si giungeva alle soglie del meraviglioso: se una lezione si può trarre dall'estate del 1888, è sicuramente che la pittura esprime una realtà nascosta'.


I Nabis tra arabeschi floreali, stampe giapponesi e vetrate medioevali


Il simbolismo di Gauguin ispira i Nabis, un gruppo di giovani artisti usciti dall'Académie Julian e dall'Ecole des Beaux-Arts, che si formano intorno a Sérusier. L'appellativo Nabis deriva dall'ebraico 'Nebiim', che significa profeti o ispirati, e viene dato loro scherzosamente dal Nabi Auguste Cazalis, un appassionato di ebraico e lingue orientali.

Edouar Vuillard, Maurice Denis, Paul Ranson, Félix Vallotton, Pierre Bonnard, Henri-Gabriel Ibels, Ker-Xavier Roussel, Jan Verkade, George Lacome e Aristide Maillol amano immergersi nella lettura di giovani poeti simbolisti o in discussioni appassionate su problematiche di metafisica o di filosofia riunendosi nello  studio di Paul Ranson, o al Théatre de l'Oeuvre, di cui divengono scenografi, e specialmente nei locali della 'Revue Blanche', pubblicazione d'avanguardia che supportano con disegni, litografie e sectiunelloni pubblicitari.

I punti centrali della loro estetica sono il colore inteso e allusivo, il linearismo insito che tende a trasformarsi in arabesco, la sensibilità decorativa, l'ambiguità tra sensualismo e misticismo e, soprattutto la rivalutazione dell'affresco e dell'artigianato. Essi, infatti, aspirano a rinnovare gli oggetti della quotidianità contemporanea e si rivolgono alle arti decorative, attingendo dall'universo dei miti e delle leggende di Moreau e Puvis de Chavannes nell'intento di stimolare il rinascimento delle arti applicate, avviato in Inghilterra dai Preraffaelliti e da Arts and Crafts di William Morris. Ma i Nabis si lasciano sedurre anche dagli arabeschi floreali e dagli intrecci dell'arte giapponese, dalle stampe di Hokusai, Hiroshige e Utamaro rese note dalle Esposizioni Universali parigine del 1867 e del 1878. Fonte della loro ispirazione rimane anche l'arte antica dello smalto cloisonné e della vetrata medioevale, così come lo sono i libri di magia colmi di segni cabalistici.

I Nabis, dunque, non hanno avuto solo il nome, ma anche certi atteggiamenti da profeti e, seppur in un modo che oggi può sembrare paradossale, essi hanno anticipato parecchi atteggiamenti delle Avanguardie del Novecento e ancora oggi la loro arte è straordinariamente attuale.





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