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RICERCA DI SCIENZE

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RICERCA DI SCIENZE



Etologia

Negli Uccelli il c., emesso solitamente dal maschio, ha il significato di richiamare l'attenzione sulla propria presenza in un determinato luogo e conseguentemente svolge due funzioni: respingere gli individui dello stesso sesso e attrarre quelli del sesso opposto ( corteggiamento). Negli Ortotteri, il cui frinire viene talvolta definito c., ha in genere una connotazione attrattiva per le femmine. Nelle specie simili che vivono in areali sovrapposti, il c. è ben differenziato, sicché i segnali che contiene sono strettamente funzionali nell'ambito della stessa specie e non portano a ibridazione. In genere gli Ortotteri possiedono modelli di c. programmati geneticamente, cioè sono in grado di emettere il c. specifico appena giunti alla maturità sessuale. Le larve delle cavallette possono compiere i movimenti delle zampe che nell'adulto producono i suoni senza che gli organi del suono siano ancora sviluppati. Negli Uccelli la situazione è molto diversa: alcuni sono in grado di emettere il cinguettio specifico non appena giunti alla maturità sessuale; altri per sviluppare un c. normale hanno necessità di ascoltare almeno se stessi quando incominciano a emettere le prime vocalizzazioni canore ; altri ancora devono ascoltare, oltre che i propri tentativi, anche il c. degli adulti della propria specie o un c. molto simile, altrimenti non ne vengono influenzati. Nell'ultimo caso quindi, lo sviluppo del c. è parzialmente soggetto ad apprendimento, ma l'apprendimento è programmato, in quanto viene imitato solo un determinato modello; alcune specie ancora piú plastiche imitano il c. del padre; se allevati da genitori adottivi svilupperanno il c. della loro specie, che si conserverà nella discendenza. Gli uccelli vedova della famiglia Viduinae, detti anche false vedove, depongono le uova in nidi di bengalini, che hanno c. diversi per segnalare il proprio territorio e per corteggiare le femmine, sviluppano istintivamente il c. territoriale ma apprendono con gran precisione dai genitori adottivi il secondo. Altri uccelli apprendono il c. di chi li nutre, anche se sentono contemporaneamente il c. della propria specie, ma se in gabbia sono nutriti da un genitore vero e da uno adottivo imiteranno il c. del primo. Per l'apprendimento del c., gli uccelli attraversano una fase sensibile detta imprinting,durante la quale hanno effetto le esperienze esposte.



Pedagogia

Già nel pensiero platonico si afferma il valore educativo del c.; nella storia della pedagogia, tale valore viene variamente ribadito: dagli educatori della Riforma, fra cui Lutero, dai quali il c., considerato disciplina altamente educativa, fu introdotto nelle scuole per il popolo, alla riforma Gentile (1923) nella quale l'insegnamento della musica e del c. venne strutturato in un programma di educazione teorica e pratica, fino a R. Agazzi che nell'Abbicì del canto educativo espone le sue teorie inproposito considerando l'attività del c. inserita, insieme alla lingua e alla recitazione, in un unico processo espressivo che l'insegnante deve stimolare e guidare. Insieme alla musica in genere il c. è determinante nella creazione di un ambiente di "scuola serena", quale la scuola attiva e le prospettive di una scuola permanente richiedono. Dal punto di vista strettamente didattico, il c. è da sempre considerato come propedeutico all'apprendimento musicale divenendo supporto fondamentale di tutti i metodi didattici che nell'ultimo secolo sono stati perfezionati per l'apprendimento della musica: dal metodo Dalcroze, al Bassi, al Kodàly, all'Orff, ad altri ancora.


corteggiaménto

Atto ed effetto del corteggiare. In partic., in etologia, comportamento preliminare all'accoppiamento, presente in molte specie e attraverso il quale uno dei due partners, generalmente il maschio, comunica la propria disponibilità all'accoppiamento e saggia la recettività dell'altro. Poiché il c. si basa sullo scambio di segnali specifici (stimoli chiave) fra partners, la cui risposta è geneticamente determinata, esso rappresenta un importante meccanismo per evitare l'ibridazione. Come attività preliminare dell'accoppiamento, qualsiasi emissione di segnali volti all'attrazione dell'altro sesso rappresenta un corteggiamento. Forme di c. relativamente semplici, ma nelle quali è comunque implicata una componente motoria, sono variamente presenti in tutti i gruppi animali, ma è negli animali più evoluti, come gli Artropodi e i Vertebrati, e fra questi soprattutto gli Uccelli, che il c. assume la forma di sequenze di comportamenti complesse (cerimonie di c.). É in queste specie che il dimorfismo sessuale è particolarmente marcato, con maschi spesso dotati di livree straordinariamente vistose. Funzioni del c. sono anche quelle di vincere il timore del partner per il contatto fisico e di sincronizzare i comportamenti della coppia perché sia possibile l'accoppiamento. Per attirare un partner da grandi distanze alcuni animali usano sostanze odorose (Insetti), altri emettono segnali sonori, come il canto degli Uccelli, degli Anfibi e degli Ortotteri; alcuni uccelli esibiscono le loro colorazioni sgargianti spesso mediante comportamenti particolari. Gli uccelli giardinieri costruiscono caratteristiche "capanne" in luoghi accuratamente ripuliti e le adornano con una varietà di oggetti vistosi, come semi e bacche colorati, gusci di chiocciole, fiori, ecc. (talvolta rubati alle capanne di altri maschi), e poi si esibiscono davanti a esse, specialmente in presenza di una femmina. Nidi elaborati con funzione di attrarre la femmina si trovano anche nei Pesci (v. Ciclidi). Il c. contiene quasi invariabilmente una quantità di elementi comportamentali che hanno funzione di acquietamento. I doni di cibo sono fra i più comuni negli uccelli e negli insetti (p. es. Empididae), nei primi, traendo origine per ritualizzazione dal comportamento di cura dei piccoli. In altri uccelli il maschio offre alla femmina materiale per la costruzione del nido. I comportamenti infantili degli adulti generalmente in forma di richiesta di cibo, hanno pure l'effetto di abbassare l'aggressività fra partners, ma anche questi comportamenti, nel c., appaiono frequentemente ritualizzati in forme più semplici che conservano poche tracce dei comportamenti originari. Nel c. trovano anche posto comportamenti più generalmente volti a non suscitare reazioni aggressive. Molti uccelli, p. es., rivolgono altrove il becco o le parti del corpo che recano colorazioni esibite con funzione impositiva. Alcuni uccelli cantano in duetto, alternandosi nell'emissione delle frasi canore con un sorprendente sincronismo. Una stessa cerimonia di c. può includere una varietà di moduli di acquietamento diversi. La marcatura con l'urina con significato di c. è presente in numerosi roditori. La femmina in genere dimostra la propria disponibilità accettando e ricambiando il comportamento del maschio, esibendo la regione genitale e, nel caso di alcuni anseriformi, istigando il maschio ad aggredire altri individui. In rare specie di Uccelli i ruoli sono invertiti e il c. viene effettuato dalla femmina, che possiede anche colorazioni più vistose del maschio.


duétto


Composizione vocale o strumentale per due solisti di uguale importanza, con o senza accomnamento. Anche sin. di duo ., per lo più in forma escl., detto di persone che vengono a diverbio, di bimbi che piangono: che d. fanno quelli! Per estens., rif. a persone che sono accoppiate in maniera simpatica: sono proprio un bel duetto! La forma più antica del d. vocale sembra essere, nella musica occidentale, il gymel (cantus gemellus) inglese. Esso è successivamente presente in alcuni episodi della musica polifonica dei sec. XV-XVI, o in vere e proprie composizioni a due voci dello stesso periodo, come il bicinium. Nel secolo seguente si diffuse il d. da camera con basso continuo, le cui forme si svilupparono parallelamente a quelle della monodia accomnata e della cantata a voce sola. Il d. divenne poi componente importante anche dell'opera. In etologia, d. canoro, canto in coppia effettuato prevalentemente da uccelli di vari ordini in cui i partners si alternano nell'emissione di vocalizzazioni che, negli Uccelli, possono essere intere strofe (canto alternato) o singole sillabe (d. vero e proprio) dell'intero canto in successione così stretta che il canto sembra emesso da un solo uccello. Nelle specie monogame che vivono in zone boscose, in cui i partners si conoscono individualmente, i d. canori permettono di mantenere il contatto a distanza; più in generale, tuttavia, rappresentano una forma di corteggiamento e manifestano il legame esistente fra i membri della coppia. Si conoscono d. anche in alcuni Mammiferi.

duo

1) Insieme strumentale di due concertisti, che suonano lo stesso strumento o strumenti diversi. Talvolta il termine si riferisce anche a una composizione e diviene così sin. di duetto. 2) Gabbia di un laminatoio avente due soli cilindri. È possibile avere un doppio d. se la gabbia contiene due coppie di cilindri controrotanti.

Cìclidi

Lessico

I C. sono una delle famiglie di Pesci meglio studiate sotto il profilo etologico. In periodo riproduttivo i maschi di molte specie acquistano una livrea particolare, sono territoriali, combattono gli altri maschi, che riconoscono da specifici disegni del corpo, e accettano nel territorio soltanto le femmine. I membri delle coppie si riconoscono individualmente. Nel territorio i maschi di molte specie scavano una depressione in cui le femmine deporranno le uova. Il maschio di Tilapia macrochir orna la buca con solchi radiali, sicché il nido diventa una costruzione che attira la femmina, analogamente a quanto avviene negli Uccelli giardinieri. Altre specie incubano le uova in bocca. Il rapido cambiamento di colore dei C. comporta l'emissione di diversi segnali. Haplochromis wingatii mostra la disposizione ad attaccare colorandosi a strisce trasversali e la disposizione a fuggire con strisce longitudinali. Hemichromis fasciatus in stato di quiete mostra una colorazione chiara con una banda scura attraverso l'occhio e alcune macchie più scure lungo il corpo. Con il crescere della disposizione alla lotta (legata alla difesa territoriale), le macchie si fanno più scure e e una macchia rossa sull'opercolo, poi compaiono alcune linee rossastre lungo il corpo e infine questo si scurisce notevolmente, mentre le macchie si schiariscono. Il pesce che cerca protezione, invece, sviluppa macchie o bande verdastre. La femmina che sta per deporre le uova mostra gruppi di strisce rosse lungo il corpo, fra le quali, nella femmina che cura la prole, compaiono marcate macchie nere. In Pelmatochromis subocellatus l'orientamento della banda nera che attraversando l'occhio del maschio si spinge verso il muso è fondamentale per stimolare l'aggressione da parte di un altro maschio. In Haplochromis burtoni l'aggressione è suscitata da una banda verticale sulla testa e da una macchia arancione sulle pinne pettorali. Prima della lotta effettiva i maschi si esibiscono in atteggiamento impositivo. Alcuni C. emettono suoni minacciosi simili a grugniti. I maschi di Astatotilapia strigigena mostrano il fianco all'avversario, con le pinne spiegate che contengono caratteristiche macchie. Se il confronto viene accettato, l'altro maschio assume lo stesso atteggiamento, orientato in senso opposto e i due si scambiano colpi con la bocca e con la coda, girando in cerchio (carosello). Un combattimento simile si ha in Apistogramma wickleri, in cui il carosello precede la lotta vera e propria, effettuata spingendosi o strattonandosi con la bocca. Il perdente assume una colorazione smorta e si ritira con le pinne ripiegate. Tropheus moorii, che vive in gruppi, acquieta l'aggressione evidenziando una fascia gialla e scuotendosi come se tremasse, colorazione e comportamento propri anche dei maschi che corteggiano una femmina e delle femmine che depongono le uova. Le specie di Tilapia che depongono le uova sul fondo combattono afferrandosi per la bocca, quelle che incubano le uova in bocca si spingono con la bocca aperta. Tilapia mariae segnala la propria sottomissione acquistando una livrea infantile, comportamento analogo ai comportamenti infantili di acquietamento. In acquario, in Haplochromis burtoni l'aggressività si mantiene alta se il pesce è sottoposto continuamente a stimoli che evocano risposte aggressive, altrimenti il livello di aggressività si abbassa notevolmente e dopo alcune settimane il pesce diventa molto meno pronto all'attacco. In Pelmatochromis subocellatus la disposizione a combattere aumenta dopo le fasi iniziali della lotta, ma diminuisce dopo una lotta relativamente breve. I C. sono un ottimo esempio della spontaneità dell'appetenza per la lotta e perfino in specie relativamente poco aggressive, come Etroplus maculatus e Geophagus brasiliensis, i maschi hanno necessità di un periodo di combattimento affinché possano accettare una femmina nel territorio; altrimenti aggrediscono la femmina ripetutamente, giungendo perfino a ucciderla. In condizioni sperimentali in cui le femmine possono scegliere fra maschi diversi, le femmine di Hemichromis bimaculatus preferiscono i maschi in livrea nuziale, presso i quali si recano a deporre le uova, ma se questi sono resi inattivi depongono le uova presso i maschi attivi, anche privi di livrea. Nelle specie che depongono le uova in avvallamenti del fondo, il maschio feconda le uova subito dopo la deposizione. Nelle specie di Haplochromis e Tilapia che praticano l'incubazione orale, le femmine raccolgono le uova appena deposte ancora prima che il maschio le abbia fecondate, adattamento protettivo contro la predazione. I maschi di Haplochromis possiedono macchie a forma di uova sulla pinna anale (v. automimetismo), che presentano alla femmina, e mentre questa tenta di raccoglierle con la bocca emettono un getto di sperma che sarà risucchiato sulle uova vere. Tilapia ottiene lo stesso risultato presentando alla femmina un'appendice prossima all'apertura genitale, che la femmina afferra con la bocca insieme a una spermatofora, emessa nel contempo. La cura dei piccoli è molto sviluppata nei C. e il rapporto genitori-li è basato su un continuo scambio di segnali. Il riconoscimento della madre da parte dei piccoli è in molte specie istintivo. Infatti, in queste specie, i piccoli allevati artificialmente possono essere indotti a seguire sagome mobili che abbiano la colorazione tipica della madre (stimolo chiave). In caso di pericolo, i piccoli di Haplochromis multicolor e Tilapia mossambica si rifugiano in bocca alla madre. Anche l'orientamento della fuga è innato e in presenza di modelli che riproducono la madre pur grossolanamente si dirigono sempre verso il punto del modello corrispondente alla posizione della bocca nella madre. In alcune specie le madri richiamano i piccoli con segnali tratti dai movimenti del nuoto (ripiegamento delle pinne e movimenti ondulatori del corpo). Nei casi più elementari la madre esegue pochi ondeggiamenti del corpo e si ferma ad aspettare i piccoli, ma questo movimento è fortemente ritualizzato in Herichthys, che semplicemente scuote la testa lateralmente, e in Hemichromis bimaculatus, che in più dispiega e ripiega la pinna dorsale. Hemichromis bimaculatus distingue i piccoli di altre specie dai propri piccoli che sembra impari a riconoscere per imprinting La cura dei piccoli è spesso condivisa da entrambi i genitori, il maschio difendendo il territorio e la femmina trasportandoli, ma in Oedipomidas i piccoli sono trasportati dal maschio. In Tilapia mariae la coppia è inizialmente unita per attrazione reciproca. Successivamente alla nascita dei piccoli questa attrazione va scemando e i partners si evitano, ma restano uniti per l'attrazione che i piccoli esercitano su ambedue. A riprova di questo, la sottrazione dei piccoli provoca inquietudine nei genitori, mentre l'eliminazione di uno dei partners, se i piccoli sono presenti, lascia l'altro indifferente.


automimetismo

In etologia è l'imitazione di uno dei due sessi di una determinata specie da parte dell'altro sesso (solitamente vengono imitate poche caratteristiche) e anche l'imitazione di se stesso, da parte di un individuo, in situazioni irreali. Un classico esempio del primo caso si trova in alcune scimmie cinocefale, in cui i maschi subordinati acquistano tumescenze ischiatiche e perigenitali di colore rosso vivo, simili a quelle genitali delle femmine, che esibiscono ai maschi dominanti con funzione di pacificazione. Un altro esempio è offerto dalle femmine di alcuni Zigotteri, che hanno evoluto una esibizione di rifiuto sessuale simile all'esibizione di minaccia dei maschi, ottenendo l'allontanamento del pretendente senza essere costrette alla fuga. Al secondo tipo di automimetismo sono talvolta ascritti comportamenti come la tanatosi e i comportamenti di diversione ambedue con funzione autoprotettiva. È da sottolineare che gli autori anglosassoni definiscono questi due tipi di a. con termini diversi (automimicry e self-mimicry rispettivamente), perché la catena mimetica nel secondo tipo è costituita da due soli individui anziché da tre, come nel primo e più generalmente nel mimetismo


tanatòsi

sf. [tanato-+-osi]. In etologia, comportamento protettivo che consiste nel fingere la morte, valido particolarmente nei confronti di predatori che usano uccidere le prede. Attuato generalmente quando altri sistemi di difesa, come la fuga, sono falliti, è proprio di numerosi ragni e insetti ed è anche stato osservato in alcuni uccelli e mammiferi.


imprinting

s. ingl. (propr. l'imprimersi nella mente) usato in it. come sm. In etologia, modalità di apprendimento, propria di una quantità di vertebrati, che ha luogo in una fase sensibile, o periodo critico, in cui l'animale è particolarmente "impressionabile" da un oggetto sul quale dirigerà, successivamente, determinate reazioni istintive. Particolarmente studiato negli uccelli nidifugi, il problema dell'i. è stato impostato scientificamente da K. Lorenz, ma le prime osservazioni del fenomeno datano dalla fine del secolo scorso. È infatti nota da lungo tempo la reazione di inseguimento di un particolare oggetto da parte dei pulcini del pollo domestico e delle anatre. Questa reazione è scatenata dall'esposizione del pulcino, anche per breve tempo, purché nelle prime ore di vita, all'oggetto stesso, al quale esso resterà legato per tutta la vita, preferendolo in seguito a qualsiasi altro oggetto. In natura questo è di norma rappresentato dalla madre ed è evidente il significato adattativo della risposta di inseguimento e del legame fra il piccolo e la madre, ma in condizioni sperimentali può essere indotta la formazione di un legame con qualsiasi oggetto anche di forma, dimensione, colore e "suono" molto diversi da quelli della vera madre, incluso l'uomo. La ricaduta di tale processo è che, nella vita adulta, il pulcino rivolgerà il suo comportamento sociale e sessuale all'oggetto appreso per imprinting. In natura, quindi, l'i. ha la funzione di permettere al pulcino l'identificazione della propria specie. Periodi critici per l'apprendimento possono essere presenti anche in animali adulti: p. es., le femmine primipare dei pesci ciclidi Hemichromis bimaculatus riconoscono come li propri i pesciolini nati dalle uova che esse hanno curato e considereranno tali anche i piccoli di un'altra specie se le loro uova saranno state sostituite con uova estranee e, se ne avranno l'occasione, mangeranno i piccoli della propria specie, invertendo le relazioni naturali; e nella capra, la madre attraversa una fase sensibile di circa un'ora immediatamente dopo il parto, nella quale, se potrà annusare e leccare il lio per almeno pochi minuti, poi lo accetterà anche dopo una lunga separazione, altrimenti lo rifiuterà. Lorenz ha sottolineato le seguenti caratteristiche dell'i.: a) ha sempre luogo in un periodo critico della vita dell'animale, trascorso il quale non è più possibile che l'apprendimento abbia luogo; negli anatroccoli, p. es., fra la tredicesima e la sedicesima ora dalla nascita; b) è irreversibile, cioè quanto viene appreso viene ricordato per sempre e condiziona la vita dell'animale. Questo non significa necessariamente che un animale che abbia avuto un i. su un oggetto innaturale non riesca, da adulto, a corteggiare, o a rispondere al corteggiamento di, e ad accoppiarsi con, un partner giusto, ma in presenza dell'oggetto appreso per i. rivolgerà le sue attenzioni su questo; c) l'oggetto dell'i. non viene appreso nei dettagli individuali, ma l'animale opera una sorta di generalizzazione; p. es., l'anatroccolo che è stato con una certa madre nel periodo sensibile da grande corteggerà tutte le anatre simili alla madre, cioè della stessa specie; d) l'i. implica solo una particolare reazione dell'animale all'oggetto; le taccole di Lorenz consideravano il loro allevatore un genitore e un partner sessuale, ma accettavano la comnia delle altre taccole delle quali imbeccavano le più giovani; e) l'apprendimento per i. può aver luogo anche se il comportamento che si manifesterà verso l'oggetto relativo non è ancora maturato (v. maturazione); è quindi simile, in questo, all'apprendimento latente; f) il tempo necessario perché si instauri l'i. è in genere molto breve, al contrario di quello che occorre per l'apprendimento associativo, ed eventuali stimoli sgradevoli rinforzano l'i. invece di inibirlo (gli anatroccoli sottoposti a leggere scosse elettriche seguono ancora più attivamente l'oggetto dell'i.). Alcune di queste caratteristiche si trovano anche in altre forme di apprendimento, ma l'i. resta unico soprattutto per la sua irreversibilità, mentre in tutte le altre forme di apprendimento si manifesta la tendenza a dimenticare. È rilevante che in natura vengono appresi per i. gli oggetti privi o quasi di stimoli capaci di evocare una reazione; nelle anatre, p. es., la ura femminile, in genere dotata di piumaggio scarsamente colorato, e non quella maschile, dalla livrea assai vistosa. Le anatre femmina, infatti, sono geneticamente predisposte a rispondere al corteggiamento di un maschio della loro specie. Fra gli animali si conoscono anche altri processi di apprendimento riferibili a impressioni precoci. Alcuni uccelli, al fine di sviluppare normalmente il canto della propria specie, devono poter ascoltare il canto degli adulti quando, ancora giovani, essi stessi non sanno ancora cantare (i fringuelli, p. es., entro i primi tredici mesi) e i giovani allevati artificialmente da genitori di un'altra specie da grandi emetteranno il canto della specie adottiva. Anche le femmine, che normalmente non cantano, possono apprendere per i. il canto della propria specie e lo dimostrano quando, sperimentalmente iniettate di ormoni maschili, prendono a cantare. Sebbene l'i. sia un fenomeno noto particolarmente negli uccelli, anche i mammiferi possono apprendere in periodi critici precoci: i cani, p. es., instaurano legami sociali con gli animali, incluso l'uomo, con i quali siano stati allevati fra la quarta e la sesta settimana di vita, a prescindere dal fatto che da essi siano curati e nutriti o, all'estremo opposto, respinti e maltrattati, e molte scimmie sviluppano rapporti sociali normali e si mostrano buone madri soltanto se hanno ricevuto esse stesse cure materne durante l'infanzia.


generalizzazióne

sf. [sec. XVIII; da generalizzare]. Atto ed effetto del generalizzare. In partic.: A) in filosofia, l'atto, o il procedimento, mediante il quale le proprietà di uno o più elementi di una classe vengono estese a tutti gli elementi di quella classe. La g. costituisce la ragion d'essere e il punto d'arrivo di ogni ragionamento deduttivo. B) In psicologia, processo attraverso cui, nel condizionamento, una risposta appresa in connessione con un certo stimolo condizionato viene emessa anche in presenza di uno stimolo diverso, ma simile al primo. C) In etologia, capacità di un animale, condizionato a rispondere a un determinato stimolo, di rispondere a una varietà di stimoli simili fra loro, per esempio suoni di frequenze vicine o luci di colori somiglianti. È il fenomeno opposto alla discriminazione

L'appetito

Lessico

sm. [sec. XIII; dal lat. appetitus-us]. 1) Lett., tendenza naturale a soddisfare bisogni e desideri immediati al di fuori dell'intervento razionale; impulso, inclinazione istintiva: "Il desiderar le cose buone è a. universale di ciascuno" (Tasso); dominare con la ragione gli a. della natura umana. Per estens., desiderio ardente, brama: a. di piaceri, di potenza. 2) Com., desiderio naturale di cibo; fame: avere, provare a.; perdere, ritrovare l'a.; mangiare di buon appetito. Proverbio: "l'a. vien mangiando", per spingere a mangiare chi ne ha poca voglia; . iron., per indicare la sempre più forte cupidigia di possesso in chi già possiede molto.

Filosofia

Secondo Aristotele, la tendenza di ogni essere vivente verso il suo fine. L'a. può essere volto al soddisfacimento di bisogni o desideri sia fisici sia intellettuali. Per gli scolastici questa tendenza ancora incognita costituisce l'a. naturale e si distingue dall'a. elicito, che invece conosce il proprio fine. Questo è intellettivo se tende al fine conosciuto dall'intelligenza, sensitivo se a un fine conosciuto dai sensi (Summa Theologica I, qq. 80-82).

Medicina

Percezione della necessità di alimentarsi, di origine molto complessa, in cui entrano fattori nervosi di provenienza centrale (eccitamenti legati all'azione del centro regolatore della nutrizione localizzato in zone specifiche dell'encefalo) e periferica, come stimoli chimici (presenza nello stomaco di acido cloridrico a digiuno) e meccanici (aumento del tono e della peristalsi gastrica). L'a. può presentare gravi alterazioni, nel senso di una sua riduzione o aumento, in molte condizioni patologiche: traumi psichici, malattie generali e in particolare mentali, malattie dell'apparato digerente, diabete. In tutti questi casi possono osservarsi fame vorace (polifagia), talvolta con contenuto ossessivo (bulimia); altre affezioni che determinano invece la diminuzione o la ssa dell'appetito (anoressia).

Farmacologia

Numerose sostanze naturali o di sintesi hanno la proprietà di esaltare o di attenuare l'a.; i farmaci che esaltano l'a. sono detti oressizzanti od oressanti, e, in rapporto al meccanismo della loro azione, vengono suddivisi in tre gruppi: centrali, periferici e umorali. Gli oressizzanti centrali sono tipici psicofarmaci e comprendono gli inibitori della amminossidasi (iproniazide, isoniazide, nialamide), la fenelzina, la reserpina, il clordiazepossido, l'amitriptilina, l'imipramina. Tali composti vengono impiegati nel trattamento delle disappetenze legate a psicopatie, a stati d'ansia, di preoccupazione, d'angoscia, ecc. Contrariamente alle ipotesi avanzate in un primo tempo, la loro azione sull'a. non è conseguente all'effetto psichico, ma si svolge direttamente sui centri ipotalamici della fame che vengono stimolati. Gli oressizzanti periferici comprendono i composti che aumentano l'intensità e la frequenza degli stimoli diretti ai centri nervosi dell'appetito. Vanno ricordate a tale proposito sostanze, alcune delle quali da tempo utilizzate in gastronomia oltre che come farmaci, quali gli amari naturali e le varie droghe che esaltano il sapore o l'odore dei cibi, e, tra i farmaci, la stricnina e un composto sintetico, il tannato di 3-fenil-3,4-diidrossichinazolina (Orexin®), che al pH gastrico si idrolizza liberando la base amara. La categoria degli oressizzanti umorali comprende numerosi composti che aumentano il metabolismo basale, tra cui l'insulina, gli ipoglicemizzanti orali, gli ormoni tiroidei, gli anabolizzanti proteici, il cortisone, la corticotropina, ecc. I farmaci che attenuano la sensazione dell'a. sono definiti anoressizzanti o anoressanti.

abitudini

Lessico

sf. [sec. XIII; dal lat. habitudo-inis]. 1) Disposizione acquisita con il costante e periodico ripetersi di determinate azioni. Abito, consuetudine, costume, assuefazione: contrarre, perdere, cambiare, sradicare un'a.; fare l'a. a qc.; in forza dell'a. 2) Per l'a. in diritto, v. abitualità

Fisiologia

Disposizione individuale acquisita, per la regolare ripetizione degli stessi atti, determinata dalla persistenza delle sensazioni sensoriali nel tessuto nervoso, date le caratteristiche proprie delcellula - METABOLISMO, LA RESPIRAZIONE, RESPIRAZIONE AEROBICA DELLA SOSTANZA ORGANICA" class="text">la cellula nervosa. A seconda del livello, della durata, intensità e diversità degli stimoli si distingue in: a. passiva, se lo stimolo è stereotipato e può determinare il sonno; a. condizionata, se lo stimolo è variabile, inducendo nuovi riflessi di risposta; a. passiva con variazioni dello stimolo, tipica negli automatismi e nei riflessi semplici; a. razionalizzata, qualora lo stimolo si associ all'apprendimento intelligente, tipico dell'uomo. Ogni tipo di a. può degenerare in a. passiva, se lo stimolo è ripetuto con troppa frequenza, affaticando la cellula nervosa. L'a. è una forma di adattamento dell'essere vivente al proprio ambiente.

Psicologia

Il termine si riferisce soprattutto al comportamento motorio, ma non esclusivamente, potendosi parlare di a. relativamente all'attività di pensiero, alla percezione, ecc. ("Le idee sono a. dello spirito", Ricoeur), e si distingue dall'istinto, in quanto questo è innato. L'a. è finalizzata e specializzata, e, una volta che sia acquisita, indipendente dalla volontà. La formazione delle a. avviene per ripetizione. Un'a. motoria, p. es. lo scrivere a macchina, è costituita da un atto complesso: la ripetizione, volontaria o meno, delle singole componenti dell'atto, conduce alla formazione dell'a., che non va intesa come una semplice somma delle componenti, ma come una loro riorganizzazione in un'unità strutturale integrata, in cui vengono eliminati tutti gli atti inutili. Essa è quindi un modello di comportamento economico, in quanto consente di risparmiare al soggetto lo sforzo di controllare volontariamente gran parte della propria attività. La plasticità delle a., la possibilità cioè di ristrutturarle nelle singole componenti al mutare delle situazioni, diminuisce con il crescere dell'età (resistenza al mutamento). Negli studi sull'apprendimento il termine (ingl. habit) ha acquistato un significato più ristretto e definito, per opera particolarmente di Clark Hull e della scuola neobehaviorista (per tale motivo alcuni psicologi italiani preferiscono parlare in questo ambito di "abito"). Secondo questa impostazione, l'a. può essere definita come legame o associazione tra uno stimolo differenziato e la risposta del soggetto. Essa non può essere osservata, in quanto "celata nella complessa struttura del sistema nervoso" (Hull); si tratta quindi di un costrutto ipotetico che può venire dedotto da un comportamento relativamente stabile e costante nel tempo.

Filosofia

Spesso usato come sinonimo di "abito" che, in generale, significa una disposizione costante del comportamento, l'a. indica invece una ripetizione di eventi o di azioni. Aristotele definisce l'a.: "Una cosa che somiglia alla natura: la natura è ciò che si fa sempre, l'a. ciò che si fa spesso" (Rhetorica, 11, 1370 a 7); la distingue dall'abito, che per il filosofo è "Una disposizione a essere bene o mal disposto verso qualche cosa, sia verso di sé sia verso l'altro" (Metaphisica, 20, 1022 b 13). Tale distinzione è stata più volte ripresa nel corso della storia del pensiero, p. es. da San Tommaso. Nei tempi moderni, Hume spiega la connessione causale mediante l'a., affermando che la relazione tra causa ed effetto si fonda non già sopra una necessità oggettiva, ma sull'osservazione ripetuta degli eventi; secondo Hegel, l'a. è uno strumento di possesso e di liberazione; per Bergson invece è l'antitesi della vita autentica.

Pedagogia

Il pensiero pedagogico non ritiene in generale che scopo dell'educazione sia promuovere delle buone abitudini. Le correnti più mature di esso hanno risolto la natura del processo educativo nello sviluppo stesso, ponendo in crisi il concetto di fine in sé: principio contro cui urta la teoria dell'a. come modello di comportamento stabile. Esse perciò oscillano fra un relativo riconoscimento del valore educativo delle a. e la sua totale negazione. J. Dewey, p. es., sostiene che le a. danno il controllo sull'ambiente e il potere di modificarlo. Oltre all'aspetto "passivo" delle a., cioè quello corrispondente al processo di assuefazione delle attività dell'individuo all'ambiente, esiste un aspetto "attivo" delle a., che rappresenta la capacità dell'individuo di riadattare la propria attività per affrontare nuove condizioni ambientali. Le a. attive implicano pensiero e invenzione e sono l'esatto contrario della routine. D'altro canto il neoidealismo nega valore umanizzante alle a., se è umanizzante solo ogni atto in cui la coscienza sia autodeterminata.

Tossicologia

Con a. ai farmaci si indica lo stato di dipendenza psichica che si instaura in seguito all'uso protratto di alcuni farmaci (antinevralgici, tranquillanti, psicoeccitanti) o di droghe voluttuarie (alcol, caffè, tabacco). L'a. è caratterizzata dal desiderio più o meno intenso della sostanza impiegata. È una condizione di modesta gravità in quanto non comporta una vera sindrome da astinenza (v. tossicomania


apprendiménto

Psicologia

L'a. è il processo attraverso il quale si origina o si modifica un comportamento in presenza di determinati stimoli. Si può parlare di a. solo quando tale cambiamento non può essere spiegato sulla base di processi maturativi o stati temporanei dell'organismo (come affaticamento, effetto di droghe, ecc.). Questa definizione sembra quella che meglio si adatta a delineare il concetto scientifico di a.; infatti la definizione comune, che considera l'a. come un processo psichico intenzionale finalizzato a un migliore adattamento all'ambiente, non sembra sufficiente a definire le varie forme di a. esistenti. Sono stati a lungo studiati i complessi rapporti tra processi maturativi (v. maturazione) e a.; molto spesso infatti il cambiamento del comportamento è dato dall'interazione tra questi due processi. P. es. nel processo di a. del linguaggio il bambino impara la lingua che ascolta intorno a sé, ma solo quando ha raggiunto una data maturità biologica. Si possono distinguere quattro forme di a.: sensoriale, acquisizione della capacità di dare determinate risposte in occasione della presentazione di certi stimoli (p. es., premere una leva al suono di un campanello); motorio, acquisizione di determinati schemi di comportamento in cui è prevalente l'attività muscolare (p. es., scrivere a macchina); verbale, acquisizione del linguaggio nelle sue componenti fonetiche, sintattiche e semantiche; ideativo, acquisizione di determinati schemi concettuali. Nell'uomo si parla di a. personale, inteso come sintesi delle quattro forme suesposte. Le molte teorie dell'a. possono essere suddivise in due grandi filoni: teorie stimolo-risposta e teorie cognitive; entrambe riescono a dare una spiegazione esauriente di tutti i tipi di apprendimento. Nel primo gruppo rientrano la scuola riflessologica russa (con Pavlov e il condizionamento classico) e il behaviorismo americano (condizionamento strumentale o operante). Negli esperimenti di Pavlov i cani imparavano a produrre una risposta già nota (salivazione) in presenza di uno stimolo nuovo (campanello); negli esperimenti di condizionamento operante, invece, gli animali imparano a produrre risposte nuove in presenza di determinati stimoli. P. es. un ratto assetato nella gabbia di Skinner (v. ura) apprende a premere la leva per ottenere l'acqua. Entrambe le scuole negano l'esistenza di intermediari cerebrali centrali nell'a. e parlano di una semplice acquisizione di abitudini che avviene per prove ed errori, fino a raggiungere la risposta corretta. Elemento fondamentale del processo di a. è l'associazione per contiguità temporale tra rinforzo positivo, cioè il premio (nell'esempio l'acqua) e il comportamento adeguato. La punizione invece non sembra avere un effetto altrettanto efficace nell'eliminazione di comportamenti indesiderati. Per le teorie cognitive, sviluppate principalmente da Tolman e dagli psicologi della Gestalt, l'a. avviene grazie a processi cerebrali centrali, come la memoria e le aspettative, che agiscono da integratori di un comportamento diretto a una meta. Non si imparano quindi abitudini, ma si costruiscono strutture cognitive. Secondo questi autori l'a. non avviene per tentativi, ma grazie a una ristrutturazione percettiva del problema che viene risolto per intuizione. Inoltre esiste un a. latente, non strettamente legato alla ricompensa e all'uso immediato di ciò che si è appreso. Altri aspetti dell'a. messi in luce dalla teoria cognitiva sono l'a. per imitazione e lo sviluppo di una disposizione a imparare (learning set) che si sviluppa con l'esercizio di tale funzione. La differenza tra le due scuole è fondamentale in quanto dalle due teorie diverse conseguono programmi di insegnamento profondamente diversi. Secondo alcuni autori entrambe le teorie sono valide in quanto i differenti processi di a. si utilizzano in situazioni diverse. Particolare interesse riveste il problema del transfert, l'influenza positiva o negativa che un tipo di a. può avere su un altro precedente o successivo (transfert retroattivo o proattivo). Il transfert viene considerato come un processo intermedio tra a. e memorizzazione e tutti e tre questi processi vengono considerati parte del più generale processo di acquisizione.

Pedagogia

Con lo sviluppo dell'analisi scientifica della condotta umana e con il costituirsi autonomo, e su basi sperimentali, della psicologia (segnatamente genetica e ata), vengono formulate le moderne teorie dell'apprendimento. Su queste basi viene contestata la stessa didattica dell'attivismo che pure aveva segnato una rottura rispetto alla didattica tradizionale dello stadio empirico (p. es. il procedimento "per prove ed errori" del Pestalozzi) proprio attraverso l'introduzione di osservazioni controllate e l'avvio del disegno sperimentale. La didattica scientifica odierna si costituisce infatti utilizzando i risultati dell'analisi del processo dell'"apprendere-insegnare" che si avvale soprattutto degli strumenti teorici del behaviorismo americano di impostazione elementaristica, della psicologia della forma e delle ricerche del Piaget sullo sviluppo cognitivo.

Etologia

Secondo la definizione più in uso, l'a. è il processo che si manifesta sotto forma di cambiamenti adattativi indotti dall'esperienza nel comportamento dell'individuo. In altre parole, esso è la capacità di un animale di immagazzinare informazioni che gli derivano dall'esperienza di situazioni ambientali e di basare su di esse il proprio comportamento. Attualmente, tutti gli studiosi del comportamento animale, almeno delle scuole etologiche, concordano nel ritenere che nel comportamento di un animale si fondano strettamente componenti programmate geneticamente e moduli appresi, ma la dicotomia istinto/a. viene mantenuta per facilitare l'analisi delle singole componenti. I Canidi e i Felidi apprendono e migliorano le tecniche di caccia attraverso l'esperienza, ma hanno una predisposizione innata alla caccia; i giovani uccelli canori cantano istintivamente, ma hanno necessità di ascoltare il canto degli adulti per modularlo correttamente. Sono state sottolineate l'immediatezza e l'estrema selettività di risposta a stimoli come caratterizzanti i moduli comportamentali innati, ma la differenza formale fra questi e i comportamenti appresi non è sempre così evidente; talvolta anche i comportamenti appresi appaiono molto rigidi. La vera differenza sta nello sviluppo del comportamento: infatti i moduli comportamentali appresi, al contrario di quelli istintivi, non compaiono nell'animale che non abbia fatto esperienze (v. isolamento); in quanto deriva da interazioni dell'animale con l'ambiente, l'a. comporta la possibilità di adeguare il comportamento a una gamma di situazioni ambientali sempre diverse ed è particolarmente vantaggioso per gli animali che hanno vita lunga e contatti sociali, in particolare con i genitori. La predisposizione ad apprendere è comunque innata, sicché l'a. ha valore di sopravvivenza sia in quanto la capacità di apprendere è soggetta a selezione naturale sia perché le "soluzioni" apprese migliorano esse stesse le possibilità di sopravvivenza di un animale. Per lo studio delle capacità di a. degli animali si usano in genere test di scelta fra ure semplici, come un triangolo, un quadrato, un cerchio, percorsi a labirinto oppure altri dispositivi, come la gabbia di Skinner, in cui viene premiata una risposta che lo sperimentatore stabilisce corretta e/o punita la risposta sbagliata. Comunemente il premio consiste in un boccone di cibo e la punizione in una leggera ma sensibile scossa elettrica. Attraverso il numero delle prove che ciascun animale impiega per giungere alla soluzione dell'esercizio si valuta la velocità nell'apprendere. In genere le capacità di a. sono sviluppate negli animali in relazione al loro grado di evoluzione, ma differenze importanti si rilevano anche fra animali paragonabili. Fra gli Insetti, per es., gli Imenotteri mostrano capacità di a. assai sviluppate (v. ape), mentre i Ditteri, altrettanto evoluti, ne hanno di trascurabili. Un tema assai dibattuto è attraverso quali processi (non nervosi) si instauri l'apprendimento. Senza dubbio lo stato motivazionale (v. motivazione) dell'animale è un fattore importante nel determinare la rapidità di a. che aumenta al crescere dell'intensità della motivazione, ma oltre certi limiti questa interferisce con il processo dell'a. fino a renderlo impossibile. Vale a dire che un animale più affamato apprenderà più rapidamente di uno meno affamato un esercizio che sia ricompensato con cibo, ma un animale troppo affamato non riuscirà a concentrarsi sull'esercizio stesso. Alcuni etologi hanno proposto che alla base di ogni processo di a. ci sia la riduzione di una pulsione. P. es. un animale affamato metterebbe in opera un certo comportamento avendo sperimentato che questo gli permette di soddisfare la fame. La soddisfazione della pulsione funzionerebbe quindi come rinforzo del comportamento corretto. Questa spiegazione sarebbe valida anche nell'a. delle situazioni da evitare perché sperimentate come sgradevoli. Queste argomentazioni, tuttavia, seppure sembrano valide per l'a. di natura associativa, non sono applicabili all'a. latente (v. oltre) o per imprinting. In tutti i Metazoi è presente almeno la capacità di assuefazione, probabilmente la forma più semplice di apprendimento. L'importanza relativa dell'a. nel comportamento animale aumenta, almeno fra i Vertebrati, con le dimensioni del cervello. Un'analoga relazione esiste anche nell'ambito degli Artropodi e dei Molluschi, dei quali rispettivamente gli Insetti e i Cefalopodi hanno i cervelli più sviluppati e sono più atti ad apprendere. Lo sviluppo maggiore del cervello, fra i Vertebrati, è a carico degli emisferi cerebrali, progressivamente più grandi dai Pesci ai Mammiferi. Ma gli Uccelli mostrano talvolta capacità di a. appena inferiori a quelle delle scimmie. In conclusione, la struttura del cervello non è generalmente un buon indice delle capacità di apprendimento. Il confronto fra le capacità di a. di specie diverse può essere invalidato sia dalle capacità specifiche di a. spesso associate a differenze sensoriali e di abilità motoria delle diverse specie - sicché i metodi di misurazione, poniamo, delle capacità discriminative di una vespa, di un polpo e di un ratto, potrebbero essere necessariamente così diversi da non permettere alla fine un confronto fra i test - sia dalla interferenza della motivazione con la velocità di a. e dalla valutazione del premio o della punizione impartiti. É difficile infatti valutare, p. es., quanto un ratto e una tartaruga appetiscano il cibo, data la grande differenza di resistenza al digiuno delle due specie, e quanto il cibo fornito in premio soddisfi l'uno o l'altra. In altre parole, è difficile sottoporre allo stesso test di a. un ratto e una tartaruga, poiché è improbabile ottenere due animali affamati in ugual misura e offrire loro premi effettivamente equivalenti. La velocità di a. non è l'unico sistema per confrontare la capacità di a. di animali diversi; risultati migliori in questo senso si ottengono attraverso i test di "a. sistematico" (v. oltre), che permettono di valutare non solo le capacità di un animale nella risoluzione di un problema ma anche se l'animale apprende il principio su cui il problema è basato. Al contrario, nel caso in cui gli animali debbano solo imparare la discriminazione fra segni diversi, la velocità di a. sistematico varia a seconda del gruppo zoologico. Con questi test è stato possibile mettere in evidenza notevoli differenze di prestazioni fra i diversi Mammiferi, tra i quali le scimmie sembrano essere superiori a tutti gli altri anche se la loro intelligenza sembra superiore più quantitativamente che qualitativamente utilizzata per l'apprettatura dei tessuti, costituita da uno o più organi, detti fulard, muniti di cilindri a pressione variabile e collegati a una rameuse.


abitualità

Diritto

In diritto penale, è una situazione soggettiva che rivela nel delinquente abituale una maggiore capacità a delinquere o pericolosità criminale; postula l'imputabilità; aggrava la responsabilità; rivela un'accentuata pericolosità sociale. L'a. è prevista dalla legge per chi abbia commesso un determinato numero di reati in un determinato lasso di tempo, ma può anche essere lasciata alla valutazione del giudice che motivatamente, attese particolari circostanze, ritenga l'imputato dedito al delitto. La declaratoria di a. comporta applicazione di misure di sicurezza restrittive (casa di lavoro o colonia agricola e riformatorio giudiziario per il minore di diciotto anni) e l'interdizione dai pubblici uffici; è di ostacolo alla concessione di libertà condizionale e del perdono giudiziale, nonché dell'indulto e dell'amnistia; impedisce il verificarsi dell'estinzione della pena. È dichiarato contravventore abituale colui che, dopo la condanna all'arresto per tre contravvenzioni della stessa indole, subisce una nuova condanna per lo stesso delitto. È considerato ubriaco abituale chi è dedito all'uso di bevande alcoliche e in stato di frequente ubriachezza. Se un reato è commesso in stato di u

briachezza, e questa è abituale, la pena prevista per lo stesso è aumentata.

istinto

Psicologia

In linea generale viene detto i. un comportamento (o un insieme di comportamenti coordinati e convergenti a uno scopo) generato da una tendenza interna e diretto verso un fine biologico preciso. Secondo alcuni il nome va invece riservato alla tendenza ad agire e i comportamenti che ne risultano vengono detti attività istintive. Ciò che di massima unifica tutte le varie definizioni date dell'i. è il fatto di considerarlo comunque qualcosa di innato, legato ereditariamente alla specie e indirizzato verso dei fini biologicamente utili (riproduzione, conservazione dell'individuo, ecc.). Il concetto di i. ha però ricevuto una diversa veste all'interno delle dottrine evoluzioniste. Secondo Ch. Darwin ciò che contraddistingue l'attività istintiva negli animali è il fatto che essi possano compiere determinate azioni senza alcuna esperienza precedente e senza consapevolezza delle effettive finalità biologiche di tali attività. Esistono cioè, secondo Darwin, comportamenti relativamente stereotipati che si conservano proprio in funzione dell'evoluzione della specie, eventualmente attraverso minime variazioni di comportamenti preesistenti. Però è all'inizio del sec. XX che lo studio degli i. riceve il massimo impulso. Lo studioso più legato a questo concetto è lo psicologo inglese W. McDougall, che definì l'i. come "una disposizione psicofisiologica innata che determina chi la possiede a percepire o porre attenzione a determinati oggetti, a provare un'eccitazione emotiva di una determinata qualità nel percepire un certo oggetto, e ad agire o almeno a provare un impulso ad agire riguardo a esso". McDougall distinse inoltre tredici principali i., da cui deriverebbero per apprendimento le abitudini. Le concezioni di McDougall, se nel 1908, furono però duramente criticate soprattutto dagli psicologi americani, di impronta prevalentemente empirista.

Psicanalisi

La dottrina degli i., che costituisce uno degli aspetti più importanti del pensiero di S. Freud, ha subito notevoli modificazioni nel corso della vita di questo autore. Nella sua formulazione definitiva vengono distinti gli i. di vita (o Eros) e gli i. di morte (o Thanatos). Gli i., secondo Freud, rappresentano le esigenze di ordine somatico dell'organismo. Essi possono rivolgersi sia verso l'individuo sia verso l'esterno. L'i. di vita, che rappresenta la tendenza alla conservazione, si esprime attraverso la libido, energia sessuale, e questa potrà volgersi all'individuo (libido narcisistica), finalizzata alla conservazione dell'individuo stesso; o all'esterno (libido oggettuale), finalizzata alla conservazione della specie. Analogamente l'i. dimorte, che rappresenta la tendenza di tutto ciò che è organico a tornare allo stato inorganico, può esprimersi verso l'individuo (autoaggressione) o verso l'esterno (eteroaggressione).

Etologia

È forse il termine più contestato e discusso, del quale manca a tutt'oggi una definizione concettuale univoca. Nella casistica più comune, sono stati attribuiti all'i.: schemi di azioni stereotipati e specie-specifici; impulsi a compiere certe funzioni biologiche come riprodursi, migrare, ecc.; meccanismi interni controllati geneticamente per assumere comportamenti specie-specifici; azioni significative che gli animali sono capaci di compiere correttamente fin dalla prima volta e senza consapevolezza delle loro funzioni. Una delle definizioni più classiche fu tentata da Tinbergen, che intendeva per i. "un meccanismo nervoso organizzato gerarchicamente, sensibile a certi impulsi innescanti, scatenanti e indirizzanti provenienti sia dall'interno che dall'esterno e che risponde a questi impulsi con movimenti coordinati che contribuiscono alla conservazione dell'individuo e della specie". Altri importanti studiosi del comportamento hanno dato definizioni sostanzialmente concordanti con questa, tuttavia, poiché il termine i. è stato storicamente impiegato per esprimere nozioni diverse, la maggior parte degli etologi oggi tende a usarlo il meno possibile. Quando è usato, tuttavia, esso generalmente connota l'attivazione di un meccanismo interno, che si esprime in sequenze ordinate di movimenti, da parte di un meccanismo scatenante che controlla la scarica di una determinata pulsione. Gerarchia degli i., sequenza ordinata di comportamenti non appresi tutti rivolti allo stesso fine. Secondo Tinbergen l'ordinamento degli i. riflette l'organizzazione funzionale del sistema nervoso centrale.

apprendiménto

Psicologia

L'a. è il processo attraverso il quale si origina o si modifica un comportamento in presenza di determinati stimoli. Si può parlare di a. solo quando tale cambiamento non può essere spiegato sulla base di processi maturativi o stati temporanei dell'organismo (come affaticamento, effetto di droghe, ecc.). Questa definizione sembra quella che meglio si adatta a delineare il concetto scientifico di a.; infatti la definizione comune, che considera l'a. come un processo psichico intenzionale finalizzato a un migliore adattamento all'ambiente, non sembra sufficiente a definire le varie forme di a. esistenti. Sono stati a lungo studiati i complessi rapporti tra processi maturativi (v. maturazione) e a.; molto spesso infatti il cambiamento del comportamento è dato dall'interazione tra questi due processi. P. es. nel processo di a. del linguaggio il bambino impara la lingua che ascolta intorno a sé, ma solo quando ha raggiunto una data maturità biologica. Si possono distinguere quattro forme di a.: sensoriale, acquisizione della capacità di dare determinate risposte in occasione della presentazione di certi stimoli (p. es., premere una leva al suono di un campanello); motorio, acquisizione di determinati schemi di comportamento in cui è prevalente l'attività muscolare (p. es., scrivere a macchina); verbale, acquisizione del linguaggio nelle sue componenti fonetiche, sintattiche e semantiche; ideativo, acquisizione di determinati schemi concettuali. Nell'uomo si parla di a. personale, inteso come sintesi delle quattro forme suesposte. Le molte teorie dell'a. possono essere suddivise in due grandi filoni: teorie stimolo-risposta e teorie cognitive; entrambe riescono a dare una spiegazione esauriente di tutti i tipi di apprendimento. Nel primo gruppo rientrano la scuola riflessologica russa (con Pavlov e il condizionamento classico) e il behaviorismo americano (condizionamento strumentale o operante). Negli esperimenti di Pavlov i cani imparavano a produrre una risposta già nota (salivazione) in presenza di uno stimolo nuovo (campanello); negli esperimenti di condizionamento operante, invece, gli animali imparano a produrre risposte nuove in presenza di determinati stimoli. P. es. un ratto assetato nella gabbia di Skinner (v. ura) apprende a premere la leva per ottenere l'acqua. Entrambe le scuole negano l'esistenza di intermediari cerebrali centrali nell'a. e parlano di una semplice acquisizione di abitudini che avviene per prove ed errori, fino a raggiungere la risposta corretta. Elemento fondamentale del processo di a. è l'associazione per contiguità temporale tra rinforzo positivo, cioè il premio (nell'esempio l'acqua) e il comportamento adeguato. La punizione invece non sembra avere un effetto altrettanto efficace nell'eliminazione di comportamenti indesiderati. Per le teorie cognitive, sviluppate principalmente da Tolman e dagli psicologi della Gestalt, l'a. avviene grazie a processi cerebrali centrali, come la memoria e le aspettative, che agiscono da integratori di un comportamento diretto a una meta. Non si imparano quindi abitudini, ma si costruiscono strutture cognitive. Secondo questi autori l'a. non avviene per tentativi, ma grazie a una ristrutturazione percettiva del problema che viene risolto per intuizione. Inoltre esiste un a. latente, non strettamente legato alla ricompensa e all'uso immediato di ciò che si è appreso. Altri aspetti dell'a. messi in luce dalla teoria cognitiva sono l'a. per imitazione e lo sviluppo di una disposizione a imparare (learning set) che si sviluppa con l'esercizio di tale funzione. La differenza tra le due scuole è fondamentale in quanto dalle due teorie diverse conseguono programmi di insegnamento profondamente diversi. Secondo alcuni autori entrambe le teorie sono valide in quanto i differenti processi di a. si utilizzano in situazioni diverse. Particolare interesse riveste il problema del transfert, l'influenza positiva o negativa che un tipo di a. può avere su un altro precedente o successivo (transfert retroattivo o proattivo). Il transfert viene considerato come un processo intermedio tra a. e memorizzazione e tutti e tre questi processi vengono considerati parte del più generale processo di acquisizione.

Pedagogia

Con lo sviluppo dell'analisi scientifica della condotta umana e con il costituirsi autonomo, e su basi sperimentali, della psicologia vengono formulate le moderne teorie dell'apprendimento. Su queste basi viene contestata la stessa didattica dell'attivismo che pure aveva segnato una rottura rispetto alla didattica tradizionale dello stadio empirico  proprio attraverso l'introduzione di osservazioni controllate e l'avvio del disegno sperimentale. La didattica scientifica odierna si costituisce infatti utilizzando i risultati dell'analisi del processo dell'"apprendere-insegnare" che si avvale soprattutto degli strumenti teorici del behaviorismo americano di impostazione elementaristica, della psicologia della forma e delle ricerche del Piaget sullo sviluppo cognitivo.

Etologia

Secondo la definizione più in uso, l'a. è il processo che si manifesta sotto forma di cambiamenti adattativi indotti dall'esperienza nel comportamento dell'individuo. In altre parole, esso è la capacità di un animale di immagazzinare informazioni che gli derivano dall'esperienza di situazioni ambientali e di basare su di esse il proprio comportamento. Attualmente, tutti gli studiosi del comportamento animale, almeno delle scuole etologiche, concordano nel ritenere che nel comportamento di un animale si fondano strettamente componenti programmate geneticamente e moduli appresi, ma la dicotomia istinto/a. viene mantenuta per facilitare l'analisi delle singole componenti. I Canidi e i Felidi apprendono e migliorano le tecniche di caccia attraverso l'esperienza, ma hanno una predisposizione innata alla caccia; i giovani uccelli canori cantano istintivamente, ma hanno necessità di ascoltare il canto degli adulti per modularlo correttamente. Sono state sottolineate l'immediatezza e l'estrema selettività di risposta a stimoli come caratterizzanti i moduli comportamentali innati, ma la differenza formale fra questi e i comportamenti appresi non è sempre così evidente; talvolta anche i comportamenti appresi appaiono molto rigidi. La vera differenza sta nello sviluppo del comportamento: infatti i moduli comportamentali appresi, al contrario di quelli istintivi, non compaiono nell'animale che non abbia fatto esperienze (v. isolamento); in quanto deriva da interazioni dell'animale con l'ambiente, l'a. comporta la possibilità di adeguare il comportamento a una gamma di situazioni ambientali sempre diverse ed è particolarmente vantaggioso per gli animali che hanno vita lunga e contatti sociali, in particolare con i genitori. La predisposizione ad apprendere è comunque innata, sicché l'a. ha valore di sopravvivenza sia in quanto la capacità di apprendere è soggetta a selezione naturale sia perché le "soluzioni" apprese migliorano esse stesse le possibilità di sopravvivenza di un animale. Per lo studio delle capacità di a. degli animali si usano in genere test di scelta fra ure semplici, come un triangolo, un quadrato, un cerchio, percorsi a labirinto oppure altri dispositivi, come la gabbia di Skinner, in cui viene premiata una risposta che lo sperimentatore stabilisce corretta e/o punita la risposta sbagliata. Comunemente il premio consiste in un boccone di cibo e la punizione in una leggera ma sensibile scossa elettrica. Attraverso il numero delle prove che ciascun animale impiega per giungere alla soluzione dell'esercizio si valuta la velocità nell'apprendere. In genere le capacità di a. sono sviluppate negli animali in relazione al loro grado di evoluzione, ma differenze importanti si rilevano anche fra animali paragonabili. Fra gli Insetti, per es., gli Imenotteri mostrano capacità di a. assai sviluppate (v. ape), mentre i Ditteri, altrettanto evoluti, ne hanno di trascurabili. Un tema assai dibattuto è attraverso quali processi (non nervosi) si instauri l'apprendimento. Senza dubbio lo stato motivazionale (v. motivazione) dell'animale è un fattore importante nel determinare la rapidità di a. che aumenta al crescere dell'intensità della motivazione, ma oltre certi limiti questa interferisce con il processo dell'a. fino a renderlo impossibile. Vale a dire che un animale più affamato apprenderà più rapidamente di uno meno affamato un esercizio che sia ricompensato con cibo, ma un animale troppo affamato non riuscirà a concentrarsi sull'esercizio stesso. Alcuni etologi hanno proposto che alla base di ogni processo di a. ci sia la riduzione di una pulsione. P. es. un animale affamato metterebbe in opera un certo comportamento avendo sperimentato che questo gli permette di soddisfare la fame. La soddisfazione della pulsione funzionerebbe quindi come rinforzo del comportamento corretto. Questa spiegazione sarebbe valida anche nell'a. delle situazioni da evitare perché sperimentate come sgradevoli. Queste argomentazioni, tuttavia, seppure sembrano valide per l'a. di natura associativa, non sono applicabili all'a. latente (v. oltre) o per imprinting. In tutti i Metazoi è presente almeno la capacità di assuefazione, probabilmente la forma più semplice di apprendimento. L'importanza relativa dell'a. nel comportamento animale aumenta, almeno fra i Vertebrati, con le dimensioni del cervello. Un'analoga relazione esiste anche nell'ambito degli Artropodi e dei Molluschi, dei quali rispettivamente gli Insetti e i Cefalopodi hanno i cervelli più sviluppati e sono più atti ad apprendere. Lo sviluppo maggiore del cervello, fra i Vertebrati, è a carico degli emisferi cerebrali, progressivamente più grandi dai Pesci ai Mammiferi. Ma gli Uccelli mostrano talvolta capacità di a. appena inferiori a quelle delle scimmie. In conclusione, la struttura del cervello non è generalmente un buon indice delle capacità di apprendimento. Il confronto fra le capacità di a. di specie diverse può essere invalidato sia dalle capacità specifiche di a. spesso associate a differenze sensoriali e di abilità motoria delle diverse specie - sicché i metodi di misurazione, poniamo, delle capacità discriminative di una vespa, di un polpo e di un ratto, potrebbero essere necessariamente così diversi da non permettere alla fine un confronto fra i test - sia dalla interferenza della motivazione con la velocità di a. e dalla valutazione del premio o della punizione impartiti. É difficile infatti valutare, p. es., quanto un ratto e una tartaruga appetiscano il cibo, data la grande differenza di resistenza al digiuno delle due specie, e quanto il cibo fornito in premio soddisfi l'uno o l'altra. In altre parole, è difficile sottoporre allo stesso test di a. un ratto e una tartaruga, poiché è improbabile ottenere due animali affamati in ugual misura e offrire loro premi effettivamente equivalenti. La velocità di a. non è l'unico sistema per confrontare la capacità di a. di animali diversi; risultati migliori in questo senso si ottengono attraverso i test di "a. sistematico" (v. oltre), che permettono di valutare non solo le capacità di un animale nella risoluzione di un problema ma anche se l'animale apprende il principio su cui il problema è basato. Al contrario, nel caso in cui gli animali debbano solo imparare la discriminazione fra segni diversi, la velocità di a. sistematico varia a seconda del gruppo zoologico. Con questi test è stato possibile mettere in evidenza notevoli differenze di prestazioni fra i diversi Mammiferi, tra i quali le scimmie sembrano essere superiori a tutti gli altri anche se la loro intelligenza sembra superiore più quantitativamente che qualitativamente utilizzata per l'apprettatura dei tessuti, costituita da uno o più organi, detti fulard, muniti di cilindri a pressione variabile e collegati a una rameuse.

Una società perfetta

Etologia: generalità

Nelle a., più che in qualsiasi altro apide, la vita sociale raggiunge il massimo della perfezione. Le colonie di questi insetti, che giungono a comprendere sino ad alcune decine di migliaia di individui, annoverano le seguenti tre caste: i maschi o fuchi, che si distinguono per il corpo massiccio e peloso, gli occhi grandemente sviluppati, l'assenza di aculeo e di adattamenti anatomici connessi con la raccolta dell'alimento; la femmina feconda o regina, unica nella colonia, contraddistinta dallo sviluppo completo dell'apparato riproduttivo e dall'allungamento dell'addome, che viene ricoperto soltanto in parte dalle ali richiuse; le femmine sterili od operaie, con organi riproduttivi rudimentali, ma provviste di adattamenti anatomici idonei alla raccolta dell'alimento (v. Apidi), cui sono affidate tutte le funzioni sociali, compresa la difesa della comunità . All'interno del nido, che allo stato selvatico viene per lo più realizzato nell'incavo di un tronco o di una roccia, le a. operaie costruiscono con la cera i favi, agglomerati di cellette perfettamente esagonali disposte su due strati contrapposti secondo un piano verticale. Le cellette più grandi, spesso di forma irregolare, sono destinate allo sviluppo larvale delle future regine; più piccole, invece, sono quelle destinate alle operaie; altre ancora, infine, sono destinate all'immagazzinamento di miele e polline. Oltre alla cera le operaie - che costituiscono la stragrande maggioranza dei componenti la colonia - usano, soprattutto per riparare i danni prodottisi nei favi, la propoli, una sostanza resinosa che viene raccolta sui germogli dei pioppi e di altre piante. La regina, poco dopo la schiusa, nel corso del volo nuziale si accoppia con un maschio, rimanendo così fecondata per tutto il resto della sua esistenza. Infatti gli elementi germinali maschili derivanti da questo unico accoppiamento vengono immagazzinati in un organo particolare detto spermoteca. Le uova - sino a parecchie centinaia al giorno, per un totale di un milione e più nel corso dell'intera esistenza, che è pluriennale - vengono deposte dalla regina ognuna in una celletta. Talune di esse, però, non vengono previamente fecondate dagli spermatozoi contenuti nella spermoteca e da queste avranno origine i fuchi; dalle uova fecondate originano tanto le regine che le operaie. Durante i primi 3-4 giorni di vita tutte le larve,indistintamente, vengono alimentate dalle operaie con la pappa reale, secrezione iperproteica derivante dalle ghiandole sopracerebrali. Una tale dieta viene poi mantenuta soltanto per quelle larve, derivate da uova fecondate, destinate a divenire regine; le future operaie e i fuchi sono invece nutriti con polline e miele. Nell'imminenza della metamorfosi le cellette contenenti le larve, così come quelle contenenti polline e miele, vengono sigillate con un opercolo di cera; lo sviluppo larvale dura in genere 16 giorni per le regine, 21 per le operaie e 24 per i fuchi. La prima regina che schiude l'opercolo elimina, uccidendole, le potenziali concorrenti contenute ancora nelle loro cellette. In quanto alla vecchia regina, essa per lo più sciama dall'alveare con un certo numero di operaie, andandosene altrove a costituire una nuova colonia. La giovane regina, divenuta padrona della situazione, intraprende il volo nuziale con tutti i fuchi presenti nella colonia, rimanendo fecondata da uno di essi. Subito dopo dà inizio alla deposizione delle uova. I fuchi, mancanti di una vera autonomia in quanto incapaci di raccogliere l'alimento, vengono scacciati dall'alveare o addirittura uccisi non appena la loro funzione di fecondatori non si rende più necessaria. Le operaie hanno una vita di un mese o poco più, durante la quale compiono attività diverse a seconda dell'età: nei primi 10 giorni tengono pulito l'alveare da sostanze estranee, eliminano le pupe morte e ventilano o riscaldano le celle di incubazione; negli ultimi giorni di questo primo periodo nutrono le larve con la pappa reale secreta da ghiandole faringee maturate nel frattempo o miele; dopo il decimo giorno smettono di nutrire le larve e fra il decimo e il ventesimo giorno compiono i primi brevi voli, si occupano della costruzione di nuove celle per mezzo della cera secreta da ghiandole addominali e della propoli, raccolta da comne più anziane, e immagazzinano il nettare ricevuto dalle altre a.; alla fine di questo periodo possono stazionare di guardia all'imboccatura dell'alveare; fra il ventesimo e il trentesimo/trentacinquesimo giorno, infine, operano come raccoglitrici di nettare (a. esploratrici o bottinatrici). Tuttavia solo in quest'ultimo periodo l'attività rispettiva è compiuta in modo esclusivo, mentre nei primi due la sequenza delle attività non è sempre così rigida.

Etologia: la visione dei colori

É convinzione radicata dei biologi, e recentemente dimostrata, che il colore dei fiori attragga le a. e che esso si sarebbe evoluto parallelamente agli adattamenti delle a. quali insetti impollinatori. Le a. si mostrano attratte dalla luce intensa di qualsiasi colore. Esperimenti di scelta fra substrati diversamente colorati, di cui uno solo associato a cibo, hanno dimostrato la loro capacità di discriminare 4 colori nell'ambito di una gamma di lunghezza d'onda di estensione paragonabile a quella percepita dall'occhio umano ma spostata verso l'ultravioletto.

Etologia: la comunicazione chimica

Le a. di uno stesso alveare non si riconoscono individualmente, ma riconoscono come facenti parte del gruppo le altre a. sia in base all'odore comune dell'alveare sia in base al fatto che hanno scambiato cibo. Diversamente un'a. viene considerata estranea, scacciata e perfino uccisa. Per evitare ciò, le a. estranee possono acquietare l'aggressività delle padrone di casa offrendo loro cibo con la bocca. La trofallassi viene comunque praticata molto frequentemente fra le a. dello stesso alveare, determina la coesione del gruppo e diffonde informazioni fra operaie, fra queste e la regina e viceversa, inibendo così l'aggressività all'interno dell'alveare. La comunicazione attraverso feromoni è sviluppatissima. Un feromone di allarme viene diffuso rapidamente all'interno dell'alveare dalle a. guardiane, con la ventilazione accelerata delle ali. Le stesse guardiane emettono verso l'esterno un feromone che aiuta le comne in arrivo a identificare l'alveare. Per mezzo di un feromone le bottinatrici marcano i fiori su cui raccolgono nettare. Un feromone particolare della regina trasmesso per trofallassi alle altre a. inibisce lo sviluppo degli ovari nelle operaie, lo stesso feromone attrae i fuchi e facilita loro la localizzazione della regina. Attraverso questa circolazione di feromoni, la regina ottiene informazioni sullo stato e la composizione dell'alveare.

Etologia: la danza delle api

Oltre ai segnali chimici, le a. comunicano tra di loro per mezzo di danze del tutto peculiari, oggi conosciute nei dettagli grazie agli studi di Karl von Frisch, che ha anche il merito di averne compreso il significato . Le a. compiono diversi tipi di danze, delle quali le più note sono la danza circolare e la danza dell'addome ambedue usate per stimolare le comne alla ricerca di cibo. Durante le pause delle danze, le a. rigurgitano per le comne un po' del cibo raccolto. Le informazioni trasmesse durante queste danze sono almeno tre: il cibo è abbondante e molto zuccherino (se è scarso e/o poco dolce la danza non ha luogo); il tipo di alimento da raccogliere e la sua distanza dall'alveare. Le a. si affollano con le antenne a contatto della danzatrice e percepiscono l'odore del polline che questa trasporta con sé. Se il cibo si trova entro un raggio di alcune decine di metri, l'a. che lo ha trovato esegue la danza circolare, percorrendo sul favo verticale una circonferenza lungo la quale cambia direzione ogni volta che raggiunge il punto di partenza. L'informazione contenuta in questa danza può essere decodificata come "qui intorno c'è molto di questo cibo da raccogliere". Le a. rispondono volando fuori in tutte le direzioni, finché non trovano fiori che corrispondono alle caratteristiche trasmesse dalla danzatrice. Se il cibo si trova a distanze maggiori, fino ad alcuni chilometri, l'a. esegue la danza dell'addome, lungo un percorso che consiste di due semicirconferenze unite per un tratto rettilineo; questo può essere orientato in qualsiasi direzione ed è percorso dall'a. oscillando l'addome lateralmente ed emettendo un ronzio con le ali. Formalmente questa danza non è che la variante della precedente. In questa danza sono contenute informazioni aggiuntive: la direzione da seguire e la distanza da percorrere. Se il cibo si trova a 0 gradi dal Sole (cioè verso il Sole) il tratto rettilineo della danza sarà perfettamente verticale e percorso verso l'alto, se a 180 gradi dal Sole sarà pure verticale ma percorso verso il basso, se a x gradi a destra o a sinistra del Sole, di altrettanti gradi a destra o a sinistra della verticale. La distanza è indicata dalla frequenza delle evoluzioni e delle oscillazioni addominali della danzatrice, che aumentano o diminuiscono in rapporto ad essa. Le a. seguono le indicazioni della comna e, se il cibo è molto abbondante, tornate all'alveare eseguono a loro volta la danza, trasmettendo le medesime informazioni ad altre a. e così via, fino a che un congruo numero di bottinatrici sarà al lavoro per raccogliere cibo. Il ronzio delle ali emesso durante il tratto rettilineo della danza dell'addome sembra essenziale per il reclutamento delle bottinatrici e in sua assenza, le a., pur interessate alla comna danzante, non abbandonano l'alveare. Nella danza l'a. non comunica propriamente la distanza ma piuttosto l'energia necessaria per percorrerla; è stato dimostrato infatti che le indicazioni di distanza sono correlate con il suo consumo metabolico di zucchero. Altre forme di danza sono: la danza sussultoria, con la quale l'a. bottinatrice permette alle comne di nutrirsi del polline che porta nelle cestelle; la danza di pulizia, che comporta lo scuotimento laterale dell'addome e con la quale essa stimola le comne a pulire i punti del corpo non facilmente raggiungibili; la danza in crescendo assomiglia alla danza circolare, ma l'a. inverte la direzione prima di completare il tracciato circolare, che assume quindi una forma a ferro di cavallo, si manifesta come forma di passaggio fra la danza circolare e la danza dell'addome; infine la danza tremolante, effettuata con le zampe anteriori sollevate, lentamente e seguendo un percorso incerto; è espressiva, ma non comunicativa, di uno stato di agitazione dovuto alla presenza di elementi estranei presso l'alveare. Prima della sciamatura, le operaie esploratrici compiono voli di perlustrazione per localizzare un posto adatto alla costruzione del nuovo alveare e ne comunicano la localizzazione alle comne con danze simili a quelle usate nell'indicazione delle fonti di cibo. La capacità di comunicare attraverso la danza è innata e e spontaneamente intorno ai 7 giorni di vita. Per l'uso di elementi di comunicazione simbolici che permettono di trasmettere informazioni variabili su cose non presenti, la danza delle a. è stata paragonata al linguaggio umano. L'a. tuttavia, al contrario dell'uomo, per poter trasmettere l'informazione acquisita ha necessità di sperimentare direttamente l'oggetto della comunicazione.

Etologia: orientamento

La capacità dell'a. di spostarsi per alcuni chilometri lontano dall'alveare e di farvi ritorno è basata su uno straordinario senso dell'orientamento. Le deviazioni di percorso sono probabilmente memorizzate e compensate sulla via del ritorno con deviazioni simmetriche. I lunghi percorsi vengono effettuati tenendo come riferimento iniziale la posizione del Sole rispetto alla quale l'a. è in grado di muoversi mantenendo un angolo che viene continuamente variato per compensare lo spostamento del Sole col trascorrere del tempo. Perché il temporizzatore interno funzioni è tuttavia necessario che l'a. abbia avuto un'esperienza sia pure breve del movimento del Sole. La capacità di orientamento solare non diminuisce con condizioni di cielo coperto, purché non troppo densamente. L'occhio dell'a., infatti, è sensibile ai raggi ultravioletti che, trapassando le nuvole, le consentono di localizzare esattamente anche un Sole non visibile. D'altro canto, anche in condizioni di cielo sereno, non è necessario che le a. vedano direttamente il Sole. L'occhio composto degli Artropodi possiede infatti analizzatori della luce polarizzata, attraverso i quali essi possono localizzare il Sole pur vedendo appena una piccola porzione di cielo. Nelle adiacenze dell'alveare probabilmente l'orientamento topografico ha la sua importanza nel determinare la scelta del preciso punto in cui atterrare. Tuttavia se le arnie sono tutte simili e affiancate, l'a. può sbagliare la sua. Ma l'errore si annulla se le arnie sono di colore diverso. É fuori di dubbio, comunque, una notevole capacità di apprendimento e di memoria: l'a. ricorda l'odore del cibo portato da una danzatrice fino a che non ne trova essa stessa la fonte e ricorda per parecchi giorni la posizione dell'ultimo luogo visitato ricco di cibo. In questo caso, se le viene impedito di lasciare l'alveare, può continuare a indicarla correttamente e ininterrottamente danzando, sempre correggendo l'orientamento della danza in base allo spostamento del Sole.

Etologia: apprendimento

Alcuni comportamenti delle a., pur sorprendenti nelle loro perfette funzionalità ed efficienza, sono tuttavia governati da meccanismi relativamente semplici, come illustra l'esempio seguente. Le bottinatrici soddisfano anche il fabbisogno d'acqua dell'alveare. Il meccanismo che regola l'approvvigionamento idrico è basato sull'interazione fra motivazione, stimoli, risposte ed effetti di retroazione. Se nell'alveare c'è scarsità di acqua, le bottinatrici partono in esplorazione. L'a. che trova l'acqua ne beve una quantità e al ritorno la cede a una o più comne. Questo la stimola a tornare a rifornirsi di acqua e a portarla ancora alle comne, finché ve ne sarà un certo numero che ne berrà. Ma quando le a. dell'alveare incominceranno a essere soddisfatte, un numero progressivamente minore di esse preleverà l'acqua dalle bottinatrici e a questa verrà a mancare lo stimolo per continuare l'approvvigionamento. Le a. manifestano tuttavia notevoli capacità di apprendimento. Possono essere addestrate a nutrirsi, a riconoscere gli odori e la loro percezione olfattiva sembra simile a quella umana, dato che discriminano e confondono gli odori diversi, o gli stessi odori a diversi gradi di diluizione, con la stessa abilità dell'uomo. Le a. dimostrano anche una certa "fedeltà" agli odori e se addestrate a nutrirsi da una certa vaschetta imbevuta di profumo di un certo fiore, cercheranno poi in natura quel fiore. Questo comportamento garantisce che i fiori vengano impollinati con polline della stessa specie e funziona quindi come barriera naturale contro l'ibridazione.

Araldica

Emblema dell'industria e del lavoro, l'a. fu considerata dai Greci anche simbolo d'impero e come tale usata al posto del fiordaliso nell'araldica imperiale, dove è rappresentata generalmente con le ali mezze aperte, montante, in smalto d'oro. Ne era adorno il manto imperiale.

Àpidi

Famiglia (Apidae) di Insetti Imenotteri che comprende numerosi generi accomunati da alcune caratteristiche che sono in rapporto con la raccolta di nettare e polline dai fiori. Innanzitutto il loro apparato boccale è trasformato in una sorta di proboscide che consente di estrarre con facilità il nettare dai fiori; il corpo, poi, è fittamente ricoperto di peli, spesso ramificati e piumosi, tra i quali restano impigliati i granelli di polline. Questi vengono accumulati in masserelle in corrispondenza della tibia e del primo articolo degli arti posteriori, i quali sono notevolmente espansi e ricoperti di peli che formano una specie di cestello. Gli A. depongono le proprie uova in altrettante camere o celle, entro le quali viene anche introdotto del cibo, destinato all'alimentazione della larva, e consistente in polline e nettare, quest'ultimo previamente elaborato nell'apparato digerente e poi rigurgitato (miele). In grande maggioranza (ca. il 95% delle specie, che ammontano a parecchie migliaia) gli A. sono solitari, ossia conducono un'esistenza non dissimile da quella di quasi tutti gli altri insetti, nella quale ogni singola femmina provvede alla propria prole. Tra di essi ricordiamo i gen. Osmia, Andrena, Xylocopa: quest'ulti-mo comprende specie da annoverarsi tra gli A. di maggiori dimensioni. Tra le forme solitarie non mancano quelle (p. es., gen. Stelis, Nomada) che sfruttano il nido di altri A., entro il quale le loro larve si sviluppano sottraendo l'alimento a quelle della specie ospitante. I più interessanti fra gli A. sono comunque quelli sociali, costituenti, come si è detto, un'esigua minoranza. Tra gli A. sociali ricordiamo quelli appartenenti al gen. Bombus, i cui nidi presentano caratteristiche molto primitive; le specie appartenenti ai gen. Melipona e Trigona, caratterizzate dal possedere un pungiglione rudimentale, le quali nella realizzazione del nido fanno uso di cera mista ad altri materiali; infine le specie del gen. Apis, presso le quali la vita sociale raggiunge il massimo della complessità e della perfezione. Tutti gli A. sociali formano comunità più o meno grandi, comprendenti, accanto alle femmine feconde (regine) e ai maschi, individui appartenenti a una terza casta, femmine dette operaie che presentano l'apparato genitale iposviluppato (v. ape). Gli A. svolgono un ruolo particolare nella fruttificazione delle piante, in quanto i loro organi destinati alla raccolta del polline ne favoriscono la trasmissione da una pianta all'altra.

canguro


sm. [sec. XIX; dall'australiano känguru, tramite il fr. kangourou]. Denominazione di numerose specie di Marsupiali della fam. Macropodidi (sottofam. Macropodini), dell'Australia e della Nuova Guinea. Possono essere distinti in c. propriamente detti, appartenenti al gen. Macropus, in c. minori o wallaby (che comprendono anche i canguri-lepre dei gen. Lagorchestes e Lagostrophus) e in c. arborei o Dendrolagus. I c. del gen. Macropus hanno tutti grossa mole, con lunghezza variabile da 80 a 160 cm, oltre alla coda che può superare il metro; nei maschi il peso può arrivare a oltre 80 kg. In questi animali la testa, rispetto al corpo, è piccola; il treno posteriore, largo e massiccio, è molto più sviluppato dell'anteriore al pari degli arti, piccoli gli anteriori, molto più sviluppati i posteriori, che sono dotati di poderosa muscolatura; il piede può superare i 26 cm; la coda è grossa e muscolosa, specie verso la base. L'andatura normale dei c. è il salto: balzano normalmente di 1-2 m e in corsa arrivano a oltre 9 m e in altezza a 3 m . I piccoli di norma nascono d'inverno, uno per parto, eccezionalmente 2, dopo una gestazione di 30-40 giorni: sono piccolissimi, lunghi ca. 25 mm. Appena nati risalgono da soli lungo il pelo del ventre materno e si portano nel marsupio dove restano attaccati a un capezzolo per almeno 2 mesi; escono dal marsupio dopo 6 mesi per lasciarlo definitivamente verso l'anno. La vita dei c. può durare 15-20 anni. Si trovano soprattutto nella savana, nelle foreste aperte e nelle boscaglie, in bande di varia entità. Mangiano quasi sempre di notte. Di indole timida, sono temibili quando vengono attaccati, perché difendendosi coi robustissimi arti posteriori, armati di un unghione al 4º dito, possono sventrare d'un colpo un grosso cane e anche un uomo. Questi è il loro principale nemico, soprattutto per la caccia alle pellicce. La pelle di c., infatti, opportunamente conciata e tinta, è utilizzata per confezioni di accessori di moda, borse, calzature e cinture. Il gen. Macropus annovera tre specie: il c. grigio o gran grigio (Macropus giganteus=Macropus major) , di forme più poderose; ha manto grigio bruno e vive nelle savane a eucalipti dell'Australia orient. e sud-occid. e in Tasmania; il c. rosso (Macropus rufus), di mole un poco inferiore, con bella pelliccia a pelo corto, rossiccio nei maschi, grigio-bluastro nelle femmine, vive in branchi numerosi in vaste zone dell'Australia. La terza specie è il wallaroo o euro (Macropus robustus), proprio delle zone accidentate, montuose e rocciose di quasi tutta l'Australia; più piccolo dei precedenti, è più tarchiato; è scarsamente gregario e più combattivo.


Dendrolagus


genere di Marsupiali della fam. Macropodidi che comprende specie, dette anche canguri arborei, diffuse nella Nuova Guinea e nel Queensland; lunghe sino a 80 cm, con coda anche di 90 cm, hanno arti anteriori lunghi poco meno dei posteriori; vivono a piccoli gruppi nelle foreste, si cibano di foglie e di frutta e hanno costumi notturni. Le specie principali sono D. ursinus e D. lumholtzi.




koàla


Zoologia

sm. [sec. XX; dall'ingl. koala, di origine australiana]. Marsupiale (Phascolarctos cinereus) della fam. Falangeridi , detto anche orsetto marsupiale, esclusivo dell'Australia. È lungo 80 cm ca., ha forme tozze, muso e arti corti, testa grossa, folta pelliccia grigiastra, coda rudimentale; pesa sino a 15 kg; possiede grosse tasche guanciali. Arboricolo, si nutre solo delle foglie di alcuni eucalipti. Le femmine partoriscono uno o, raramente, due piccoli che vivono nel marsupio della madre per ca. 6 mesi.

Etologia

Le prime due dita opponibili negli arti anteriori e il primo nei posteriori fanno del k. un ottimo arrampicatore. Di fatto il k. passa gran parte del tempo su alberi di eucalipto, delle cui foglie si nutre. L'alimentazione del k. è una delle più specializzate fra tutti i mammiferi erbivori. Esso infatti utilizza solo una ventina di specie di eucalipto fra le oltre cinquecento presenti in Australia. Inoltre consuma soltanto le foglie completamente sviluppate, dato che i germogli e le foglie ancora tenere sono tossiche perché contengono concentrazioni elevate di acido prussico. Pare che i giovani imparino a selezionare le foglie adatte all'alimentazione osservando la madre. Inoltre fra lo svezzamento e l'alimentazione autonoma intercorre un periodo di ca. un mese in cui il piccolo si nutre con cibo elaborato probabilmente dall'intestino cieco della madre, emesso dall'ano come una secrezione giallo-verdastra. Si tratta forse di un periodo di assuefazione all'alimento di difficile digestione e durante il quale il piccolo riceve dalla madre una ricca dotazione di microrganismi intestinali. Questi sono comuni simbionti di quasi tutti gli animali che si nutrono di alimenti ricchi di cellulosa. I rapporti fra il piccolo e la madre sono molto stretti. In un primo periodo il piccolo non abbandona il marsupio, che si apre verso la parte posteriore; qui esso viene allattato e successivamente può sporgersi, senza uscirne totalmente, per raggiungere l'ano della madre. Poi, divenuto di dimensioni troppo grandi per abitare nel marsupio, si aggrappa fortemente al dorso della madre. Il contatto con la madre è così importante che i piccoli separati da esse si lamentano quasi di continuo e tentano di abbracciare qualsiasi sostituto che sia in grado di fornire stimoli simili a quelli della pelliccia materna. I mugolii del piccolo, d'altro canto, sono un segnale di richiamo irresistibile per la madre, che in natura non lo abbandona mai fino a che non si sia reso completamente indipendente.


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