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ENTE PARCO : PREVENZIONE INCENDI, AREA 06 DIFESA DEL SUOLO



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ENTE PARCO  : PREVENZIONE INCENDI




I parchi naturali sono gestiti dagli enti parco attraverso strumenti di pianificazione e programmazione. Istituiti con la L.R. n 12/1995 , sono enti dotati di autonomia amministrativa e funzionale.
Si avvalgono di organi istituzionali e strutture operative definiti da ciascun ente con lo statuto, in base a riferimenti omogenei stabiliti dalla legge regionale:

  • il presidente, eletto dal consiglio tra persone di provata esperienza in materia ambientale e amministrativa
  • il consiglio, composto da non oltre quindici membri (presidente compreso), che rappresentano: enti locali, province, organizzazioni agricole, Regione Liguria, Università di Genova, sovrintendenza scolastica e associazioni ambientaliste
  • la comunità, costituita da presidenti delle province, sindaci, presidenti di comunità montane, organizzazioni agricole, presidenti ATC, presidenti APT

Il Piano del Parco
È il quadro di riferimento di tutte le azioni necessarie alla tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio del parco e per lo sviluppo delle attività compatibili.
È basato su studi interdisciplinari per un'approfondita conoscenza della realtà naturalistico - ambientale, storico - culturale, socio - economica.
È elaborato dall'Ente parco anche sulla base di consultazioni con le realtà locali. Il Piano del Parco prevale su ogni altro strumento di pianificazione del territorio e definisce:



  • l'organizzazione generale del territorio del parco e la suddivisione in differenziate fasce di protezione;
  • gli indirizzi e le norme di attuazione degli interventi sulla vegetazione, sulla fauna, sulle attività economiche e sugli insediamenti;
  • i sistemi di accessibilità veicolare e pedonale, con un riguardo particolare alle popolazioni locali e ai disabili;
  • le norme di comportamento e di fruizione del parco;
  • le strutture, le attrezzature e i servizi utili alla fruizione del parco a fini didattici, turistici, scientifici e ricreativi.

Il Programma pluriennale socio - economico
Strumento di programmazione quadriennale, definisce modalità, tempi e risorse per l'attuazione degli obiettivi del piano del parco.
Individua le fonti di finanziamento e coordina l'impiego di risorse pubbliche e private, indirizzando le potenzialità imprenditoriali locali e offrendo opportunità per nuove iniziative culturali, sociali ed economiche capaci di diffondersi ed autoalimentarsi.

Regolamenti
L'Ente Parco può integrare la normativa di comportamento prevista nel piano, attraverso appositi regolamenti - aggiornabili sulla base dell'evoluzione delle situazioni ambientali - specifici per ciascuna realtà e riguardanti in particolare:

  • le modalità di fruizione del parco per una razionalizzazione del flusso turistico ed escursionistico;
  • la conservazione di ecosistemi fragili e ambienti particolari;
  • lo svolgimento di attività che potrebbero compromettere l'equilibrio ecologico e l'assetto faunistico e vegetazionale;



AREA 06 DIFESA DEL SUOLO



La missione principale dell' area 06 è quella di gestire in modo razionale i processi di pianificazione e di conduzione della difesa del suolo sul territorio provinciale in ottica di sviluppo sostenibile orientando le azioni al contenimento del rischio idraulico ed idrogeologico secondo un processo finalizzato e ciclicamente strutturato: pianificazione, programmazione, progettazione, realizzazione, autorizzazioni e monitoraggio.

La previsione e la prevenzione sono fondamentali.


La Previsione consiste nell'attività volta allo studio ed alla determinazione delle cause dei vari fenomeni calamitosi, all'identificazione dei rischi e all' individuazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi.


La Prevenzione consiste nelle attività volte ad evitare o ridurre le possibilità di subire danni conseguenti agli eventi calamitosi, sulla base delle conoscenze acquisite attraverso l'attività di previsione.


Il Programma è quindi ricognitivo delle problematiche presenti sul territorio e si pone quale strumento tecnico di supporto alla pianificazione attraverso indicazioni di carattere schematico, cartografico e scientifico.

Attraverso l'incrocio e la sovrapposizione delle cartografie tematiche che rappresentano i diversi livelli informativi, sono stati individuati gli scenari di riferimento alla scala provinciale, ossia la rappresentazione di quanto potrebbe accadere nel caso si verificasse un determinato temuto evento e dei possibili conseguenti danni alle persone ed alle cose che si potrebbero registrare.

Il Programma identifica e classifica i pericoli in base al loro possibile impatto sugli obiettivi sensibili individuati e classificati secondo la loro vulnerabilità, inoltre censisce e classifica le informazioni in possesso della Provincia, derivanti dagli strumenti di pianificazione di settore e dagli elaborati tecnici d'analisi del rischio.


LA LEGISLAZIONE


La Legge 24 febbraio 1992, n° 225 istituisce il servizio nazionale della protezione civile "al

fine di tutelare la integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal

pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi"

L'art. 2 della Legge 225/92 recita:

"Ai fini dell'attività di protezione civile gli eventi si distinguono in:

a) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati

mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via

ordinaria;

b) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione

comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via

ordinaria;

c) calamità naturali, catastrofi, o altri eventi che, per intensità ed estensione,

debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari."

Gli strumenti d'intervento delle diverse "componenti del servizio" sono i programmi e i piani

che hanno per scopo rispettivamente la previsione e prevenzione dei rischi, il soccorso ed il

superamento dell'emergenza, in conformità a quanto disposto inizialmente dalla Legge 225/92

e in seguito dal Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n° 112.


Il ruolo della Provincia in materia di Protezione Civile è indicato nell'art. 13 della Legge

24 febbraio 1992, n° 225, "competenze delle province" che recita:

"1. Le province, sulla base delle competenze ad esse attribuite dagli art. 14 e 15 della

Legge 8 giugno 1990 n° 142, partecipano all'organizzazione ed alla attuazione del

servizio nazionale della protezione civile, assicurando lo svolgimento dei compiti relativi

alla rilevazione, alla raccolta ed all'elaborazione dei dati interessanti la protezione civile,

alla predisposizione di programmi provinciali di previsione e prevenzione ed alla loro

realizzazione in armonia con i programmi nazionali e regionali.

2. Per le finalità di cui al comma 1, in ogni capoluogo di provincia è istituito il comitato

provinciale di protezione civile, presieduto dal presidente dell'amministrazione

provinciale o da un suo delegato. Del comitato fa parte un rappresentante del Prefetto".

Il ruolo delle province è stato ampliato dal Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n° 112 che

all'art. 108 comma 1 lettera b) recita:

"sono attribuite alle province le funzioni relative:

1) all'attuazione, in ambito provinciale, delle attività di previsione e degli interventi

di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali,

con l'adozione dei connessi provvedimenti amministrativi;

2) alla predisposizione dei piani provinciali di emergenza sulla base

degli indirizzi regionali;

3) alla vigilanza sulla predisposizione da parte delle strutture provinciali di protezione

civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da attivare in caso di eventi

calamitosi di cui all'art. 2, comma 1 lettera b) della Legge 24 febbraio 1192, n° 225."

I programmi di previsione e prevenzione, distinti per ipotesi di rischio, costituiscono il

presupposto per la elaborazione dei piani di emergenza.

Il prospetto dei compiti della protezione civile a livello provinciale è illustrato in ura 11.



In materia d'assetto, sviluppo e conservazione del territorio, spetta alla Provincia, ai sensi

della Legge 8 giugno 1990 n° 142:

. la difesa del suolo, la tutela dell'ambiente, la prevenzione delle calamità, la tutela

e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche, la viabilità ed i trasporti, la raccolta

ed elaborazione dei dati, l'assistenza tecnica e amministrativa agli enti locali

(vedi art. 14);

. la raccolta ed il coordinamento delle proposte avanzate dai comuni ai fini della

programmazione territoriale ed ambientale, il concorso alla determinazione

dei programmi e piani regionali, la predisposizione e l'adozione del piano territoriale

di coordinamento con il quale si determinano gli indirizzi generali dell'assetto del

territorio con particolare riferimento alla sistemazione idrica, idrogeologica,

idraulico-forestale ed al consolidamento del suolo, alla regimazione delle acque,

l'accertamento della compatibilità degli strumenti comunali di pianificazione

con le indicazioni del piano territoriale di coordinamento (vedi art. 15).

L'attività di programmazione di protezione civile, non può prescindere dai compiti trasferiti

dalla Regione Liguria alle province in merito alla difesa del suolo ed in particolare alla

redazione dei piani di bacino

Infatti, la Legge Regionale 28 gennaio 1993, n° 9, la Legge Regionale 23 ottobre 1996, n° 46

e la successiva Legge Regionale 22 giugno 1999, n° 18, assegna alle province (vedi art. 92

Legge Regionale 18/99) la formazione e l'approvazione dei piani di bacino di rilievo regionale

e subdelega le funzioni relative alla difesa delle coste (vedi art. 22 Legge Regionale 9/93); ciò

nel quadro normativo nazionale, riferito alla difesa del suolo, disegnato rispettivamente dalle

Leggi 183/89 e 267/98.


Con la Legge Regionale 16 agosto 1994, n° 45, la Regione Liguria dispose norme in materia

di sicurezza urbana da rischi idrogeologici; tali norme, ai sensi delle quali furono redatte le

prime mappature delle aree vulnerate, sono state parzialmente abrogate e sostituite con la

successiva Legge Regionale 21 ottobre 1996, n° 45 "Disciplina delle attività di protezione

civile in ambito regionale", in attuazione della Legge 24 febbraio 1992, n° 225.

La Legge Regionale 21 ottobre 1996, n° 45, che può essere pertanto definita "legge quadro"

di protezione civile a livello regionale, ha delineato e precisato i contenuti della

programmazione, specificando che le mappe di rischio vengono realizzate con il concorso

degli enti locali interessati (vedi art. 6); alle province spettano "la predisposizione e

realizzazione di programmi provinciali di previsione e prevenzione conseguenti

all'elaborazione ed aggiornamento dei dati di rischio nel relativo ambito, anche sulla base dei

dati acquisiti dalle comunità montane e dai comuni" (vedi art. 8).

Le norme di riferimento sopra elencate sono state riprese nella più recente Legge Regionale 17



febbraio 2000, n. 9 che dispone all'art. 26 commi 1 e 2 quanto segue:

1. Sono abrogate la legge regionale 21 ottobre 1996 n. 45 (disciplina delle attività di

Protezione Civile in ambito regionale) e la legge regionale 28 gennaio 1997 n. 6

(organizzazione della Struttura operativa di intervento per la prevenzione e la lotta agli

incendi boschivi).

2. L'abrogazione delle norme ha effetto a partire dai trasferimenti delle risorse finanziarie

per far fronte ai nuovi compiti assegnati alla Regione dall'articolo 108 del D. Lgs.

112/1998 e dalla conseguente organizzazione delle nuove strutture e procedure operative

e, comunque, non oltre sei mesi dai trasferimenti.

Per una migliore comprensione del dettato normativo se ne riporta una sintesi riguardante gli

articoli iniziali:


LEGGE REGIONALE 17 febbraio 2000 n. 9

Adeguamento della disciplina e attribuzione agli enti locali delle funzioni

amministrative in materia di protezione civile ed antincendio.

Articolo 1

(Finalità)

1. La presente legge detta norme in materia di protezione civile in attuazione della legge

24 febbraio 1992 n. 225 (istituzione del Servizio Nazionale della protezione civile) di

attuazione della legge 1o marzo 1975 n. 47 (norme integrative per la difesa dei boschi

dagli incendi) e del trasferimento di funzioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998

n. 112 (conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli

Enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997 n. 59) al fine di:

a) concentrare le funzioni e le responsabilità organizzative ed operative, in relazione alle

attività di previsione, prevenzione e superamento dell'emergenza derivante da eventi

calamitosi o catastrofici sul territorio regionale;

b) garantire un elevato standard operativo delle organizzazioni del volontariato e delle

squadre comunali in occasione degli eventi di cui alla lettera a).

Articolo 2

(Principi generali)

1. Sono attività di protezione civile quelle volte alla salvaguardia e alla tutela della vita

umana, dei beni e delle risorse attraverso la previsione, la prevenzione, il superamento

dell'emergenza ed il ristabilimento delle normali condizioni di vita nei territori colpiti

dalla calamità o catastrofe.

2. In particolare gli ambiti di intervento della Protezione Civile per la Regione Liguria

sono quelli relativi a:

a) rischio idrogeologico (frane e alluvioni);

b) rischio sismico;

c) rischio industriale derivante dalla lavorazione, stoccaggio e trasporto di sostanze

pericolose;

d) incendi boschivi ed incendi che, per natura ed estensione, acquisiscono connotazione

tale da diventare evento di protezione civile, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 107

del D. Lgs. 112/1998;

e) ogni altra calamità che si verifichi sul territorio regionale.

3. I livelli di attività di protezione civile sono distinti in base al rilievo nazionale,

regionale, provinciale e comunale dell'evento previsto o in corso e le attività di cui al

comma 1 sono svolte dalle componenti il Servizio Nazionale della Protezione Civile per

la Regione Liguria secondo quanto previsto dall'articolo 6, commi 1 e 2 della l. 225/1992

e dal D. Lgs. 112/1998.

4. La Regione opera unitariamente in ambito di protezione civile tramite il Presidente

della Giunta regionale, l'Assessore competente e la Struttura regionale di Protezione

Civile. Qualora le attività da svolgere in relazione alla tipologia dell'evento previsto o in

corso richiedano l'esercizio di specifiche competenze, il Presidente della Giunta

regionale attribuisce alla Struttura regionale competente in materia di Protezione Civile

il coordinamento delle Strutture regionali che esercitano in via ordinaria dette

competenze.

5. La Regione si avvale per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1, del Corpo

Nazionale dei Vigili del Fuoco, delle Province, delle Comunità Montane, dei Comuni, del

Corpo Forestale dello Stato, del Volontariato e collabora con le Prefetture per l'utilizzo

delle Forze dell'Ordine per l'esercizio delle altre funzioni di loro competenza.

Com'è noto è in questo periodo in corso una verifica di tale norma a proposito della modifica

del quadro in materia d'incendi boschivi (Legge 21 novembre 2000, n. 353) e della

competenza normativa Legge costituzionale n. 3 del 18 Ottobre 2001, G.U. n. 248 del 24 Ottobre

Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione" che modifica il Titolo

V della Costituzione e definisce la materia Protezione Civile in regime di legislazione

concorrente nazionale e regionale:

"Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con

l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro;

istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione

e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno

all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento

sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di

trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e

distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa;

armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema

tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione

di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere

regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di

legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la

determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato."

2.4.2 Norme inerenti il Comitato Provinciale di Protezione Civile

Per lo svolgimento delle attività assegnate dalla legge, è stato istituito, il Comitato Provinciale

di Protezione Civile, organo di consulenza tecnica con il compito di formulare proposte ed

osservazioni, esprimere pareri, individuare obiettivi ed elaborare indirizzi e studi per le finalità

di cui all'art. 13, comma 1, della Legge 24 febbraio 1992, n° 225, tra i quali sono compresi i

programmi e i piani di protezione civile.

Il Comitato Provinciale di Protezione Civile è presieduto, ai sensi di legge, dal Presidente della

Provincia o da un suo delegato, i membri sono nominati dal presidente della provincia su

indicazione degli enti ed organismi istituzionali che svolgono attività di protezione civile nella

misura di almeno un esperto per ogni tipo di rischio. Del comitato fa parte un rappresentante

del Prefetto, ora definibile quale responsabile all'uopo preposto dell'Ufficio Territoriale del

Governo come determinato ai sensi della Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n° 300.


Il Comitato Provinciale di Protezione Civile è stato istituito con Delibera della Giunta

Provinciale n° 1050/5766 del 14 aprile 1993.

La composizione è stata modificata, in seguito alle elezioni amministrative, dalla Delibera

della Giunta Provinciale n° 74/440 del 12 gennaio 1994 alla quale ha fatto seguito, in seguito

alla delega in favore del Vice Presidente, l'Atto di nomina del Presidente della Giunta

Provinciale prot. n° 1046 del 13 gennaio 1994 sostituito dall'Atto di nomina prot. n° 28895 del

29 settembre 1994.


L'organigramma è aggiornabile e suscettibile di variazioni in funzione della modifica della

struttura organizzativa di ciascun Ente e delle necessità riscontrate nel corso dell'attività.

Verrà, infatti, predisposto a breve termine, un atto formale che aggiornerà i nominativi degli

attuali membri, presumibilmente aggiungendo rappresentanti delle ASL della provincia, del



118 e dei volontari di protezione civile della provincia di Genova.

2.5 I livelli delle competenze: gli enti locali

La normativa nazionale che regola la Protezione Civile, individua una serie di livelli di

competenza, centrali e periferici, nell'ambito dei quali i diversi enti e soggetti sono chiamati a

svolgere l'attività di programmazione, di pianificazione e d'intervento.

La normativa regionale definisce anch'essa diversi compiti ed attività a carico delle

amministrazioni territoriali quali province, comuni, comunità montane ed enti per le deleghe

in agricoltura.


Primo atto della programmazione è stabilire quali sono i "pericoli" che insistono sul territorio

e che minacciano la "pubblica e privata incolumità" diventando quindi "rischi".

Questi fenomeni, classificati riguardo all'impatto temuto sui diversi elementi vulnerabili e di

conseguenza sul danno atteso, sono stati, prima di tutto, identificati sulla base della loro

probabilità d'accadimento.

È stato fatto riferimento, quindi, ai rischi presenti nell'elenco del Metodo Augustus, elaborato

dal Servizio Pianificazione ed Attività Addestrative del Dipartimento della Protezione Civile e

dalla Direzione Centrale della Protezione Civile e dei Servizi Logistici del Ministero

dell'Interno.


Rischio d'incendio boschivo

È preliminarmente necessario distinguere tra il rischio incendio boschivo con un impatto

negativo di tipo ambientale e l'incendio che può interferire con l'attività dell'uomo,

residenziale o della mobilità, incidendo sulle aree urbanizzate, zone abitate e infrastrutture,

con il loro incrocio non per sovrapposizione ma per contatto.

È noto come negli anni, ciò confermato dal Piano Regionale, la soluzione è stata individuata

nella rapidità di spegnimento e nel pronto allertamento delle squadre d'intervento e

nell'avvistamento degli incendi..



Area 06 - Difesa del Suolo, Opere ambientali e Piani di Bacino



Utilizzando la classificazione di rischio contenuta nel "Piano Regionale di previsione,

prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi" 2003-2006, sono stati particolarmente

considerati i Comuni il cui territorio è interessato dal fenomeno in termini statisticamente

rilevanti, distinti secondo le classi più alte così descritte:

. Classe n. 4: degli incendi uniformemente distribuiti, d'alta densità spaziale e temporale;

. Classe n. 5: delle situazioni particolari con incendi grandi e di massima diffusibilità;

. Classe n. 6: della massima densità spaziale, d'incendi oltre soglia d'attenzione e

uniformemente distribuiti nel tempo.

Su questo fronte di ricerca è stata realizzata, inoltre, un'attività pilota di studio per la

prevenzione del fenomeno degli incendi boschivi, finanziata dall'UE e dallo Stato in

applicazione del Regolamento CEE 2158/92.

Lo scopo è stato quello di fornire indicazioni utili per prevenire gli incendi boschivi ed è stato

perseguito attraverso l'esecuzione di un progetto sperimentale finalizzato all'individuazione di

tecnologie mirate ad interventi di miglioramento boschivo.

I risultati di questo Studio e la sperimentazione pratica effettuata in aree boscate campione,

preventivamente selezionate per tipologia d'essenza e caratteristiche dell'ambiente circostante

e categoria di paesaggio, sono stati utilizzati, in maniera modulare, nel presente documento

conoscitivo di Previsione e Prevenzione.




La provincia di Genova si estende su una superficie di 1838,47 km (fonte ISTAT), pari allo

0,6 % circa del territorio nazionale e pari a poco più di un terzo del territorio della regione

Liguria.

Confina con le province d'Alessandria e Piacenza a nord/nord-est, con le province di Parma

e La Spezia ad est/sud-est, con la provincia di Savona ad ovest ed è delimitata a sud dal Mar

Ligure.

Il suo territorio ha un notevole sviluppo altitudinale: partendo, infatti, dal livello del mare le

colline e poi le montagne s'innalzano progressivamente fino a culminare nei 1799 m del

monte Maggiorasca, in alta Val d'Aveto.

Fra le province italiane a più alto potenziale economico e demografico, è la sola a non avere,

nelle classificazioni per zone altimetriche dell'ISTAT, neppure un comune di pianura: l'83%

è costituito da comuni di montagna e il 17% da comuni di collina. Il capoluogo stesso,

Genova, è classificato come "di montagna" nonostante abbia anche una connotazione

litoranea condivisa con l'intera regione ligure.

Tale classificazione è analoga a quella delle regioni tipicamente montane quali la Valle

d'Aosta ed il Trentino Alto Adige, insieme alle regioni d'Umbria, Marche, Abruzzo e Molise.

La metodologia d'analisi che è stata adottata comporta l'uso di cartografia informatizzata e

georiferita con l'indicazione numerica vettoriale delle linee e delle superfici che assumono una

particolare importanza perché sono state utilizzate per effettuare gli incroci e parametrare

l'impatto del rischio sugli elementi vulnerabili.

A questo proposito è, pertanto, utile evidenziare che il valore risultante dal calcolo

informatizzato della superficie complessiva provinciale è pari a 1833,00 km che

costituisce, pertanto, riferimento per tutti i successivi calcoli indicativi.

Sulla base di quanto contenuto nella carta dell'uso del suolo della Regione Liguria, il territorio

provinciale è suddiviso in:

. superficie boschiva 1303,74 km , pari al 71,12 % del totale;

. superficie agricola 151,18 km , pari al 8,25 % del totale;

. superfici abitative urbane, sedi d'insediamenti industriali ed artigianali e di strutture varie,

i restanti 378,08 km , pari al 20,63 % del territorio.

È utile segnalare che sono state accorpate nell'unica definizione "boschiva" le superfici

riguardanti le tipologie corrispondenti a: angiosperme marittime e collinari, angiosperme

submontane e montane, conifere marittime e collinari, conifere submontane e montane,

boschi di angiosperme e di conifere, praterie, arbusteto termofilo e/o mesofilo.

È utile segnalare che sono state accorpate nell'unica definizione "agricola" le superfici

riguardanti le tipologie corrispondenti a: seminativo semplice ed erborato, prato

sfalciabile in uso o in abbandono, agricole miste, vigneti, frutteti ed agrumeti, oliveti,

oliveti abbandonati, castagneti da frutto.


Il nome angiosperme deriva dalle parole greche "aengeion", 'involucro', e "sperma", 'seme', e allude al fatto che il seme di queste piante non è nudo, ma protetto da un'apposita struttura detta ovario. Le specie descritte finora sono circa 230.000. Circa due terzi delle specie conosciute prosperano ai tropici; un migliaio di esse vanta una notevole importanza come fonte di nutrimento per l'uomo e per il bestiame d'allevamento, come fonte di legno e di altri prodotti utili.



L' AMBIENTE FORESTALE


Sul territorio provinciale genovese sono presenti 91.345 ettari di superficie forestale, pari a

circa il 50% della superficie totale, ponendolo fra le province italiane più ricche di boschi,

anche se questi presentano in genere un modesto valore ambientale.

Lungo la fascia costiera, dove le possibilità di espansione della vegetazione spontanea sono

notevolmente limitate da una sempre più crescente espansione antropica, le foreste di leccio,

che in ambiente mediterraneo rappresentano la fase finale e stabile (climax) del processo

evolutivo della vegetazione naturale, non esistono praticamente più a causa dell'eccessivo

sfruttamento a cui sono state sottoposte in passato.

In alcune zone come il Promontorio di Portofino e Punta Manara, è ancora riscontrabile la

macchia mediterranea, cioè quella formazione vegetale originatasi in questo caso dalla

regressione del lecceto e composta da specie arbustive sempreverdi, spiccatamente termofile e

xerofile, come le eriche arborea e scoparla, la ginestra odorosa, l'alaterno, il corbezzolo, il

lentisco e altre.

Formazioni vegetali piuttosto frequenti sono inoltre le pinete di pino marittimo e, in misura

minore, di pino d'Aleppo e pino domestico.

Nelle zone interne della provincia, dove l'influenza del mare sul clima si riduce

progressivamente, alla vegetazione mediterranea subentrano i boschi misti, per lo più governati

a ceduo, di angiosperme mesofite come la roverella, la rovere. Il cerro, il carpino nero, il

frassino. Alle quote superiori il faggio diventa invece la specie prevalente.


Molto diffuse sono anche le pinete di pino nero di origine artificiale e i cedui di castagno, che

hanno sostituito i castagneti da frutto oggi non più coltivati.



L'esodo delle popolazioni montane dalle valli dell'entroterra verso la zona costiera, determina

sul bosco degli effetti favorevoli al suo sviluppo, come dimostrato dal progressivo aumento

della superficie boscata a scapito di quella agraria (in media 100 ettari ogni anno), ma provoca

effetti negativi in quanto l'abbandono delle pratiche colturali, che normalmente venivano

compiute nel bosco, compromette la stabilità di molte formazioni boschive di origine

artificiale o comunque aventi spiccate caratteristiche di artificialità, esponendole al pericolo di

incendio, alle malattie parassitarie, al danneggiamento da parte di agenti atmosferici.

Non mancano comunque boschi degni di rilievo come le faggete del monte Zatta e della Val

d'Aveto.

Si ricorda inoltre la Riserva Naturale Orientata delle Agoraie nel Comune di Rezzoaglio,

caratterizzata da laghetti di origine glaciale, sulle cui sponde vegetano interessanti specie tra

le quali anche una piccola pianta carnivora, la Drosera Rotundifolia e sul cui fondo sono

presenti tronchi fossili di abete risalenti al periodo post-glaciale.

La funzione produttiva dei boschi della provincia di Genova è oggi assai scarsa.

Nel 1993 si sono utilizzati solo 15.399 m di legname, di cui 13.097 m di legna da ardere e

2.302 m di legna da lavoro.

Per capire la modestia di tali cifre basti ricordare che nel 1949 si utilizzarono 824.754 m di

legname di cui 749.695 m di legna da ardere, 41.519 m di legname da lavoro e 33.540 m di

legna per carbone vegetale.

Anche se scarsamente remunerativo, il bosco è comunque elemento determinante per

la difesa del suolo, la regimazione delle acque e in generale per la conservazione degli

ambienti naturali.

Ciò è da tenere ben presente in una provincia come quella di Genova dove sono frequenti i

fenomeni franosi e gli eventi alluvionali.


Nella Cartografia dell'assetto vegetazionale è stata riportata la vegetazione suddivisa

secondo le classi d'essenze arboree individuate e perimetrate nella cartografia

denominata: Carta Uso Suolo della Regione Liguria.

Nella Cartografia della predisposizione agli incendi sono state raggruppate le essenze

arboree rappresentate nella Cartografia dell'assetto vegetazionale per classi omogenee a

suscettività all'incendio decrescente rispettivamente alta, media e bassa.

È stata inoltre inserita in cartografia la traccia dello spartiacque padano/tirrenico, a

demarcazione del passaggio fra due ambienti ben distinti:

. l'ambiente tirrenico, dalla morfologia molto accidentata, i versanti molto acclivi, con

presenza di piccoli bacini idrografici spesso scolanti a mare dopo un breve tragitto, con

coltri detritiche superficiali globalmente sottili e un tenore di sviluppo del patrimonio

vegetale generalmente ridotto;

. l'ambiente padano, dalla morfologia accidentata, i versanti complessivamente dall'acclività

meno accentuata, con presenza d'ampi bacini idrografici, con un elevato spessore medio

dei terreni sciolti , un patrimonio vegetale generalmente ricco;

caratteristiche che, unitamente ad una differente situazione microclimatica, influiscono sulla

differente predisposizione o meno all'incendio.

Le essenze arboree sono state raggruppate nelle classi seguenti, alle quali è stato assegnato un

grado di pericolosità o suscettività all'incendio distinto mediante colorazione semaforica.

Come osservabile in cartografia, una stessa categoria d'essenza arborea ricadente sui due

ambienti, è stata considerata con suscettività differente (per esempio: le praterie ricadenti nel

versante tirrenico sono considerate ad alta suscettività mentre le praterie ricadenti nel versante

padano hanno suscettività media):


Classificazione delle essenze arboree in base alla predisposizione agli incendi


ALTA: Conifere marittime e collinari, conifere submontane e montane del versante

tirrenico, boschi d'angiosperme e di conifere, praterie del versante tirrenico,

arbusteto termofilo e/o mesofilo del versante tirrenico, oliveti abbandonati.

MEDIA: Angiosperme marittime e collinari, conifere submontane e montane del versante

padano, praterie del versante padano, arbusteto termofilo e/o mesofilo del

versante padano, agricole miste, castagneti da frutto.

BASSA:Angiosperme submontane e montane, seminativo semplice e arborato, prato

sfalciabile in uso o in abbandono, vigneti, frutteti e agrumeti, oliveti.

I dettagli cartografici di studio sono stati effettuati in scala 1:25.000 per la Carta dell'assetto

vegetazionale e per la Carta della predisposizione agli incendi, con restituzione in scala

1:100.000 nella cartografia dell'elaborato tecnico e 1:250.000 in quella di consultazione.




6.4.1 Il rischio incendi boschivi

L'attività d'analisi ha mirato ad individuare quei settori di territorio che possono essere

soggetti ad incendi boschivi, ovvero a . un fuoco con suscettività ad espandersi su aree

boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture antropizzate poste

all'interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a

dette aree

Il rischio in esame, a differenza dei precedenti, non è prevedibile nella stessa misura né

riguardo ai modi né ai tempi.

L'elemento rilevante è rappresentato principalmente dalla componente umana che assume, in

questo caso, un peso assai più importante rispetto ai rischi precedenti.

L'imprevedibilità degli incendi boschivi è, infatti, dovuta soprattutto all'elevata percentuale di

"casualità" (luoghi, tempi, condizioni atmosferiche) strettamente legata alla componente

dolosa o colposa umana.



Prevenzione in caso d'incendio boschivo

La legge quadro in materia di incendi boschivi recita all'art. 4, comma 2:

"L'attività di prevenzione consiste nel porre in essere azioni mirate a ridurre le cause e il

potenziale innesco d'incendio nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni

conseguenti. A tale fine sono utilizzati tutti i sistemi e i mezzi di controllo e vigilanza delle aree

a rischio di cui al comma 1 ed in generale le tecnologie per il monitoraggio del territorio,

conformemente alle direttive di cui all'articolo 3, comma 1, nonché interventi colturali idonei

volti a migliorare l'assetto vegetazionale degli ambienti naturali e forestali.

In questa legge i riferimenti al Ministro delegato per il coordinamento della protezione civile,

si intendono effettuati al Ministro dell'Interno se delegato dal Presidente del Consiglio dei

Ministri, ai sensi di quanto disposto dalle norme vigenti.



Applicazione di tecniche di prevenzione

La Provincia di Genova ha realizzato un programma di attività di studio e prevenzione del

fenomeno degli incendi boschivi, ai sensi del Regolamento CEE 2158/92, con finanziamento

della Comunità Economica Europea.

Il programma di tipo strutturale (Progetto n° 98.61.IT.012.0) ha previsto diverse attività fra le

quali un Progetto Pilota finalizzato alla realizzazione di interventi di miglioramento boschivo

finalizzato alla prevenzione degli incendi boschivi.

Tale Progetto Pilota si è sviluppato attraverso la realizzazione di interventi di selvicoltura

preventiva in apposite aree, scelte in numero di 10 su tutto il territorio provinciale a forte

rischio diversificate per condizioni stagionali e vegetazionali, realizzati con le normali

tecniche della selvicoltura naturalistica.

Successivamente è stata effettuata la cippatura dei materiali di risulta ed il successivo

spargimento dei chips sul terreno, al fine della verifica dell'effetto che essi

svolgono con risultati degni di attenzione.

Nell'ambito del Progetto Pilota sono state effettuate attività di rilievo forestale puntuale,

pedologico e floristico e rilievi successivi per il monitoraggio degli interventi.








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