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Terapie in fase di studio per ridurre i danni della lesione spinale

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Terapie in fase di studio per ridurre i danni della lesione spinale


Ormoni steroidei


In particolare viene presentato il 6-metil-prednisolone, (43), molecola alla base dell'unica terapia standard, dal 1990, per le lesioni al midollo spinale. Il 6-metil-prednisolone va somministrato ad alte dosi entro otto ore dalla lesione. Esso riduce i danni alle membrane cellulari, danni che causano la morte di numerose cellule durante il processo della lesione secondaria. Inoltre - come molti steroidi usati in numerosi campi della medicina - il 6-metil-prednisolone riduce l'infiammazione e sopprime l'attività di varie cellule del sistema immunitario che sembrano contribuire al danneggiamento neuronale. Secondo gli studi epidemiologici fatti negli Stati Uniti su pazienti mielolesi e trattati con 6-metil-prednisolone (studi detti NASCIS 1 e 2; (44)) tale trattamento riesce a far recuperare una certa funzionalità anche a numerosi pazienti plegici (ossia privi sia di sensibilità sia di capacità motoria), fino a farli diventare paretici (ossia aventi qualche sensibilità e qualche capacità motoria nella zona sottolesionale). Ciò significa - tra l'altro - che anche i pazienti plegici in realtà possiedono solitamente una piccola percentuale di fibre nervose sopravvissute all'impatto (infatti il metilprednisolone non ha di per se attività neurorigenerante), e la sua utilità nel caso di lesioni veramente totali è trascurabile.




Il 6-metil-prednisolone però sembra avere anche l'effetto indesiderato di ritardare alcune possibilità di recupero funzionale. Infatti bloccando l'infiammazione si possono ritardare non solo processi dannosi ma anche i processi rigenerativi che stanno a valle: infatti numerose citochine, derivanti dalla degradazione dei lipidi durante l'infiammazione, sono fattori di crescita. Si è ancora lontani dalla soluzione di questi diversi quesiti: per esempio alcuni studiosi stanno confrontando i risultati (45) dati dalle terapie (a base di 6-metil-prednisolone) a breve termine con quelli dati dalle terapie a lungo termine (MB Bracken, Yale University School of Medicine). Inoltre uno studio collaborativo sull'eventuale utilità e applicabilità della terapia a lungo termine a base di 6-metil-prednisolone è in corso negli USA. Lo studio avviene, tra gli altri, in cinque Centri di Ricerca Clinica sulle Lesioni al Midollo Spinale sotto l'egida del NINDS, oltre che all'Università di Miami.


Agenti bloccanti le endorfine


Oltre alla loro funzione 'primaria' di antidolorifici creati dal nostro stesso sistema nervoso, le endorfine sembrano avere un ruolo abbastanza importante nel processo dello shock spinale. Probabilmente esse sono prodotte in seguito al trauma per alleviare le sofferenze del sistema danneggiato, ma purtroppo la loro presenza pare favorire ulteriormente la caduta pressoria. Simulando gli eventi reali, sono stati effettuati degli esperimenti su animali somministrando degli antagonisti delle endorfine 45 minuti dopo la lesione. In molti degli animali si evitò completamente lo shock spinale, ed alcuni si ripresero dalla lesione in maniera molto soddisfacente se confrontata con lo stato degli animali non trattati con questi antagonisti.


Fenotiazine ed altri inibitori dei recettori del glutammato


Il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio. In caso di lesioni viene liberato in grosse quantità ed è piuttosto dannoso per il tessuto nervoso (eccitotossicità). Uno dei diversi modi con i quali il glutammato può danneggiare le cellule nervose o quelle gliali è il seguente: esso - rilasciato in altissime quantità in seguito alla lesione - attiva i suoi recettori (ad esempio di tipo NMDA) che poi permettono ad alte quantità di calcio di entrare nelcellula - METABOLISMO, LA RESPIRAZIONE, RESPIRAZIONE AEROBICA DELLA SOSTANZA ORGANICA" class="text">la cellula. Bloccando i tre recettori sui quali il glutammato agisce si sono ottenuti dei buoni risultati, nei modelli animali, e si è riusciti a limitare la perdita di funzionalità e ad aumentare le possibilità di recupero nelle lesioni del midollo spinale e del cervello. Tuttavia non si sa molto su questo tipo di tossicità, che in vivo è molto più difficoltosa da valutare che in vitro (46).


Ganglioside monosialico o GM1


Si tratta di un ganglioside, ossia di un lipide unito ad uno zucchero, sostituito in posizione 1 con un acido sialico) (47). Non è ancora chiaro se e in quale maniera i gangliosidi possano risultare utili al fine della neurorigenerazione, in quanto essi sono normalmente e naturalmente presenti nel sistema nervoso (i gangliosidi rappresentano circa l'uno percento dei lipidi del sistema nervoso centrale).


D'altra parte numerosi studi mettono fortemente in evidenza che GM1 stimola la crescita dei nervi periferici e qualche studio suggerisce che lo stesso accade nel cervello. C'è anche qualche evidenza che GM1 sia un agente neuroprotettivo, anche se questi studi sono difficilmente riproducibili. Inoltre - come spesso accade - ci sono numerosi aspetti da tenere in considerazione: per esempio che GM1 antagonizza gli effetti del metilprednisolone nelle terapie volte a minimizzare i danni dopo una lesione spinale. Sono in corso - negli Stati Uniti - studi su larga scala che si concluderanno nel 1999, che dovrebbero permettere di affermare con sicurezza se GM1 risulta utile o no.


Altri trattamenti potenzialmente utili


agenti bloccanti i recettori della serotonina (48)

agenti bloccanti i canali del calcio (49)

agenti bloccanti la perossidazione lipidica (50)

agenti bloccanti i recettori degli oppiacei (51)

agenti bloccanti la via della cicloossigenasi (52)

agenti inibitori degli enzimi proteasi (53) e di altri enzimi (54)





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