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Diritto privato e fonti. Diritto pubblico e privato. I formanti del diritto privato: giurisprudenza dottrina legge. Il codice civile, le leggi special

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Diritto privato e fonti. Diritto pubblico e privato. I formanti del diritto privato: giurisprudenza dottrina legge. Il codice civile, le leggi speciali, la Costituzione. Il diritto privato e la giurisprudenza comunitaria. Le categorie generali. Le situazioni giuridiche.


La ripartizione fondamentale del diritto è quella che distingue diritto pubblico da diritto privato. Questo è il diritto degli interessi particolari, trattati di norma come interessi disponibili; il diritto pubblico è invece il campo degli interessi generali, non disponibili al singolo interessato.


Attualmente abbiamo detto di avere un codice; per comprendere il suo significato e i caratteri del diritto moderno ci dobbiamo riferire ai caratteri ed al tempo storico in cui è stato realizzato il codice ovvero alla fine del 1700, nella Francia pre-rivoluzionaria. In quell'epoca il sistema giuridico era, nel Sud della Francia, il diritto romano, mentre nel nord si applicavano ancora le leggi tramandate dagli avi, che naturalmente variavano di città in città. Queste consuetudini locali davano vita al particolarismo giuridico, dove il diritto e le leggi erano un qualcosa di oscuro e manipolabile, mancava quindi il concetto di legge. Inoltre alle consuetudini ed al diritto romano si aggiungevano le norme reali, le giurisprudenze e gli orientamenti delle corti che giudicavano. La legge non era quindi intesa come regola e inoltre era diversa a seconda della persona sulla quale veniva applicata (gli ecclesiastici avevano i loro tribunali, così come i nobili e i borghesi). Inoltre c'erano valori diversi anche riguardo le persone, in quanto gli statuti variavano da soggetto a soggetto e da ceto a ceto. Non c'era uguaglianza ma ad ogni status sociale corrispondeva un ceto. Altre differenze si potevano ritrovare nei beni: la prima proprietà in assoluto era la terra, sulla quale ognuno aveva diritto in base al suo status sociale: vi erano quindi tanti diritti per tanti soggetti. Ciò generava gli uomini e faceva loro comodo, ma non migliorava ne i diritti ne tanto meno le condizioni sociali e la società risultava quindi statica.




Considerando le condizioni della società dell'epoca si può capire come l'obbiettivo della rivoluzione includesse quello di trovare una legge generale, non attaccabile ed eguale, superando in tal modo il concetto stesso di potere. Si doveva quindi arrivare ad una scelta libera della vita; quanto alle terre, doveva nascere la proprietà privata, e quindi doveva esserci liberalizzazione del mercato

Nel periodo rivoluzionario il codice era quindi legge scientifica, oggettiva. Viene quindi creato il codice civile (napoleonico, nel 1804). Le armate napoleoniche portarono il codice in tutta Europa; in Italia, per esempio, entrò in vigore ed in seguito fu modificato per due volte, l'ultima nel 1942 quando poi venne creato il codice attuale. Con l'introduzione del codice viene introdotto anche il principio di legalità, secondo cui la regola va cercata all'interno della legge.

Ritornando alla storia bisogna anche ricordare il periodo illuminista (pre

-napoleonico), in cui gli illuministi consideravano la legge ma trascuravano lo stato. Considerando ciò, Napoleone diede il via ad una serie di norme fiscali che rientrarono poi a far parte del codice. Gli apparati amministrativi furono quindi potenziati e non soppressi (come sognavano gli illuministi), vennero fatte leggi su espropri e l'autorità pubblica ebbe il potere di modificare in modo autonomo le condizioni civili dei cittadini tramite provvedimenti Nascono così un diritto pubblico ed un diritto privato ed in Francia viene istituito un consiglio di stato in cui i cittadini si potevano rivolgere contro lo stato per provvedimenti a parere loro ingiusti.

Iniziarono così a nascere anche i reati propri, ovvero quei reati commessi dalla pubblica amministrazione per scopi privati (ne sono un esempio corruzione e concussione).


N.b.: tutto il codice deriva dal diritto romano, con il quale si passa da una topica formativa ad una topica argomentata in cui si discute la legge. Tutto il sapere romano riguardo le leggi è raccolto nel "Digesto" di Giustiniano. Esso venne ritrovato a Firenze e qui venne studiato, discusso e diffuso in tutta Europa. Da questo momento in poi venne considerato diritto vigente e fu la base dell'attuale codice, dove vennero cambiato concetti e sistema, ma non il contenuto


Oltre alle distinzioni normative effettuate nella lezione precedente e dopo aver descritto la storia del codice, dobbiamo dire che circa la rilevanza degli usi  in campo privatistico occorre effettuare una distinzione:


Usi normativi consuetudine usata come fonte di diritto, cioè come fonti di

regole giuridiche che si applicano solo in mancanza di regole

scritte


Usi contrattuali si tratta nel modo col quale si regolano questioni

contrattuali


Usi interpretativi: il codice ne fa un criterio per stabilire il significato

di clausole contrattuali ambigue


Il nostro ordinamento si regge sul principio di equità, ovvero il criterio della giustizia nel caso concreto; infatti il giudice è soggetto alla legge ovvero la sua decisione può avvenire solo in base alle norme espresse all'interno dell'ordinamento o ai principi reperibili nel sistema delle fonti


Detto tutto ciò dobbiamo ricordare che le norme di diritto privato non vengono applicate d'ufficio, ma dovrebbero essere fatte rispettare dai privati del limite e nel rispetto delle leggi vigenti. Se ciò non avviene, cioè se non si crea un rapporto giuridico tra le parti e se una data persona non rispetta una norma giuridica rifiutandosi quindi di sottoporsi ad un obbligo, bisogna rivolgersi al giudice

Come abbiamo quindi capito le norme giuridiche danno delle regole alle quali l'individuo deve attenersi, tuttavia a la facoltà di decidere se farlo o no: facoltà è quindi la situazione in cui il soggetto si trova quando compie o meno lecitamente un atto. In altri casi il soggetto può avere un potere che la legge gli riconosce: potere è quindi la situazione del soggetto che può efficacemente compiere un atto

Due situazioni giuridiche distinte devono essere distinte dall'obbligo


Soggezione indica la situazione di un soggetto che, senza essere obbligato a

un determinato comportamento, subisce le conseguenze

dell'esercizio di un potere altrui


Onere: indica la situazione di un soggetto quando un certo risultato può 

essere ottenuto solo con un certo comportamento (onere della prova

art.2697 del Codice).


Distinte dal diritto soggettivo sono quelle posizione in cui si combinano insieme potere e dovere e che possono comprendersi tutte nell'idea di funzione o ufficio di diritto privato. Vi sono poi casi nei quali la funzione o l'ufficio attribuito ad un soggetto ha un contenuto tale che il rapporto con l'interessato perde dei quei caratteri di diritto privato, e assume invece i connotati di autorità.


La categoria dei diritti soggettivi è varia. La prima distinzione da fare è quella tra diritti assoluti e relativi: i primi sono quelli che si possono far valere verso chiunque, gli altri si fanno valere solo nei confronti di determinati soggetti. Si considerano diritti assoluti la proprietà e gli altri diritti che attribuiscono poteri e facoltà di vario contenuto e i diritti che proteggono la persona.

Altre distinzioni da effettuare riguardo ai diritti sono:


Diritti di credito, ovvero il diritto di esigere una prestazione

Diritti non patrimoniali (es.: collaborazione familiare)

Diritti della personalità, che riguardano il rapporto tra determinati soggetti

Diritto potestativi, ovvero quando a un diritto corrisponde una soggezione


N.b.: il diritto potestativo si può esercitare ad arbitrio, in quanto a volte c'è l'onere

di adempire tra soggetti per ottenere un dato risultato, mentre altre volte,

nell'interesse di chi subisce il diritto, si stabilisce un arbitrio, ovvero la giusta

causa


N.b.: per quanto riguarda il diritto di credito l'intero rapporto tra debitore e

creditore è detto obbligazione


La relazione di appartenenza di un diritto o di un obbligo ad un soggetto si esprime con il concetto di titolarità del diritto o dell'obbligo. ½ sono due distinzioni fondamentali in quest'ambito:


Acquisti a titolo originario: il diritto si costituisce senza dipendere dalla

posizione di un precedente titolare


Acquisti a titolo derivativo: il diritto dell'acquirente ha fonte nel diritto del

precedente titolare. Vi sono due principi base

che regolano questo diritto:


nessuno può trasmettere ad una persona più di quello che ha

se viene meno il diritto dell'alienante viene meno anche il titolo del diritto dell'acquirente.


Chi acquisisce un diritto è detto avente causa o

successore, in quanto vi è una successione di

diritto. Essa può essere a titolo particolare o

a titolo universale, ovvero dopo la morte

dell'autore (chi detiene il diritto).


Talvolta l'acquisizione di un diritto comporta delle aspettative, che si distinguono in:


  • Aspettativa legittima, che esprime una situazione diversa da quando il successore arriva a possedere il diritto ma presenta delle premesse affinché ciò si realizzi 

Aspettativa di fatto, quella che si fonda su eventualità future rispetto alle quali nessun elemento della fattispecie si è formato


L'estinzione di diritti e obblighi può avvenire per rinunzia e per abbandono; per quel che riguarda le obbligazioni, la durata del rapporto può essere stabilita mediante un accordo sul tempo, oppure può essere a tempo indeterminato, sempre però con una clausola che permetta alle due parti di recedere. Rilevante è la funzione del tempo anche riguardo la decadenza e la prescrizione






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