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IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO

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IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO

L'IVA è un'imposta diretta che non colpisce il reddito ma i CONSUMI dei vari soggetti. È un'imposta che grava sul consumatore finale in quanto consuma beni e servizi però non viene versata all'Erario da quest'ultimo ma dagli operatori economici che partecipano al ciclo di produzione del bene consumato.

Ci sono soggetti che non sono incisi dal tributo pur effettuando il amento dell'imposta all'Erario perché godono del diritto di rivalsa, cioè godono del diritto di ribaltare sull'interlocutore economico successivo l'importo dell'imposta che hanno versato.

L'aliquota ordinaria è il 20%.


Esempio numerico:





Prezzo netto d'acquisto

Valore aggiunto ed IVA dovuta all'Erario

(10% per ipotesi)

Prezzo di vendita e imposta addebitata nelle fatture d'acquisto

P







IVA 150 =



P1





+ 250



IVA 400 =



G








IVA 500 =



D








IVA 700 =




Nell'esempio si suppone che il primo produttore (P) non abbia acquisti anche se in realtà non è così. Il prezzo di 1.500 comprende le spese del personale, la remunerazione del capitale investito, . . P che vende a P1 emette fattura per 1.500  a cui va aggiunta l'IVA di 150.

P1 aggiunge il proprio lavoro e vende a G il proprio prodotto realizzando un valore aggiunto di 2.500 (la remunerazione della manodopera, del capitale investito, della stessa attività imprenditoriale). Quando questo operatore incassa dal proprio cliente l'IVA, lui la versa direttamente all'Erario. Fino a questo momento P1 ha ato al proprio interlocutore precedente per 150, ha ato all'Erario 250 ma G gli ha dato 400 quindi gli ha permesso di ottenere tutta l'imposta anticipata.

G compra per 4.400 somma il proprio valore aggiunto per 1.000. G ha ato 400 a P1, 100 va versata all'Erario ma vendendo al dettagliante quest'ultimo gli a 500 di IVA quindi G va a pareggio.

D vende il prodotto al consumatore finale per 7.000 e addebita l'imposta sul valore aggiunto al quest'ultimo che a per quel determinato bene 7.700.


L'IVA è stata versata dai vari operatori economici succeduti per arrivare al momento finale in cui il consumatore effettua l'acquisto.

Da questo esempio si nota che per i vari operatori economici l'IVA non rappresenta un costo, è cioè un'imposta che non va ad incidere sul conto economico.

Il prezzo ato dal consumatore finale è pari alla somma dei valori aggiunti dei vari operatori economici (tornando all'esempio: 7.700; in cui sono stati ipotizzati 4 passaggi, ma se fossero stati 40, la somma dei valori aggiunti avrebbe dato comunque 7.700). Se cambiasse tipo di organizzazione della produzione l'incidenza dell'IVA non cambierebbe l'IVA non costituisce incentivi né alla segmentazione né all'integrazione del processo produttivo.


Ad ogni passaggio l'imposta che grava su quel bene fino a qualsiasi livello del processo produttivo è sempre pari all'aliquota nominale. Questo è un vantaggio nel commercio internazionale perché c'è una regola applicata da tutti gli Stati economicamente avanzati ed è la regola della tassazione per destinazione. Ad esempio, quando un produttore italiano di sectiunelle le esporta negli USA, occorre fare in modo che queste sectiunelle giungano al confine completamente decurtate dell'IVA perché gli USA applicheranno sul valore della sectiunella la loro imposta sui consumi. Se vogliamo che i beni nazionali non siano gravati da imposta sui consumi italiani e da imposta sui consumi estera, il Paese di provenienza deve rinunciare alla tassazione dei beni destinati all'esportazione. Cosicché in definitiva subiscono soltanto la tassazione del Paese di destinazione per porre su  un piano di parità le sectiunelle italiane rispetto a quelle prodotte negli USA. Per ottenere questa parità occorre che quando le sectiunelle sono esportate negli USA, l'operatore economico italiano che ha ato l'IVA, venga rimborsato di quest'IVA a monte ed è opportuno che la cessione della sectiunella al cliente statunitense non sia un'operazione assoggettata ad IVA.


Prima dell'IVA esisteva l'IGE. Nell'IGE non vi era certezza dell'incidenza dell'imposta e quindi si procedeva al rimborso attraverso aliquote stimate che costituivano veri e propri premi all'esportazione. Nell'IVA questo spazio non c'è: il rimborso è esattamente determinato.


L'IVA ha il connotato della semplicità della sua applicazione. In realtà richiederebbe calcoli difficili però si è pensato che determinare il valore aggiunto per un determinato prodotto deve avvalersi di criteri di semplificazione.

Anziché determinare il valore aggiunto per ogni unità di prodotto lo si può determinare per periodo temporale (ad esempio, per ogni singolo mese). Però problemi di imputazione resterebbero.

L'Erario è interessato che il valore aggiunto sia determinato correttamente in un arco di tempo sufficientemente lungo. Si è rinunciato ad una precisa determinazione del valore aggiunto nel mese perché nel lungo periodo le variazioni in più sono compensate esattamente da corrispondenti variazioni in meno.

Le materie prime sono deducibili quando sono acquistate. I beni strumentali sono deducibili integralmente nel mese in cui vengono comperati.


Di fatto il valore aggiunto fiscale si determina in modo molto semplice: facendo 2 sommatorie: da una parte la sommatoria delle fatture di vendita, dall'altra parte la sommatoria delle fatture di acquisto. Il valore aggiunto fiscale è la differenza. L'IVA da versare all'Erario è questa differenza tutto sommato di semplice determinazione.





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