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Il processo tributario - Le commissioni e le parti -

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Il processo tributario - Le commissioni e le parti -


Cenno storico.

Con la legge del 1865 furono aboliti i tribunali del contenzioso amministrativo e la tutela dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, anche in materia tributaria, fu affidata al giudice ordinario. Non furono abolite, però, le commissioni tributarie, che in seguito assunsero veste di organi contenziosi, articolati in tre gradi. Si aveva così un sistema di tutela molto complesso, che si componeva di tre gradi di giudizio dinanzi alle commissioni, e di tre gradi dinanzi al giudice ordinario. Il d.p.r. n° 636 del 72 è stato sostituito con la riforma dal d.lgs. n° 546 del 92. Con tale riforma vi erano due gradi di giudizio dinanzi a commissioni di primo e secondo grado; vi era poi un terzo grado di giudizio, che poteva svolgersi, alternativamente, dinanzi alla commissione tributaria centrale o dinanzi alla corte d'appello. La sentenza di terzo grado poteva essere impugnata per cassazione. La disciplina del processo tributario contenuta nel d.p.r. 636 presentava difetti e lacune, sia per quanto riguardava la composizione delle commissioni, sia per quanto riguardava il processo.




La riforma del 1991-l992: luci ed ombre.

La riforma del 92 ha come base la l. N° 413 del 1991, con cui il parlamento delegò il governo a riformare le commissioni ed il processo tributario. Da tale delega sono scaturiti i decreti legislativi 545 e 546 del 1992, concernenti rispettivamente, l'ordinamento delle commissioni ed il processo tributario. Con tale riforma sono state istituite commissioni tributarie provinciali e regionali; si ha così un giudizio su due gradi di merito, cui segue il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione. ½ è un adeguamento del processo tributario alle norme del processo civile. Inoltre vi è una norma generale di rinvio al c.p.c.. Il rinvio opera: a) quando nessuna norma del decreto lgs. 546 del 92 disciplina una certa fattispecie; b) se la norma del codice di p.c. risulta compatibile con i caratteri del processo tributario. Aspetti positivi sono la riduzione dei gradi di giudizio e l'istituzione della tutela cautelare; aspetti criticabili:

la mancata introduzione di strumenti idonei a ridurre la massa contenziosa

la mancata istituzione dei giudici tributari e la scarsa preparazione professionale di alcune categorie di membri delle commissioni

il c.d. adeguamento al c.p.c. cioè ad un testo ideologicamente superato.


L'ordinamento delle commissioni e i giudici tributari.

Le commissioni tributarie si articolano in commissioni provinciali e regionali. La commissione tributaria provinciale è formata da 2 o più sezioni, a ciascuna delle quali è assegnato un presidente, un vicepresidente e 4 membri; il collegio giudicante è formato da 3 componenti: due membri e il presidente. Il presidente della commissione è sempre un magistrato. I giudici delle commissioni tributarie sono nominati con decreto del P. Della Repubblica, su proposta del Ministro delle Finanze, a seguito di deliberazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. A proposito dei requisiti: La delega imponeva la qualificazione professionale dei giudici tributari in modo che venga assicurata adeguata preparazione nelle discipline giuridiche o economiche, acquisita con l'esercizio di almeno 10 anni di attività professionali; ma le norme delegate non sono conformi alla delega. Il decreto delegato non richiede per alcune categorie i 10 anni di attività, e possono far parte delle commissioni anche ingegneri, architetti, geometri, periti edili.


Competenza territoriale.

Nel processo tributario non vi è una distribuzione delle competenze per materia o valore: il ricorso introduttivo della lite è da proporre sempre ad una commissione tributaria provinciale. Unico criterio da seguire è quello territoriale; lo stesso criterio si segue per individuare la commissione tributaria regionale competente per l'appello. Se il ricorso è presentato ad una commissione non competente, il ricorrente può riassumere la causa dinanzi a quella competente.


Le parti e la difesa tecnica.

Il ricorso può essere proposto solo da chi è legittimato a farlo, ossia dal destinatario dell'atto che viene impugnato. Per le azioni di rimborso è legittimato colui che ha presentato istanza di rimborso. Il ricorrente deve farsi assistere in giudizio da un difensore tecnico. Il difensore non è necessario quando:

controversie di valore inferiore a 5 ml.

ricorsi contro i ruoli formati dai centri di servizio

controversie promosse da soggetti che sono abilitati all'assistenza tecnica.

Difensori tecnici possono essere: avvocati, procuratori legali, commercialisti, ragionieri. La difesa può essere svolta anche da altri soggetti, ma con capacità limitata:

i consulenti del lavoro, per cause concernenti le ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente ed assimilati

ingegneri, architetti, geometri, per le cause in materia catastale

i dipendenti delle associazioni di categoria, per le cause riguardanti gli associati.


4.1. La parte resistente.

E' parte necessaria al processo tributario il soggetto che ha emesso l'atto che si impugna. Tenuto conto degli atti che possono essere impugnati, si constata che la legittimazione passiva è attribuita a tre categorie di soggetti:

- uffici del ministero delle finanze

enti locali

concessionari della riscossione.

Le prime due categorie stanno in giudizio senza difensore tecnico.


4.2. Il litisconsorzio necessario.

Al processo tributario possono partecipare, oltre al ricorrente e al resistente, anche altri soggetti: si parla di litisconsorzio. Si ritiene che si ha litisconsorzio necessario quando l'oggetto del contendere è una situazione giuridica plurilaterale, tale per cui la decisione deve essere pronunciata nei confronti di tutti, ossia quando sarebbe inefficace se fosse pronunciata nei confronti di uno soltanto. Il caso più ricorrente è l'atto di accertamento di obbligazioni solidali. Non si ha, però una situazione di inscindibilità; la sentenza che dovesse accogliere l'impugnazione proposta  da uno soltanto dei coobbligati non sarebbe inutiliter data, perché comunque essa produrrebbe effetti tra creditore e ricorrente. La giurisprudenza, in materia di liti per il rimborso di ritenute, esige, che al processo partecipino sostituto e sostituito; il sostituito non può agire dinanzi al giudice ordinario contro il sostituto, ma deve agire dinanzi alle commissioni, in contraddittorio sia del sostituto, sia dell'amministrazione. Se vi è litisconsorzio necessario, il ricorso deve essere proposto congiuntamente dai colegittimati necessari; se ciò non avviene il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio e il ricorrente deve chiamare in causa il litisconsorte. Altrimenti il processo si estingue.


4.3. L'intervento.

Il litisconsorzio può essere anche facoltativo. Esso può sorgere dal fatto che altri soggetti intervengono in un processo già instaurato, o sono chiamati in giudizio. Il d. lgs. 546 limita fortemente la possibilità di intervento a due categorie di soggetti: a) a chi è destinatario dell'atto impugnato; b) a chi è parte del rapporto controverso. Infatti, l'intervento c.d. principale non è conurabile nei processi d'impugnazione, ma soltanto nei processi di rimborso, nei quali si può ammettere l'intervento di chi assume essere titolare del diritto di rimborso, in luogo di chi ha già instaurato il processo, contrapponendosi all'originario ricorrente. L'intervento nei processi d'impugnazione è limitato a chi assume come titolo di legittimazione di essere destinatario dell'atto impugnato. Se è già avvenuta la notifica dell'atto, il destinatario che lo ha già impugnato non ha motivo di intervenire nel processo instaurato dal co- destinatario; duplicherebbe il processo avviato come ricorrente; inoltre non ha motivo di intervenire invece che proporre ricorso. Resta possibile l'intervento del destinatario di un atto, che non ha ricevuto la notifica (il condebitore in solido che interviene nel processo instaurato da altro coobbligato); egli può intervenire per sostenere le ragioni del ricorrente, ove si ritenga che sia legittimato da un interesse, non meramente di fatto, ma giuridicamente rilevante. 







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