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LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

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LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO


IL LICENZIAMENTO INDIVIDUALE

Il rapporto di lavoro può cessare per:

recesso del datore di lavoro = LICENZIAMENTO

risoluzione consensuale

scadenza del termine nei contratti a tempo determinato



morte del lavoratore

impossibilità sopravvenuta della prestazione e la forza maggiore.

Nel codice civile il recesso considera le parti in maniera identica. Ex art 2118 ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato. L'unico vincolo per recedere è il PREAVVISO. La ratio è quella di consentire al datore in caso di dimissioni la tempestiva sostituzione del lavoratore e al lavoratore la ricerca di altra occupazione. Questo è il caso del c.d. LICENZIAMENTO IN TRONCO. L'obbligo di preavviso vine emeno in caso di licenziamento per giusta causa poiché ai sensi dell art 2119c.c. non consente la prosecuzione anche provvisoria del rapporto.

Per quanto riguarda le dimissioni per giusta causa, il lavoratore è esonerato dall'obbligo di preavviso e ha diritto all'INDENNITA' SOSTITUTIVA DEL PREAVVISO, ovvero una retribuzione prevista per il preavviso lavorato. La durata del preavviso è rinviata alla contrattazione collettiva. Generalemente i CCNL individuano misure differenziate a seconda della categoria di appartenenza e dell'anzianità dei lavoratori.

L'art 2110 c.c prevede che il lavoratore in malattia non può essere licenziato fino alla cessazione dello stato morboso o alla scadenza del periodo di comporto. L'art 2109 impedisce invece le computabilità nelle ferie del periodo di preavviso.

La parte che recede può sostituire il periodo di preavviso con la relativa indennità pari alla retribuzione che sarebbe spettata in ipotesi di preavviso lavorato. Il calcolo dell'indennità di preavviso è demandata alla contrattazione collettiva.

La mera sostituzione del preavviso con la indennità non è però idonea a produrre l'anticipata risoluzione del rapporto, il quale resta giuridicamente attivo fino al termine del periodo di preavviso. L'entità del preavviso dipende dall'anzianità di servizio. È lecito uno specifico accordo mediante il quale datore e lavoratore prevedano la risoluzione immediata del rapporto, precludendo istantaneamente la maturazione di ulteriori vantaggi economici e normativi. La mera accettazione della indennità sostitutiva del preavviso e del TFR non concretizza alcun comportamento concludente in tal senso.

Dirigenti e collaboratori domestici possono essere licenziati senza giustificazioni per la rottura del rapporto fiduciario. Lavoratori in prova e sportivi professionisti possono essere licenziati ab mutum.

Un accordo interconfederale del 1947 introdusse alcune limitazioni al potere di licenziamento nel settore dll'industria. L'accordo fu poi sostituito con 2 accordi del 1950, uno per i licenziamenti individuali e uno per le riduzioni collettive di personale, a loro volta rimpiazzati da 2 accordi del 1965.

La l604 del 1966 prevede che è necessaria una giustificazione del licenziamento. Per la giusta causa fa rinvio all'art 2119c.c.

La legge del 66 canonizzò il principio della giustificazione obiettiva del potere di recesso, dichiarando illegittimo il licenziamento non sorretto da giusta causa o da giustificato motivo e attribuisce un rilievo giuridico al profilo causale di un potere che era ritenuto sostanzialemente insindacabile e svincolato da oneri causali.

L art 5 della l 604 pose l'onere della prova della giusta causa o del giustificato motivo a carico del datore di lavoro, chiamato cos a supportare anche sul piano probatorio la legittimità del recesso. Per il licenziamento non assistito da giusta causa, viene previsto un regime sanzionatorio che vede la riassunzione del lavoratore o amento di una penale risarcitoria ragguagliata ad un numero di mensilità di retribuzione che variano entro i limiti predefiniti a seconda delle diemensioni dell'impresa, dell'anzianità di servizio, del comportamento e delle condizioni delle parti.

In base all'art 18 dello statuto dei lavoratori, quando il giudice ritenga il licenziamento non assistito da giusta causa o da giustificato motivo, dee orinare la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro senza alcuna possibilità alternativa di tipo risarcitorio ovvero senza alcuna possibilità di monetizzare la stabilità dl rapporto. Oltre alla reintegrazione il giudice condanna il datore al risarcimento del danno subito.

La giusta causa è quella che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. La giusta causa è un gravissimo inadempimento degli obblighi contrattuali, ma anche in qualsiasi altra circostanza o situazione esterna al rapporto di lavoro, verificatasi nella sfera del lavoratore ed idonea a ledere il vincolo di fiducia tra le parti. La fiducia è considerata sui futuri e corretti adempimenti del rapporto di lavoro. La valutazione della giusta causa dipende dalla gravità della mancanza commessa e il giudizio viene dato con criterio di sussidiarietà, per effetto del quale il recesso per giusta causa viene legittimato solo nelle ipotesi in cui il licenziamento per giustificato motivo soggettivo o le minori sanzioni disciplinari risultino inadeguate.

Nel caso delle organizzazioni di tendenza il concetto tipico di giusta causa viene reso sino a ricomprendere financo situazioni di incompatibilità personale rispetto agli scopi o all'ideologia dell'organizzazione.

La giusta causa consiste in un fatto di tale gravità d imporre l'immediata estromissione del lavoratore, mentre resta ininfluente l'effettivo pregiudizio o danno subito dal datore.

La pendenza di un procedimento penale a carico del lavoratore non rappresenta di per se una giusta causa.

L'orientamento prevalente ammetteva la conversione del licenziamento intimato per giusta causa, poi considera insussistente, in licenziamento ad nutum con amento della indennità sostitutiva del preavviso.

Il GIUSTIFICATO MOTIVO può essere OGETTIVO o SOGGETTIVO. Il giustificato motivo SOGGETTIVO riguarda un inadempiemento degli obblighi contrattuali di lavoro. La definizione è data nell'art3 l.604/66 legittima il licenziamento con preavviso. Per chi ritiene che il concetto di giusta causa identifichi solo un inadempimento contrattuale. La differenza con il giustificato motico è solo di tipo quantitativa. Il giustificato motivo è di minore gravità. Chi sostiene che la giusta causa abbracci anke i comportamenti contrattuali che ledono la fiducia nei futuri adempimenti, trova una differenza di tipo qualitativa; qui la giusta causa comprende anche un giustificato motivo aggravato, oltre a comportamenti estranei a un inadempimento attuale. Per quanto riguarda la valutazione della notevolezza dell'inadempimento, questa spetta al giudice. Il grado di notevolezza  è individuato nel grado di colpa del lavoratore e non nell'utilità del datore compromessa dall'inadempimento. Nella definizione del giustificato motivo soggettivo manca l'interesse dell'altra parte, che ai fini della risoluzione contrattuale viene valorizzato come esclusivo punto di riferimento valutativo dell'interesse del creditore.

In ogni caso ampia è la discrezionalità del giudice nel classificare un determinato inadempimento come giusta causa di licenziamento o come giustificato motivo soggettivo. Il legislatore ha espressamente escluso la conurabilità di un giustificato motivo di licenziamento nel caso di rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto da tempo pieno a tempo parziale. Inoltre l'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato ove nn prevista e regolamentata DAL ccnl e che l'eventuale rifiuto dllo stesso non integra gli estremi del giustificato motivo del licenziamento.

Il giustificato motivo OGGETTIVO invece riguarda le ragioni di carattere aziendali. Si tratta dei c.d. LICENZIAMENTI TECNOLOGICI, quando il dipendente viene sostituito dalle macchine. Per attuare questo tipo di motivo ci sono 2 condizioni:

a)  l'effettività delle esigenze aziendali

b)  un preciso nesso di causalità tra tali esigenze e il licenziamento.

Il giudice deve accertare l'effettiva soppressione di una posizione lavorativa all'interno dell'azienda. Le scelte di gestione però non sono sindacabili dal giudice che deve limitarsi a accertarne la sola effettiva realizzazione e consistenza. Non può valutare la convenienza economica.

Il licenziamento è assistito da un giustificato motivo oggettivo solo quando il lavoratore non può essere utilizzato du posizioni di lavoro alternative.

Il LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO è un tipo di lic dal motivo illecito, determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall'appartenenza a un sindacao e dalla partecipazione ad attività sindacali. Esso è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta ed è vietato anche per i dirigenti. Eccezione a questa regola è per le ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA che hanno una connotazione ideologica tale per cui è ammesso il licenziamento per discriminazione di idee ed è ammessa anche l'indagine su queste. Non si applica quindi l'art 18 il datore può riassumere il lavoratore o indennizzarlo con una penale.

Il potere di licenziare è limitato in alcuni casi come:

malattia

infortunio

gravidanza e puerperio

servizio militare

tutti casi in cui c'è una sopravvenuta impossibilità allo svolgimento della prestazione. Il licenziamento intimato nel corso del periodo di comporto è considerato INEFFICACE e riprenderà efficacia al termine dell'evento protetto. Nel caso di protrazione dell'impossibilità il datore può recedere dal rapporto allegando il mero superamento del periodo di comporto che oreperebbe in sostanza, come un giustificato motivo obiettivo predeterminato. Irrecedibilità si ha nei periodi prima e dopo il matrimonio della lavoratrice e nei casi dei periodi di maternità o paternità.

Il divieto non si applica nei casi di:

colpa grave che costituisce giusta causa per la risoluzione

cessazione dell'attività aziendale

esito negativo della prova

la presenza dei requisiti sostanziali è condizione necessaria ma non sufficiente per poter conurare il licenziamento come legittimo.

Il licenziamento dec'essere comunicato per iscritto al lavoratore mentre non è necessaria l'indicazione dei motivi i quali possono essere richiesti dal lavoratore entro 15 giorni dalla comunicazione. Solo epr i lavoratori domestici, gli ultrasessantenni con requisiti penisionistici, per i lavoratori in prova permane un principio di libertà delle forme.

Il licenziamento produce effetto dal momento in cui perviene a conoscenza del lavoratore e ciò rileva a vari fini come ad esempio la decadenza x l'impugnazione.

L'onere della forma scritta è rispettato anche nel caso in cui il datore offra in consegna la lettera di licenziamento al dipendente che rifiuti di riceverla.l'atto si reputa conosciuto al momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario salva prova di impossibilità incolpevole.

Il licenziamento che non rispetta i requisiti di forma segue la stessa disciplina del licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo. Se c'è un vizio di forma il licenziamento può essere rinnovato osservando le modalità prescritte e la cessazione del rapporto di produce solo al momento della rinnovazione.

Il licenziamento DISCIPLINARE è quello volto a sanzionare un comportamento colposo o manchevole del lavoratore non collegato con esigenze produttive dell'azienda. Le sanzioni disciplinari non devono mai riguardare elementi sostanziali del rapporto di lavoro. Questo tipo di licenz è espressione del potere disciplinare del datore. Non bastano la mera comunicazione del licenziamento e l'eventuale successiva specificazione ei motivi, occorre rispettare gli oneri procedurali ex art 7 st.lav. la procedura prevede:

a)  la preventiva affissione del codice disciplinare in luogo accessibile ai lavoratori

b)  la contestazione per iscritto degli addebiti mossi al lavoratore

c)  la concessione di un termine per presentare le giustificazioni

d)  la previsione di una pausa di riflessione (5 giorni)

il licenziamento disciplinare richiede diverse garanzie procedurali previste dall'art 7 dello statuto dei lavoratori. Prima questo tipo di licenziamento doveva essere previsto dai CCNL.

La crte costituzionale prevede che i primi 3 commi del detto articolo devono  applicarsi a tutti i licenziamenti disciplinari. Secondo la Corte di Cassazione puntualizza che il licenziamento è disciplinare quando è correlato ad un comportamento imputabile a titolo di colpa al lavoratore (inadempimento), essendo irrilevante la sua espilicita previsione e qualificazione in termini disciplinari nella specifica disciplina del rapporto. Secondo un'impostazione ONTOLOGICA il licenziamento disciplinare copre per intero l'area del licenziamento per giustificato motivo soggettivo e quasi totalmente quella del licenziamento per giusta causa.

La mancata affissione del codice disciplinare o l'omessa previsione di una specifica infrazione non inificiano la legittimità del licenziamento quando i fatti addebitati al dipendente conurino illeciti penali o gravi violazioni di doveri fondamentali del lavoratore.

Si ritiene che il licenziamento debba essere intimato in stretta correlazione temporale con il verificarsi dei fatti che giustificano la cessazione del rapporto.

Anche con riguardo ai licenziamenti disciplinari si distinguono i datori di lavoro che rientrano nel campo di applicazione dell'art 18 da quelli (di minori dimensioni) che rientrano nello spazio operativo della l. 604/66 e infine dalle situazioni in cui vige un regime di recedibilità ad nutum. La corte costituzionale come la cassazione hanno ritenuto applicabile il regime sanzionatorio dell'art 18.

Il licenziamento disciplinare che ha vizi di procedura non è nullo ma produce effetti del licenziamento illegittimo. L'area della libera recedibilità rientra solo nell'area del recesso ad nutum.

L'art 6 della l. 604/66 stabilisce che il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione. In caso di licenziamento con preavviso la decorrenza avviene già durante il periodo di preavviso. La ecadenza è ritenuta applicabile non solo al licenziamento ingiustificato, ma anche a quello nullo in qanto discriminatorio nonché al licenziamento disciplinare viziato per mancato rispetto del procedimento previsto dall'art7 st.lav.

Solamente la comunicazione al datore di lavoro della richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione sospende il decorso di ogni termine di decadenza per la durata di tale tentativo e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione.

L'impugnazione può essere extragiudiziale l'atto mediante il quale il lavoratore a prescindere da formule sacramentali manifesta al datore la volontà di contestare la legittimità del recesso. Si evita la decadenza e da qui parte la prescrizione di 10 anni.

Con l'impgnativa giudiziale c'è il deposito del ricorso in cancelleria nei termini previsti dal citato art 6.

La notifica del ricorso al datore di lavoro deve avvenire entro i 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento. L'impugnativa è legittimata attraverso i sindacati.

L'art 5 prevede un tentativo di conciliazione stragiudiziale obbligatorio da parte del lavoratore. In mancanza del tentativo di conciliazione il giudice nella prima udienza, sospende la controversia e fissa un termine di 60 giorni per consentire un altro tentativo. Il processo va riassunto nel termine perentorio di 180 giorni che decorre dalla richiesta di conciliazione.

L'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro. Questo si dice ONERE DELLA PROVA INVERSO.

L'onere della prova è stato dato in capo al datore anche per quanto riguarda le informazioni sul numero di dipendenti, la presenza di un patto di prova ecc . fino al gennaio 2006 quest'onere era del lavoratore.

Il licenziamento dell'invalido è tutelato sia dalla legge 604/66 sia dall'art 18 st.lav.

Nel momento in cui parliamo di tutela siamo già in presenza di una sentenza di illegittimità del licenziamento.

Secondo l'art 8 della l 604/66 dall'annullamento del licenziamento senza iusta causa deriva un'obbligazione altrrativa x cui il datore è tenuto a riassumere il lavoratore entro il termine di 3 giorni o risarcire il danno versandogli un'indennità che va da un minimo di 2.5 a un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Questa è la c.d. TUTELA OBBLIGATORIA. Ciò avviene in base alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del lavoratore e alle condizioni delle parti. La misura massima dell'indennità è di 14 mesi per il lavoratore con anzianità superiore ai 20 anni. Il licenziamento fa sorgere un'obbligazione di ricostruzione ex novo del rapporto nel momento in cui il lavoratore viene riassunto. Questa è una forma di tutela debole perché lasciata nella discrezione del datore di lavoro.

La TUTELA REALE invece è una tutela forte contro il licenziamento illegittimo. Il regime sanzionatorio è delineato dall'art 18 st lav.questa prevede:

a)  la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro: non c'è soluzione di continuità e nessuno può obbligare il datore a reintegrare il lavoratore poiché sarebbe un obbligo di fare infungibile. Fino a quando il lavorato re non viene reintegrato il datore dovrà cmq are le retribuzioni. Questo non costituisce ancora il risarcimento del danno. Se il lavoratore non riprende servizio entro 30 giorni dall'invito rivolto dal datore, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei 30 giorni salvo giustificato motivo di assenza. La reintegrazione deve avvenire nello stesso posto occupato al momento del licenziamento. Nulla impedisce il trasferimento sempre nel rispetto dell'art 2103 c.c.

b)  il risarcimento del danno al lavoratore: stabilito nell'ordine della retribuzione globale dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione. Inoltre rientra anche il versamento dei contributi maturati e il risarcimento del danno per il periodo intercorrente tra il licenziamento e la sentenza di reintegra. La misura del risarcimento è inderogabilmente vincolata alla retribuzione non percepita dal lavoratore licenziato. Si applica il criterio della RETRIBUZIONE GLOBALE DI FATTO ovvero quanto il lavoratore avrebbe effettivamente e continuativamente percepito nel periodo considerato. Le eventuali variazioni in meglio per il datore vengono dette aliunde perceptum e sono le retribuzioni percepite dal lavoratore durante il periodo di risoluzione che vengono sottratte al danno da risarcire.

Quando il lavoratore rinuncia alla reintegrazione ha la facoltà di chiedere al datore in sotituzione di questa una indennità pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto.

Allo stato l'art 18 st.lav. si applica a ogni datore di lavoro, imprenditore e non, che:

a)  occupa nella unità produttiva ove ha avuto luogo il licenziamento + di 15 dipendenti

b)  occupa nell'ambito dello stesso comune + di 15 dipendenti

c)  occupa complessivamente + di 60 dipendenti.

Al di sotto di questa soglia vale la tutela dell'art 8. per le aziende agricole il numero dei dipendenti si abbassa a 5.

Il criterio di computo dei dipendenti si effettua senza contare i contratti di somministrazione, gli apprendisti e contando come "metà operaio" un lavoratore part time.

Ove non sia applica l'art 18 st.lav., perché nn ricorre nessuna condizione indicata, si applica la legge 604/66 e la sua alternativa sanzionatoria.

Il regime di stabilità obbligatoria si applica a prescindere dalla consistenza occupazionale, nei confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale .

Per quanto riguarda le organizzazioni di tendenza esse tollerano la prosecuzione coatta della collaborazione con un lavoratore sgradito o comunque non allineato all'ispirazione politica.

L'area del LICENZIAMENTO LIBERO è stata ridotta al minimo.

Rimane per i dirigenti, caso in cui deve comunque sussistere una conseguenza logica. Sono tutelati contro i licenziamenti discriminatori e il datore è tenuto all'obbligo del licenziamento il forma scritta.

La contrattazione collettiva di alcuni settori ha inoltre riconosciuto ai dirigenti la possibilità di ricorrere ad un collegio di conciliazione e di arbitrato per l'accertamento della giustificatezza o meno del licenziamento. Il collegio ha facoltà di condannare il datore al amento dell'indennità supplementare, di natura risarcitoria, il cui quantum oscilla tra un minimo ed un massimo predeterminato di mensilità di retribuzione.

A questa distinzione si è uniformata la prevalente giurisprudenza ritenendo che soltanto nei confronti dei dirigenti apicali possono trovare applicazione le garanzie procediemntali sul licenziamento disciplinare di cui all'art 7 st.lav., applicandosi incece nei confronti dello pseudo - dirigente o dirigente meramente convenzionale.

Ai sensi dell'art 10 l 604/66 la disciplina vincolistica dei licenziamenti non si applica in favore dei lavoratori assunti in prova. Tale tutela riprende vigore quando sono decorsi 6 mesi dall'inizio del rapporto di lavoro. Il licenziamento nel periodo di prova può essere contestato in via giudiziale quando risulti che non è stata consentita, per la inadeguatezza della durata della prova o per altri motivi illeciti.

Sono sottratti dalla normativa in esame

i lavoratori con contratto a termine

gli atleti professionisti

gli apprendisti durante l'apprendistato

sono privi delle garanzie dell'art 18 st.lav. e dalla l 604/66 i lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti pensionistici, sempre che non abbino optato per la prosecuzione del rapporto di lavoro.




I LICENZIAMENTI COLLETTIVI

Il licenziamento collettivo è disciplinato dalla l. 223/91. prima erano regolati da 2 accordi interconfederali. Il licenziamento collettivo è connesso allo strumento della Cassa integrazione guadagni (ammortizzatore sociale). Il licenziamento collettivo seguito da mobilità diviene lo strumento con cui risolvere i problemi di eccedenza definitiva di personale attraverso una intelligente ed assistita getione extra - aziendale, della forza lavoro esuberante.

La 223/91 interviene su un sistema vecchio che prevedeva un'intervento importante della cassa integrazione. Il suo uso era stato distorto percjè si applicava anche a imprese che non potevano riprendersi. La nuova legge straordinarizza la cassa integrazione.

La l. 223/91 contempla 2 fattispecie di licenziamento collettivo:

per riduzione del personale: serve che l'azienda abbia un organico minimo di 15 dipendenti che intenda licenziare almeno 5 lavoratori nella provincia o in arco temporale di 20 giorni. Il numero dei lavoratori può anche diminutire e il licenziamento rimane sempre collettivo se all'inizio se ne volevano licenziare alemeno 5. Facciamo notare che non si tratta di unità produttive. La causa della dismissione dev'essere unitaria e riconducibile a una RIDUZIONE O TRASFORMAZIOEN DI ATTIVITA' DI IMPRESA. Fanno licenziamento collettivo anche 2 licenziamenti + 2 dimissioni + un mutuo consenso per la stessa ragione.

Il giudice valuta la legittimità del licenziamento e non può sindacare la scelta né dare alternative. Il compito del giudice è quello di:

accertare la sussistenza del presupposto causale

verificare il nesso tra il ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso.

Valutare la correttezza procedurale dell'operazione

per messa in mobilità: l'imprenditore con + di 15 dipendenti può avviare il procedimento di messa in mobilità alla fine di un periodo di CIG straordinaria, e ritenga dinon essere in grado di reimpiegare tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative. Deriva quindi da una situazione oggettiva e anche un unico licenziamento dopo la CIG diventa licenziamento collettivo. È importante trovare una soluzione che comporti meno disagio possibile.

La procedura è prevista dagli artt 4 e 5 223/91. questa impone all'imprenditore l'bbligo di comunicare preventivamente e per iscritto alle RSA e RSU ed alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative i motivi tecnici ed organizzativ che determinano la necessità di ridurre il personale. Il datore ha l'obbligo di comunicare:

n dei lavoratori

qualifiche

motivi

conseguenze

misure per far fronte al licenziamento collettivo

per ogni lavoratore il datore deve versare una somma a titolo di anticipo sul TRATTAMENTO DI MOBILITA'. Si effettua con un versamento all'inps ed è un costo per l'impresa.

La prima fase di questa procedura è una fase SINDACALE che ha luogo per iniziativa del sindacato entro 7 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione e deve svolgersi entro 45 giorni. È un libero confronto tra l'imprenditore e il sindacato finalizzato a ricercare un accordo che risolva in tutto o in parte il problema delle eccedente- il datore di lavoro ha l'onere di buona fede verso il lavoratore.

Il legislatore non si è spinto al di la dell'obniettivo di incentivare il dialogo con finalità conciliative, visto che l'imprenditore resta libero di non accettare le proposte sindacali e il sindacato può fare altrettanto. L'imprenditore è incentivato a concludere l'accordo dal momento che in questo caso beneficia di una consistente decurtazione dei costi del licenziamento. È prevista altresì l'ipotesi in cui un recesso possa essere evitato spostando il lavoratore a mansioni anche non equivalenti a quelle di provenienza.

Dopo questa fase si conurano 2 situazioni:

se si raggiunge l'intesa viene formalizzata in un accordo

se la procedura è risultata infruttuosa c'è una nuova fase conciliativa in sede amministrativa. L'organo amministrativo ha numerosi dati per la ricollocazione dei lavoratori.

Qui non ci sono ancora i nomi dei lavoratori. L'intera procedura non può avere durata superiore a 7 giorni. Il datore ha facoltà di individuare i lavoratori utilizzando appositi criteri in concorso tra loro posti in CCNL o stabiliti in via sussidiaria nella l 223/91 che sono:

esigenze tecnico - produttive

carichi di famiglia

anzianità contributiva

in base alle esigenze dell'impresa si darà + valore a un criterio piuttosto che ad un altro. Tutto deve avvenire con buona fede e trasparenza.

Anche in questo tipo di licenziamento occorre la forma scritta. Se il rapporto cessa immediatamente verrà corrisposta l'indennità d preavviso. L'atto di recesso permette l'iscrizione del lavoratore nelle liste di mobilità con dovuta informazione alle autorità pubbliche e sindacali da parte del datore.

I lavoratori nelle liste di mobilità hanno diritto a:

a) sostegno al reddito: indennità di mobilità  al massimo per 2 anni

b) ricollocazione: la regione crea corsi professionali d seguire per non perdere i benefici.

Il licenziamento collettivo è VIZIATO quando sia intimato:

senza l'osservanza delle forme previste (forma scritta),

non siano state osservate le procedure

non corretta applicazione dei criteri di scelta: manca il requisito della motivazione del licenziamento.

Se il giudice dichiara illegittimo il licenziamento ne dichiara:

INEFFICACIA: se c'è difetto di forma o mancato rispetto della procedura

ANNULLABILITA': per violazione dei criteri di scelta

In ambo i casi si ordina la REINTEGRA ex art 18 st.lav.

Esiste però un correttivo per cui il datore ha la facoltà di intimare il licenziamento ad un altro lavoratore facendo un corretto uso ei criteri di scelta, con l'unico onere aggiuntivo di una comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali.


Il TFR: trattaemento di fine rapporto è un'indennità che spetta al lavoratore in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro. La disciplina è dettata dalla l 297/82. prima si chiamava indennità di anzianità. Veniva corrisposto sempre tranne in caso di licenziamento.

La vecchia indennità veniva calcolata con una moltiplicazione dell'ultima retribuzione per un coefficiente proporzionale alla durata del rapporto. Per ciascun anno di servizio si isolava una quota pari alla complessiva retribuzione annuale divisa per 13,5. nella nuova disciplina acquista un carattere previdenziale da corrispondere anche in caso di licenziamento.

il CCNL può agire solo sul dividendo stabilendo cosa rientra e cosa no.

Una delle novità è l'equiparazione del trattamento epr impiegati ed operai, annullando gli svantaggi che quest'ultima categoria poteva ancora registrare a livello di contrattazione collettiva.

Le quote della retribuzione annuale devono essere rivalutate ogni anno con l'applicazione di un tasso dell'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo accertato dall'Istat. Il nuovo sistema di computo del TFR concerne solo le anzianità di lavoro maturate dopo il 31 maggio 1982.

Il lavoratore con almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore può ottenere un'anticipazione del TFR non superiore al 70% del trattamento maturato. Ci sono però precisi vincoli per la domanda di anticipazione:

spese sanitarie per terapie

acquisto della prima casa di abitazione per se o li

spese durante i periodi di formazione

astensioni da lavoro dei genitori dei primi 8 anni del bambino.

Anche il limite dei beneficiari.

Viene previsto un fondo di garanzia alimentato da contributi datoriali e destinato a sostituire il datore di lavoro nell'erogazione del TFR in alcuni casi di insolvenza o inadempimento. Il fondo interviene in caso di:

a)  fallimento

b)  concordato preventivo

c)  liquidazione coatta

d)  amministrazione straordinaria.

2004= RIFORMA MARONI: mira a facilitare l'afflusso del TFR ai fondi pensionistici complementari. Non vien prevista una forma di conferimento ma un silenzio assenso. La volontà del lavoratore a non aderire al fondo pensione dev'essere espressa entro 6 mesi dall'entrata in vigore del relativo decreto legislativo.





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